Daniel Pennac l’oeil du loup pdf e by Marina Morra

Chapitre premier : Leur rencontre.
1
Debout devant l’enclos du loup, le garçon ne bouge
pas. Le loup va et vient. Il marche de long en larg
e et ne s’arrête jamais.
« M’agace, celui-là… »
Voila ce que pense le loup. Cela fait bien deux heu
res que le garçon est là, debout devant ce grillag
e, immobile comme un arbre
gelé, à regarder le loup marcher.
« Qu’est ce qu’il me veut ? »
C’est la question que se pose le loup. Ce garçon l’
intrigue. Il ne l’inquiète pas (le loup n’a peur de
rien), il l’intrigue.
« Qu’est ce qu’il me veut ? »
Les autres enfants courent, sautent, crient, pleure
nt, ils tirent la langue au loup et cachent leurs t
êtes dans les jupes de leurs mères. Puis,
ils vont faire les clowns devant la cage du gorille
et rugir au lez du lion dont la queue fouette l’ai
r. Ce garçon-là, non. Il reste debout,
immobile, silencieux. Seuls ses yeux bougent. Ils s
uivent le va-et-vient du loup, le long du grillage.
« N’a jamais vu de loup ou quoi ? »
Le loup, lui, ne voit le garçon qu’une fois sur deu
C’est qu’il n’a qu’un œil le loup. Il a perdu l’aut
re dans sa bataille contre les hommes, il y a dix a
ns, le jour de sa capture. A l’aller donc
(si on peut appeler ça l’aller), le loup voit le zo
o tout entier, ses cages, les enfants qui font les
fous et, au milieu d’eux, ce garçon-là,
tout à fait immobile. Au retour (si on peut appeler
ça le retour), c’est l’intérieur de son enclos que
voit le loup. Son enclos vide, car la
louve est morte la semaine dernière. Son enclos tri
ste, avec son unique rocher gris et son arbre mort.
Puis le loup fait demi-tour, et voilà
de nouveau ce garçon, avec sa respiration régulière
, qui fait de la vapeur blanche dans l’air froid.
« Il se lassera avant moi », pense le loup en conti
nuant de marcher. Et il ajoute :
« Je suis plus patient que lui. »
Et il ajoute encore : “Je suis le loup”

 

Chapitre trois : l’œil de l’homme.

(partie 1)

 

Ce n’est pas la première fois qu’on demande son nom au garçon. Les autres enfants, au début… _ Et, toi, tu es nouveau par ici ? D’où viens-tu ? Qu’est-ce qu’il fait ton père ? T’as quel âge ? T’e s en quelle classe ? Tu sais jouer au Belvédère ?

Des questions d’enfants. Mais la plus fréquente éta

it justement celle que le loup venait de poser à l’ intérieur de sa tête : « Comment tu t’appelles ? » Et personne ne c omprenait jamais la réponse du garçon.

_ Je m’appelle Afrique.

_ Afrique ? C’est pas un nom de personne, ça, c’est

un nom de pays !

On riait.

_ C’est pourtant comme ça que je m’appelle, Afrique

_ Sans blague ? Tu rigoles ? Tu te moques de nous ou quoi ?

Le garçon choisissait un regard bien particulier et demandait calmement :

_ Est-ce que j’ai l’air de rigoler ?

Il n’en n’avait pas l’air.

_ Excuse nous, on plaisantait… On ne voulait pas te … On ne …

Le garçon levait la main et souriait doucement pour montrer qu’il acceptait les excuses.

_ Bon, je m’appelle Afrique, c’est mon prénom, et m

on nom de famille est N’Bia. Je m’appelle Afrique N’Bia.

Mais le garçon sait bien qu’un nom ne veut rien dire sans son histoire.

C’est comme un loup dans un zoo : rien

qu’une bête parmi les autres si on ne connaît pas l’histoire de sa vie.

_ D’accord, Loup Bleu, je vais te raconter mon histoire.

[…] _ Voilà, loup Bleu, c’est ici, l’endroit de mon premier souvenir !

