della serie la seria delle serie da non perdere! : “BrainDead”: se ride ma è seria

BrainDead – La recensione dell’episodio pilota

BrainDead è la nuova serie di Robert e Michelle King, creatori di The Good Wife, che uniscono satira politica e fantascienza in uno show promettente…

Su NBC ha debuttato BrainDead, la nuova serie creata da Robert e Michelle King, già ideatori di The Good Wife: tra satira politica e fantascienza, Mary Elizabeth Winstead affronta un’invasione aliena che vuole condizionare il governo americano…

Laurel Healy (Mary Elizabeth Winstead) è una documentarista impegnata nella valorizzazione di culture lontane, ma il suo nuovo progetto ha bisogno di 200mila dollari per essere completato, ed è quindi in fase di stallo. Suo padre le propone di lavorare a Washington nell’ufficio di suo fratello Luke (Danny Pino), senatore democratico, ma lei odia la politica e non ne ha alcuna voglia. Ciononostante, accetta di farlo per sei mesi in cambio di un contributo del padre per il suo documentario, pari a 100mila dollari.
A Washington, Laurel deve ascoltare le richieste degli elettori per risolvere i loro problemi, e tra di essi c’è anche Breanna, una donna preoccupata per suo marito: l’uomo lavorava su una nave cargo, ed è entrato in contatto con una misteriosa cassa che conteneva una strana roccia – in realtà un meteorite – da cui sembra essere fuoriuscito qualcosa. Questo ritrovamento è stato documentato da un video. Ora, l’uomo si comporta in modo strano e ha persino smesso di bere. Sua moglie ha deciso di rivolgersi a Laurel perché l’autorizzazione del trasferimento del meteorite, precipitato in Russia, è stata approvata da Luke.
Poco dopo, Laurel riceve la visita di Gareth Ritter (Aaron Tveit), direttore legislativo del senatore repubblicano Red Wheatus (Tony Shalhoub), che le propone un accordo sul budget per impedire i tagli al personale. Laurel ne parla con Luke – che intanto sta tradendo sua moglie incinta con la segretaria Scarlett – ma i democratici preferiscono rifiutare, e il giorno successivo molti membri del personale vengono licenziati. Di fronte a questa situazione, Laurel e Gareth compiono un ulteriore sforzo e riescono a far incontrare Luke e Red, che giungono a un accordo e pianificano di rivelarlo alla stampa il giorno dopo.
Parallelamente, Laurel indaga sul meteorite, e incontra il personale del cargo che lo trasportava: l’intero equipaggio, però, nega che sia successo qualcosa di insolito, nonostante l’atmosfera sulla nave sia decisamente bizzarra (ad esempio, il capitano ascolta in modo ossessivo You Might Think dei The Cars). Il meteorite è conservato in un laboratorio, dove uno scienziato lo sta studiando per conto di Luke. I tagli al budget, però, forzano la chiusura delle operazioni, e dal minerale fuoriesce una colonia di formiche che si diffonde su Washington: gli insetti spaziali raggiungono Breanna e s’intrufolano nel suo cervello, e la stessa cosa succede anche a Red. Di conseguenza, il senatore repubblicano cambia atteggiamento: smette di bere, decide di far saltare l’accordo con Luke e poi convince un altro senatore democratico a passare dalla sua parte al Congresso. Inoltre, anche lui si mette ad ascoltare You Might Think. L’esito di questo ribaltone è drammatico per i democratici, che perdono la maggioranza e sono costretti a trasferirsi negli uffici della minoranza.
Laurel si reca nel laboratorio del meteorite, dove trova lo scienziato privo di sensi. Sull’ambulanza, l’uomo urla e si agita per il dolore, affermando che ci sia qualcosa nella sua testa: la sua mente è più forte, quindi tenta di resistere agli insetti alieni, che però reagiscono facendola esplodere davanti al volto stupefatto di Laurel. La ragazza comincia a notare una costante (la canzone dei The Cars, il comportamento serafico ed estraniato), e si trasferisce nei nuovi uffici con il resto del personale di Luke, ovvero la sola Scarlett. Anche lei, però, sembra infetta…

