Gli Zingari di Puškin in in romanes

Gli Zingari di Puškin

di Angela Tropea

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INTRODUZIONE  

   Anni fa conobbi a Mosca Tat’jana  Vladimirovna Ventzel’, una dolcissima nonnina, docente universitaria, esperta di Hindi e di Romanes[1]. Mi colpì soprattutto la sua grande umiltà  –  l’umiltà tipica delle persone  di profonda cultura. La ricchezza interiore di Tat’jana si percepiva sensibilmente dallo sguardo, dal suo modo di ascoltare e di rivolgersi alla gente.

   Ero andata a trovarla per avere dei consigli e dei suggerimenti per la tesi di laurea e si dimostrò subito molto disponibile nell’ aiutarmi, facendomi conoscere i più famosi esperti di lingua e cultura zingare di Mosca. Il giorno della mia partenza per l’Italia mi regalò un prezioso libretto contenente l’edizione de Gli Zingari di Puškin nella traduzione di N. A. Pankov, poeta e intellettuale rom molto apprezzato negli Anni Trenta.

  Nikolaj Aleksandrovič Pankov si dedicò a diversi lavori, fu impiegato per qualche tempo ai telegrafi, mentre nel frattempo continuava i suoi studi per diventare notaio. Negli anni successivi alla rivoluzione bolscevica lavorò come maestro presso una scuola materna e nel 1922 -anno del suo trasferimento a Mosca ( fino a quel momento aveva vissuto a S. Pietroburgo) – divenne operaio. Autore del primo libro di lettura in lingua romani, scrisse alcuni manuali di letteratura. Ricoprì anche la carica di  direttore responsabile  del dizionario romani – russo ( ben 10 mila vocaboli! )  di Sergevskij  e Barannikov.    Interessante  è la sua esperienza come traduttore in lingua romani di testi di autori classici, come Puškin, Gor’kj, Tolstoj, ecc. Pubblicò poesie. Insegnò la lingua dei Rom presso l’Istituto pedagogico-industriale zingaro di Mosca .

    Aleksandr Sergeevič Puškin  ( 1799 –1837 ) è considerato da parecchi studiosi il creatore del moderno linguaggio letterario russo, un linguaggio impregnato di influenze francesi  per quanto riguarda la struttura del pensiero, cui il poeta  associava le più spontanee espressioni della parlata popolare. Puškin fu un personaggio molto singolare e la sua produzione letteraria è strettamente collegata alle vicende della sua breve ma intensa vita. E’ interessante notare come in un periodo di poco più di venti anni egli sia riuscito a creare nei molteplici generi poetici da lui praticati, un linguaggio “nuovo” ed originale capace di accogliere in sè diversi elementi eterogenei,  che spaziano dall’espressione autobiografica alla rievocazione storica e politica, dalla romantica rappresentazione esotica alla realtà quotidiana.

   Risultato felice di questa visione “romantica”, trasposta ad una difficile realtà quotidiana è il poemetto  Gli Zingari , scritto nel 1824, in parte ad Odessa e in parte a Michajlovskoe. Il poeta attinse in questo caso ad un materiale realistico. Egli aveva effettivamente soggiornato presso  un accampamento di Zingari, anche se la sua permanenza non era  dovuta ad un interesse prettamente antropologico, bensì ad un’esperienza  principalmente dettata da un’ideale curiosità romantica.  Si dice che Puškin amasse recarsi negli accampamenti dei Rom assieme ad un amico, un certo Pavel, per ascoltare i canti struggenti di una romnì, tale Tat’jana Dimitrovna, conosciuta come Tanja…

   Si sa anche, però, che prima di accingersi alla stesura del poema, Puškin aveva iniziato la traduzione della Gitanilla di Cervantes. Per quanto riguarda la permanenza dei Rom in Russia, testimonianze varie attestano che fossero molto numerosi già nel XVIII secolo. I governanti del tempo cercarono in  vari modi di far loro cambiare abitudini, a  partire da Caterina II (1729 – 1796). Con lo Zar Alessandro I (1777 –1825) furono emanati una serie di editti che avevano lo scopo di regolarizzare[2] la vita  dei Rom: ciò consisteva nell’obbligo di possesso di un passaporto personale e di una stabile dimora, pena la spedizione in Siberia.

   Con la conquista nel 1812 della Bessarabia  e la  sua annessione “strategica” all’impero russo, alla vigilia dell’invasione napoleonica ( Pace di Bucarest, tra Russia e Turchia ) tali leggi furono estese anche ai Rom stanziati in quel territorio. Esistono delle testimonianze che parlano di Zingari in Bessarabia ridotti in schiavitù proprio in quel periodo.