Daniel Pennac l’oeil du loup.

Storie che fanno sognare – L’occhio del lupo di Daniel Pennac

Non so se un giorno vi racconterò mai la storia di come due uomini mi hanno ridato la vita, uno dei quali è Daniel Pennac che, per essere esatti, vestiva i panni di Monsieur Malaussène.

Una di quelle storie troppo personali perché possano avere un significato per qualcuno, a parte ovviamente la sottoscritta (e l’altro uomo che un po’ la conosce già).

E non voglio neanche pensare alle regole di buona scrittura che dovrebbero evitare che il mio lettore, a questo punto già stufo, chiuda indispettito la pagina (ho stranamente in mente una pagina di carta), annoiato da un discorso che tarda a cominciare.

Voglio raccontare l’incanto di una fiaba giocando con i suoi ritmi lenti, e indugiare su quei tempi dilatati che come nient’altro riescono a farmi sentire a casa.

L’autore del romanzo di cui voglio parlare ve lo svelo a questo punto, se vi è sfuggito, è Daniel Pennac, l’incantatore che mi fa perdere continuamente il filo della ragione per quella storia di emozioni che, vi ho detto, non è il caso di spiegare.

Ma veniamo al libro.

L’occhio del lupo è un testo edito in Francia nel 1984 e in Italia da Salani nel 1993, una storia senza tempo il cui fascino trascende i confini generazionali.

Mi è capitato di leggere nel testo Nessun Bambino è un’isola, curato da Stefania Tondo, docente appassionata all’Università degli Studi Suor Orsola Benincasa di Napoli, un saggio di Sue Neale, direttore artistico editoriale di libri per bambini, dedicato a L’occhio del lupo.

La Neale lamenta, mettendo a confronto le edizioni inglesi e francesi, l’uso quasi esclusivamente scolastico in Francia di un testo ricco di fascino e destinato non soltanto ai piccoli lettori.

Ovviamente corro a comprarlo, lo leggo e ne sono ammaliata.

Un ragazzo e un lupo si incontrano, si fissano in silenzio attraverso le sbarre della gabbia di uno zoo, come due animali selvatici costretti in cattività si studiano.

Il lupo chiuso nella sua disperazione guarda il mondo da un occhio solo, metafora della distanza che vuol tenere tra il mondo e la sua prigione. Il ragazzo, il cui nome Africa rievoca un passato di libertà ben diverso dallo zoo, riesce a superare la diffidenza del lupo e a conquistarlo con un atto di estrema sensibilità e solidarietà: chiudendo un occhio.

Cominciano così, come per magia, a scambiarsi le loro storie.

L’occhio del lupo si lascia guardare e lascia che i ricordi affiorino in immagini.

Di dolore, di passato e di sogni.

E l’occhio del lupo guarda nell’occhio del ragazzo che da sempre possiede una dote prodigiosa: racconta storie che fanno sognare.

L’incontro/scontro iniziale si risolve dunque in un intenso scambio.

Il ragazzo si ritrova in Alaska a ripercorrere la vita del lupo e della sua famiglia fino al giorno della sua cattura. Mentre il lupo rivive il viaggio del ragazzo attraverso i mille volti dell’Africa, la Gialla dei deserti, l’Africa Grigia delle savane e la Verde delle foreste equatoriali, fino al suo arrivo nell’Altro Mondo, il cosiddetto mondo civilizzato in cui si sente prigioniero, e allo zoo dove però ritrova tutti i suoi amici animali, compagni di avventura.

Una storia delicata e tenera, dai buoni sentimenti, che svela l’intensità del raccontare storie.

Pennac ci mostra quanto sia difficile fidarsi di qualcuno e raccontarsi, ma anche quanta bellezza e felicità può derivare dallo scambio che finalmente avviene.

Dall’incontro di due solitudini non nasce soltanto un’amicizia.

