Edward Elgar : The Dream of Gerontius, op. 38 by flaminioonline ed altro di Elgar

The Dream of Gerontius, op. 38

Oratorio per soli, coro e orchestra

Musica:Edward Elgar
Testo: Cardinal John Henry Newman

Parte I

  1. Prelude – Lento
  2. Jesu, Maria – I am near to death
  3. Rouse thee, my fainting soul
  4. Sanctus fortis, sanctus Deus
  5. Proficiscere, anima Christiana

Parte II

  1. I went to sleep
  2. It is a member of that family
  3. But hark! upon my sense comes a fierce hubbub
  4. I see not those false spirits
  5. But hark! a grand mysterious harmony
  6. Thy judgment now is near
  7. I go before my judge
  8. Softly and gently, dearly-ransomed soul

Organico: mezzosoprano, tenore, basso, coro misto, ottavino, 2 flauti, 2 oboi, corno inglese, 2 clarinetti, clarinetto basso, 2 fagotti, controfagotto, 4 corni, 3 trombe, 3 tromboni, basso tuba, timpani, grancassa, piatti, triangolo, tamburo, gong, glockenspiel, campane, 2 arpe, organo, archi
Composizione: settembre 1899 – 3 agosto 1900
Prima esecuzione: Birmingham, Tow Hall, 3 ottobre 1900
Edizione: Novello & Co., Londra, 1900
Dedica: A. M. D. G.

Sinossi

The Dream of Gerontius, poema dell’inglese John Henry Newman (1801-1890) fu scritto nel febbraio del 1865, e pubblicato nel maggio e nel giugno dello stesso anno, sulla rivista “Month”; l’argomento trattato riguarda la morte di Geronzio, la sua comparsa dinanzi a Dio e la sua discesa nel Purgatorio. Originariamente diviso in sette parti, il poema venne ridotto a due da Elgar, che però mantenne sostanzialmente l’impianto formale del testo di Newman.

Parte Prima (Geronzio, Coloro che lo assistono, il Prete):
Geronzio, morente, invoca le preghiere dei vicini e incita l’anima sua perché si prepari a presentarsi a Dio. Coloro che lo assistono innalzano preghiere tratte dalla Sacra Scrittura e dalla liturgia.

Parte Seconda (Anima di Geronzio, Angelo, Angelo dell’Agonia, Demoni, Spiriti Angelici, Anime del Purgatorio):
L’anima di Geronzio si sente invadere da un sonno e da uno strano senso di sollievo; non sa se il suo essere sia vivo o morto, perché si sente libero dal corpo e nello stesso tempo ancora unito ad esso. Subito ode una melodia angelica: quella del suo Angelo Custode che canta la sua vita e quanto in essa Geronzio ha ricevuto da Dio. Comincia il dialogo fra l’Anima e l’Angelo: i due spinti si salutano, e poi l’intelligenza superiore istruisce l’Anima riguardo al tempo che fugge e all’incontro con l’eternità. Man mano che l’Angelo e l’Anima si accostano al trono di Dio, si odono le imprecazioni dei demoni, con brevi e ironici versi; l’Angelo e l’Anima discutono dello stato dell’anima staccata dal corpo. Si odono poi ¡ cori degli spiriti che stanno più vicini a Dio, e finalmente l’Anima di Geronzio viene condotta alla presenza del Giudice; i canti delle Anime del Purgatorio accompagnano l’Anima di Geronzio sempre guidata dal suo Angelo Custode.

