Potenziamento umano, a che punto siamo? di Laura Palazzani, Deus Ex: Human Revolution

Potenziamento umano, a che punto siamo?

Posted By: Redazione 22/08/2016

Sarebbe fantastico se potessimo aumentare le nostre capacità a piacimento. O forse no. Ad ogni modo, le neurotecnologie sembrano ormai prossime a rendere possibile il sogno del “miglioramento” umano. Ma che cosa ci rende davvero migliori? Che cosa rende migliore il mondo in cui viviamo? In una parola: “qual è il significato di miglioramento?” Sono questi gli interrogativi che meglio esprimono il “problema centrale” dell’enhancement, secondo Laura Palazzani, ordinario di Filosofia del diritto alla Lumsa di Roma e autore del pregevole libro “Il potenziamento umano. Tecnoscienza, etica e diritto” (Giappichelli Editore, 2015).

Già, perché “il punto di partenza della riflessione non può dare per scontato ciò che è meglio” e “il meglio non può che essere definito a partire da ciò che è bene all’interno di una giustificata visione morale”, spiega la professoressa romana. Nel contesto dell’attuale pluralismo morale è dunqe “indispensabile confrontarsi con diverse prospettive”, cercando di evitare “accettazioni o rifiuti” pregiudiziali, maturando invece gli strumenti critici per addentrarsi in una discussione ancora in corso, in cui “non c’è una risposta definitiva”, né sull’enhancement né sui singoli problemi, ma già iniziano a profilarsi i “pericoli” di una applicazione alla cieca dei nuovi ritrovati.

Su questo argomento l’Autore non ha mezzi termini: il principale “pericolo è che l’esaltazione del potenziamento come diritto di liberà assoluta nasconda una strumentalizzazione altrettanto assoluta al potere della tecno-scienza, della bioeconomia, della biopolitica”. Le aspettative di “salute perfetta”, di “vita perfetta”, alimentate da questa “nuova ondata biotecnologica”, tendono infatti a mettere in ombra il paradosso di “una tecnologia che si propone come promotrice di beni umani (allungare quantitativamente la vita, migliorare qualitativamente bellezza, forza, intelligenza), ma che potrebbe danneggiare l’uomo e la società”.

In 160 pagine ricche di stimoli, l’Autore riesce a fare il punto sullo stato dell’arte del dibattito internazionale sul piano teorico, mettendo a confronto i pro (es. potenziamento come “dovere evolutivo”) e i contro (es. natura come limite al “potere tecnologico”) “allo scopo di delineare una riflessione critica ponderata che giustifichi i requisiti minimi per una regolamentazione che non ostacoli l’innovazione, ma al tempo stesso sappia tutelare i valori e i diritti fondamentali dell’uomo”.

La seconda parte del volume, infine, fornisce un’analisi puntuale dei principali ambiti applicativi oggi in discussione, dalle tecnologie già esistenti (chirurgia estetica, doping, ecc.) alle tecnologie emergenti (potenziamento genetico, biologico e neurocognitivo), fino alle tecnologie cosiddette “convergenti” (nanotecnologie, biotecnologie, informatica, scienze congnitive) e agli scenari radicali prefigurati dal transumanesimo e dal postumanesimo.

Laura Palazzani è vicepresidente del Comitato Nazionale per la Bioetica e componente dell’European Group on Ethics in Science and New Technology della Commissione Europea.

Il volume:

Laura Palazzani, “Il potenziamento umano. Teconoscienza, etica e diritto”, G. Giappichelli Editore, Torino 2015

http://www.brainfactor.it/?p=4702

Un nuovo report raccoglie le considerazioni e le linee guida di un gruppo interdisciplinare di esperti sulle nuove frontiere del “gene editing”

di Mara Magistroni

 

