LA MENZOGNA by Agostino d’Ippona

LA MENZOGNA

Introduzione.

1. 1. Riguardo alla menzogna c’è un grosso problema: un problema che spesso anche nei comportamenti della vita di ogni giorno ci crea pensieri. Succede infatti che noi a cuor leggero chiamiamo menzogna ciò che menzogna non è, mentre poi riteniamo lecito il mentire quando si tratta di una menzogna giustificata, come quando è detta a fin di bene o per misericordia. Tratteremo il problema con premura e attenzione, mettendoci alla ricerca insieme con quanti come noi cercano la verità. Se poi abbiamo o no trovato qualcosa, non lo diremo noi parlando con leggerezza, ma al lettore attento lo rivelerà sufficientemente la stessa trattazione. È infatti, il presente, un problema assai oscuro, che nei suoi meandri cavernosi sfugge spesso all’acume dell’investigatore; e succede che a volte ti vedi sfuggire di mano ciò che avevi trovato, mentre a volte te lo vedi riapparire per poi dileguarsi di nuovo. Alla fine tuttavia la nostra disamina, raggiunta una certezza maggiore (per dire così), ci consentirà di delineare la soluzione che adottiamo. E se in questa ci sarà qualcosa di errato (è infatti proprio della verità liberare da ogni errore, mentre la falsità è inclusa in ogni errore), io ritengo che non si sbagli mai con più cautela di quando si sbaglia per l’eccessivo amore alla verità e per un eccesso di zelo nel rigettare la falsità. Questo procedimento è ritenuto un’esagerazione dagli ipercritici, ma, se si interrogasse proprio la verità, essa direbbe che non si è ancora abbastanza in regola. Orbene, chiunque tu sia che vieni a leggere, astieniti dalle critiche prima che abbia letto l’opera intera; così sarai meno severo nel giudicare. Non fermarti poi a sottilizzare sulla forma letteraria, poiché abbiamo speso molto lavoro sul contenuto, volendo anche terminare in breve tempo un’opera così necessaria allo svolgimento della vita quotidiana: motivo per cui la rifinitura dell’eloquio è stata limitata o quasi trascurata del tutto.

Menzogna e non menzogna.

2. 2. È doveroso fare eccezione per lo scherzo, che di fatto nessuno mai ha considerato una menzogna. Lì infatti è manifesto in maniera evidentissima il senso che ha in animo colui che sta scherzando: lo si ricava dalla pronunzia e dall’umore di chi parla, che appunto non è quello di uno che voglia ingannare, sebbene non proferisca la verità [completa]. Una questione diversa è stabilire se un’anima perfetta possa far uso di un tal modo d’esprimersi; ma ora non intendiamo risolvere questo problema. Eccettuiamo dunque lo scherzo, e vediamo per prima cosa come non si debba considerare bugiardo colui che di fatto non dice menzogne.

Definizione di menzogna.

3. 3. Occorre dunque precisare cosa sia la menzogna. In effetti non tutti quelli che dicono delle falsità mentiscono: tale è colui che crede o suppone essere vero ciò che afferma. C’è poi una differenza tra il credere e il supporre: chi crede a volte s’accorge di non conoscere la cosa che crede, sebbene non nutra dubbi di sorta sulla cosa che sente di non conoscere, se in essa crede con assoluta certezza. Viceversa, chi su qualcosa fa supposizioni ritiene di conoscere una cosa che invece non conosce. Ad ogni modo, chi afferma una cosa che nel suo animo o crede o suppone, anche se la cosa in sé è falsa, egli non dice una menzogna. Infatti nel suo parlare asserisce ciò che ha nell’animo e lo asserisce adeguandosi alla sua convinzione, e di fatto considera le cose come egli afferma. Ma anche se non mentisce, non è esente da colpa, se presta fede a cose da non credersi o se pensa di conoscere le cose che viceversa non conosce, anche se si tratta di cose in sé vere. Egli infatti ritiene di conoscere ciò che invece non conosce. mentisce poi sicuramente colui che nell’animo ha una cosa mentre a parole o con qualsiasi mezzo espressivo ne dice un’altra. Per questo, si suol dire che il bugiardo è doppio di cuore, cioè ha due [diversi] pensieri: uno quello che sa o ritiene come vero ma non ne parla, l’altro quello che invece del precedente proferisce con le labbra sapendo o congetturando che è falso. Ne segue che uno, senza mentire, può affermare una cosa falsa, inquanto crede che le cose stiano proprio come egli dice, sebbene di fatto non stiano così. Parimenti può accadere che uno, pur mentendo, dica la verità: come quando uno crede falsa una cosa che egli afferma essere vera, sebbene effettivamente le cose stiano com’egli asserisce. Riteniamo infatti che una persona sia sincera o bugiarda in base al giudizio della sua mente e non in base alla verità o falsità della cosa in sé. Pertanto di uno che dice il falso in luogo del vero, in quanto lo ritiene effettivamente vero, possiamo dire che sia nell’errore o magari che sia un illuso, ma non che sia un mentitore. Nel suo parlare infatti egli non ha in cuore la doppiezza e non intende imbrogliare ma è vittima dell’inganno. La colpa del mentitore sta invece nel desiderio di ingannare, quando dichiara il suo animo, sia che riesca a ingannare, perché si crede alla sua falsa dichiarazione, sia che di fatto non inganni, vuoi perché non gli si crede, vuoi, nel caso che con il desiderio di ingannare dica vero, ciò che non crede vero. In questo caso egli non inganna chi gli crede, sebbene abbia avuto intenzione d’ingannarlo, a meno che nel mentire non arrivi al punto di fargli credere che lui stesso conosce od opina secondo quel che dice a parole.

3. 4. A questo punto ci si potrebbe chiedere (ma si tratta d’una questione quanto mai sottile!) se quando manca l’intenzione di trarre in inganno, manchi del tutto anche la menzogna.

Chi mente?, colui che asserisce il falso con l’intento di non ingannare o colui che dice il vero con il proposito di ingannare?

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