Guida all’ascolto (nota 1)

Nei paesi protestanti, specialmente in Inghilterra, dal Settecento in poi, la musica “drammatica”, vocale e rappresentativa, creata lì, escluse normalmente il teatro e le scene, confinandosi nel genere devoto (importato dall’Italia) dell’Oratorio e della Cantata di contenuto biblico, evangelico (in Germania le Passioni), edificante. Il teatro cantato, l’opera, cioè, le sue finzioni, le illusioni sceniche, le meraviglie vocali erano competenza degli Italiani e dei musicisti e cantanti che si erano “italianizzati”, i quali tutti a Londra, a Berlino, a Dresda raccoglievano ammirazioni, successi, ricchezze. Ma proprio un grande genio “italianizzato”, Händel, tedesco stabilitosi a Londra, dopo aver scritto molte opere italiane, con i suoi Oratori inglesi fece sì, dal 1730 circa, che il genere dell’Oratorio si insediasse in Inghilterra quasi come un genere di arte nazionale (anche se le musiche eseguite erano quasi tutte importate): ne è prova il fiorire ininterrotto, in ogni centro maggiore e minore del paese, di eccellenti società corali, di professionisti e di dilettanti, e di festival per cori. E in Inghilterra, infatti, dopo Händel, i grandi Oratori di Haydn e di Mendelssohn ebbero, e hanno, riconoscimenti e popolarità forse maggiori che nei paesi di lingua tedesca (quanto all’Italia, purtroppo, capolavori come La creazione di Haydn o il Paulus di Mendelssohn popolarità non ne hanno alcuna).

Nella vita musicale inglese, energicamente attiva nell’interesse sociale e per il numero enorme di esecuzioni ma scarsamente produttiva per creatività propria fino alla metà dell’Ottocento, la situazione cambia nella seconda parte del secolo per l’influenza del sinfonismo romantico tedesco e poi di Wagner e dei wagneriani (Franck specialmente). Fu un autentico risveglio di talenti creativi, tutti nati intorno al 1850 (Charles Villiers Stanford, Charles Hubert Parry, Edward Elgar, Frederick Delius e altri), per i quali è giusto parlare di una scuola nazionale inglese: che nel 1900 espresse se stessa al meglio del suo carattere e delle sue forze con l’Oratorio di Elgar The Dream of Gerontius.

Al Festival di Düsseldorf del maggio 1902 Richard Strauss diresse la Faust-Symphonie di Liszt, il 19 maggio, e il giorno dopo ascoltò per la prima volta The Dream of Gerontius di Elgar, e lo elogiò pubblicamente. Se è chiaro il collegamento ideale e stilistico che Strauss, il primo dei musicisti allora moderni, istituì tra sé e Liszt, uno dei pionieri della modernità, meno necessaria può sembrarci oggi l’altra affinità artistica da Strauss notata non senza un polemico compiacimento. II lavoro di Elgar, infatti, gli era piaciuto molto e nella cena che seguì il concerto egli rivolse al collega inglese, di sette anni più anziano, un brindisi augurale restato celebre e spesso citato: «Bevo alla prosperità e ai successi del primo musicista inglese progressivo». A includere (con un po’ di interessata esagerazione) Elgar nel circolo dei musicisti antiaccademici, pur dopo aver ascoltato una forma musicale accademica qual è l’Oratorio, Strauss non ebbe incertezze (del resto, non le aveva mai), perché nel Gerontius aveva apprezzato gli elementi di attualità, cioè i modi lisztiano e wagneriani, quali erano il linguaggio armonico evoluto, l’organizzazione tematica, la sensibilità descrittiva e introspettiva.

The Dream of Gerontius (Il sogno di Geronzio, 1900) segnò, infatti, un culmine nella carriera artistica di Edward Elgar (Sir Edward, dal 1904) per l’originalità e la ricchezza dei mezzi espressivi, sinfonici e vocali, e per l’intensità del sentimento. In qualcuno dei lavori precedenti si notano le capacità coloristiche e narrative (per esempio, nella brillante ouverture Froissart, 1890, e, anni dopo, nel magnifico Falstaff, 1913, che sono veri ritratti in musica, come ne faceva Liszt) e soprattutto il magistero costruttivo, unito all’asciuttezza dell’eloquio e all’ironia elegante (è ovvio qui il riferimento alle Enigma Variations, 1899, giustamente famose): ma tutto attesta in essi un ingegno prevalentemente strumentale, ben nutrito nel clima di gusti ecumenici e pragmatici tipico della cultura musicale inglese nella seconda metà dell’Ottocento (cultura che accoglieva e assimilava Wagner e Brahms, Verdi e Gounod senza diffidenze, anzi con cortese ospitalità). Né Elgar era immune, come non erano gli altri compositori della rinascita inglese, dall’accademismo e dalla magniloquenza ufficiale e patriottica (che egli non sempre evitò neppure in seguito, per ingenuo entusiasmo o di proposito), né dal suo inevitabile contrario, che è il languore sentimentale.