L’idea di dare vita a una razza superiore, a individui programmati per essere migliori o per adempiere a determinati compiti è solo lo spunto per una trama fantascientifica alla Gattaca o sarà davvero possibile in futuro creare in laboratorio esseri umani più sani, più forti, più intelligenti?I recenti progressi della scienza nel campo dell’editing genomico rendono la domanda sempre meno assurda. È la stessa comunità scientifica internazionale a interrogarsi. E la risposta non è banale. È di ieri infatti la notizia della pubblicazione del rapporto Human genome editing: Science, Ethics and Governance, della National Academy of Sciences (Nas) e della National Academy of Medicine (Nam) statunitensi. Frutto di un anno di lavoro, il documento ribadisce le raccomandazioni scientifiche, i risvolti etici e politici che gli interventi sul dna delle cellule germinali, se messi in pratica, porterebbero. Eppure il report non sbarra completamente la strada a simili applicazioni.In gergo tecnico con il termine gene editing si indicano le attività e le tecnologie con cui è possibile intervenire sul dnamodificandolo.Il gene editing non è una novità in senso stretto: da diverso tempo ormai gli scienziati possono modificare in laboratorio il patrimonio genetico delle cellule con sistemi di taglia e cuci, con applicazioni che hanno avuto un grosso impatto in diversi ambiti.Ciò che ha spinto il team interdisciplinare di esperti a confrontarsi per oltre un anno per redigere il report è il boom che l’editing genomico sta vivendo da quattro anni a questa parte, da quando cioè è stato scoperto il sistema batterico Crispr-Cas9. In natura Crispr-Cas9 è una sorta di sistema immunitario dei batteri: quando un virus entra in una cellula batterica e unisce il proprio dna con quello della cellula ospite, il sistema Crispr-Cas9 riconosce il dna virale e lo taglia via, impedendogli di replicarsi a spese del batterio.A partire dal 2012, grazie all’ingegnerizzazione del sistema da parte degli scienziati dello Howard Hughes Medical Institute alla University of California, Crispr-Cas9 è diventata una delle tecniche di editing del dna più efficienti, efficaci e sicure mai sviluppate.Il fatto che Crispr-Cas9 sia una tecnica duttile, facile da usare in laboratorio e oltretutto economica ha determinato la sua velocissima diffusione e applicazione nei laboratori di tutto il mondo. Ne è prova che siano già partiti alcuni trial clinici sull’uomo che utilizzano Crispr-cas9, come quello dell’oncologo Lu You dell’Università di Pechino che sta sperimentando un’immunoterapia per rendere il sistema immunitario dei pazienti più efficacie nella lotta contro il tumore al polmone, modificando in laboratorio il dna dei linfociti T.Finora gli studi sull’uomo si sono limitati a verificare la sicurezza e la tollerabilità della tecnica nelle cellule somatiche, cioè le cellule differenziate dei tessuti. Dal punto di vista scientifico modificare il dna delle cellule somatichecomporta cambiare le caratteristiche solo di quelle cellule, non dell’intero organismo e, cosa importante, questi cambiamenti non sono ereditabili dalle generazioni successive.Cosa succederebbe se, invece, si intervenisse sulle cellule germinali umane, ossia su ovuli e spermatozoi? E sugli embrioni nelle prime fasi di sviluppo? Le modifiche in questo caso avrebbero effetto sulla progenie di un individuo e su un intero nuovo organismo, che a sua volta le trasmetterebbe ai suoi figli.

 

A livello teorico questo è già possibile, dicono gli esperti, ma nella pratica si è ben lontani dagli standard di efficacia e sicurezza per poter dire che sia realizzabile.

Per questo nel rapporto si raccomanda la comunità scientifica internazionale di attenersi ai principi etici e ai percorsi regolatori già disponibili e implementati per lo sviluppo della terapia genica e limitare le applicazioni dell’editing genomico a quei casi in cui non vi sia alternativa possibile.

Il team di esperti non esclude a priori la possibilità di intervento anche sulle cellule germinali umane perché rappresenta a livello oggettivo un’opportunità concreta per i portatori di difetti genetici di avere figli biologici sani. Tuttavia ricorda come negli Stati Uniti e in diversi Paesi dell’Unione Europea, tra cui l’Italia, vigano politiche di regolamentazione della ricerca sulle linee germinali molto stringenti.

Luigi Naldini, direttore dell’Istituto San Raffaele Telethon per la terapia genica e unico italiano presente della commissione di esperti che ha redatto il rapporto, ha affermato “Queste raccomandazioni, formalmente dirette ai Paesi che hanno sponsorizzato lo studio, ovvero Stati Uniti e Regno Unito sono in realtà rivolte a tutti, almeno nella impostazione generale: illustrano una prudente roadmap per lo sviluppo delle applicazioni del gene editing in campo biomedico, indicando meccanismi appropriati di sorveglianza e di coinvolgimento della società nel senso più ampio del termine, che possano guidare gli eventuali futuri primi passi verso interventi controversi come la modificazione della linea germinale e il potenziamento di alcune caratteristiche della specie umana”.

https://www.wired.it/scienza/medicina/2017/02/15/modificare-dna-umano/

Modificare il dna umano: quali regole per gli scienziati?

