Mark Strand, il poeta del futuro anteriore (che non è più quello di una volta)

“Nulla è il destino di chiunque”. Questo epitaffio chiudeva la contro-copertina del libro Il monumento, pubblicato nel 1978 (negli Usa, in Italia nel 2010, da Fandango), un libro pensato già come postumo da Mark Strand: poeta Laureato americano, ateo convinto, cantore dell’assenza, di dio e dell’io, scrutatore di paesaggi esterni e interni. Nonché vincitore, tra i tanti premi, del Pulitzer. E’ morto a 80 anni, nella casa della figlia, a New York, nella notte tra sabato e domenica scorsi; la notizia è stata data ieri, suscitando quel misto di sorpresa (nulla è più ovvio e sconcertante della morte), fatalità (l’età, la malattia), dispiacere: i poeti che ami vorresti non morissero mai, e se li ami, muoiono un po’ meno.

E poi. A scorrere i titoli dei libri e i riconoscimenti di Strand negli Usa e all’estero, a ripercorrere la sua parabola, le tracce profonde lasciate anche in Italia, dove era tradotto e amato, quella frase nichilista sembra superare la contingenza della morte grazie alla rincorsa dei tanti versi dedicati alla morte, al sopravviversi. E i pensieri, appunto, dedicati a quel futuro in cui restano solo i versi più resistenti, come di bronzo, come di marmo: quel futuro da “tradurre”, cioè “condurre tra”, cui Il monumento  è dedicato: un futuro particolare, cioè anteriore; un tempo – sottolineava Carlo Carabba nella prefazione a questa raccolta di aforismi che omaggiano un poeta apparentemente anonimo – in cui le cose non solo saranno, ma saranno state.

Tenere assieme le cose
monumento al nulla | controappunto
La poesia di Strand, tra le tante missioni che svolgeva per passione e vocazione, teneva assieme elementi fuggevoli e diversi: i tempi dell’essere, le persone, i luoghi, spesso i paesaggi, e le cose, intese proprio come oggetti. Come ha scritto in una poesia pubblicata nella prima raccolta, Sleeping with one eye open (1964), in  L’uomo che cammina avanti al buio. Poesie 1964-2006 (Mondadori, 2007), una poesia in cui c’è lo spazio, vuoto, del suo autoritratto dove l’io è collante e sottrazione, un io sempre scomodo ma dinamico, nell’acuta persistenza del mancare: “In un campo / io sono l’assenza / di campo. // Questo è sempre opportuno. /  Dovunque sono // io sono ciò che manca. // Quando cammino /divido l’aria / e sempre /  l’aria si fa avanti / per riempire gli spazi / che il mio corpo occupava. //  Tutti abbiamo delle ragioni / per muoverci / io mi muovo /  per tenere assieme le cose” (la poesia è Tenere assieme le cose)

Elegia per i personaggi di fiction

La serie tv The Walking Dead

Ci sono poesie che colpiscono il segno e oltre. Strand non guardava molte serie tv, considerate le nuove narrazioni d’appendice, come i romanzi di un tempo. Ma quando racconta, in Fiction, dell’innocenza cieca dei personaggi di finzione, fa fischiare le orecchie ai tanti personaggi delle serie tv di oggi: “Penso alle vite innocentidelle persone nei romanzi: sanno che morrannoma non che il romanzo finirà. Come sono diverse / da noi. Qui, la luna osserva istupidita, / tra nubi sparse, la città assopita, / e il vento ammonticchia le foglie cadute, / e qualcuno – vale a dire, io – sprofondato in poltrona, / sfoglia le pagine che mancano, sapendo che non c’è / molto tempo per l’uomo e la donna nella camera a ore, / per la luce rossa sopra la porta, per l’iris / che proietta la propria ombra sul muro; non molto tempo / per i soldati sotto gli alberi lungo il fiume, / per i feriti che vengono trasferiti / in città di retrovia dove resteranno; / la guerra che ha infuriato per anni si concluderà, / come pure ogni altra cosa, tranne una presenza / difficile da definire, una traccia, come l’odore d’erba / dopo una notte di pioggia o quel che resta di una voce / che ci fa sapere senza compitarlo / di non disperare; se la fine è arrivata, anch’essa passerà.” Sono morti che camminano, come i cari estinti, erranti, della serie Walkind Dead.

