Tu dici: Son forestiero ed estraneo. Ma perché dici così, o Nolano?

A Castore e Polluce

voi che l’ampia terra e tutto il mare

trascorrete sui veloci corsieri

e senza sforzo salvate gli uomini

dalla morte lacrimosa,

balzando da lontano fulgidi

sulle cime delle navi dai bei banchi,

luce apportando alla nera nave

nella notte tenebrosa.

ALCEO

Allora, non so se io, considerando tra me stesso, dissi, o se qualche peregrino spirito alle mie orecchie dal più intimo susurrò: “Non vedi tu, ospite italiano, come tutti coloro dei quali l’ottimo principe bene meritò, secondo la parte di solennità e dell’estremo e possibile officio che son tenuti a prestargli, esprimono ed effondono il massimo delle proprie premure? Tu perché sogni? perché ozii? perché rimani torpido? perché indugi a considerare tu stesso anche lo stato tuo, e ad accorgerti come a te convenga non meno che ad ogni altro assolvere quel compito che certo con ogni ragione s’esige da te fra i primi, cioè che, qualunque omaggio tu veda prestato da altri, devi prestarlo anche tu? Tu dici: Son forestiero ed estraneo. Ma perché dici così, o Nolano? Anzi, proprio per questa ragione ti si richiede da parte d’ogni legge che tu faccia il lavoro tuo: per la ragione che sei forestiero e non appartieni a nessun ordine e di nessuno sei membro. O ignori che fu si grande lo splendore, fra le altre virtù, della generosissima e sovrumana umanità dell’illustrissimo principe Giulio, che egli decretò, ordinò e sancì che in questa Accademia Giulia non solo non fossero tenuti, ma realmente non fossero forestieri ed estranei coloro dei quali è possibile una conversazione onesta, e la cui professione o studio concerna le Muse e le ottime discipline?

O non badò soprattutto che ogni buona arte e scienza, che possa essere d’utilità all’uman genere, o sia scalino alla divina cognizione e culto, o almeno non alieni da essa, avesse a sentirsi in questo luogo cittadina, patrizia e dimestica? in questo luogo dove nient’altro volle fosse stimato per forestiero ed estraneo (il che anche desiderò vivamente rimanesse lontanissimo ed esulasse) all’infuori della turpe ignoranza, della fiera barbarie e della ciclopica inospitalità: il che voglia Dio gli riesca pienamente io perpetuo secondo il voto, affinché in nessun luogo quella getica selvatichezza sia venduta per gravità, e una forma di neghittosa ignoranza sotto il nome di dottrina.

Richiàmati dunque in mente, richiàmati in mente, o Italiano, la tua condizione di esule dalla patria per le onorate tue ragioni e studi e per la verità, mentre qui sei cittadino. Lì esposto alla gola e alla voracità del lupo romano, mentre qui sei libero. Lì costretto a culto superstizioso e insanissimo, qui esortato a riti riformati. Là morto per violenza di tiranni, qua vivo per l’amabilità e la giustizia d’ottimo principe e, in quanto ti rendi e ti mostri capace, anche coperto d’offici e d’onori, almeno secondo i suoi voti e la sua intenzione. Giacché quelle Muse che, per ordine di natura, per diritto delle genti e per civili leggi non immeritamente libere, sono invece, in Italia e in Spagna, conculcate dai piedi di vili preti, in Francia patiscono per guerra civile rischi estremi, da flutti frequenti sono scosse in Belgio, e in talune regioni di Germania infelicissimamente languono, qui si rafforzano, si ergono, vivono tranquillissimamente, e in compagnia di quelli che le amano ottimamente fioriscono secondo la volontà del principe. A lui, dunque, tu devi dimostrar gratitudine come al tuo vero principe, sostenitore e fautore, sotto il quale non esule, non coatto, non punto e trafitto dagli aculei d’infernal paura, bensì vivi da cittadino, libero e sicuro.

