Embolia polmonare cos’è? : sintomi, Diagnosi, terapia

Embolia polmonare

Embolia polmonare, cos’è? L’embolia polmonare è il blocco improvviso di una o più arterie polmonari causato da un embolo, che ostacolando il regolare afflusso di sangue ricco di ossigeno ai polmoni determina il mal funzionamento degli stessi, provocando gravi problemi respiratori, dolori al petto e, qualora non si ricorra tempestivamente alle giuste cure, l’infarto polmonare e la morte.

embolia polmonare
L’embolia polmonare è il blocco improvviso di una o più arterie polmonari

È una patologia che una volta diagnosticata può essere curata e arginata con successo, è però importante riconoscerne tempestivamente i sintomi e recarsi subito da un medico o al pronto soccorso, perché è nella fase che precede la diagnosi che l’embolo (o gli emboli) può rivelarsi fatale.

Nei casi più gravi di embolia polmonare massiva può verificarsi cianosi, con labbra e dita delle mani che assumono un colorito bluastro. Un’embolia polmonare non curata è mortale in circa il 26% dei casi. Questi dati provengono da uno studio degli anni 60 e sono oggi abbastanza controversi, qualcuno tende ad ingigantirne la percentuale, qualcun altro la diminuisce.

Sintomi dell’embolia polmonare

Il quadro dei sintomi dell’embolia polmonare è abbastanza complesso e variegato. Essenzialmente i sintomi dipendono da come l’arteria polmonare è ostruita, da quale canale è ostruito e dalla grandezza dell’embolo. Un uomo in salute con un embolo di dimensioni ridotte potrebbe anche non manifestare alcun sintomo ed ignorare totalmente la propria condizione. Al contrario, quando l’embolia polmonare è massiva i sintomi sono acuti e dolorosi e la diagnosi avviene perché il paziente è costretto a una fulminea fuga al pronto soccorso. Nella restante casistica, riconosciuti i sintomi è necessario rivolgersi subito al medico: emboli di dimensioni ridotte possono ingrandire e diventare estremamente pericolosi.

Alcuni dei sintomi più comuni sono:

  • Respirazione affannosa, sia in stato di riposo che sotto sforzo.
  • Respirazione accelerata.
  • Dispnea
  • Battito cardiaco accelerato.
  • Tosse improvvisa e molto forte, con rilascio di muco. Nel muco spesso sono visibili tracce di sangue.
  • Dolore toracico violento e pesante, in particolare sotto lo sterno o su un lato della cassa toracica. Esso può irradiarsi fino a spalla, braccia e in alcuni casi mandibola. Movimenti, piegamenti, respirazione profonda, colpi di tosse o semplicemente la deglutizione possono acuirne l’intensità. Si manifesta prevalentemente la notte e può essere scambiato per dolore intercostale o come sintomo di problemi cardiaci.
  • Palpitazioni, ansia, vertigini, sudorazione, giramenti di testa.
  • Febbre leggera.

Embolia polmonare, Cause

L’embolia polmonare è provocata dall’ostruzione da parte di uno o più emboli di un ramo arterioso del circolo polmonare. La comparsa di emboli  nel 90% dei casi è dovuta a coaguli di sangue  nelle vene delle gambe ( in minor percentuale nelle vene pelviche,  nella vena cava inferiore, nella vena porta, nei seni venosi della dura madre e negli arti superiori).  La formazione di coaguli di sangue nelle vene è conosciuta come tromboflebite, trombosi venosa profonda o più comunemente trombosi e colpisce circa il 3% della popolazione.  Nel 15% dei casi i trombi si rompono e migrano attraverso il flusso sanguigno dall’area interessata fino alle arterie polmonari, divenendo emboli  responsabili dell’embolia polmonare. I coaguli di sangue nelle vene superficiali – ad esempio le varici – non possono migrare. Solamente i coaguli nelle vene profonde possono raggiungere i polmoni e sfociare in embolia polmonare.

Soggetti e fattori a rischio

L’embolia polmonare è una patologia che può colpire chiunque, ma che statisticamente si manifesta con maggior frequenza fra le donne. Ci sono inoltre soggetti maggiormente a rischio e condizioni che possono favorirne l’incidenza. In generale, tutto ciò che incrementa le possibilità di coaguli nel sangue è configurabile come un potenziale pericolo.

L’immobilità

Rimanere per lunghi periodi immobili in una stessa posizione favorisce l’origine di emboli. Ciò si verifica in soggetti che  sono costretti a letto o che affrontano lunghi viaggi in aereo e in treno. Normalmente, quando viene nuovamente garantita la mobilità all’arto il pericolo che si formi il coagulo scampa.

