René Clair : Paris qui dort – A nous la liberte

 

Parigi che dorme (Paris qui dort) – René Clair (1925)

marzo 14, 2013 mutosorriso Lascia un commento Go to comments

fonte: Cinémathèque française

Paris qui dort è il primo cortometraggio di René Clair, che abbiamo già avuto modo di conoscere con lo stravagante Le Voyage imaginaire (1926). Questo primo film venne girato nel 1923, ma distribuito solamente due anni più tardi grazie all’intercessione di Henri Diamant-Berger e, soprattutto, a seguito dei grande successo di film come Entr’acte (1924). René Clair curò personalmente la regia, la sceneggiatura e il montaggio dando a questo cortometraggio il proprio tocco personale.

Albert (Henri Rollan), il guardiano notturno della Torre Eiffel, si sveglia in una Parigi completamente addormentata. Tutto sembra essersi fermato nel corso della notte. A lui si uniranno un pilota di aereoplano (Albert Préjean), una giovane ragazza (Madeleine Rodrigue) e altri strampalati personaggi (Antoine Stacquet, Marcel Vallée e Louis Pré Fils). Insieme scoprono che uno scienziato pazzo (Charles Martinelli) aveva lanciato un raggio in grado di addomentare tutto il mondo. Per far tornare tutto alla normalità i nostri eroi cercheranno la collaborazione della figlia dello scienziato (Myla Seller)…

L’idea di fermare o modificare l’andamento del tempo accompagna l’uomo fin dalle sue origini. Ne parlava già Zenone nell’antica grecia. Questa, però, era la prima volta che questa stessa idea veniva proposta sul grande schermo e sicuramente dovette affascinare molto gli spettatori dell’epoca. Fin da questo primo film, René Clair mette in scena alcuni dei temi a lui più cari, come l’avversione per le ricchezze, il desiderio di libertà e il tocco fantastico che abbiamo conosciuto grazie a Le Voyage imaginaire. Paris qui dort risulta godibilissimo grazie alla sua brevità e alla capacità del regista di mettere in scena la vicenda con estrema leggerezza. Si è ipotizzato che una delle fonti di ispirazione per il regista, sia stata la visione della Parigi semi-deserta durante la Prima Guerra Mondiale.

René Clair, scontento dei suoi lavori giovanili, rimise mano nel 1976 a Paris qui dort per effettuare alcune modifiche, facendo diversi tagli e riducendo il tutto a 35minuti circa (la versione che potete vedere qui in fondo dovrebbe essere questa). Nel 1999 la Cinémathèque Française rimise mano al film per riportarlo ai 67 minuti originari. La colonna sonora venne affidata a Yan Maresz. In Italia è stato proiettato in diverse occasione nel 2007. La versione distribuita dalla Criterion assieme a “sotto i tetti di Parigi” (Under the Roofs of Paris in inglese) ad un prezzo abbastanza elevato nonostante presenti numerosi extra interessanti, dovrebbe purtroppo essere quella corta. Personalmente non ho ancora avuto occasione di visionare la versione completa, ma spero di poterlo fare quanto prima. Sull’utilissimo sito archive.org ho visto che è presente una versione con intertitoli inglesi da 51′, purtroppo in condizioni abbastanza disastrose. La versione breve, invece, è decisamente più diffusa e potete visionarla anche attraverso il video presente in fondo alla pagina.

Curiosità: la maggiorparte degli interpreti di questo corto hanno in comune il fatto di aver recitato in molti film o serial di Henri Diamant-Berger. In particolare tutti gli attori di sesso maschile di Paris qui dort avevano avuto una parte in Les Trois Mousquetaires (1921). Henri Rollan interpretava Athos, Louis Pré Fils il suo valletto Grimaud, Charles Martinelli era Porthos, Antoine Stacquet vestiva i panni Bazin, il fido servo di Aramis, Albert Préjean, infine, era una guardia del Cardinale Richelieu.
Approfondimenti: per maggiori informazioni vi consiglio vivamente di leggere questa recensione di Lenny Borger su mymovies.

http://emutofu.com/2013/03/14/parigi-che-dorme-paris-qui-dort-rene-clair-1925/

A nous la liberte

Enciclopedia del Cinema (2004)

di Claudio G. Fava

À nous la liberté

(Francia 1931, A me la libertà, bianco e nero, 97m); regia: René Clair; produzione: Frank Clifford per Tobis; sceneggiatura: René Clair; fotografia: Georges Périnal, Georges Raulet; montaggio: René Le Hénaff; scenografia: Lazare Meerson; costumi: René Hubert; musica: Georges Auric.