Con il grande Oratorio religioso, invece, Elgar concepì e creò non solo la sua opera più matura, per profondità di riflessione e di emozioni, ma anche la prima opera moderna della musica inglese, cioè un’opera di stile aggiornato, europeo, che però esprimeva una cultura nazionale. Caso che ci appare sorprendente se pensiamo che il contenuto cattolico del Gerontius contrasta la fede anglicana e antipapale degli Inglesi (ma Elgar era di convinta fede cattolica e in gioventù ne aveva sofferto). In verità, di là dal contrasto dogmatico, evidente ma non profondo, il Gerontius di Elgar appartiene alle opere caratteristiche del movimento tradizionalista e spiritualista energicamente produttivo nel tardo romanticismo dell’età vittoriana. Nella musica di Elgar quegli ideali trovarono un’espressione commossa, fervida e, a un tempo, severa, vincolata, sì, alle abitudini artistiche nazionali (nella solennità della scrittura corale, nell’austerità quasi puritana dei lirismo religioso) e tuttavia anche originale e innovativa (che, infatti, piacque a Strauss) e tale da soddisfare il gusto musicale colto. Dunque si comprende come già con le Enigma Variations, ma soprattutto con The Dream of Gerontius, cioè dal 1900, Elgar sia diventato il “musicista dell’Inghilterra”; e lo dimostra ciò che di lui scrisse George Bernard Shaw, difficile nei gusti e tagliente nei giudizi, dieci anni dopo: «Non discuto se questa [cioè: la musica di Elgar] sia buona e se a voi piaccia o no (però per quello che mi riguarda, a me piace). Io ora intendo dire che, anche se a voi non piace, essa è, comunque sia, l’espressione di un tipo di cultura inglese, e anche eccellente cultura. Prima che arrivasse Elgar, una cosa del genere non esisteva nel sinfonismo inglese. Per trovarla bisognava andare indietro fino a Purcell.» Il che, detto da un grande intellettuale-musicista poco benevolo verso la società del suo tempo, non è complimento da poco.

Ma riflettendo sulla complessità culturale e ideale della musica del Gerontius e sulla sua superiorità sugli altri Oratori di Elgar e, naturalmente, sulla musica corale e drammatica degli inglesi contemporanei non si deve trascurare l’alta qualità letteraria del poema del cardinal Newman. L’austera elevatezza delle idee musicali nasce anche dalla religiosità forte e quasi visionaria dei versi del cattolico Newman che impressionarono il cattolico Elgar. Quando il musicista scelse quel testo (che nel 1887 aveva già attirato l’attenzione di Dvoràk, che poi non concluse il progetto) e lo compose con vero entusiamo, in meno di un anno, Newman era già morto, vecchissimo, nel 1890. Ma, la sua autorità di teologo, combattivo polemista e poeta era ancora efficace, anche se, come già in passato, lui vivente, contrastata. Di quel movimento spiritualista prima ricordato, nel quale si incontravano neocattolici, membri della Chiesa Alta, intellettuali tradizionalisti, esteti antimaterialisti – avversari tutti, e ognuno a suo modo, della secolarizzazione borghese e del pragmatismo sociale – Newman era stato, e restava anche dopo morto, il personaggio eminente.

La sua prosa dottrinale e autobiografica tuttora impressiona per il vigore concettuale, l’immensità della dottrina, la sottigliezza; ma delle sue poesie religiose alcune ci suonano, pur nella loro compiutezza stilistica, manierate e sentimentali. Questo vale anche per il lungo poema drammatico The Dream of Gerontius, una strana invenzione letteraria arcaizzante, quasi un’edificante liturgia rappresentata, un’imitazione di mistero medievale, in cui si mescolano ricercato candore emotivo e sorprendente virtuosismo letterario (la perfezione dei rifacimenti di forme e di maniere, classiche, liturgiche, mistiche, perfino “goethiane”, nella ridda dei demoni) per dare forma poetica a un’idea di esistenzialismo cristiano (l’angoscia dell’uomo al momento del trapasso dalla coscienza della finitezza e della mortalità all’estatica conoscenza della necessità e dell’infinito).

