GYòRGY LUKÀCS DOSTOEVSKI pdf – LUKÀCS e DOSTOEVSKI post films ecc..

Dostoevskij  

GYòRGY LUKÀCS DOSTOEVSKI

Giovambattista Vaccaro

A Heidelberg Lukács abbandona la forma del saggio, da lui teorizzata in

L’anima e le forme, e si impegna nell’elaborazione di un’estetica sistematica,

durante la quale egli prende coscienza delle aporie del neokantismo, ma

non abbandona la sua esigenza etica, poiché anzi , come è stato notato, la

riflessione estetica trova il suo sfondo proprio nel progetto di un’etica.

Con l’inizio della prima guerra mondiale il progetto dell’estetica viene

abbandonato, e l’etica occupa tutto l’interesse di Lukács. La cosa singolare

è che quest’opera di etica si costruisce ancora come un’opera di estetica, o

per lo meno di critica letteraria, cioè come un libro su Dostoevskij, a cui

Lukács comincia a lavorare nell’inverno del 1915 ed a cui attribuisce

appunto uno spessore che supera la semplice critica letteraria5. Di questo

lavoro, come è noto, resterà solo la parte introduttiva, che Lukács

pubblicherà nel 1916 nella Zeitschrift für Ästhetik und allgemeine

Kunstwissenschaft col titolo Teoria del romanzo: l’avanzare della guerra aveva rivelato l’insufficienza anche di questo progetto ed aveva imposto altre

urgenze, ed il progettato libro su Dostoevskij rimase come una prova di Lukács con se stesso.

Ma perché un’opera di etica si doveva configurare proprio come una

monografia su Dostoevskij? Lukács stesso in tarda età propone una

risposta: in quegli anni egli si trovava ancora impegnato in un confronto

con la situazione ungherese e nella battaglia contro i residui dell’ideologia

feudale, «e la letteratura russa (soprattutto Tolstoj e Dostoevskij) appariva

sempre come l’indirizzo che più mostrava la strada», poiché «sono stati

[…] Tolstoj e Dostoevskij a farci vede come nella letteratura si possa

condannare in blocco tutto un sistema». Ma accanto a questa spiegazione,

che è quella del Lukács marxista della tarda maturità, può essercene

un’altra che trova le sue radici nel contesto della cultura europea della

giovinezza di Lukács, una cultura verso la quale proprio nell’intervallo tra

L’anima e la forme e il trasferimento a Heidelberg Lukács non si era

mostrato molto tenero, e che anzi aveva accusato di «impoverimento

interno», di «solitudine completa», di «fondamentale menzogna» e

«dilettantismo di fronte alla vita», trasformata «in una successione

ininterrotta di stati d’animo in perenne mutamento», privata di ogni

continuità, «perché lo stato d’animo non tollera continuità né ripetizioni»,

privata di valori e di oggetti «ridotti ad occasioni adatte ad evocare stati

d’animo»10, e per questo soprattutto privata di quell’autentica attività

dell’anima che plasma la vita attraverso la forma.

Questa cultura è accusata da Lukács di estetismo, ma sotto questo

termine non si fa fatica a intravedere i caratteri generali del nichilismo, di

un atteggiamento la cui «unica manifestazione di vita consiste nell’aderire

agli attimi con pieno abbandono» ed in cui «per il fatto stesso che tutto

proviene sempre dall’interno, nulla potrà mai scaturire veramente

dall’interno»11. L’opera etica a cui Lukács attende a Heidelberg deve essere

dunque una resa dei conti col nichilismo che permea la cultura

contemporanea, che diventa tanto più urgente di fronte all’evento che

sancisce questo nichilismo, la guerra, ed al quale, come lo stesso Lukács

aveva potuto constatare attraverso l’atteggiamento tenuto verso di essa da

tanti suoi amici e maestri, a cominciare da Max Weber, questa cultura

aveva mostrato di non sapere, o di non volere, opporsi. Ma questa resa dei

conti deve passare attraverso «il sacro nome di Dostoevskij», dello

scrittore in cui il giovane Lukács trova l’esempio più luminoso della lotta

più tenace contro il nichilismo in cui è finita la cultura europea.

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