Articolo a cura di Diego “E_Doc” Saragoni

Scegliere. Compiere una scelta significa determinare un valore per ogni opzione a disposizione per poi selezionarne una in base alla valutazione delle conseguenze che questa comporta. Soltanto quando costretti si tende a scegliere il male minore, a considerare tra le probabili perdite quelle che meglio potremmo sopportare. Tuttavia, nella realtà, difficilmente la scelta soggettiva avviene tra opzioni con conseguenze esclusivamente negative e spesso a chi si trova costretto a doverlo fare viene dato l’appellativo di antieroe. Eidos Montreal, neonata divisione canadese della nota software house britannica, presenta il terzo episodio di una saga visionaria e geniale: Deus Ex: Human Revolution.

Broken Mirror

Il presente di Deus Ex è fatto di fragili equilibri dove l’implacabile avidità delle Corporazioni e delle grandi Multinazionali esercita una forte forma di controllo sulle differenti società. È un mondo popolato da uomini che, spinti dai progressi ottenuti nella biomedicina e cibernetica, hanno accelerato l’evoluzione umana. Nell’ultimo decennio i successi tecnologici delle Sarif Industries hanno lentamente destabilizzato la morale collettiva che si dimostra restia ed incapace nel rifiutarle del tutto. Sostituire chirurgicamente gli arti e gli organi sani con quelli meccanici sta diventando una prassi comune e nella convizione di migliorare la propria condizione di semplice uomo si sta perdendo il senso della misura. Il fragile equilibrio viene spezzato quando le corporazioni in possesso di questa tecnologia – intuendone l’enorme potenziale economico nonché l’impatto nel campo militare – ne normalizzano l’uso su scala mondiale permettendo a chiunque, con la dovuta disponibilità economica, di potervi accedere.
Assottigliando il confine tra uomo e macchina gli innesti neurali e biomeccanici modificano irreversibilmente il concetto di essere umano. Adesso, in un mondo pieno di paure e conflitti, dominato dalla violenza e dall’oppresione, si lotta per rivendicare un’umanità ormai perduta.

È l’anno 2027 ed è l’edizione serale del telegiornale condotto da Eliza Cassan ad introdurci in questo futuro alternativo. La reporter focalizza l’attenzione sullo storico incontro che avverrà l’indomani tra le Sarif Industries ed il governo di Washington, mentre Megan Reed segue la conversazione al telefono con Adam Jensen. Adam è teso e non riesce a nascondere la preoccupazione per il compito che gli è stato affidato: come responsabile della sicurezza dello staff scientifico di David Sarif non può permettersi errori. Tuttavia nei minuti che seguono capiamo che è la presenza della ricercatrice dei laboratori Sarif a renderlo nervoso: i due, in un passato piuttosto recente, hanno condiviso molto più che il semplice lavoro. Mentre ci muoviamo verso lo studio di David, per un breve briefing prima della partenza, le nostre riflessioni vengono interrotte improvvisamente, quando, con lo scattare di un allarme e con largo anticipo sulle nostre aspettative, ci troviamo a dover difendere non soltanto i risultati ottenuti da Megan ma anche la sua vita. In questo breve prologo la vita di Adam Jensen cambierà per sempre e portato ad un passo dalla morte gli verrà negata la libertà di scelta.

Sono passati sei mesi da quella maledetta notte ed il filmato iniziale ci restituisce un Adam Jensen vivo ma profondamente cambiato. Ridotto in fin di vita è stato salvato da un massiccio intervento della tecnologia Sarif, il suo non è più un corpo umano ma un concentrato della più alta espressione della follia. Gli innesti racchiusi in Adam non sono semplici potenziamenti, ma sono pura manifestazione del genio bellico delle Sarif Industries. I suoi dubbi, le sue insicurezze sulla validità di simili interventi sulla natura umana, sono ancora presenti, sono gli stessi dell’io fatto esclusivamente di carne ed ossa. Adam non ha scelto di essere potenziato: gli è stato imposto. Il conflitto interiore è violento e mal celato; ne veniamo a conoscenza poco alla volta, dai particolari che Eidos, con una cura maniacale per la regia, ha nascosto nello svilupparsi della storia. Nell’appartamento di Jensen, viene fuori una parte di questo stato d’animo. È lo specchio rotto del bagno a parlarci del vecchio Adam che, prendendo a pugni tutto, cerca il suo posto in un corpo che non gli appartiene più.