Dunque, per la concezione romantica della musica come espressione diretta dello spirituale e del trascendentale il poema del cardinal Newman era destinato ai suoni. Ma alla fine dell’Ottocento un proposito musicale-drammatico così solenne difficilmente poteva sottrarsi all’influsso estetico più potente del momento; ed Elgar, infatti, già wagneriano convinto, non si sottrasse. Nel Gerontius l’eco del Parsifal ci arriva alla prima battuta. L’Oratorio inglese, tuttavia, non ne è un ricalco (del resto, il Parsifal è un’epifania di cui non possono darsi ricalchi), né propriamente un’imitazione. Dal Parsifal Elgar trae la riposata calma di alcune cellule tematiche e la distensione del tempo musicale; da Wagner in generale, l’organizzazione sinfonico-tematica del materiale. Ma non è wagneriana la vocalità, né quella dei solisti, che molto assomiglia allo stile teatrale-melodrammatico del tempo, cioè quello dell’ultimo Verdi e dei francesi (Saint-Saëns, Franck e perfino Gounod), né la vocalità corale, derivata dal primo romanticismo tedesco (Schumann, Mendelssohn e anche Spohr), ma ben solida nel carattere personale (dato il fatto che essa si fonda su un autentico magistero di scrittura). Tanti antecedenti studiati, ammirati, assimilati, non producono, però contraddizioni di linguaggio nel Gerontius, che possiede, anzi, una sicura omogeneità di invenzione, di espressione, di colore (ed è un’omogeneità ricercata e nobile, che non sempre riesce ad evitare un’aulica monotonia, come accade, per esempio, nel dialogo tra l’Anima e l’Angelo).

Si dovrebbe, dunque, giudicarla un’opera del suo tempo, concepita nel clima europeo dell’eclettismo e romanticismo post-wagneriano; eppure il Gerontius vale più di un generico attestato di colto e intelligente sincretismo perché il calore di fede e la sollecita pietà umana passano dal testo poetico nella musica arricchendosi di pathos, soprattutto nel cromatismo e nelle ardite modulazioni, dunque nei modi tardoromantici di espressione dell’interiorità psichica, che esaltano le parole di angoscia, di dolore, di preghiera, di misticismo che qui predominano. Anche la contrapposizione, accortamente assunta dallo stile del Parsifal, tra passi cromatici e melodie diatoniche (dedicate queste alla rappresentazione dell’oltremondo e dei suoi angeli) concorre a determinare l’orientamento di quest’atto religioso, dal dramma umano all’esultanza di una positiva certezza. Ma non è estraneo al tono di elevata serietà della musica un celato simbolismo mistico del linguaggio musicale, nei modi di evocazione dell’immobilità temporale e soprattutto nell’incrocio tra ritmi ternari (il dogma trinitario) e binari (il dogma cristologico) nell’enorme coro, in do maggiore (ma percorso da una vertiginosa serie di modulazioni), di lode a Dio poco prima che l’Anima sia giudicata.