Soggetti che hanno subito interventi chirurgici

gli interventi chirurgici che coinvolgono le gambe, i fianchi, l’anca, la pancia o le sostituzioni alle articolazioni, espongono l’organismo alla formazione di coaguli. Questo avviene perché l’utilizzo di gessi o semplicemente la condizione di dover mantenere una parte del proprio corpo immobile per diverso tempo causa stasi nel sangue, uno dei principali fattori di rischio di embolia polmonare. A seguito di chirurgia addominale la percentuale di comparsa di trombi nelle gambe oscilla fra il 16 e il 30%. In particolare, chi si sottopone a interventi chirurgici di durata superiore ai 40 minuti è auspicabile riceva un trattamento adeguato da parte dei medici al fine di scongiurare la formazione di trombi.

La presenza di altre patologie

Chi soffre o ha sofferto di  cancro, tumori, ictus o patologie cardiache dovrebbe tenere sotto controllo il proprio quadro clinico insieme al medico.

Il ricovero in ospedale

Il 10% delle morti in ospedale è causato da embolia polmonare. Sono percentuali che potrebbero ridursi notevolmente  se soltanto tutti gli ospedali del mondo rispettassero la profilassi atta a prevenire la formazioni di trombi, ma talvolta questo dato allarmante viene trascurato e gli emboli possono insorgere silenziosi e micidiali, causando la morte improvvisa del paziente.

Gli anziani

Superati i 60 anni di età il rischio di embolie raddoppia poiché le valvole nelle vene che coadiuvano la circolazione sanguigna non svolgono più adeguatamente le proprie funzioni. Gli anziani sono inoltre più soggetti dei giovani a disidratazione (fattore che contribuisce a rendere più denso il sangue) e malattie della terza età.

Fattori genetici

Alcuni soggetti nascono con una coagulazione sanguigna più rapida o con carenze di proteine come la proteina C ed S.

Obesità

Secondo uno studio condotto nel 2005 dai ricercatori della Wayne State University su un campione di schede di dimissioni ospedaliere relative agli ultimi 21 anni, i pazienti obesi con embolia polmonare o trombosi venosa profonda sono in numero superiore(il doppio) dei pazienti senza problemi di sovrappeso.  In particolare, sembra che le donne obese siano più a rischio di tutti gli altri soggetti.

fumatori

Sono state evidenziate anomalie nei processi di coagulazione dei fumatori. I livelli plasmatici di fibrinogeno, una glicoproteina essenziale nella coagulazione del sangue, risultano più elevati rispetto alla norma. A conferma delle correlazione tra fumo ed embolia polmonare abbiamo anche la casistica: l’elevata percentuale di fumatori con embolia polmonare lascia intendere che il fumo incentivi  la formazione di emboli nel sangue. A seguito di embolia polmonare, inoltre, è necessario smettere di fumare.

Donne in gravidanza

Le donne in gravidanza sono un’altra categoria a rischio. Questo perché, per qualche motivo ancora sconosciuto, gli ormoni della gravidanza causano  mutamenti alla coagulazione del sangue che possono sfociare in trombosi.  Il pericolo di sviluppare l’embolia polmonare è maggiore nelle donne in gravidanza in sovrappeso di 35 anni o più.

Diagnosi

La metà dei pazienti colpita da embolia polmonare si trova già in ospedale. Fattori che contribuiscono a una diagnosi immediata della malattia sono la presenza di una tromboflebite alla gamba e un’età superiore ai 40 anni in soggetti con precedenti di coaguli sanguigni, reduci da interventi ortopedici recenti o con neoplasie.

Per il resto, la diagnosi di embolia polmonare può essere un po’ ostica da eseguire perché i sintomi sono molto simili a quelli di altre patologie, soprattutto in pazienti che hanno avuto malattie cardiovascolari o polmonari. Per una corretta diagnosi di embolia polmonare ci si basa sui cosiddetti criteri di Wells o punteggio di Wells.
Il punteggio di Wells esprime algebricamente la probabilità che vi sia un’embolia polmonare in corso. Si tratta di 7 parametri/fattori a rischio corrispondenti ciascuno a un relativo punteggio numerico che varia da 1 a 3. Il medico che visiterà il paziente contrassegnerà con un si o con un no i relativi fattori riscontrati e sommando il punteggio ottenuto sarà in grado di formulare la sua diagnosi.