Scelta e conseguenza

Le Sarif Industries sono sotto attacco da parte di un gruppo terroristico che agisce per preservare la natura umana dalla manipolazione genetica ed Adam, appena rientrato in servizio, si vede costretto ad intervenire per risolvere una situazione pericolosa ed ambigua che lo trascinerà in una spirale di giochi di potere apparentemente senza fine.
Deus Ex: Human Revolution è un FPS caratterizzato da una forte componente RPG che si manifesta soprattutto nella possibilità di scelta. Il gameplay è influenzato dalla nostra capacità di scegliere, in grado di determinare non tanto la storia principale, sempre confinata in una struttura ben precisa, quanto il modo in cui essa si sviluppa. In ogni momento infatti la decisione presa avrà delle conseguenze precise e la sensazione di completa libertà è sempre presente.
L’anima del gioco punta fondamentalmente verso lo stealth. Essa viene favorita dal level design che spinge il giocatore a muoversi nascondendo le proprie tracce ed a prendere di soppiatto i nemici scegliendo se stordirli od eliminarli. In entrambi i casi una breve cut-scene molto spettacolare ci regalerà dei momenti esaltanti che non devono però distrarci dal dover nascondere il corpo del malcapitato – sempre che non si decida di lasciarlo in vista per fare da esca. La dichiarazione rilasciata dallo staff Eidos -“si può completare il gioco senza nemmeno sparare un colpo, ad eccezione di alcuni boss che incontreremo”- sembra del tutto veritiera se si considera che avremo una vasta scelta di percorsi alternativi per raggiungere di volta in volta le differenti mete. In questo veniamo aiutati dalla struttura delle città. Dominate in superficie dai grattacieli e vessate sottoterra da un sistema fognario quasi mai all’altezza, assicurano una componente esplorativa in grado di intrattenere per ore. Spesso, nel dover raggiungere un determinato punto, incontreremo ostacoli di vario genere a cui corrisponde sicuramente un percorso alternativo il più delle volte celato ai nostri occhi. Proprio in questi frangenti torna a farsi sentire il peso di aver compiuto una scelta. Infatti molti di questi percorsi sono strutturati in dipendenza dei potenziamenti fisici da noi posseduti: se ad esempio nel progredire della storia abbiamo preferito aumentare le capacità degli innesti cerebrali, probabilmente risulterà letale spostarsi da un edificio all’altro saltando sui tetti. Tuttavia chi preferisce un approccio diretto non rimarrà deluso. I soldati nemici si dimostrano agguerriti e pressoché inavvicinabili in uno scontro diretto. Dunque dovremo ricorrere ai movimenti in copertura che, con una continua alternanza tra visuale soggettiva e in terza persona alle spalle di Jensen, ci aiuteranno a studiare ogni locazione per trarne il massimo vantaggio. Anche in questo caso, potendo passare in ogni momento dallo stealth ad un approccio diretto, sarà fondamentale la scelta delle armi e la gestione dei relativi potenziamenti. Il gameplay risulta comunque solido e solo in alcuni momenti procede con leggeri tentennamenti, esitazioni che vengono subito soffocate dall’introduzione di nuovi elementi capaci immediatamente di risvegliare l’interesse nell’esplorazione necessaria per progredire. Tra i tanti spicca il formidabile sistema di interazione sociale. I dialoghi rappresentano un aspetto formidabile di Deus Ex: Human Revolution e non devono essere trascurati, ma piuttosto ponderati e gestiti con cura. Ogni singolo personaggio (anche il mendicante all’angolo della strada) è in grado di interagire con noi in uno scambio di informazioni più o meno utili ma quasi sempre in grado di modificare profondamente le nostre possibilità di scelta. Dialogare ci permette di conoscere, e ad esempio successivamente di corrompere, un poliziotto dalla dubbia integrità professionale che ci farà entrare nel palazzo della Polizia per la porta principale, piuttosto che essere costretti a cercare una rischiosa soluzione dall’alto od uno scomodo passaggio nelle fogne. L’importanza dell’interazione sociale trova la sua massima espressione nei cosiddetti “dialogue-bosses”, personaggi importanti da affrontare non con l’uso delle armi, ma con virtuosi sofismi il cui esito peserà sul successivo sviluppo della story-line. Questi scontri risultano molto più stimolanti dei canonici boss presenti nel gioco che, anche se carismatici, risultano ingabbiati in modalità di scontro molto classiche.

