il pensatore astratto : per lui La natura come natura, non è nulla, è un nulla che si conferma come nulla

[XXXIII] Ma anche la natura, astrattamente presa, per sé, fissata nella separazione dall’uomo, non è per l’uomo un bel nulla. S’intende da sé che il pensatore astratto, che si è deciso per l’intuizione, guarderà la natura astrattamente. Allo stesso modo che la natura si trovava dal pensatore racchiusa, come idea assoluta, come oggetto ideale, nella sua forma, a lui nascosta e misteriosa; così egli, liberandola da sé, ha in verità liberato da sé soltanto questa natura astratta, ma con l’intendimento che essa sia l’esser-altro del pensiero, la natura reale, intuita, distinta dal pensiero astratto; ha liberato da sé soltanto la natura come oggetto ideale, oppure, per parlare un linguaggio umano, il pensatore astratto esperimenta, nella sua intuizione della natura, che gli esseri, che egli nella dialettica divina credeva di creare dal nulla, dalla pura astrazione, quali prodotti puri del lavoro che il pensiero compie movendosi in se stesso e non affacciandosi mai alla realtà, non sono null’altro che astrazioni delle determinazioni della natura. Tutta intera la natura, quindi, non fa che ripetergli le astrazioni logiche in una forma sensibile, esterna. Egli torna ad analizzare la natura e queste astrazioni. La sua intuizione della natura è dunque soltanto l’atto con cui egli conferma la sua astrazione dall’intuizione della natura, il processo generativo della sua astrazione, riprodotto da lui consapevolmente. Così, per esempio, il tempo si identifica con la negatività che si riferisce a se stessa (p. 238). Al divenire soppresso nell’esistenza corrisponde, in forma naturale, il movimento soppresso nella materia. La luce è – la forma naturale – la riflessione in sé. Il corpo come luna e cometa è – la forma naturale – dell’opposizione, che, secondo la Logica, è da un lato il positivo che riposa su se stesso, dall’altro il negativo che riposa su se stesso. La terra è la forma naturale del fondamento logico, in quanto è l’unità negativa dell’opposizione, ecc.
La natura come natura, cioè in quanto si distingue ancora sensibilmente da quel senso segreto e ivi nascosto, la natura separata, distinta da queste astrazioni, non è nulla, è un nulla che si conferma come nulla, è senza senso o ha soltanto il senso di una cosa esterna che è stata soppressa.
« Nel punto di vista teologico-finito si trova il giusto presupposto che la natura non contiene in se stessa il fine assoluto», p. 225. Il suo fine è la conferma dell’astrazione. «La natura si è determinata come l’idea nella forma dell’esser-altro. Poiché l’idea è in tal modo negazione di se stessa ed è esterna a se stessa, la natura non è esterna soltanto relativamente rispetto a questa idea, ma l’esteriorità costituisce la determinazione in cui essa è come natura», p. 227.
L’esteriorità non si deve qui intendere come la sensibilità che si estrinseca, e si apre alla luce, all’uomo sensibile; bensì questa esteriorità è qui da assumere nel senso dell’alienazione, di un errore, di un difetto che non dovrebbe essere. Infatti, il vero è ancor sempre l’idea. La natura non è altro che la forma del suo esser-altro. E poiché il pensiero astratto è ciò che è, ciò che è esterno a lui è essenzialmente soltanto un qualcosa di esterno. Il pensatore astratto riconosce ad un tempo che la sensibilità è l’essenza della natura, l’esteriorità in opposizione al pensiero che si muove in se stesso. Ma nello stesso tempo esprime questa opposizione in modo che questa esteriorità della natura è l’opposizione della natura al pensiero, la sua deficienza, e che essa è, in quanto distinta dall’astrazione, un essere deficiente. [XXXIV] Un essere deficiente non solo per me, ai miei occhi, ma anche in se stesso, ha fuori di sé qualcosa che gli manca. Vale a dire, il suo essere è altro da se stesso. Per il pensatore astratto quindi la natura deve sopprimersi da sé, essendo già da lui posta come un essere potenzialmente soppresso.
« Lo spirito ha per noi come suo presupposto la natura, di cui è la verità e quindi il principio assoluto. In questa verità la natura è dileguata e lo spirito risulta come l’idea giunta al suo essere per sé, della quale tanto l’oggetto quanto il soggetto è il concetto. Questa identità è negatività assoluta, perché nella natura il concetto ha la sua perfetta oggettività esterna, ma questa sua alienazione è stata eliminata ed esso in questa alienazione si è identificato con se stesso. Così il concetto è questa identità solo come ritorno dalla natura», p. 392.
«La rivelazione, che come idea astratta è un passaggio immediato, un divenire della natura, è in quanto rivelazione dello spirito, che è libero, la posizione della natura come proprio mondo; una posizione che come riflessione è nello stesso tempo una presupposizione del mondo come natura per se stante. La rivelazione nel concetto è la creazione dello stesso mondo come essere suo proprio, in cui il concetto si dà l’affermazione e la verità della sua libertà». «L’assoluto è lo spirito; questa è la suprema definizione dell’assoluto».

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