Chi ci salva da Steve Jobs?

Un’altra raccolta di Strand, pubblicata da Minimum fax (che tra l’altro affidò al poesta e al fido traduttore Damiano Abeni la cura di una utilissima antologia di poeti contemporanei americani, West of your cities), declinava già dal titolo, con ironica nostalgia, lo scacco del vivere tra passato e tempo a venire: Il futuro non è più quello di una volta. A Roma, nel 2011, per un incontro alla John Cabot University, Strand ricordò il senso di quella frase, che compare spesso anche sui muri della Capitale:

“La frase, il futuro non è più quello di una volta, a Los Angeles l’hanno messa su un cartellone grandissimo, tipo pubblicitario… Certo quella poesia l’ho scritta ai tempi della guerra in Vietnam… A che punto è il futuro oggi? Dove e come è sempre stato, e sempre sarà. Il futuro è un’aspettativa. Ma oggi le aspettative sono ai minimi storici, ce ne sono molte per l’avanzamento della tecnologia, meno per l’anima. Steve Jobs crea più aspettative del Papa, ma più avanza la tecnologia più è importante la necessità di salvarsi spiritualmente”

Missoni, Venezia, Obama

In quel viaggio a Roma, Strand arrivò con l’evidente eleganza che caratterizzava il suo portamento, il suo stile. Su una sciarpa colorata, a righe, fece vezzosa auto-ironia. “E’ un Missoni… ci sono i saldi… ma non per Missoni. Non si svaluta mai, conviene!”.

Sull’Italia, che tanto amava, ricambiato, aveva un’idea schiettamente americana: ”Anche se ci sforziamo di non fare i turisti, per noi americani l’Italia è un grande parco a tema, ma da secoli. Venezia è la vostra vera capitale e il turismo è una nuova forma di pellegrinaggio, è la Gerusalemme dell’arte. Molti americani vanno a Venezia come vanno a Las Vegas. Solo che negli Usa si tira giù tutto, qui si scoprono rovine e si recuperano edifici che non ci sono più”. Sull’Italia, diceva, erano utilissime le corrispondenze di Alexander Stille. Su Obama, in quell’incontro del 2011, sfoggiava un paradosso amaro. “Forse è il presidente più civile di sempre, ma si trova ora in un Paese più incivile del solito”

Strand (sotto, un video che mixa immagini girate nel suo appartamento a New York e scene di animazione), poeta e narratore, è nato nel 1934 a Summerside, nella Prince Edward Island in Canada, ma è cresciuto negli Usa. Ha scritto libri di poesia, racconti, saggi, libri per bambini e volumi sull’arte. Le sue opere sono tradotte in più di 30 lingue. Tra i vari riconoscimenti, ha riceveuto la McArthur Fellowship, il Premio Pulitzer per la Poesia (1999) e il Wallace Stevens Award (2004). Nel 1990 fu nominato Poeta Laureato degli Usa, ma rifiutò di fare il burattino del governo di Washington.

Tra i suoi libri pubblicati in Italia ci sono anche la denarrazione (L’Obliquo 2005), L’inizio di una sedia (Donzelli 1999), L’alfabeto di un poeta (L’Obliquo 2001), Edward Hopper (Donzelli 2003), Uomo e cammello (Mondadori, 2007) – dove la sua disillusione si manifesta in un continuo gioco di attese e spiazzamenti. Così, nella poesia 2023

E’ sera nella città di X
dove Morte, che un tempo mi amava, siede
in una limousine, con una coperta sulle ginocchia,
e aspetta che arrivi l’autista. I capelli
sono bianchi, gli occhi rimpiccioliti, le guance
senza più lucentezza. Non brandisce la falce
da anni, da anni non tocca la clessidra. Aspetta
di andare all’Hotel Celeste, il luogo supremo di villeggiatura,
dove un silenzio illimitato colma l’aria che profuma di lillà,
e pesci di marmo nuotano immobili in mari di marmo.
Ma dove… dov’è l’autista? Ah, ecco,
scende la scalinata del giardino, tacchi a spillo, abito lungo di velluto
e boa dorato, lancia baci alle piante.