Invasion of the Space Ants
Nonostante condivida il titolo con il terzo film di Peter Jackson, BrainDead rielabora una ricca tradizione della fantascienza cinematografica che affonda le radici negli alien movie degli anni Cinquanta, soprattutto in film come L’invasione degli Ultracorpi e Gli invasori spaziali, dove il complotto alieno era facilmente interpretabile come una metafora della “caccia alle streghe” maccartista o della minaccia sovietica, a seconda dell’appartenenza politica. Il terrore di essere controllati da un’entità esterna, in un paese fondato sull’individualismo come gli Stati Uniti, disturba gli americani a un livello profondo e inconscio, poiché l’idea di far parte di una mente collettiva rappresenta l’esatto opposto del Sogno Americano (conquistare la felicità da sé, con le proprie forze e la propria iniziativa: ognuno è libero di fare ciò che vuole, finché non lede la libertà del suo vicino). Di conseguenza, BrainDead stuzzica la carne viva di un paese che sta vivendo un momento delicato: la serie è ambientata in “tempo reale”, durante le elezioni presidenziali, e il suo contesto socio-politico è perfettamente riconoscibile da chiunque segua la cronaca statunitense.

Perché, insomma, di fronte a certe dichiarazioni pubbliche (soprattutto quelle sparate da Donald Trump), come si può non pensare che ci sia un oscuro burattinaio a muovere i fili del mondo? Una presenza subdola e strisciante che si prende gioco di noi? Se ci fosse davvero un invasore cui attribuire la colpa, sarebbe tutto più facile e più rassicurante: così, Robert e Michelle King sfruttano la fantascienza come metafora autoconsapevole (quindi meno soggetta a letture personali) di una situazione esasperante, dove tutto si riduce a una burla infinita, uno scherzo di cattivo gusto che si balocca con il futuro del paese, dei suoi cittadini e dell’intero pianeta. Il paradosso è che BrainDead ritrae il cinismo e l’assurdità di Washington come fattori endemici, esistenti ancor prima dell’invasione; gli insetti alieni che si fanno strada nel cervello dei politici sono soltanto una coloritura allegorica, un mezzo per giustificare la follia e dare corpo a uno spauracchio. E questo spauracchio è il populismo, l’idea che “tanto sono tutti uguali”, indipendentemente dallo schieramento.

Offrendo un accordo al rivale democratico, il senatore repubblicano Red Wheatus dice chiaramente che le due ali politiche non hanno più senso, devono essere superate, e questa “evoluzione” consiste nell’appiattimento delle sfumature ideologiche in favore di un nuovo ordine condiviso: le vittime dei parassiti alieni parlano tutte allo stesso modo, ripetono le stesse frasi, hanno lo stesso atteggiamento serafico (come se le turbinose emozioni umane fossero state sedate) e ascoltano tutte la stessa canzone, You Might Think dei The Cars, adorabile reperto degli anni Ottanta che ricorda un cinema genuino e demodé, come la trama stessa della serie.

L’episodio pilota (che ha un titolo lunghissimo ma emblematico: The Insanity Principle: How Extremism in Politics Is Threatening Democracy in the 21st Century) mette in scena solo i primi vagiti dell’invasione, ma è sufficiente per dimostrare le potenzialità di uno show sarcastico e venato di umorismo macabro, dove le teste esplodono come in Scanners, ma restano ben nascoste fuori campo per non incappare nella censura. L’efficace Mary Elizabeth Winstead si aggira in un ambiente stralunato che innesca la vivacità di alcuni dialoghi (come lo scambio di battute con Aaron Tveit sulle rispettive fedi ideologiche) e amalgama la satira politica con una fantascienza piacevolmente sorpassata. Il clima algido che pervade l’episodio asseconda le architetture neoclassiche o neopalladiane dei luoghi di potere, asettici e bianchissimi come monumenti di gesso, in contrasto con la licenziosità di chi li abita. Come accade spesso, il sincero idealismo della protagonista stride con le esigenze della Realpolitik, ma l’impressione è che BrainDead tenda ad allontanarsi dalle radici del political drama per abbracciare sempre di più la sua natura fantasiosa e parossistica, estremizzando una situazione già disperata. L’avvio promette bene, quindi merita fiducia.

La citazione:
«Odio la politica. Odio Washington.»

Ho apprezzato:
– Il recupero di un vecchio sottogenere della fantascienza
– L’unione tra fantascienza e satira politica
– L’attenzione al contesto socio-politico odierno
– L’interpretazione di Mary Elizabeth Winstead

Non ho apprezzato:
– Nulla di rilevante

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