Intentions: The decay of lying, Pen, pencil and poison, The …ecc full by Wilde, Oscar

Intentions: The decay of lying, Pen, pencil and poison, The critic as artist, The truth of masks

by Wilde, Oscar 1854-1900; Pollard, Percival, 1869-1911

Published 1905
Introduction by Percival PollardThe second essay in a brief memoir of T. G. Wainewright

Publisher New York, Brentano’s
Pages 298
Language English
Call number 125662
Digitizing sponsor Getty Research Institute
Book contributor Getty Research Institute
Collection getty; americana

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Intentions: The decay of lying, Pen, pencil and poison, The …

Wilde Oscar

Decadenza della menzogna

Ven, 10/11/2006 – 01:58 — franchi

MENZOGNA come ARTE, SCIENZA E PIACERE SOCIALE

The decay of lying apparve inizialmente sulla rivista Nineteenth Century.
È strutturato in forma di dialogo: i due interlocutori portano i nomi dei figli di Wilde, Cyril e Vivian. Wilde sembra esprimersi preferibilmente mediante le affermazioni di Vivian, schierandosi apertamente contro l’abominio dell’ideologia del realismo, colpevole di appiattire l’arte nell’imitazione della vita, esattamente in antitesi con ciò che dovrebbe avvenire: la vita stessa deve imitare l’arte.
Questa tesi nasceva, considerato il contesto coevo britannico, in parte come argomentazione di rivalsa alle teorie di Ruskin, suo primo maestro al Magdalen di Oxford, nel 1874; coraggiosamente, Wilde la propugnò nel corso di numerose conferenze, senza mai tuttavia ammettere che fosse stata influenzata dalle idee del pittore americano Whistler, che Buffoni, nella sua introduzione agli “Intentions”, giudica uno “scorbutico e ben poco elegante parlatore” (p. 10). Non è trascurabile dunque il contesto sociale contemporaneo come motivo scatenante delle riflessioni dell’artista dublinese: tuttavia, l’argomentazione è assai persuasiva e merita di essere almeno in parte ricordata.

La natura è del tutto imperfetta e incompiuta; l’arte rappresenta la “vivace protesta” (p. 32) dell’uomo, il suo desiderio di ordine, bellezza e simmetria.
La menzogna e la poesia sono sorelle; Wilde vagheggia la fantasiosa storiografia antica, salutando in Erodoto un padre della menzogna e maledicendo la sciatta riproduzione della vita reale propria della narrativa realista, assassina dei paradossi e delle funamboliche evoluzioni della finzione. Nella Grecia del V secolo avanti Cristo, Erodoto aveva affermato d’esser consapevole di “dire ciò che è”: a questo proposito, Tagliapietra ricorda: “Erodoto fa parlare il Gran Re dei Persiani Dario, al momento di espugnare con l’astuzia la roccaforte dei Magi di Media: «là dove, infatti, sia necessario dire una menzogna, la si dica; poiché allo stesso scopo tendiamo noi che diciamo il falso, e quelli di noi che fanno uso della verità: gli uni, infatti, mentono allorquando credono di poter trarre qualche vantaggio convincendo con le menzogne; gli altri, invece, si appellano alla verità allo scopo di ricavare, appunto, da essa un guadagno e si abbia in loro maggior fiducia. Così, pur non seguendo le stesse vie, abbiamo di mira lo stesso scopo. Che se non ne dovessero ricavare guadagno alcuno, senza differenza colui che ama la verità mentirebbe e colui che mente sarebbe veritiero». (…) Come Erodoto ha il merito di evidenziare, verità e menzogna, nel gioco politico, si misurano con la prospettiva del vantaggio” (A.Tagliapietra, Filosofia della bugia, p. 205; excerpta di Erodoto tratto da Erodoto, Storie, 2 voll., a cura di L.Annibaletto, A.Mondadori, Milano, 2000, pp. 548-549).