  1. da 0 a 1 = bassa probabilità.
  2. da 2 a 6 = probabilità intermedia
  3. da 7 in su = alta probabilità

Potete trovare il punteggio di Wells, in lingua inglese, a questo link

La diagnosi più controversa riguarda sempre i soggetti nella fascia intermedia. I pazienti con un punteggio di Wells uguale a 4 dovrebbero essere sottoposti a test più specifici.
Il principale di essi è il test D-dimero, effettuato mediante esame del sangue. D-dimero è una proteina che si trova nel sangue a seguito della rottura di un coagulo. Livelli di D-dimero alti, indicano che i resti di un coagulo sono disciolti nel regolare flusso sanguigno e che dunque potremmo essere in presenza di un embolo(sebbene la positività al D-dimero da sola non è condizione sufficiente per una diagnosi di embolia polmonare inconfutabile). In caso di negatività, il rischio embolia polmonare può invece definirsi nullo. Sempre tramite esame del sangue è possibile verificare il calo improvviso di ossigeno nel sangue, considerato un campanello d’allarme di embolia.

Per la diagnosi differenziale può essere eseguita una radiografia toracica, allo scopo di escludere altre patologie – per lo più cardiovascolari – con sintomatologia simile all’embolia polmonare.
L’ecografia toracica invece è una tecnica diagnostica introdotta negli anni 60 ma che solamente dal  2000 ha iniziato a godere di un discreto seguito fra gli specialisti. L’ecografia in caso di embolia polmonare evidenzierà una lesione ipoecogena a forma di cuneo, con o senza versamento pleurico. Può considerarsi abbastanza attendibile ma in caso di positività, da sola, non è probatoria al 100% di embolia polmonare.

Per determinare la presenza di eventuale trombi nelle gambe è consuetudine effettuare il test a ultrasuoni Doppler, ad  onde sonore riflesse.

Un test praticamente inconfutabile ma decisamente più invasivo è  l’angiografia polmonare. Il mezzo di contrasto viene iniettato tramite catetere nei vasi sanguigni polmonari, quindi è eseguita una TAC. In questo modo il medico ha modo di constatare la presenza di emboli nella zona presa in esame. Si tratta forse del test più efficace ma poiché comporta qualche rischio viene eseguito di rado e solamente quando tutti gli altri sistemi si sono rivelati inefficaci.

Embolia polmonare, terapia e cura

embolia polmonare
in questa foto tratta dal sito “bodyprinciple”, è mostrato il percorso dell’embolo dalla vena cava fino alle arterie polmonari

La terapia per l’embolia polmonare si distingue in preventiva e d’urgenza. I principali trattamenti preventivi per l’embolia polmonare sono a base di anticoagulanti e sono oggi ritenuti efficaci nella maggior parte dei casi.
l’anticoagulante non distrugge l’embolo esistente ma fa in modo che non  aumentino le sue dimensioni e impedisce la formazione di altri coaguli potenzialmente fatali nella zona delle gambe. Il medico, diagnosticata l’embolia polmonare, somministrerà per prima cosa un anticoagulante come l’eparina. Esistono due diversi tipi di eparina: eparina standard ed eparina a basso peso molecolare. La prima viene iniettata per via endovenosa e richiede il regolare ricovero ospedaliero del paziente durante tutto il trattamento. L’eparina a basso peso molecolare può invece essere iniettata a pelle in un’unica iniezione, dunque può essere somministrata anche a casa.  La terapia a base di eparina viene proseguita per circa dieci giorni ed è importante che il medico monitori le condizioni del paziente a seguito delle iniezioni, poiché il farmaco può arrecare effetti collaterali molto pericolosi e favorire la possibilità di emorragie. Il Warfarin, altro farmaco anticoagulante che a differenza dell’eparina è in commercio sotto forma di pillola, è assunto per via orale. Di norma il suo utilizzo avviene fino a 6 mesi dalla diagnosi, ma talvolta si rivela necessario prenderlo a vita. Anche il Warfarin può arrecare i disturbi indesiderati tipici dell’eparina, per questo si raccomanda di tenere sotto controllo la densità sanguigna con regolari esami del sangue. Il Warfarin non viene prescritto alle donne in gravidanza per evitare di esporre il feto a pericoli. Le donne in gravidanza possono altresì ricevere le iniezioni di eparina.
Nella terapia d’urgenza, che è praticata nei casi più gravi di embolia polmonare massiva, viene somministrato ossigeno così da consentire l’immediata respirazione del tessuto. È necessario inoltre intervenire con farmaci trombolitici per dissolvere gli emboli, esponendo però il  soggetto al rischio di emorragie intense.

Terapie alternative contro l’embolia polmonare

Un’altra opzione per rimuovere gli emboli è l’intervento chirurgico, conosciuto col nome di embolectomia. La chirurgia non è adoperata di frequente nella cura all’embolia polmonare, tuttavia ci sono casi ove la terapia a base di anticoagulanti si rivela inefficace o non può essere portata avanti per via degli effetti collaterali che alcuni soggetti non sono in grado di sostenere. Si fa ricorso all’intervento chirurgico anche quando il paziente è ricoverato d’urgenza per embolia polmonare massiva e l’embolo deve essere rimosso senza alcuna perdita di tempo.
In generale però quella di eseguire un’embolectomia è sempre una scelta obbligata e sofferta da parte dei medici, poichè si tratta di un’operazione molto invasiva che nel lungo periodo può essere causa di nuovi emboli.