…..

Ivi a chi guardi le costellazioni settentrionali sarà dato vedere in primo luogo Elice, Cinosura, il Drago, Boote, la Corona d’Arianna, Ercole, Esculapio o il Serpentoro, la Lira, il Cigno, l’Aquila, la Saetta, il Delfino, ciascuno dei quali rappresenta una delle tue virtù; e s’intende descriverla con note appropriate.

Il Delfino indica la filantropia e l’umanità; la saetta tessalica, la felice celerità nel compimento dopo maturo consiglio. L’Aquila rappresenta la dignità di più ampio dominio, il Cigno la purità, la Lira la soavità, Esculapio la prudenza, Ercole la fortezza, la Corona la maestà, Boote la custodia e la vigilanza, Cinosura la sublimità e la saldezza, Elice lo splendore senza tramonto dell’illustrissima e serenissima prosapia tua.

In secondo luogo, a chi guardi a quelle costellazioni che stanno piuttosto fra il Tropico boreale e il cingolo del primo mobile, s’offrono allo sguardo la Falce adamantina o spada ricurva, la Testa d’Algol o di Medusa, la Capra coi capretti, la Chioma di Berenice, il Deltoton o Triangolo, l’Auriga o Erittonio, Perseo, Andromeda, Cassiopea, Cefeo, Equicolo, Pegaso o cavallo di Bellerofonte.

Dove Pegaso alato e spiegante la sua corsa attraverso l’etere, designa la fama tua che pervade l’intero orbe; l’Equicolo, la libertà; Cefeo (che è anche Cheico, vale a dire infiammato), l’ardente religione verso le Muse e zelo verso la giustizia; Cassiopea, il matrimonio con l’eroina illustrissima; Andromeda, legata da manette e catene, il timor di Dio e la religiosità, da cui i tuoi affetti e le tue opere eran legati sì, che tu nè ti ritenevi lecito, nè operavi nulla all’infuori della giustizia divina, naturale e morale.

Perseo trionfatore è indice e testimone della strenua attività e laborioso valore tuo. La Chioma di Berenice spiega la facilità e l’ornamento. L’Auriga Erittonio, che ha fama d’aver attirato col suo canto le querce, indica il nativo eloquio e la grazia con la quale addolcisti. piegandole a ossequio, genti durissime.

Il Triangolo rappresenta il temano di virtù: la Prudenza, con cui cominciasti ogni impresa; la Strenuità, con la quale la conducesti a termine; la Virilità, con cui, fattala, la difendesti. La Capra coi capretti, per la potenza siderale, la sollecitudine e cura delle cose più degne. Quella testa recisa della Gorgone, a cui, in luogo di capelli, crescono serpenti velenosissimi, indica quel mostro della perversissima tirannide papale, che, in numero superiore a quello dei capelli, è assistita e servita da tutte le lingue blasfeme contro Dio, la natura e gli uomini, le quali infettano il mondo col pessimo veleno dell’ignoranza e della nequizia; testa della Gorgone che dal tuo valore constatiamo troncata e allontanata da queste regioni. E quella spada adamantina, rossa della strage del mostro, rappresenta la costanza della tua mente invitta, onde uccidesti quell’orrendissima fiera.

In terzo luogo, a chi guarda le stelle dell’orbe obliquo si presentano quei Pesci Dionei, il frigio efebo Ganimede che chiamano Aquario, l’ispido aspetto dell’Egoceronte o Capricorno, Chirone centauro, lo Scorpione, la Libra, la vergine Astrea, il Leone, il Cancro, il simulacro dei Gemelli Castore e Polluce, il Toro, l’Ariete.

Dove l’Ariete fulgente nell’aureo suo vello indica il secolo aureo. pacifico e prospero. da te introdotto e mantenuto in questo ducato dopo il secolo ferreo e torbido. Il Toro che portò Europa indica la costanza, la gravità, la maturità. Castore e Polluce rappresentano l’inviolata legge d’amare e riamare, cui, giusti e grati nel distribuire e retribuire, esigono Eros vero e Anteros.