Dopo questo breve richiamo allo spirito dell’opera storiografica di Erodoto, torniamo ad esaminare il dialogo di Wilde. L’arte corre il rischio di isterilirsi, di privarsi della sua naturale vocazione alla bellezza, alla sublimazione della realtà. La letteratura infatti esige “distinzione, fascino, bellezza e fantasia” (p. 39): nulla più della menzogna può garantire questi esiti. I tentativi di spogliare la narrativa del suo aspetto di fiction prevedono personaggi, come quelli delle opere di Zola, che Wilde non esita a definire “squallidi” nei vizi e “poco interessanti” (pp. 38-39) nelle loro parabole esistenziali. Gli unici personaggi reali, in sostanza, sono, per il poeta della ballata del carcere di Reading, quelli che non sono mai esistiti: l’aspirazione a trarre spunto dalla realtà è un’opaca operazione letteraria, perché la vita è il “solvente che distrugge l’arte” (p. 44).

L’arte ricrea la vita e la plasma, in nome della bellezza, e non della verità: dunque la giusta via dell’arte, la sua unica scuola, il suo unico referente è l’arte stessa. Quel che Wilde definisce la prima dottrina della nuova estetica si può sintetizzare in questo modo: l’arte è indipendente come il pensiero, e conosce e avanza lungo sentieri e vie che lei sola conosce. È in contrasto con lo spirito del tempo, manifesta invece il progresso (p. 67).  La verità è solo una questione di stile; la menzogna rigenera la letteratura ogniqualvolta essa sia inquinata dalle propensioni al realismo.

La seconda dottrina di questa nuova estetica è che tutta la cattiva arte sorge dal ritorno alla vita e alla natura, o alla loro idealizzazione (p. 67).
La terza dottrina è che la vita imita l’arte più di quanto l’arte imiti la vita. L’arte infatti offre alla vita le belle e necessarie forme di espressione (pp. 67-68).
La menzogna, si afferma in conclusione, è il fine proprio dell’arte.

Wilde ha ammesso e rivendicato il diritto e il dovere dell’arte ad essere menzogna, concludendo addirittura che la menzogna sia la conditio sine qua non della sussistenza stessa dell’arte. La suprema illuminazione dell’onestà dell’artificio artistico e dell’integrità della finzione svela l’odiosa illusione del realismo: e la loro irritante, consapevole deformazione del concetto di verità e di realtà si sgretola. Manganelli sosterrà, nella Letteratura come menzogna: Nulla è più mortificante di vedere narratori, per altro non del tutto negati agli splendori della menzogna, indulgere ai sogni morbosi di una trascrizione del reale, sia essa documentaria, educativa o patetica (…). Sebbene siano costretti a mentire, come vogliono le punitive leggi delle lettere, (…) inefficacemente nascondono l’autentico nocciolo di menzogne sotto un velo di una fittizia verosimiglianza” (p. 46). Nel primo capitolo de La Plastica della lingua, intitolato “La creta pastosa del soggetto”, Tommaso Ottonieri così riflette a proposito delle nuove consapevolezze dell’autore: “Interprete sulla scena deserta, dell’unica rappresentazione che a quel punto gli è concessa: la trasparenza micidiale, metafisica, della Verità. Che è, inevitabilmente – senza più maschere, sulla scena deserta – il più annichilente degli ultimi inganni” (p. 34).

Accettiamo come ipotesi, dunque, che la letteratura sia l’unico genere di comunicazione che si identifichi nella menzogna, integralmente: cercheremo di dimostrare come si riveli, in ciò, la sua forza e come questo operi una metamorfosi divina e inattesa. La ricerca della bellezza, per via della trasparente anima menzognera della letteratura, diviene prima e unica affermazione della verità. Secondo Andrea Tagliapietra, mentire è, “nel senso prospettato da Wilde, un atto eminentemente gratuito: antiutilitaristico e, quindi, del tutto antinaturalistico. La menzogna così intesa è al di là di qualsiasi considerazione morale e va oltre ogni valutazione etica. Essa diviene l’emblema dell’assoluta autosufficienza di un tipo particolare d’azione, quella del ‘fare’ artistico, che inventa la realtà e non vi si sottomette (…) «Che cos’è una bella menzogna?»,  s’interroga altrove il Vivian del testo wildiano, «Semplicemente quello che è dimostrazione di se stesso»” (p. 2).