Due amici, Émile e Louis, sono detenuti in una prigione ove i carcerati debbono fabbricare cavallini di legno, costretti a ripetere gli stessi gesti dalla spietata monotonia di una catena di montaggio. I due decidono di evadere e Louis, con la complicità di Émile che distrae una guardia, riesce a nascondere in una calza una piccola lima. Di notte Émile sega le sbarre della cella e Louis lo regge sulle spalle. Mentre Émile lavora i due amici, rispettando la struttura da musical ‘saltuario’ che Clair ha dato all’opera, intonano la prima delle canzoni che punteggeranno via via l’intero film. Nella versione italiana risulta così: “La libertà significa godere/goder la vita fuori di prigione/senza pensieri di nessun dovere…/A noi, a noi la libertà”. Poi fuggono entrambi. Ma mentre Louis riesce a saltare al di là del muro di cinta, Émile viene scoperto dalle guardie e riportato in prigione. Nella notte Louis in fuga si toglie pantaloni e casacca da carcerato, corre in maglietta e mutande, strappa una bicicletta al suo proprietario, pedala disperatamente incoraggiato dai tifosi (non sa di essere piombato in testa a una corsa ciclistica notturna), e arriva primo. Durante i festeggiamenti, rivestito da capo a piedi, fugge non appena scorge due gendarmi. Il giorno dopo deruba un rigattiere, con quel denaro inizia un piccolo commercio di dischi usati, gli affari gli vanno bene; apre un negozio e poi addirittura una fabbrica di grammofoni che rapidamente si ingrandisce. Dopo qualche tempo è a capo di grandi stabilimenti dove gli operai entrano marciando, lavorano come soldati alle catene di montaggio, vanno inquadrati al refettorio in cui i cibi scorrono anch’essi su catene di montaggio. Nel frattempo Émile, tornato in libertà, conduce una beata vita da vagabondo, fino a quando non viene condotto di nuovo in prigione per vagabondaggio. Prova allora a impiccarsi alle sbarre della cella, ma il suo peso le fa cadere; si ritrova libero, fugge, vede una ragazza, Jeanne, che gli è piaciuta da quando l’ha vista a una finestra e che lavora in una fabbrica di dischi, la segue, si trova a far parte di una fila (di persone in attesa di lavoro) e viene assunto come operaio. I due amici si ritrovano alle due estremità della scala sociale fino a quando Louis, ‘rinsavito’, non farà dono agli operai della fabbrica completamente automatizzata. E i due amici potranno fuggire felici cantando couplets che inneggiano alla libertà.

René Clair viveva ancora la parte iniziale della sua lunga carriera di regista (carriera inaugurata nel 1923 con Paris qui dort e terminata poi nel 1966 con Les fêtes galantes ‒ Per il re, per la patria e per Susanna!) quando scrisse e diresse À nous la liberté. In effetti vi si avvertono ancora, seppure rifratti da un esplicito impegno ammonitorio, gli umori e gli stimoli delle sue prime esperienze. Quelle che lo hanno sedotto dall’inizio, fra ironici postumi surrealisti, invenzioni fantascientifiche e recuperi pochadistici, per sfociare poi con incursioni nel garbatissimo populismo parisiense e crepuscolare. Qui in particolare le sollecitazioni son parecchie: la satira sociale, l’invenzione parodistica, la concitazione allegra e trasognata del musical alternato e casalingo, la tentazione di una stilizzazione allegra ma polemica. E al tempo stesso le tentazioni politiche o, almeno, parapolitiche, evidenti nell’opera, e in fondo rare in un autore sostanzialmente più portato alla predicazione moraleggiante per quanto stilizzata, all’invenzione paradossale, alla finezza ironica del tratto, alla sapiente costruzione della sceneggiatura di ferro, al sorridente alambicco visuale, alla intricata e risolutrice eleganza delle immagini.

“Quella” ‒ ha dichiarato René Clair ‒ “era l’epoca in cui mi sentivo più vicino all’estrema sinistra e in cui desideravo combattere la macchina quando diventa una servitù per l’uomo invece di contribuire, come dovrebbe fare, alla sua felicità”. Per quel che riguarda la stesura del film Clair ha anche precisato: “Dove invece mi sono sbagliato è stato nel fatto che, per evitare di far rassomigliare À nous la liberté a un film a tesi, ho utilizzato ancora la formula dell’operetta. Pensavo che personaggi che si esprimessero cantando avrebbero fatto capire meglio il carattere satirico che volevo dare all’opera” (testo riportato da Charensol e Régent e ripreso da Jean Mitry; la “formula dell’operetta” a cui Clair fa allusione è evidentemente quella di Le million ‒ Il milione,1931, film immediatamente anteriore ad À nous la liberté). In certo senso qui c’è tutto il buono e il meno buono del film: vale a dire la costruzione minuta e ‘didattica’ insieme dell’universo prima carcerario poi industriale, l’uno omologato all’altro, l’uno ricollegato all’altro dalla stessa logica della lavorazione a catena, motivo polemico che all’epoca era nell’aria (quando nel 1936 apparve Modern Times, la produzione Tobis volle promuovere una causa giudiziaria contro Chaplin; con grande signorilità Clair disse che per quel che lo concerneva se plagio v’era stato lo considerava un onore, visto che tutti i cineasti avevano tanto imparato da Chaplin). Sono gli elementi che nel corso dei decenni hanno diviso storici e critici del cinema, compresi quelli più appassionati dell’opera di René Clair. Il film resta ancor oggi uno spartiacque di gusto e di gusti.

Interpreti e personaggi: Raymond Cordy (Louis), Henri Marchand (Émile), Rolla France (Jeanne), Paul Olivier (Paul Imaque, suo zio), André Michaud (caporeparto, innamorato di Jeanne), Germaine Aussey (Maud, amica di Louis), Alexandre D’Arcy (gigolo), William Burke (capo dei malfattori), Jacques Shelly (Paul), Léon Lorin (vecchio gagà), Vincent Hyspa (personaggio sul palco), Marguerite De Morlaye, Maximilienne, Ritou Lancyle, Léon Courtois, Albert Broquin, Eugène Stuber, Robert Charlet.

bibliografia

G. Charensol, R. Régent, Un maître du cinéma. René Clair, Paris 1952 (trad. it. Milano-Roma 1955).

J. Mitry, René Clair, Paris 1960.

B. Amengual, René Clair, Paris 1963.

E. Comuzio, A me la libertà, Padova 1969.

G. Grignaffini, René Clair, Firenze 1979.

René Clair, a cura di E. Bruno, Venezia 1983.

M. Echegoyen, Fiche filmographique de l’Idhec, n. 104.

Sceneggiatura: in “L’avant-scène du cinéma”, n. 86, novembre 1968.

http://www.treccani.it/enciclopedia/a-nous-la-liberte_%28Enciclopedia_del_Cinema%29/



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