Augmentation e Praxis

Gli innesti neurali e biomeccanici sono una componente fondamentale di Deus Ex: Human Revolution poiché in grado di influenzare lo sviluppo di un gameplay personale. Sono divisi per tipologia e possono essere sviluppati tramite l’uso del Praxis. Ad ogni passaggio di livello, o completamento di un obiettivo speciale, corrisponderà l’acquisizione di un punto Praxis che potremo spendere per ottenere determinati potenziamenti. Inizialmente non sarà semplice scegliere quale aspetto sviluppare di Jensen, soprattutto se consideriamo che i Praxis sono in numero finito e non sufficiente per ottenere tutti i rami dei potenziamenti. Dovremo scegliere il nostro stile di gioco, quindi se sviluppare le diverse parti del corpo o le capacità di Adam.
Preferire lo stealth-game significa puntare sulla mimetizzazione ottica da associare ai potenziamenti delle gambe in grado di silenziare i nostri movimenti, o di sviluppare l’interfaccia retinica per acquisire la visuale a raggi-x che, combinata con il rilevamento dei coni visivi dei nemici sul radar, ci rende in grado di anticipare trappole altrimenti letali.
Scegliere un approccio diretto consente invece di sviluppare capacità distruttive e di rafforzamento. Oltre al classico scudo epidermico, che riduce i danni subiti del 45%, è indispensabile il sistema di attacco Typhoon, capace di lanciare mini cariche esplosive a 360 gradi per un raggio di 8 metri. Potenziare la schiena rende capaci di assorbire i danni da caduta modulandone la velocità, ma soprattutto di piombare sui nemici dall’alto stordendoli con un violento impatto sul terreno mentre il bi-respiratore consente di respirare anche se investiti da una pioggia di granate a gas. Questo è soltanto un esempio delle numerose combinazioni possibili e ad impedire un eccessivo sbilanciamento del gioco ci pensa il dispendio energetico necessario per attivare le abilità alimentate dalle batterie innestate nel nostro corpo.
Discorso a parte per l’Hacking, fondamentale per la raccolta di dati sensibili. Esso permette a Jensen di violare qualsiasi sistema elettronico di difesa, di disabilitare telecamere, raggi infrarossi, ma soprattutto di entrare in computer protetti da password e di prendere il controllo delle torrette nemiche. Sviluppato come un mini-gioco, per superarlo bisogna eludere il server di sicurezza prima di venire scoperti, altrimenti la nostra posizione verrà rivelata al nemico. In fase di Hacking l’interfaccia ci mostrerà una mappa composta da nodi ed archivi informatici con un punto di partenza nostro ed uno del server adibito alla protezione. Attraverso dei ponti informatici dovremo spostarci da un nodo all’altro piuttosto velocemente così da raggiungere e disattivare il server prima che sia esso a fare esattamente la stessa cosa con noi. L’azione viene complicata dalla gestione dei ponti poiché molti di essi, una volta attivati, non permetteranno soltanto a noi di passare ma anche alla nostra controparte. I terminali da violare presenteranno 5 livelli di complessità ed un numero limitato di tentativi: il grado di sfida crescerà in modo esponenziale, sebbene risulti semplice nelle prime applicazioni.