Un altro rimedio, adoperato per prevenire la morte per embolia polmonare massiva – con successo nel 96% dei casi –  è quello del filtro cavale. Si tratta di un dispositivo a forma di ragno metallico impiantato da radiologi interventisti nella vena cava, allo scopo di filtrare il flusso sanguigno  dalla zona pelvica ai vasi sanguigni polmonari e impedire il passaggio degli emboli.
Il filtro cavale viene inserito nel corpo del paziente tramite catetere dall’arteria giugulare del collo. Talvolta la sua installazione può avvenire attraverso la vena femorale o le vene del braccio, ma queste due tecniche sono oggi state quasi del tutto abbandonate.
Il ricorso al filtro cavale è un passo abbastanza estremo per i medici, eseguito raramente nella cura all’embolia polmonare o nella prevenzione nei soggetti affetti da trombosi venosa profonda a rischio. Il filtro cavale è adoperato specialmente in quei pazienti che non rispondono adeguatamente alla terapia a base di anticoagulanti, che non possono assumere anticoagulanti o nei casi di embolia polmonare massiva recidiva, in cui un’ulteriore crisi potrebbe risultare fatale.
I filtri cavali possono essere permanenti (a vita) o removibili: tale scelta è adottata dallo staff medico dopo accurata visita; la rimozione del filtro infatti è una delle operazioni più controverse e soggette a critiche.
Nonostante il suo utilizzo sia necessario e salvifico nei casi più disperati, le controindicazioni e le problematiche che la presenza di un corpo estraneo fra i vasi sanguigni comporta ne fanno il classico rimedio da ultima spiaggia.

Prognosi nei pazienti con embolia polmonare

La prognosi dell’embolia polmonare è da inquadrare in relazione alle dimensioni dell’embolo, al vaso sanguigno colpito e allo stato di salute generale del paziente. Normalmente, con le cure adeguate, la possibilità di morire di embolia polmonare è molto bassa. I pazienti che arrivano ad ascoltare la propria diagnosi hanno una  percentuale di  morte che si aggira intorno al 5% e riguarda principalmente individui con problemi cardiaci o polmonari. Tuttavia, in caso di embolia polmonare massiva, ossia quando l’embolo ostruisce un ramo principale dell’arteria polmonare, la morte può essere immediata e precedere qualsiasi diagnosi.
Se il paziente vittima di embolia polmonare massiva sopravvive all’episodio iniziale ed è condotto in ospedale ha ottime probabilità di riuscire a riprendersi.
I pazienti che sono stati vittime di embolia polmonare non grave potrebbero dover assumere l’anticoagulante per i successivi 6 mesi  o per il resto della vita. Questo sarà il medico a stabilirlo, prendendo atto del rischio di un’eventuale riformazione dell’embolo potenzialmente fatale.
Da autopsie di routine condotte in vari ospedali, sembra che fra il 10 e il 25% di tutte le morti in ospedale sia da attribuirsi ad embolia polmonare.

Prevenzione

Prevenire l’embolia polmonare è possibile  con l’aiuto farmacologico ma anche osservando alcune piccole e sane abitudini. Da uno studio condotto su più di 16000 pazienti è emerso che l’utilizzo di farmaci anticoagulanti in soggetti che hanno appena subito un intervento chirurgico abbassa del 50% l’insorgere di embolia polmonare e di due terzi la formazioni di trombosi venosa profonda.  Aldilà dei farmaci, i soggetti che non sono ad imminente rischio di embolia polmonare,  dovrebbero evitare l’immobilità degli arti per periodi di tempo eccessivi, ad esempio sgranchendo le proprie gambe e articolazioni ogni due ore, nel caso in cui si trovino ad affrontare un lungo viaggio in aereo. Anche l’utilizzo di calze a compressione graduata è consigliato a tutte le persone che vogliono prendersi cura del proprio corpo e prevenire la formazione di coaguli senza ricorrere a farmaci. Sono acquistabili anche online.

Infine, un ultimo suggerimento che probabilmente vi capiterà di sentire sempre a riguardo di tante altre patologie, è quello di bere molta acqua poichè la disidratazione è un altro dei fattori che contribuisce all’insorgere di coaguli.

http://www.emboliapolmonare.com/

Sandrine Bakayoko 25 anni , dalla Costa d’Avorio per morire nel lager di Cona

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