A MOSCA IN PIAZZA DELLA POMPA – IL CAMALEONTE di A. Cechov

I cardellini costano cinque copeche; i lucherini sono un po’ più cari; gli altri uccelli hanno i prezzi più svariati.
«Quanto viene un’allodola?»
Il venditore stesso non conosce il prezzo della sua allodola. Si gratta la nuca e chiede quanto Dio gli suggerisce in quel momento: un rublo o tre copeche, a seconda del compratore. Ci sono anche degli uccelli cari. Su una sudicia pertica è appollaiato un vecchio merlo scolorito dalla coda spelacchiata. È serio, grave e immobile come un generale a riposo. Già da tempo ha fatto una croce sulla sua libertà e già da tempo guarda con indifferenza il cielo azzurro. Deve essere per questa sua impassibilità che passa per un uccello giudizioso.
Non si può venderlo per meno di quaranta copeche.

Il racconto parla del commissario di polizia Ociumielov e di una guardia che lo segue la cui attenzione è attirata da qualcuno che strilla mentre i due attraversano la piazza del mercato.

A quanto pare un signore è stato morso da un cane, lo si capisce dalle imprecazioni: infatti, subito dopo, si scorge un uomo in camicia che rincorre un cane  e successivamente riesce a trattenerlo per le zampe posteriori.

Il commissario e la guardia si avvicinano al luogo dello schiamazzo e vedono che l’orefice Chriukin mostra alla folla, la quale nel frattempo si è lì radunata, un dito della mano destra insanguinato. Accanto sta tutto tremante un cucciolo di levriero.

Il commissario chiede che cosa sia mai successo.

“Io [……]-comincia Chriukin [……]- sto parlando [……] con Mitri Mitric’, e tutt’a un tratto questo vigliacco, che è che non è, mi morde il dito…Voi mi scuserete, io sono un uomo che lavora. [……] Bisogna che mi indennizzino, perché io con questo dito forse per una settimana non farò un movimento…”14.

Il commissario sembra colpito da queste parole e convinto ad intraprendere un’azione investigativa: “Di chi è il cane? Io non la lascerò così. Vi insegnerò a lasciar liberi i cani! È ora di rivolger l’attenzione a simili signori che non vogliono sottostare alle disposizioni!”15.

Ociumielov si rivolge allora alla guardia, di nome Elderin, invitandolo a stendere il verbale dell’accaduto, mentre aggiunge: “E il cane va soppresso. Senza indugio! Di sicuro è arrabbiato… Di chi è il cane, domando?

– A quanto pare, è del generale Zigalov!- dice qualcuno della folla.

– Del generale Zigalov? Uhm!….Toglimi un po’ il cappotto, Elderin….Fa un caldo terribile! S’ha da supporre che stia per piovere…”16.

Il commissario a questo punto comincia a fare domande incalzanti sulle modalità del morso e chiede come sia potuto succedere che un cane così piccolo abbia azzannato al dito della mano destra un uomo grande e grosso come Chriukin. Non è magari, si interroga ancora il commissario, che l’orefice si è graffiato con un chiodino ed adesso vuole dare la colpa al cane per spillare soldi al suo proprietario?

Qualcuno della folla suggerisce che Chriukin abbia premuto il suo sigaro sul muso del cane e di conseguenza ne è stato morso.

Ma la guardia ha ora un’illuminazione, avanza un’osservazione suggerita dalla sua conoscenza delle cose.

“Non è del generale [……] Il generale di così non ne ha. Lui ha soprattutto dei cani da fermo”17.

Allora anche al commissario comincia a sembrare che il cane non possa essere di Zigalov, perché lui ama solo i cani di razza ed il cane che ha morso non si capisce completamente di che tipo di razza sia. Infatti Ociumielov dice:

“Né pelo né figura….una cosa ignobile [……]. Se s’incontrasse un cane simile a Pietroburgo o a Mosca, sapete che avverrebbe? Là non guarderebbero nella legge, ma sul momento: muori! [……] È necessario dare una lezione! È ora ”18.

Però la guardia sfortunatamente, imbeccato anche da qualcuno tra la folla, ha un ripensamento, è preso dal dubbio che sia del generale; forse, dopo tutto, può anche essere suo.

Allora il commissario: “Uhm!…Mettimi addosso, caro Eldirin, il cappotto…Tira un po’ di vento…Ho dei brividi”19.

In quel frangente passa di lì il cuoco di Zigalov, per cui si può senz’altro chiedere direttamente a lui. Il cuoco alla domanda specifica reagisce affermando che si erano fatti venire una strana idea, in quanto di cani così a casa del generale non ce ne erano mai stati.

Ociumielov reagisce immediatamente: “E’ un cane randagio! [……] Sopprimerlo, ecco tutto”20. Ma il cuoco, che evidentemente non aveva completato il discorso, subito dopo aggiunge che il cane era però del fratello del generale!

Il commissario sembra profondamente colpito dalla notizia che il fratello del generale era arrivato in paese. È come se avesse voluto saperlo per tempo:

“E io nemmeno lo sapevo! Così questo è il suo cagnolino? [……] il cagnuzzo non è male..”21.

La storia si chiude con la folla che comincia a ridere di Chriukin e con le seguenti parole minacciose di Ociumielov alla volta dell’orefice: “Arriverò ancora fino a te!”22.

Come si vede il commissario cambia spesso atteggiamento sulla base delle ipotesi di appartenenza del cane. Si può notare facilmente come il suo rigore sia massimo se viene suggerito che il levriero sia di uno sconosciuto, ma ha un tono accondiscendente quando la supposizione è che appartenga al generale.

http://www.lealidiermes.net/studiare%20e%20connettere.htm

Cechov : Il monaco nero pdf – La Corsia N° 6 ed ecc

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Il violino di Rotschild di Anton Cechov – UTO UGHI “live

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DALLE MEMORIE DI UN UOMO IRASCIBILE

http://www.controappuntoblog.org/2013/05/02/dalle-memorie-di-un-uomo-irascibile/

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