EDIZIONE ESAMINATA e BREVI NOTE

Oscar Fingal O’Flahertie Wills Wilde (Dublin, 1856 – Paris, 1900), scrittore, poeta, critico letterario, commediografo ed esteta irlandese.

Oscar Wilde, “Decadenza della menzogna”, Biblioteca Universale Rizzoli, Milano, 2000.
Traduzione e note di Marcella Dallatorre. Introduzione di Franco Buffoni.

Approfondimento in rete: Oscar Wilde Homepage / Oscar Wilde Collection / The Literature Network.

http://www.lankelot.eu/letteratura/wilde-decadenza-della-menzogna.html

Oscar Wilde – La decadenza della menzogna 1

la decadenza della menzogna

Oscar Wilde
La decadenza della menzogna
Un’osservazione

Titolo originale: The Decay of Lying – An observation
Traduzione di Marco Vignolo Gargini

Breve nota introduttiva a cura del traduttore.

Nel gennaio 1889 sulla rivista londinese “The Nineteenth Century” compare un dialogo di Mr. Oscar Wilde dal titolo The Decay of Lying – An observation, i cui personaggi rappresentano due giovani esteti, Cyril e Vivian (i nomi dei due figli di Wilde), in amabile conversazione all’interno di una biblioteca di una dimora nella campagna del Nottinghamshire.
In De Profundis, la ben nota lettera scritta da Wilde in carcere nel 1897, viene narrata la probabile nascita del dialogo:
Out of my dinner with Robbie [1] came the first and the best of all my dialogues. Idea, title, treatment, mode, everything was struck out at a 3 franc 50 c. table d’hôte.
(Dal mio pranzo con Robbie nacque il primo e il migliore di tutti i miei dialoghi. L’idea, il titolo, il trattamento, l’esecuzione, tutto fu compreso nei 3 franchi e 50 centesimi della table d’hôte.)[2]
Il dialogo non può essere ovviamente il frutto di un pranzo, la sua ideazione non è così estemporanea come l’autore vuol far credere, dato che le idee da esso espresse si sono maturate dopo una lunga serie di conversazioni, di letture inerenti l’arte, in particolare la pittura, che si inaugurano molti anni prima, a partire dagli studi oxfordiani  di Wilde nel periodo che va dal 1874 al 1878, anno in cui lo scrittore irlandese ottiene il diploma di Bachelor of Arts.
I principi esposti in The Decay of Lying – An observation sono in estrema sintesi la denuncia da parte di Wilde di una effettiva capitolazione dell’arte, di un asservimento di questa verso la realtà e di una squalifica dell’artista, non più artefice, ma esecutore materiale, meccanico e asettico del reale in pittura, in letteratura.
Il contributo che grazie a quest’opera Wilde dà all’annosa questione dell’art pour l’art è uno dei più apprezzati dalla nostra critica con
temporanea, data la sua valenza estetica che riesce in anticipo a fondere le antiche testimonianze dei sostenitori del tema dell’indipendenza dell’arte con le nuove frontiere avanguardistiche, praticamente da Victor Cousin al surrealismo.
Il dialogo The Decay of Lying – An observation viene ripreso e pubblicato in volume nel 1891, insieme ad altre tre opere saggistica, nella raccolta Intentions.

Oscar Wilde (Dublino 1854-Parigi 1900), la cui figura letteraria è stata per troppo tempo subordinata alla sua figura biografica, ha lasciato una vasta produzione letteraria di vario genere, a partire dalla poesia (Poems 1881), fino ai racconti (The house of pomegranates, The Lord Arthur Savile’s crime and other tales 1891), agli scritti critici [quelli raccolti in Intentions (1891) oltre al già citato The Decay of Lying – An observation, The Critic of Artist – With some remarks upon the importance of doing nothing, Pen, Pencil and Poison, e The Truth of Masks, più The Soul of Man under the Socialism (1891)], all’unico romanzo The Picture of Dorian Gray (1891), alle commedie [Lady Windermere’s fan (1892); A Woman of No Importance (1893); An ideal husband (1895); The Importance of being Earnest (1895)], all’opera teatrale più famosa Salomé (1892), e alle ultime opere, De Profundis (1897) e The ballad of Reading Gaol (1898).

