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Con questo articolo il segretario del partito comunista italiano Palmiro Togliatti (che si firma con lo pseudonimo di Rederigo di Castiglia) prendeva atto del fatto che Vittorini, dopo anni di polemiche con i dirigenti del P.C.I., era uscito dal partito. L’intervento di Togliatti, pubblicato su Rinascita, la rivista ufficiale del partito comunista, è molto polemico (e in qualche parte, già nel titolo, velenosamente irridente) verso lo scrittore e l’intellettuale che aveva osato criticare il partito, dopo esserne stato militante e aver collaborato anche al giornale L’Unità.
Il corsivo era la risposta definitiva a Vittorini, che pochi giorni prima aveva pubblicato sul giornale “La stampa” un articolo intitolato “Le vie degli ex-comunisti”, in cui esprimeva in modo chiaro e inequivocabile il suo dissenso nei confronti della politica ufficiale del partito sul tema della libertà, lamentando che il comunismo, chiuso nella sua intolleranza ideologica, non riuscisse ad identificarsi con il “liberalismo”.
“Vittorini se n’è ghiuto,
E soli ci ha lasciato!…
Canzone napoletana
A dire il vero, nelle nostre file pochi se ne sono accorti. Pochi si erano accorti, egualmente, che nelle nostre file egli ci fosse ancora. Vittorini? Sì, era stato accanto a noi nel combattimento contro la tirannide interna e l’invasore straniero. Come tanti altri. Nè meglio, nè peggio, dicono. Poi era venuto un racconto[1] [1] dedicato a questo combattimento, bello, ma discutibile, per quella mania di non saper presentare se non attraverso un torbido travestimento di letteratura gli eroi di quella battaglia, che furono uomini del popolo nella loro grande maggioranza, uomini chiari e semplici, dunque, di fronte ai fatti, di fronte al dovere da compiersi e al destino. Poi una rivista[2] [2] , che fu diffusa largamente e favorita dai nostri[3] [3] , che attendevano qualcosa di nuovo e di buono, ma finì per scontentare tutti e lo stesso direttore[4] [4] , perchè conteneva di tutto e non conteneva nulla, non riuscendo ad essere nè tranquillamente informativa come, diciamo, un Calendario del Popolo[5] [5] , nè seriamente di elaborazione. Morì, la rivista, dopo un inizio di dibattito sulla politica e la cultura. Ma qui già si camminò sui carboni, perché l’intenzione che trasudava dalle parole non era quella di distinguere, congiungere o separare queste due attività umane, ma piuttosto di trovare, per l’uomo «colto» o preteso tale una scappatoia per conto suo, lontano dalle non grate fatiche dei «politici». Infine altri libri, scritti quando già, crediamo, lo scrittore riteneva di non aver più nulla in comune con noi, di essersi liberato da qualsiasi costrizione e nei quali, dunque, libero avrebbe dovuto espandersi il genio. Ma son libri di cui è difficile parlare, pcrchè è a tutti difficile trovar la pazienza di leggerli sino alla fine[6] [6] . Nei precedenti, almeno, qualcosa c’era.
Ora dice che non è più comunista, definitivamente. Ma insomma, quando lo è stato? La iscrizione al partito, dice, non l’ha mai voluta fare. Almeno ci spiegasse il perché. La gente comune, quando ritiene di esser comunista, s’iscrive. Non è un eroismo, non é un rito, e non è nemmeno un sacrificio. E’ l’adesione a una milizia politica e sociale; è l’apporto a questa milizia della attività della propria persona, attività materiale e attività ideale,contributo di opere e contributo di idee, nella misura che a ciascuno è concesso. Chiunque si iscrive e milita, dà al partito e al movimento comunista qualche cosa. Vittorini, in sostanza, che cosa aveva da dare e che cosa ha dato? Ma farse è proprio perchè non aveva nulla da dare, che non s’e iscritto, e per questo, quando oggi dichiara di non essere più con noi, la cosa ci sembra priva di rilievo.