I difetti di Salem

Deus Ex: Human Revolution è stilisticamente sbalorditivo. Il mondo creato da Eidos rispecchia un futuro molto prossimo -a soli sedici anni dal nostro presente- e per questo Adam Jensen si muove in un contesto ultramoderno, ma mai freddo: la componente umana è forte e ogni cosa è una via di mezzo tra il vecchio e il nuovo. Negli scorci delle città visitate si respirano le atmosfere di Blade Runner e l’arte di Masamune Shirow del celebre Ghost in the Shell viene continuamente citata nelle figure ibride di umani e macchine, negli arti biomeccanici e gli innesti artificiali che richiamano fortemente quell’aspetto longilineo e solo superficialmente fragile dei cyborg del maestro giapponese. La stessa Shanghai, massima espressione della frattura sociale, rievoca lo spirito di decadenza sociale presente nell’opera di Yukito Kishiro Battle Angel Alita. Tutto viene accompagnato da una cura maniacale per il dettaglio, ogni elemento ha il suo posto, ogni cittadino ha il suo modo di pensare, ogni oggetto ci racconta una storia. A tal proposito risulta fondamentale la presenza in gioco di elementi come gli Ebook ed i Datapad. Trascurare questi oggetti costituisce un grave errore. Nel loro silenzio, poggiati su una scrivania o buttati nei vicoli di una strada, sono in grado di raccontarci retroscena e notizie di un mondo che grazie ad essi è sempre più dannatamente vivo. Con un lavoro certosino Eidos è riuscita ad evitare la rappresentazione di un mondo freddo e sterile e con i continui richiami ad elementi architettonici di stampo rinascimentale ci offre una realtà moderna che non ha dimenticato il passato. Le gorgiere di alcuni personaggi femminili, i drappeggi rosso vivo di alcune scenografie, i quadri appesi alle pareti sono soltanto alcuni degli esempi di quei particolari che, pur essendo nascosti in secondo piano, riescono a calamitare l’attenzione di chi altrimenti si limiterebbe ad un superficiale guarda e passa.
Tecnicamente però Deus Ex: Human Revolution non fa gridare al miracolo, anzi presenta alcuni difetti che stonano decisamente all’interno di una struttura così curata. A livello visivo un leggero aliasing e alcune texture poco curate fanno storcere il naso, ma i maggiori difetti sono evidenti soprattutto nella modellazione poligonale dei personaggi di secondo piano. La mancanza di una buona capacità di espressione facciale delle emozioni, in forte contrasto con la drammaticità di alcuni passaggi, rende infatti ingessati i protagonisti nella maggior parte delle cut-scenes. In alcune occasioni abbiamo assistito anche ad un’evidente compenetrazione poligonale, in particolare la capacità di alcuni soldati di entrare in una stanza senza necessità di aprire la porta. Quest’ultimi soffrono poi di un AI non ai massimi livelli. Di norma si limiteranno – indipendentemente dalla difficoltà selezionata – a disporsi tatticamente dietro alle coperture senza mostrare l’intenzione di avanzare pur essendo in superiorità numerica. Questo ci darà modo di osservare il campo di battaglia senza grossi problemi e di conseguenza prendere la mira per farli fuori uno ad uno. Un altro esempio lampante è dato dal lancio delle granate, tanto che in più di qualche occasione ci hanno risparmiato la fatica di affrontare lo scontro a fuoco in quanto se le sono semplicemente tirate sui piedi. Di contro hanno dimostrato invece di essere suscettibili anche al più piccolo rumore e di essere praticamente letali nell’uno contro uno a viso scoperto.

Il motore fisico presenta dei limiti piuttosto evidenti. I corpi risultano troppo leggeri e malleabili così come lanciare in aria un distributore automatico di bibite ha la stessa resa fisica di uno scatolone vuoto. Penalizzante anche il sistema adottato per gestire le numerose missioni secondarie. Molte di esse sono piuttosto interessanti, complesse ed ottimamente integrate nella story-line principale, ma è risultato fastidioso doverle abbandonare forzatamente al cambio di location. Non ci viene dato infatti modo di poter conservare le missioni non ancora concluse, magari per potervi tornare in un secondo momento, che quindi risultano subordinate al contesto geografico più che alla storyline, venendone forzato il reset ad ogni cambio di città.
Tuttavia a rendere più frustrante del dovuto l’esperienza di gioco, sono i tempi di caricamento che, eccessivamente lunghi in qualsiasi occasione, riescono a volte a smorzare il pathos della situazione – soprattutto a difficoltà elevata dove di frequente ricorreremo all’ultimo salvataggio. Deus Ex: Human Revolution nel complesso si è dimostrato comunque solido e ben realizzato, nella configurazione di prova a disposizione (i5 2500k a 3,7 ghz, gtx560ti OC e 8 gb di ram) il frame-rate è ancorato a 60 fps ed abbiamo avuto la sensazione che il prodotto fosse realmente scalabile anche per i set-up meno performanti. Infine due parole sul comparto audio che è invece ai massimi livelli. Il lavoro combinato di Steve Szczepkowski, Michael McCann e Yohann Boudreault ragala un’esperienza dal forte impatto emotivo riuscendo in ogni occasione a sottolineare l’epicità e il dramma del tema trattato. Soltanto la localizzazione in italiano, pur esemplare nel doppiaggio, soffre di evidente asincronia tra suono e labiale.

http://www.everyeye.it/articoli/recensione-deus-ex-human-revolution-14674.html



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