Marco Vignolo Gargini ha già tradotto da Wilde le seguenti opere: Il ritratto di Dorian Gray; La decadenza della menzogna; Salomé; Il Critico come artista; Penna, matita e veleno; La Sainte Courtisaine; L’Anima dell’uomo sotto il socialismo; Epigrammi. È anche autore del saggio Oscar Wilde -Il critico artista, Prospettiva editrice, 2007.

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DIALOGO.  Personaggi: CYRIL e VIVIAN
SCENA: la biblioteca di una casa di campagna nel Nottinghamshire.

   Cyril (entra dalla porta a vetri che dà sulla terrazza) : Mio caro Vivian, non stare tutto il giorno ingabbiato in biblioteca. È un pomeriggio splendido. L’aria è squisita. Sui boschi si stende una foschia come lanugine purpurea su di una prugna. Andiamo a sdraiarci sull’erba, fumiamo una sigaretta e godiamoci la Natura.

   Vivian : Godere la Natura! Sono lieto di dire che ho perduto del tutto quella facoltà. La gente ci dice che l’Arte ci fa amare la Natura più di quanto l’amassimo prima; che rivela a noi i suoi segreti; e che dopo un accurato studio di Corot e Constable vi vediamo cose che erano sfuggite alla nostra osservazione. La mia esperienza personale è che più studiamo l’Arte, meno ci importa della Natura. Quel che l’arte realmente ci rivela è l’assenza del disegno della Natura, le sue curiose asprezze, la sua straordinaria monotonia, la sua condizione assolutamente incompiuta. La Natura, è ovvio, ha buone intenzioni, ma, come disse una volta Aristotele, non sa realizzarle. Quando guardo un paesaggio non posso fare a meno di vedere tutti i suoi difetti. Comunque è per noi una fortuna che la Natura sia così imperfetta, perché altrimenti non avremmo affatto arte. L’Arte è la nostra vivace protesta, il nostro fiero tentativo di insegnare alla Natura a stare al suo giusto posto. Riguardo l’infinita varietà della Natura, questo è un puro mito. Questa varietà non si deve trovare nella Natura stessa. Risiede nell’immaginazione, o fantasia, o cecità coltivata dell’uomo che la guarda.

  Cyril : Beh, non c’è bisogno che tu guardi il paesaggio. Puoi sdraiarti disteso sull’erba a fumare, a conversare.

   Vivian : Ma la Natura è così scomoda. L’erba è dura, piena di zolle, umida e zeppa di orribili insetti neri. Perbacco, perfino il più modesto artigiano di Morris sarebbe in grado di fabbricarti una sedia più comoda di quanto possa tutta la Natura insieme. La Natura impallidisce davanti alla mobilia della “strada che da Oxford ha preso il nome”, come il poeta che tu ami tanto la definì una volta laidamente. Io non protesto. Se la Natura fosse stata confortevole, l’umanità non avrebbe mai inventato l’architettura, e io preferisco all’aria aperta le case. In una casa ci sentiamo tutti delle proporzioni appropriate. Ogni cosa è a noi subordinata, forgiata per il nostro uso e il nostro piacere. Lo stesso Egotismo che è così necessario per un giusto senso della dignità umana, è interamente il frutto della vita domestica. All’aperto si diventa astratti e impersonali. Si è assolutamente abbandonati dall’individualità. E poi la Natura è talmente indifferente, incapace di apprezzare. Quando passeggio qui fuori nel parco, penso sempre d’essere per lei non più del bestiame che bruca sul declivio, o della bardana che germoglia nel fossato. Niente è più evidente del fatto che la Natura odia la Mente. Pensare è la cosa più malsana del mondo, e la gente muore per questo proprio come muore per qualsiasi altra malattia. Per buona sorte, in Inghilterra almeno, il pensiero non è contagioso. Come popolo il nostro splendido fisico è dovuto interamente alla nostra stupidità nazionale. Spero soltanto che saremo in grado di mantenere questo grande storico baluardo della nostra felicità per molti anni a venire; ma temo che stiamo iniziando a essere educati troppo; per lo meno chiunque sia  inetto a imparare si dà all’insegnamento – ecco a cosa è giunto realmente il nostro entusiasmo per l’educazione. Frattanto, faresti meglio a tornare alla tua noiosa, scomoda Natura, e a lasciarmi a correggere le bozze.

