I CANNIBALI di Liliana Cavani

I CANNIBALI di Liliana Cavani

(estratto dal saggio pubblicato su Liliana Cavani, Edizioni Falsopiano, 2008)
http://www.falsopiano.com/cavani.htm

Il “mito in progress”

Se il cinema di Liliana Cavani in generale è alla «ricerca del mito e della mitologia oltre la leggenda e ogni sua copertura» (1) , I cannibali è forse il film che più di tutti appartiene a questa categoria di “mito in progress”. Il film, com’è noto, è una trasposizione dell ‘Antigone di Sofocle, che la regista di Carpi, in collaborazione con Italo Moscati e Fabrizio Onofri, rivisita, o meglio «reinventa» (2) , secondo la definizione che ne diede Moravia, seguendo un personale percorso di ristrutturazione e di adattamento che trascende la semplicistica operazione di illustrazione. Non è da escludere che la Cavani, volontariamente o no, si sia ispirata all’ Antigone di Anouilh e a quella di Brecht, entrambe rivisitazioni della tragedia greca. Senza entrare nell’aspetto comparativo tra i tre testi ed il film, è utile ricordare come l’Antigone della Cavani sia in parte vicina per intenti a quella brechtiana. La convergenza più evidente tra I cannibali ed il testo del drammaturgo tedesco, sta nell’inasprire il contrasto tra singolo e Stato, tra legge morale e legge dello Stato, tra spazio privato e spazio pubblico e nella mancanza di un qualsiasi tipo di dialettica tra i due emisferi. Inoltre la caratterizzazione dei personaggi, nella Cavani, viene estremizzata a tal punto che le loro posizioni fisse sembrano risentire «della divisione tra buoni e cattivi, […] [facendo sì che] i protagonisti diventino dei “caratteri”, delle eccezioni che lo spettatore recepisce come estraneità» (3) . Non che Sofocle tratteggi una Antigone dubitativa, socratica e volta al compromesso, anzi lei è quasi una “fondamentalista” della pietas , ma il testo greco lascia una sensazione e di vittoria e di perdita da parte di entrambe le posizioni. In Sofocle, Creonte e Antigone «hanno entrambi torto; Antigone perché di fatto trasgredisce la legge, Creonte perché di fatto offende la pietà» (4) . Questa sensazione di perdita e di vittoria in Brecht e nella Cavani non è presente: Antigone è la vittima mentre il Primo Ministro e lo Stato sono i carnefici, i tiranni. La scena finale de I cannibali piuttosto che aprire un barlume di speranza nella dialettica leggi morali/leggi di Stato sembra configurarsi come una ipotesi sognata, senza sconvolgere i due emisferi: l’uno resta tiranno, l’altro vittima. In ogni caso, al di là della inane diatriba sulla aderenza e sulla “disobbedienza” al testo, l’unicità de I cannibali sta nel ritradurre un mito attraverso una situazione mitica: partendo dal mito greco di Antigone si rifonda un nuovo mito, attraverso un processo di “mito in progress”. La Cavani decide di non aderire al tempo cronologico e ad una collocazione storica ben precisa, e benché le vicende narrate nel film, la rivolta e la conseguente azione reazionaria delle Istituzioni, siano presto avvicinabili con i fatti del ’68, la Cavani si è tenuta ben lontana dalla collocazione spazio-temporale veritiera e cronachistica. È caratteristica del mito l’essere senza tempo. Il mito, essendo un paradigma, una storia esemplare, che non vale per sé, non è “presentazionale”, ma “rappresenta” molteplici situazioni con una storia emblematica. Non la cronaca di fatti cronologicamente individuabili e tanto meno la verità. La città-stato futuribile non è Milano, la rivolta non è quella del Maggio francese, la dittatura non è quella del Portogallo. La situazione emblematica che il film rappresenta è quella di una dittatura feroce in una città occidentale che fa i conti con una rivolta. Il personaggio di Antigone è l’emblema universale di chi sfida i regimi totalitari in nome di una pietas e di una legge morale che abbraccia tutti gli uomini oppressi sentiti come fratelli. Il mito, distante dai tratti dell ‘hic et nunc rappresenta situazioni valide in ogni tempo, in ogni luogo. Il cinema della Cavani «si svolge fuori della storia senza privarsi di una storia, si spinge fuori del tempo senza rinunciare a un suo tempo, si isola nel divenire storico senza però abdicare a un suo divenire e a un suo evolversi» (5) .

[…]

(1) C. Tiso, Liliana Cavani , Firenze, La Nuova Italia, 1975.
(2) A. Moravia, Al cinema , Milano, Bompiani, 1975.
(3) C. Tiso, op. cit .
(4) M.G. Ciani, Antigone: variazioni sul mito. Sofocle, Anouhil, Brecht , Venezia, Marsilio, 2000.
(5) C. Tiso, op. cit .

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