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Manchester By The Sea. Kenneth Lonergan e il punto di non ritorno

di pubblicato domenica, 26 febbraio 2017 ·

Il cinema di Kenneth Lonergan racconta quel momento dell’esperienza in cui si diventa consapevoli che non potremo più tornare a essere le persone che eravamo. È il momento in cui perdiamo qualcosa, la cosa più importante, e in maniera inaspettata quel fatto lascia una frattura irreparabile. Il punto di non ritorno per Kenneth Lonergan coincide con un evento traumatico.

Era un incidente all’inizio di You Can Count On Me, il suo primo film. Un incidente ha reso orfani due bambini. Sammy e Terry (Laura Linney e Mark Ruffalo), due fratelli ormai adulti, si trovano a fare i conti con le mancanze generate da quel fatto: l’assenza di una guida e di un baricentro familiare, emotivo.

Era un incidente all’inizio di Margaret, il secondo film, ambientato a New York, che racconta la complicata adolescenza di Lisa (Anna Paquin). Nel tentativo di aggiustare una famiglia segnata dal divorzio dei genitori e di porre rimedio ai tormenti della sua età, la protagonista trasforma l’incidente stradale – evidente metafora del trauma collettivo: l’11 settembre 2001 – di cui è l’involontaria artefice e la principale testimone, in un’interminabile battaglia personale e legale.

Ed è un incidente il cuore di Manchester By The Sea: il perno attorno al quale ruota la narrazione, il trauma che determina il punto di non ritorno di Lee Chandler, il più cupo e sofferto dei personaggi creati da Lonergan.

Casey Affleck è bravissimo a interpretarlo e a personificare un’alienazione tipicamente provinciale; è bravissimo a incarnare il vuoto “narcolettico” dell’uomo comune che aggiusta i lavandini perché non riesce ad aggiustare se stesso.

La vita di Lee Chandler è composta di fatti marginali, è un quadro di situazioni reiterate: un sottoscala da sgombrare, un contenitore di rifiuti da riempire, una manciata di sconosciuti con cui interagire, e un vialetto ghiacciato dalla neve nei sobborghi di Boston – ma potrebbe essere un qualsiasi posto negli Stati Uniti – da sciogliere col sale.

Poi un giorno le responsabilità tornano a bussare alle porte di Lee Chandler e l’uomo abituato a vivere all’ombra di se stesso è costretto a rivivere il trauma che lo ha segnato. Il fratello Joe muore per un arresto cardiaco, Lee torna a casa per occuparsi del funerale e per badare a Patrick, il nipote – il bambino,  ormai adolescente – con cui faceva le gite in barca, quando la vita a Manchester-by-the-Sea, Massachusetts, era sì malinconica e ripetitiva, ma molto più serena.

Tornare a casa è un passaggio imprescindibile per Lonergan, un motivo ricorrente. Si torna a casa per non sentirsi i soli ad aver perso qualcosa (You Can Count On Me). Si torna a casa per elaborare un fatto più grande di noi (Margaret). E si torna a casa perché qualcuno ha bisogno d’aiuto (Manchester By The Sea). Il punto di non ritorno per Lonergan è anche un ritorno a casa. La casa è l’origine e il capolinea di un viaggio: là riviviamo il momento d’arresto, là rimettiamo insieme i cocci per andare avanti.

È tornando a casa che Mark Ruffalo impara la cosa più importante: “Non andare da nessuna parte finché non hai deciso dove vuoi andare”. Questa è la raccomandazione che gli dà la sorella in You Can Count On Me ed è anche l’insegnamento che Lonergan, implicitamente, dà a tutti i suoi personaggi,  sospesi come sono in un limbo esistenziale e appesi alla ciclicità del tempo.

Quindi, il punto di non ritorno ha anche delle coordinate temporali. È quel momento che attraversa la nostra vita in maniera trasversale. Come un fardello silenzioso che portiamo con noi, una cicatrice che sopravvive al passare degli anni.

Con Manchester By The Sea, Lonergan conferma una visione ciclica della vita: a ogni arrivo corrisponde una partenza, ogni stagione viene sostituita dalla successiva, ma lo differenzia dagli altri film per l’introduzione di una diversa gestione del tempo narrativo. Abbandona la consequenzialità e racconta la parabola di Lee Chandler muovendosi tra il presente e il passato, facendoci partecipare all’una e all’altra fase e lasciando che le due si alternino in maniera morbida, quasi impercettibile. Non vi è un cambiamento nell’aspetto di Casey Affleck nel corso del tempo, molte scene non sono immediatamente ancorabili al prima o al dopo, distingueremo la natura temporale dei fatti andando avanti.

L’intenzione di Lonergan è quella di assegnare al trauma un ruolo narrativo, conferirgli trasversalità: estenderne i confini, smarginarne gli effetti, opacizzarne lo scarto temporale.

Il punto di non ritorno possiede anche un’intensità, e per esprimere questo Lonergan si avvale di un’altra espressione: la musica. Serve un suono che ci accompagni lungo il baratro, che sia capace di restituire il peso sacrale dell’errore umano, e di contenerne l’eco; dal passato, al presente, al futuro. Può essere l’Aus Liebe Will Mein Heiland Sterben dalla Passione secondo San Matteo di Bach (You Can Count On Me), può essere la Belle nuit, ô nuit d’amour dai Racconti di Hoffmann di Offenbach (Margaret), e può essere l’Adagio in Sol minore di Albinoni (Manchester By The Sea).

Lonergan concede poco spazio all’ironia e si prende molto sul serio, parla dell’etica, del fatalismo, del senso di colpa, del dolore che sedimenta in ciascuno di noi, usa il cinema per raccontare un crinale, quello che accomuna l’uomo comune all’eroe tragico.

E infatti la lezione che meglio corrisponde alla sua volontà di autore la pronuncia lui stesso, interpretando il pragmatico e distante padre di Anna Paquin in Margaret e citando George Bernard Shaw. «L’uomo vede il mondo espressamente progettato come una palestra morale».

http://www.minimaetmoralia.it/wp/manchester-by-the-sea-recensione/

http://www.cb01.uno/4k/film/side-4k/?id=78812



PAUL RICŒUR : TEMPS ET RÉCIT by A. G, Biuso – Pierre Campion

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