   Per quanto riguarda la condizione della schiavitù sotto il regno di Alessandro I, risulta interessante la testimonianza di un medico tedesco, Wilchelhausen, il quale   ricorda  nel suo Gemälde von Moskwa[3] che verso la fine del XVIII secolo e l’inizio del XIX, a Mosca, non lontano dalla Piazza Rossa vi era un pubblico mercato di schiavi. Testimonianze ci provengono anche dalle agghiaccianti inserzioni sulla “ Gazzetta di Pietroburgo” in cui si poteva leggere quanto segue: Se qualcuno vuol comperare un’intera famiglia o soltanto un giovane uomo ed una giovane ragazza, si rivolga alla lavandaia di fronte alla chiesa … Possono aversi in prova ed acquistarsi a prezzo modico[4].

   Tornando alla condizione degli Zingari in Bessarabia, lo stesso Puškin ammette in alcune sue note di aver attinto notizie sulla Bessarabia ( regione che allora era poco conosciuta ) da un volume scritto da un suo conoscente, I. P. Liprandi. Nel testo, accanto ad alcune affermazioni esatte – come ad esempio la loro origine indiana – ve ne sono altre dettate dagli stereotipi che tanto piacciono ai Gagè ( come è stato debitamente sottolineato nell’eccellente  lavoro di R. Djurić sulla letteratura romani[5]) , ad esempio l’appartenenza dei Rom ad una casta indiana, la più povera, quella dei paria ( cacciata da tutti ) oppure il loro sfrenato attaccamento alla libertà selvaggia  ( altro stereotipo ) che li ha portati a farli vagare da una parte all’altra del mondo .

   Risulta altresì interessante e oltremodo insolito ad una prima lettura del poemetto  il fatto  che sia un uomo,  Aleko – il protagonista –  a seguire la donna ,  Zemfira ,  nel testo in romanes troviamo  infatti la frase Ne oke joi. Palal šperasa / pir felda ğala siges raj… ( Ma eccola. E dietro di lei / nella steppa un giovane la segue… ): nella società zingara è solitamente la donna che segue l’uomo nei suoi spostamenti … da qui la sottile sfumatura linguistica nella traduzione di Pankov, con l’uso del verbo šperasa ( da špera, seguire i passi di qualcuno della famiglia)  che ci avverte della condizione sociale di Aleko ,  ossia della sua appartenenza al mondo dei  Gağè[6],  i non zingari ( un rom non seguirebbe mai una donna secondo la mentalità maschilista zingara! ).

   Il poemetto fu pubblicato nel 1827 e suscitò subito un grande interesse per via della tematica considerata di profonda ispirazione nazionale. Aleko, il gağò protagonista, odia in un certo senso la cultura da cui proviene, prova un senso di indignazione nei confronti del potere, che considera ipocrita, e  per questo motivo si pone contro la legge  diventando il rappresentante, il  prototipo   della società di quel periodo; questo  atteggiamento ha fatto di lui un eroe romantico, ” byroniano ” secondo alcuni critici. E’ a tal proposito  interessante la  difesa  condotta da Dostoevskij ne Il Diario di uno scrittore, in cui il grande romanziere russo smentisce la tesi dell’imitazione romantica,  affermando che Aleko rappresenta l’eterno viandante, l’eterno infelice russo destinato per necessità storica a staccarsi dal popolo.

   In questa situazione sarà la “donna selvaggia ” (la romni[7] Zemfira) a dargli la speranza di  “guarire”: innamorandosi perdutamente di lei  e dell’ idea di libertà che essa e  la sua gente incarnano (è inevitabile non pensare ad una visione rousseauiana del mito del  buon selvaggio ..!). L’idillio durerà poco, allorché l’eroe orgoglioso si sentirà tradito  non esiterà a  macchiarsi di un orrendo delitto, uccidendo Zemfira ed il suo giovane amante. E’ questa, nelle linee principali,  la trama del poemetto  che  può essere indubbiamente definito convenzionale nei temi che vengono in esso trattati, ossia la libertà, la passione, la gelosia, fino ad arrivare al tragico epilogo.