Il Cancro fervente, ardente o adusto, indica la mirabile tolleranza delle fatiche. Il Leone, il cui cuore a guisa di fiammante sole scintilla in fascio larghissimo di raggi, indica l’invincibile vigore della magnanimità, col quale, per non doverle superare dopo cominciate, tu soffocasti turbolenze e guerre prima che cominciassero.

Astrea, l’esempio di natural continenza e castità. La Libra, con quanta misura facesti tutto, sia in persona d’altri, sia in persona tua. Lo Scorpione con la coda contratta, minaccioso e con le ramose braccia ricurve in tutti i sensi, indica la temerità e l’audacia, da te represse, dei fraudolenti e dei subdoli. Chirone, che solo nella parte superiore è uomo, rappresenta alcuni dei tuoi popoli, da te condotti dalla barbarie e ferità a vero aspetto d’umanità, piantando in essi l’amore della pietà, delle arti e delle Muse.

Il Capricorno, nel quale il corso del sole s’inflette dalle parti inferiori alle superiori, indica l’aperto ampliamento del dominio e, inoltre, la futura esaltazione. Il frigio fanciullo, che dalle cantinedi Giove ti versa il nettare, spiega come giustamente le Muse ti costruirono nel tempio della fama questo sacello, essendo tu ascritto al numero dei beatissimi numì partecipanti al vino dell’eterna fruizione. I Pesci costituiti nella parte alta del cielo perché liberarono Venere e il figlio dal furore del gigante Tifone, mostrano l’Altezza tua partecipe, per la medesima ragione, della dimora divina, giacché quella legge evangelica del gemino amore, perché non fosse violata dal crudelissimo e truculentissimo tiranno, tu accogliesti fuggitiva fra i propri lari, e, accoltala per custodirla e difenderla, la consolidasti. In ultimo, verso l’inclinante e inferiore parte del cielo a te soggiacente s’offrono, ammirabili di costellazioni, Orione, il Cane, Procane e il Sino, la Lepre, l’Argonave, l’Idra, il Corvo, il Cratere, il Centauro, il Lupo, l’Ara, il Pesce Austrino, Ceto, Eridano, la Corona. Dove la Corona (che chiamano Uranisco) significa la superbia e la vana ambizione e la tirannide; Eridano, la profusa e indiscriminata elargizione o prodigalità. Ceto, l’immoderata concupiscenza. Il Pesce, la muta ignoranza.

La Lepre, la pusillanimità e la lascivia. I due Cani, che ardono la terra con smisurati incendi, l’ira e l’invidia. Orione, tempestoso e orribile, la crudeltà e ferocia. Da queste costellazioni son significati i vizi che con un numero non minore di virtù conculcasti, assoggettasti, domasti. La ferocia e crudeltà con l’ammirabile clemenza; l’ira e l’invidia con la pazienza e la longanimità; la detrazione con la maturità del grave eloquio; la loquacità col sermone circospettissimo: la ghiottoneria e l’ebbrezza con l’astinenza e la sobrietà; la doppiezza di cuore con la verità e la sincerità; la rapacità e la sevizia con l’ingegno mitissimo e trattabilissimo; la superstizione e l’idolatria con la religione e la pietà; la muta ignoranza con la sapienza e la dottrina; l’immoderata concupiscenza colla misura nel temperare gli affetti; la dilapidazione delle sostanze con la parsimonia e la frugalità; l’ambizione superflua e la tirannide con la paternità verso la patria.

O felice, dunque, Accademia Giulia, o tre e quattro volte beata d’aver un così grande fondatore, Giulio. Vivi, ascendi, va’, procedi, sta’ salda, siedi gloriosissima fra tutte le accademie del mondo.

ORATIO CONSOLATORIA IORDANI BRUNI NOLANI …

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