Paragona sè stesso con Silone[7] [7] . Ha torto, moralmente, perchè quello é un poco di buono; ma ha torto anche per un altro motivo. Quando Silone se ne andò, anzi fu messo fuori dalle nostre file (per conto suo si sarebbe rimasto a dir bugie e tesser l’intrigo), l’avvenimento contò. Silone ci aiutò, in sostanza, non solo a approfondire e veder meglio, discutendo e lottando, parecchie cose; ma anche a riconoscere un tipo umano, determinate, singolari forme di ipocrisia, di slealtà di fronte ai fatti e agli uomini, Ma Vittorini, in che cosa, per che cosa conta?
Qui si apre il capitolo più triste. Se fosse stato zitto, certo nelle nostre file, dove grande è il prestigio di quel lusinghiero appellativo di «intellettuale», quanti profondi pensieri, fonti di recondite crisi dell’animo, gli si sarebbero attribuite. Ma ha parlato, e che desolazione! Era venuto con noi, dice, perché credeva fossimo liberali: invece siamo comunisti. Ma perchè non farselo spiegare prima? Sembravamo liberali, aggiunge, perchè combattevamo contro il fascismo. Ma se i liberali[8] [8] son proprio sempre e dappertutto stati quelli che al fascismo hanno tenuto la scala! O vogliam parlare in termini non di stretta politica, ma più larghi? Vi è un progresso della libertà nel mondo, lento, faticoso, al quale non vi è dubbio che molte e diverse classi e idee hanno dato un contributo, riuscendo ciascuna, in un momento di ascesa e progresso, a spezzare una parte delle catene che avvincono gli uomini, salvo poi a tornare indietro e fare la parte opposta, in molti casi. Noi ci inseriamo in questo processo come la forza più decisamente liberatrice, perchè é il mondo stesso della produzione, da cui sono sgorgate sempre, e nei fatti e nelle idee, tutte le negazioni della libertà, che sottoponiamo alla volontà ordinatrice degli uomini organizzatí in collettività produttiva. Per questo si accostano e fondono, nel movimento nostro, lotta per la libertà e lotta per la giustizia sociale. Contadini e operai non è che vogliano «un liberalismo senza capitalismo», come dice Vittorini solo riducendosi come sempre ad un giuoco di parole, ma non vogliono più il capitalismo e quindi combattono per la libertà.
E ora dovrebbero venire le obiezioni, le critiche, atte a mostrare che noi non siamo quello che diciamo e vogliamo essere, che non adempiamo la funzione a noi attribuita, secondo la nostra stessa concezione, dalla storia.
Confessiamo che, presi anche noi da quel prestigio per l’«intellettuale», a questo punto abbiamo atteso e cercato con curiosità, con interesse. Chi lo sa che questo «intellettuale» ci aiutasse a scoprire un nuovo terreno di dibat tito, ci invitasse a uno scontro fecondo con nuove impostazioni di idee, nuove interpretazioni di fatti e di cose. Poveri noi! Abbiamo trovato «le risoluzioni oscurantiste che prendono nome da Zdanov[9] [9] », «le decisioni da Concilio tridentino del Cominform[10] [10] », «i processi uso processi delle streghe delle varie capitali balcaniche», ecc. ecc. Dio mio! Dio mio! C’era bisogno di pensarci tanto, e c’era bisogno di dirsi «intellettuale» e di chiamarsi Vittorini per tirar fuori alla fine, questa roba? Ma se sta in tutti i bollettini parrocchiali, in tutti i manifesti dei Comitati civici[11] [11] , in tutti i discorsi di Acheson[12] [12] e di Truman[13] [13] , in tutti gli articoli del piccolo Tupini[14] [14] . Col nome di Zdanov va una risoluzione di quattro tanto fa, dove esattamente si indica e prevede il corso della politica imperialista americana. Non approvi? Dillo chiaro e spiega il perchè. Sono di Zdanov alcuni discorsi e scritti di critica letteraria e artistica, dove si sostiene, per dirla con due parole, che l’arte dev’essere specchio dalla realtà sociale. Perché proprio questa posizione dev’essere «oscurantista» e non la posizione opposta, per esempio? E’ partendo dalla posizione opposta, se non altro, cha vengono esaltate come grandi opere d’arte, opere dove proprio tutto è oscuro, perchè la comune degli uomini non ci capisce nulla. Processi delle streghe quelli delle spie[15] [15] colte sul fatto a Budapest, a Bucarest, altrove? Forse Vittorini preferiva i processi che costarono dieci e dieci anni di galera a Rakosy[16] [16] , ad Anna Pauker[17] [17] , e la vita a dieci a dieci dei nostri eroi? Com’era tutto chiaro, tutto «liberale» in quei processi là!