L’Oratorio è in due parti, nella prima delle quali è rappresentata l’agonia del protagonista, assistito da amici e da sacerdoti, poi la sua morte, e nella seconda il viaggio ultraterreno dell’anima, scortata dal suo angelo custode, l’incontro con una ridda di demoni tentatori (sono gli angeli ribelli, beffardi e furiosi), la mistica visione di Dio, la discesa nel Purgatorio. Le due parti non sono due atti teatrali, perché ai contrasti di sentimenti e allo sviluppo ideale, di cui ho detto, mancano del tutto gesti esteriori, drammatizzazione scenica, passaggi di eventi. I momenti della storia edificanti si aggiungono uno all’altro, stazioni di una sacra rappresentazione di statiche figure di un solenne corteo allegorico. Come in ogni opera di fede serena e asseverativa l’amen finale, il sì a Dio, assegna retrospettivamente unità e coerenza alle differenze e ai tumulti della vita. Quel sì misterioso la musica può pronunciarlo, con i suoi mezzi segreti: e nel Gerontius lo pronuncia. Dal largo movimento della cellula tematica nelle prime due battute (la-sol diesis-la-sol naturale: una strana sospensione, quasi un breve smarrimento, perché il nostro orecchio si dispone alla tonalità di la minore, per poi incontrare subito re minore) – da quella cellula, dicevo, che è il corto respiro di un morente, si genera quasi tutto il materiale sinfonico degli altri temi, a significare la mistica unità universale, dall’ansito desolato dell’agonia all’immensa pace divina.

Perché questa musica, che Elgar ha così nobilmente concepita ed elaborata, non è riuscita ad affermarsi fuori dall’Inghilterra? Come si è compreso, l’intrinseco suo carattere di elevatezza, che dagli ideali dell’artista passa nello stile generale, è, alla fine, una ragione di consenso ma anche un freno alla duratura ammirazione. Tuttavia non si tratta solo di questo. Affinché una composizione di stile drammatico e descrittivo sia decisa e memorabile, occorre che i suoi nuclei tematici e i motivi principali possiedano forza sintetica, stringatezza di disegno, vitalità mnemonica per l’ascoltatore. Sono virtù che la musica di Elgar ha nelle Enigma Variations e in alcuni poemi sinfonici (i già ricordati Froissart e Falstaff) e che, invece, evita, forse di proposito, nel Gerontius. Qui per descrivere la morte e la trasfigurazione di un’Anima, le parole degli Angeli, la visione di Dio, cioè il transito dalla vita nel tempo alla mistica immobilità (all’inizio della II parte l’Anima di Geronzio avverte in sé una «inexpressive lightness», una levità incerta, e ha smarrito il «busy beat of time», il battito operoso del tempo), – per descrivere contenuti così spirituali l’invenzione rinuncia al vigore pulsante del motivo musicale (eccetto che nel coro dei demoni, in stile fugato). Wagner, il primo modello di Elgar, ha creato nel Rheingold, nel Tristan, nel Parsifal, temi estatici e cosmici, ma la loro spiritualità ha una determinatezza espressiva che ci è quasi visibile, è “drammatica”, appunto, nel senso wagneriano. Il confronto, in sé fatalmente impari, ci chiarisce il carattere fondamentale della musica del Gerontius.

Per esempio, nel primo discorso dell’Anima oltre la morte, essa ode un canto, ma non può dire se quei suoni li ascolta o li tocca o li assapora. Sono bei versi, in cui l’Anima sente in sé, per la prima volta, l’incorporea unione delle percezioni. In una condizione psicologica ben diversa Tristano morente «ode la luce»: anche lì la musica deve passare dal terrore all’esultanza estrema, e questo essa fa esprimendo l’inesprimibile. L’inesprimibile Elgar non lo tenta neppure. In un sereno disegno musicale cullante, appena screziato da dissonanze di settima, la melodia passa da do maggiore a mi maggiore («Ascolto un canto») e poi rende regolare il suo moto da 5/8 a un uniforme 3/8. È un’intenzione di bellezza pia, vigile e discreta, che è appunto il carattere della bellezza di questa musica.

Franco Serpa


(1) Testo tratto dal programma di sala del Concerto dell’Accademia di Santa Cecilia;
Roma, Auditorium Parco della Musica, 19 febbraio 2005

http://www.flaminioonline.it/Guide/Elgar/Elgar-Gerontius38.html




 Edward Elgar Variations Enigma : English Symphony Orchestra X -Bernstein (XIV)

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Edward Elgar – Variations on an Original Theme Op. 36 completa – Enigma

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Edward Elgar – Cello Concerto in E minor Op.85

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Enigmatic Variations Eric-Emmanuel Schmitt ; complete

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