Dürrenmatt : Minotaurus pdf , confronta con La casa di Asterione

con il suo pappagallo Lulu, 1979, fotografia: Peterhofen/Stern

Minotaurus

Umberto Gandini – Mangialibri.com

Lo avevano confinato in un labirinto di specchi dove ogni parete moltiplicava il suo riflesso e non sapeva di essere solo. Ovunque si girasse vedeva un’infinità di creature come lui, che facevano le medesime cose che faceva lui. Si accovacciava e loro si accovacciavano, balzava in piedi e loro balzavano, salutava e loro agitavano la mano. Invischiato nell’infinità del doppio, pensava di vivere in mezzo a tanti esseri che gli erano gemelli. Così danzava e faceva capriole e tutti quei se stesso lo imitavano ballando e capriolando.

Finché fra le immagini ne scorse una diversa, che aveva lunghi capelli neri e lo sguardo spaurito. Fissava la sua testa possente ricoperta di lanugine, le corte corna e sotto al cranio bestiale il poderoso corpo umano. Lui la inseguì, la raggiunse e muggì di piacere quando la prese, non sapendo di ammazzarla. Vennero altri giovani e lui era felice di essere con loro. Ma quando uno lo ferì, capì che non lo amavano. Incornò, scagliò in aria, calpestò, infierì. E dopo aver scoperto l’odio, il furore, il desiderio di vendetta, il dolore, scoprì anche la solitudine. Sognò di essere diverso, accettato, accolto, e sognando si addormentò. Fu allora che il Minotauro fu tradito…
Abbiamo sempre letto il mito del Minotauro come apologo della brutalità mostruosa sconfitta dall’astuzia di Arianna e dall’eroismo di Teseo. Friedrich Dürrenmatt rovescia il punto di vista: e se l’essere metà uomo e metà toro non fosse un mostro? Nato dalla bizzarra attrazione scatenata da uno smagliante bovino in Pasifae, figlia del dio Sole e sorella della maga Circe, il Minotauro è rinchiuso dal patrigno Minosse nel labirinto costruito per lui da Dedalo (da cui la metonimia). Quindi, viene incarcerato per un peccato non commesso dal momento che non lo si può ritenere responsabile dell’insana passione adulterina all’origine del suo concepimento. Ignaro della propria segregazione, confuso dagli specchi che gli fanno credere di essere fra una moltitudine di minotauri, è appagato di vivere i suoi giorni sempre uguali fra illusori individui tutti uguali. Solamente quando la rabbia gli fa mandare in frantumi le superfici di vetro che lo circondano intuisce di essere emarginato, respinto, abbandonato. Infrangere lo specchio è il primo passo verso un’amara autocoscienza. Alla comparsa di Teseo, che si è mascherato da minotauro per imbrogliarlo, torna il conforto di non sentirsi escluso. Non è più l’unico, non è più “soltanto il suo Io, ma anche un Tu”. È di nuovo la gioia, e la gioia si fa danza. Il Minotauro “danzò la danza della fratellanza, la danza dell’amicizia, la danza della sicurezza, la danza dell’amore, la danza della vicinanza, la danza del calore. Danzò la sua felicità, danzò la sua dualità, danzò la sua liberazione”. Proprio mentre è tanto euforico e indifeso si svela il nuovo scherno. Teseo gli infligge il colpo fatale e con la piena consapevolezza di sé e dell’altro arriva la morte. Forte e invincibile nel fisico, il Minotauro mostra la sua innocente vulnerabilità nell’incapacità di riconoscere la falsità. A ucciderlo non è il coraggio ma l’inganno. In questo breve racconto, illustrato con i suoi disegni e introdotto dalla sua prefazione, Dürrenmatt utilizza il labirinto come simbolo del mondo infido e spietato in cui siamo intrappolati, mondo che altrove ha definito come “una polveriera in cui non è vietato fumare”. Le parole descrivono minuziosamente l’alternarsi di azioni ed emozioni e il trasmutare in emozione dell’azione. La prosa lirica, solenne, iterativa, oltrepassa il confine che la separa dalla poesia suscitando l’inutile speranza che l’epilogo già noto possa cambiare, che il Minotauro venga risparmiato. Perché quel mostro che sconta senza colpa un’esistenza prigioniera per un volere divino simile alla beffa, quel mostro in fondo siamo noi.

Redazione – themadjack.com

La domanda che viene spontanea, dopo la lettura de Il Minotauro di Friedrich Dürrenmatt, è la seguente: qual è veramente il mostro, il Minotauro, lo sfortunato figlio di Minosse e Pasifae, oppure il Labirinto, l’incredibile opera di Dedalo?
Ambedue sono prodotti umani.
Il Minotauro, forse generato da Pasifae dopo l’incontro con il toro bianco di Poseidone, lo stesso che in seguito fu catturato da Ercole e prese il nome di Toro di Maratona, o soltanto figlio sfortunato e deforme di Minosse e Pasifae.Il Labirinto, costruzione enorme e complessa, di cui nessuno conosceva davvero i percorsi che Dürrenmatt immagina rivestito di specchi.

Il labirinto custodisce il segreto del Minotauro, ma al tempo stesso racchiude il segreto della propria percorribilità, è il luogo delle biforcazioni, delle scelte e dell’andare senza la certezza del ritorno; metafora inquietante dell’impossibilità di percorrere appieno il sentiero della vita, paradigma della certezza di perdersi.

  • In un punto qualsiasi di questo monstrum architettonico abita il Minotauro e, grazie agli specchi che rivestono le pareti, egli è convinto di non essere solo ma accompagnato da una moltitudine di simili, così come sembra, guardando i riflessi sulle pareti che lo circondano.
    Il Minotauro danza e gli specchi replicano danza e movimenti, in un’esplosione frenetica di gesti e colori.
    In questa rappresentazione Dürrenmatt è di un platonismo interiore, le ombre, nella caverna degli specchi, non vengono dall’esterno ma direttamente dalla dimensione emozionale del povero Minotauro.  Sono ombre e luci interiori che manifestano una forma primitiva di espressione, ombre ripetute e replicate.
    E’ anche per questa ragione che il Minotauro confuso, per certi versi affascinato dalla ripetizione, non coglie la differenza e quando se ne accorge è troppo tardi.
    L’ombra diversa che avanza con fare amichevole altro non è che Teseo, il suo assassino.
    C’è comunque nella storia un altro finale, forse più probabile.
    Il mostro non è il Minotauro che non esiste, è invece il labirinto. Percorrendo i corridoi intricati e sconvolti viene da chiedersi perché esista una costruzione del genere, o meglio degenere, e perché per costruirla qualcuno abbia avuto il bisogno di inventare il Minotauro.
    Ogni tentativo di rispondere a questa domanda, o di risolvere l’enigma con il solo aiuto del nostro pensiero, viene impedito dalla vista della nostra immagine riflessa e replicata all’infinito sulle pareti.
    Viene un dubbio legittimo.
    E se il nemico che stiamo cercando fossimo proprio noi stessi?
    Friedrich Dürrenmatt nasce a Konolfingen nel 1921, muore a Neuchâtel nel dicembre del 1990 è uno scrittore, drammaturgo e pittore svizzero. Il Minotauro, pubblicato in Italia per i tipi di Marcos y Marcos, contiene anche una serie di disegni dell’Autore
  • http://www.marcosymarcos.com/rassegnaelementi/il-minotauro/


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