Manuale per a-spiranti poeti

Strand, in un testo che è una poesia per aforismi (in Italia è uscito sempre in Il futuro non è più quello di una volta) ha scritto uno dei più utili testi per incentivare la poesia autentica e soprattutto disincentivare la poesia “di posa”. Si chiama Il nuovo manuale di poesia, ed è pieno di regole di vita per il poeta.

1 Se un uomo capisce una poesia, avrà dei problemi
2 Se un uomo abita con una poesia, morirà solo.
3 Se un abita con due poesie, ne tra­dirà una.
4 S un uomo con­ce­pi­sce una poesia, avrà un figlio in meno.
5 Se un uomo con­ce­pi­sce due poe­sie, avrà due figli in meno.
6 Se un uomo si mette in testa una corona mentre scrive, verrà sma­sche­rato.
7 Se un uomo non si mette in testa una corona men­tre scrive, non ingan­nerà nes­suno tranne se stesso.
8 Se un uomo s arrab­bia con una poesia, verrà deriso dagli uomini.
9 Se un uomo per­si­ste nell’arrabbiarsi con una poesia, verrà deriso dalle donne.
10 Se un uomo con­danna pub­bli­ca­mente la poesia, le scarpe gli si riem­pi­ranno di urina.
11 Se un uomo rinun­cia alla poe­sia per il potere avrà molto potere.
12 Se un uomo si vanta delle sue poesie, verrà amate dagli stolti.
13 Se un uomo si vanta delle sue poe­sie e ama gli stolti, non scri­verà più.
14 Se un uomo prova un ardente desi­de­rio di attenzione per le sue poe­sie, sarà come un somaro al chiaro di luna.
15 Se un uomo scrive una poe­sia e loda una poesia di un col­lega, avrà un’amante bellissima.
16 Se un uomo scrive una poe­sia e loda all’eccesso una poe­sia di un col­lega, allon­ta­nerà da sé l’amante.
17 Se un uomo riven­dica la poe­sia di un altro, il suo cuore diverrà grande il doppio.
18 Se un uomo lascia che le sue poe­sie vadano in giro nude, avrà paura della morte.
19 Se un uomo ha paura della morte, verrà sal­vato dalle sue poesie.
20 Se un uomo non ha paura della morte, le sue poe­sie forse lo sal­ve­ranno forse no.
21 Se un uomo fini­sce una poesia, si immer­gerà nella scia bianca della propria pas­sione e verrà baciato dalla pagina bianca.

http://criticalmastra.corriere.it/2014/11/30/morto-mark-strand-ateo-poeta-laureato/

Il cunicolo

Un uomo sta fermo
davanti a casa mia
da giorni. Lo spio
dalla finestra del
salotto e la sera,
non riuscendo a prendere sonno,
con la torcia elettrica
illumino il prato.
È sempre lì.
Dopo un po’
socchiudo appena
la porta e gli ingiungo
di andarsene dal giardino.
Strizza gli occhi
e geme. Sbatto
la porta e mi precipito
in cucina, poi su
in camera, poi di nuovo giù.
Piango come una scolaretta
e faccio gesti osceni
alla finestra. Scrivo
messaggi enormi sul proposito
di suicidarmi e li espongo
in modo che li legga facilmente.
Distruggo gli arredi
del salotto per dimostrare
che non posseggo nulla di valore.
Lui resta impassibile
e allora decido di scavare un cunicolo
che sbocchi nel giardino del vicino.
Separo lo scantinato
dai piani superiori
con un muro di mattoni. Scavo
come un matto e il cunicolo
è subito finito. Lascio sotto
il piccone e la pala,
sbuco davanti a una casa
e resto lì troppo stanco
per muovermi o parlare, sperando
che qualcuno mi aiuti.
So di essere osservato
e a tratti sento
la voce di un uomo,
ma non succede niente
e sono giorni che aspetto.
da “Dormendo con un occhio aperto”

monumento al nulla | controappunto

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