    La lettura del testo di Puškin nella traduzione in lingua romanes si è rivelata molto interessante, nonché appassionante. Confrontando il testo originale russo con la versione di Pankov è possibile notare come in quest’ultimo sia  stata effettuata una traduzione basata soprattutto sulla ricercatezza linguistica legata ad una profonda attenzione alle sfumature etimologiche e sociali  della parola. Tutto ciò si nota già dalla lettura dei primi versi: laddove nel testo originale Puškin aveva usato il termine šumnoju ( шумною ), tradotto letteralmente con “chiassoso”, Pankov preferisce utilizzare l’aggettivo godlasa  che significa “festoso” (da  godo, festa)  che ci fa “respirare” già dai primi versi un’atmosfera positiva, di gioia per la  vita, per la libertà … concetto, quest’ ultimo, indubbiamente romantico ma altrettanto necessario per percepire meglio il passaggio da una condizione idilliaca ad una condizione che da  lì a pochi versi  condurrà alla tragedia.

   Dal punto di vista linguistico si noterà  nel testo romanes la presenza di termini russi o di radice russa, come ad esempio šatri, da šatjor (шатёр , tenda), oppure bedi, da bednyj  ( бедный , povero), e così via di seguito. Dal punto di vista stilistico Pankov ha cercato di rispettare la metrica del testo originale russo, ne consegue una traduzione  d’alto livello stilistico e poetico che testimonia senza dubbio la profonda competenza linguistica – nonché poetica – del traduttore. Un ultimo, spassionato, suggerimento da sperimentare durante la lettura del poemetto, provate ad ascoltare la Rapsodia n. 2 di F. Liszt… essa,  con il suo ritmo variabile, i suoi rallentamenti, l’ampia estensione dal grave all’acuto, con le sue armonie particolari, sembra essere la ” colonna sonora ” che meglio si sposa con la vicenda cantata da Puškin …

    Buona lettura e buon ascolto!

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NOTE

   [1] La lingua dei Rom.

   [2] R. Djurić, in “ Lacio Drom ”, 4 -5, 1998, p.19.

   [3]  p. 262

   [4] “Gazzetta di Pietroburgo” n. 36, 1798.

   [5] In Lacio drom,

   [6] Il termine gağo viene utilizzato in lingua romanes per indicare l’uomo non zingaro; l’uomo zingaro è,invece, il rom.

   [7] Donna zingara. Gagì è, invece, la donna non zingara.

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BIBLIOGRAFIA

   A.S. PUŠKIN, Roma (Traduz. di A. N. Pankov), Goslitizdato, Moskva, 1937.

    A.S. PUŠKIN, Stichotvorenija, poemy, skazki, Ast Olimp, Moskva, 1997.

    A.S. PUŠKIN, Opere (Introduzione di E. Balzarelli), Ed. Mondadori, Milano, 1990.

   F. DOSTOEVSKIJ, Diario di uno scrittore , Garzanti, 1943.

   S.V. REZNIKOV, Razmyslenija na puti k vere, in ” Moskovskij Vestnik “, 2 – 4, 1992.

   R.S. DEMETER, P.S. DEMETER, Cygansko – Russkij i Russko – Cyganskij Slovar’, Moskva, 1990

   E. DRUTZ,  A. GESSLER, Cyganye: Očerki, in  „Sovjetskij Pisatel’ „,1990, pp. 292 – 307.

   G. SORAVIA, C. FOCHI, Vocabolario sinottico delle Lingue Zingare parlate in Italia, Roma, 1995

   V. G. TOROPOV, Slovar’ Jazyka Khrymskih Cygan, Ivanovo, 1999.

    R. DURIĆ, I Rom nella Letteratura Europea, in “ Lacio Drom”, 4-5, 1998, pp.19 – 25.

    R. DURIĆ, La Letteratura Romanì , in “ Lacio Drom” ,6, 1999, pp.4 – 10.

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CRITERI DI TRASCRIZIONE:

   Sono stati seguiti i criteri utilizzati da Giulio Soravia nella rivista Lacio Drom  e che vengono qui riproposti.

  –  č   è la c di cielo

  –  ğ    è la g di gelato

  –  g    è la g di ghiro

  –  k   è la c di cane

  –  h  è leggermente aspirata, come in inglese o in tedesco

  –  x   è la aspirazione del tedesco ch in ach

–          –     j  è la  i di ieri

–          –     kh, ph, th, si pronunciano come k, p,  e t  , seguite da una leggera aspirazione

–          –     è la s di sasso

–          –     š è la sc di scena

–          –     ts è la z di zio ( affricata dentale sorda )

–          –     z è la s di rosa , o la z  del francese o dell’ inglese

–          –     ž è la j del francese jour

 vai al testo in romanes   Gli Zingari di Puškin – Melis, Alberto

http://www.albertomelis.it/alberto_melis_tropea_puskin.htm

Aleko Rachmaninov opera e Opera film – The Gypsies – Pushkin’s Poems

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