STRAUB – HUILLET: ANTIGONE

Die Antigone des Sophokles nach der Holderlinschen Übertragung

für die Buhne bearbeitet von Brecht 1948un film

di Jean- Marie Straub e Danièle Huillet 1992

: “…non parlate, vi prego, del fato […] parlate di chi mi sopprime innocente…”; la profezia: “…Non pensiate […] di essere risparmiati, sfortunati. Altri corpi, a pezzi, giaceranno innanzi a voi insepolti”; la pietà come legge non scritta: “…Guardate, signori di Tebe / unica superstite di stirpe / regale cosa io / soffra, e da parte / di quali uomini, / per avere onorato / la pietà” (. Antigone o la passione. Da Sofocle, Holderlin e Brecht)

Die Antigone des Sophokles

Nel ’92, il film era uscito da poco, Peter Handke, scriveva su Die ZeitVorrei raccontare ciò che, attraverso il film Antigone, accade qui, per me che vado al cinema. In questa sede, niente contro la televisione; ma si deve lasciare al cinema per l’eternità qualcosa di essenziale: permette ancora e sempre dei ritorni a casa molto speciali, di tanto in tanto ancora e sempre risolutamente belli – che ringiovaniscono me come il mondo. Per questo dopo Antigone, al termine del quale non volevo dire niente, soltanto camminare, camminare e camminare, ho avuto uno dei più belli degli innumerevoli ritorni a casa: un ritorno che già era lungo, dalla rue Mouffetard, in piena Parigi, fino alla periferia notturna, – con il film lo stesso ritorno è diventato meravigliosamente lungo. E la notte mi sembrava proprio giovane, da parte a parte, comprese le auto parcheggiate di strada in strada che sembravano degli animali: notti di cinema, notti di animali da cinema.Dicevo quindi: attraverso un tale film, la mia pace spesso pigra, ha guadagnato una forma fresca – un film potrebbe, ancora e sempre, essere arte? Noi eravamo venti, trenta miserabili spettatori nel piccolo cinema sotterraneo, dal quale ognuno è andato per la sua strada; e perché mi sembra, ora, a cose fatte, che a quel film, a differenza radicale dei film di vampiri attuali per i milioni, sia passato davanti il mondo intero? Ci sono dunque, ancora e sempre, dei film, come una volta quelli di Dreyer, di Bresson, che passano senza la magia divenuta nel frattempo vampiresca?”
Dunque Antigone, questo antico nome di donna che da Sofocle passa di bocca in bocca fino a Straub Huillet, la coppia terribile del cinema che si trasferisce a Segesta, si arrampica con un gruppetto di studenti berlinesi  giunto per un seminario lungo quel pendio tra agavi ed eriche dai fiori gialli e turchini, e nel piccolo teatro di pietra sopra l’ampia vallata, oltrepassato il tempio dorico, sotto il sole a picco, come nel teatro di Dioniso appoggiato sul fianco dell’acropoli ad Atene, girano un film sulla legge, sul dovere dell’uomo di rispettarla, sulle leggi morali non scritte (gli agrafta nomima) imperativo categorico tanto più forte, sottrarvisi è impossibile, pena la negazione di sé come essere umano.
Antigone andrà incontro alla morte ma seppellirà il fratello Polinice, il rinnegato, bandito dalla città e dunque lasciato in pasto agli avvoltoi, perché le leggi degli uomini non possono negare la legge morale, e la sepoltura è legge sacra degli dei. La legge della polis ha comunque uno statuto importante che entra in discussione, Creonte ha ragioni molto valide da opporre, nei testi di Sofocle e Holderlin, arrivando infine a Brecht e al Living Theatre, resta aperta tutta la problematica del rapporto fra l’individuo e la legge.
Gli spazi drammaturgici coesi e ristrettissimi di Antigone, una delle tragedie più compatte del mondo greco, corrispondono pienamente alla maniera straub-huillettiana, la drammaturgia è fatta di azioni che non avvengono, si imprimono attraverso le parole, la tragedia attica è dialettica, confronto di linguaggi, non vediamo le azioni sulla scena ma nello spazio profondo della nostra mente, là dove le parole le portano e le lasciano sedimentare per millenni.
E’ questo il modo tipico del cinema di Straub Huillet, l’essere l’evento già oltre, quasi fuori fuoco.
L’eleganza dei tagli, la magia del montaggio che restituisce al mito la sua leggerezza, il suono delle voci in quella lingua (il tedesco del testo di Holderlin) che era nata per la poesia e la preghiera, in giorni lontani dal “secolo breve” degli orrori, l’ambientazione, tutto crea fascinazione.
Quel sole estivo che invade la scena e fa brillare le pietre, il vento leggero che gonfia le vesti, il silenzio tra le frasi ( il famoso “arresto straubiano”) costruiscono una pagina di grande cinema, che offre il suo doveroso omaggio ad una pagina di grande teatro, pieno di una disperata poesia ancora piena di senso, sotto il nostro cielo.
Un particolare extra film, l’insediamento urbano di Segesta, fondata secondo Tucidide dai profughi Troiani, fu distrutto dai Vandali nel V secolo d.C.
Sopravvissero solo il tempio ed il teatro.

http://www.filmtv.it/film/522/antigone/recensioni/502074/#rfr:none


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