Ma, volete sentire la più bella? Vittorini non vuol più essere comunista da quando la Cina, governata oggi da un blocco popolare diretto dai comunisti, ha cessato di essere «liberale» e si è «chiusa nella camera di sicurezza di un regime totalitario». Vediamo: la Cina sbarra oggi le porte ai colonialisti, ai loro agenti, ai loro missionari, dà ai poveri terra, lavoro, istruzione, stampa, libri, costruisce fabbriche, macchine e strade, e persino un esercito, orrore! per poter difendere la libertà. Voi non credere che questo faccia parte di «un movimento storico generale di indirizzo liberatore»? Pazienza, anzi peggio per voi! L’importante è che laggiù vi è un popolo di 450 milioni che la vede in modo diverso, perchè sente, finalmente, di aver cominciato a governarsi da sè[18] [18] . O saran governati anche loro, quei 450 milioni, dal russo col ghigno satanico, il berretto a punta e il pugnale fra i denti, che minaccia la civiltà «occidentale» ? Coraggio, Vittorini, lo avevano già detto i manifesti di Salò[19] [19] , lo ripetono oggi quelli di Gedda[20] [20] : mettici anche la tua firma e non sa ne parli più! Ma chi aveva pensato tu valessi, proprio come «intellettuale», qualcosa, ti ha, ora, giudicato.
Vi sono intellettuali che, quando aderiscono al partito, pensano di doverne essere per natura i dirigenti, chiamati ad elaborare le parti più elevate della dottrina. Si sbagliano senza dubbio, perché la nostra dottrina sgorga non soltanto da una oramai secolare elaborazione di idee, ma sgorga da una esperienza, che ha per più di un secolo accompagnato, sorretto, corretto il corso e progresso delle idee. Solo dopo una adesione e penetrazione profonda, che abbia come punto di partenza, come in tutte le cose serie, anche la modestia, il contributo personale è possibile. Quello che da un intellettuale però si ha ragione di pretendere sin dall’inizio è una certa qualità del ragionare, soprattutto se si pretende, come sembra che in questo caso si pretenda, alla buona fede. Quello che in Vittorini manca, e manca certamente in molti altri ancora, é la qualità; e qualità ci sembra voler dire, per ehi lavora essenzialmente col pensiero, capacità di analisi e visione generale del mondo del pensiero e delle lotte che oggi vi si combattono. Non ha questa visione generale chi non va più in là della frase fatta o del luogo comune, siano essi quelli della noiosa propaganda reazionaria, o quelli delle tendenze pseudo filosofiche alla moda («l’uomo nasce solo», «l’uomo muore solo»: sciocchezze! L’uomo non è mai meno solo di quando nasce e di quando muore!). Provenienti dall’una o dall’altra di queste parti, la frase fatta, il luogo comune, tendono oggi soprattutto a una cosa, a abbassare e umiliare la ragione umana. Che casa resta nel mondo, se il movimento liberatore di milioni e centinaia di milioni di uomini che costruiscono società nuove, non è più che l’«oscurantismo di Zdanov», le scomuniche del Cominform, nuovi processi delle streghe, una nuova «Chiesa» e così via? Ben sanno ciò che si fanno, coloro che in questo modo accusano la ragione di non essere più tale, l’uomo di diventare rneno umano, e ciò proprio mentre si corona di successo il suo sforzo di dominare e l’economia e la natura. Vittorini pensa che rimanga, per lui e per gli altri, la «libertà». Ma già ragiona, egli stesso, come uno schiavo.
Roderigo di Castiglia
http://www.vittorininet.it/supporto/elio/politica_ghiuto.