La condivisione delle proprie personali esperienze ricongiunge all’altro, alla vita, ma soprattutto a se stessi, e alla fine fa aprire gli occhi:

La vita è strana … Qualcuno ti racconta qualcosa che tu nemmeno sapevi che esistesse, qualcosa di inimmaginabile, qualcosa che hai difficoltà a credere e non appena le parole sono state pronunciate tu scopri tante cose su te stesso.

La presenza dell’altro turba il lupo ma il ragazzo sa imporsi con dolcezza e lo costringe al confronto. Lo scambio porta con sé quella gioia che solo l’empatia può donare.

Tante volte il ragazzo ha avuta salva la vita e lungo il suo cammino ha trovato tanti amici grazie alle sue belle storie, e lo stesso autore ha trascorso la sua infanzia viaggiando in Europa, Africa e Sudest asiatico, seguendo gli spostamenti del padre ufficiale.

Forse per questo L’occhio del lupo è un testo che Pennac preferisce a molti suoi libri. O forse perché è un libro sulle belle storie e la felicità che sanno donare.

In più di un’intervista l’autore ha confessato il suo amore per la scrittura che trova eccitante quanto la lettura, e ha dichiarato di essere prima ancora che uno scrittore, un narratore di storie. (E qui per divertirci un po’ possiamo ascoltarlo mentre legge un passo del suo libro durante il forum tenuto nella redazione fiorentina di Repubblica in occasione di un riadattamento teatrale de L’occhio del lupo andato in scena a Pistoia il 26 ottobre 2013).

Ecco perché Sue Neale è tanto infastidita dalla decostruzione del testo operata nelle edizioni scolastiche francesi per insegnare ai bambini il processo della scrittura, l’analisi del testo e dei personaggi, dimenticando quasi del tutto la natura mitica della storia e il piacere della lettura (la cui importanza qualche anno più tardi lo stesso Pennac descriverà in Come un romanzo del 1992).

Il libro di Pennac riesce ad appagare quel desiderio di perdersi con gioia nelle pagine mentre si è stimolati da contenuti profondi e una visione seria del mondo reale che solo apparentemente è nascosta.

L’occhio del lupo è considerato un romanzo per ragazzi. Un errore comune, ne abbiamo discusso molto con Stefania, è credere di trovarsi davanti un oggetto destinato ad un target di lettura circoscritto e appartenente ad un genere in qualche modo minore o marginale. Testi ignorati dalla maggior parte degli adulti che sembrano dimenticare anche la semplice verità che la produzione e la diffusione della Children’s literature è comunque opera di adulti, magari di quegli adulti che non hanno perso la capacità di camminare con leggerezza e di guardare il mondo con continuo stupore.

Quella leggerezza che Calvino considera un valore perché preserva la vivacità dell’intelligenza.

Al crossover letterario (di opere che attraversano i confini generazionali coinvolgendo più fasce d’età) partecipano gli adulti, scrittori e lettori, che sentono di dovere arricchire la propria dimensione esistenziale, che vogliono riflettere sul senso della vita, e che vedono aumentare le proprie responsabilità intellettuali e morali a causa della crescente complessità e incertezza del vivere.

Ci sono storie come quella di Pennac, che riescono a liberarci, che riescono a ridurre il peso del mondo, e a donarci una leggerezza che difficilmente potremmo sperare, imprigionati come siamo nell’inerzia e nell’opacità della vita contemporanea.

Cosa dovremmo innanzitutto cercare nei libri? Il piacere della lettura.

I livelli di lettura del testo di Pennac sono molteplici ma appare fin troppo chiaro quanto lo Storytelling  (meravigliosamente biasimato da Bruce Sterling nell’articolo di Letizia) sia considerato un mezzo importante per comprendere gli altri. Tanto che il romanzo di Pennac offre addirittura un metodo suggerito ai terapeuti.

L’occhio del lupo è un libro magico che ha molto da insegnare anche agli adulti e che sa affascinare chi ama sognare, chi ama le belle storie e le fiabe belle da ascoltare, leggere e raccontare.

http://www.marinamorra.it/storie-fanno-sognare-locchio-lupo-daniel-pennac/



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