   Cyril : Scrivere un articolo! Non è molto coerente dopo quello che hai appena detto.

   Vivian : E chi vuole essere coerente? Lo stolto e il dottrinario, la gente tediosa che trascina i propri principî fino alla conclusione amara dell’agire, alla reductio ad absurdum della pratica. Non io. Come Emerson, io sulla porta della mia biblioteca scrivo la parola ‘Capriccio’. Inoltre il mio articolo è in realtà un avvertimento assai salutare e valido. Se sarà seguito, potrebbe significare una nuova Renaissance dell’Arte.

   Cyril : Qual è l’argomento?

   Vivian : Intendo intitolarlo « La Decadenza della Menzogna: una protesta ».

   Cyril : Menzogna! Pensavo che i nostri politici avessero mantenuto quell’usanza.

  Vivian : Ti assicuro che non l’hanno mantenuta. Loro non si ergono mai oltre il livello della falsa dichiarazione, ed effettivamente si accordano a dimostrare, a discutere, ad argomentare. Che differenza dal temperamento del vero bugiardo, con le sue frasi franche, impavide, la sua superba irresponsabilità, il suo sano, naturale disprezzo per ogni tipo di prova! Dopotutto, che cosa è una bella menzogna? Semplicemente ciò che è di per sé evidente. Se un uomo è sufficientemente privo di immaginazione per produrre una evidenza a supporto di una menzogna, tanto vale che dica la verità subito. No, i politici non c’entrano. Qualcosa potrebbe essere detto sul conto degli avvocati. Il manto del sofista è caduto su di essi. I loro falsi ardori e la loro irreale retorica sono deliziosi. Possono fare apparire migliore la causa peggiore, come se fossero appena usciti dalle scuole Leontine, e sono noti per strappare da giurie riluttanti verdetti di assoluzione per i loro clienti, persino quando questi clienti, come spesso accade, erano chiaramente e innegabilmente innocenti. Ma sono allevati dal prosaico e non si vergognano di appellarsi al precedente. A dispetto dei loro tentativi, la verità viene fuori. Anche i giornali hanno degenerato. Ora possono essere degni di fiducia. Lo si avverte scorrendo le loro colonne. È sempre l’illeggibile che accade. Temo che non vi sia molto da dire a favore sia del legale che del giornalista. Inoltre, io mi appello in difesa della Menzogna nell’arte. Posso leggerti quello che ho scritto? Potrebbe esserti molto giovevole.

   Cyril : Sicuro, se mi dai una sigaretta. Grazie. A proposito, per quale rivista intendi inviarlo?

   Vivian : Alla “Rivista Retrospettiva”. Credo d’averti detto che gli eletti l’hanno riportata in vita.  

   Cyril : Che vuoi dire con gli “eletti”?

  Vivian: Oh, gli Edonisti Stanchi, naturalmente. È un’associazione a cui appartengo. Abbiamo pensato di portare rose appassite all’occhiello quando ci riuniamo, e di avere una sorta di culto per Domiziano. Ho paura che tu non sia eleggibile. Ti piacciono troppo i piaceri semplici.

   Cyril : Sarei respinto per i miei spiriti animali, credo? 

   Vivian : Probabilmente. E poi, sei un po’ troppo vecchio. Noi non ammettiamo alcuno che non sia dell’età comune.

   Cyril : Mi immagino che vi annoierete un mondo fra di voi.

  Vivian: Eccome. È uno degli obbiettivi dell’associazione. Ora, se tu mi prometti di non interrompermi troppo spesso, ti leggerò il mio articolo.

   Cyril : Sarò attentissimo.

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[1] Robert Ross, giornalista, amico di Wilde.

[2] Oscar Wilde, De Profundis, da De Profundis and other writings, Penguin Books, London 1986, p. 103.

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