Gilgamesh poema; il sonno, retaggio dell’umanità lo sopraffece. Boleslaw Martinu

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L’EPOPEA DI GILGAMESH

Dalla civiltà sumerica a quella babilonese

____________________Tavola IV____________________

Viaggio verso la Foresta dei Cedri e primo sogno premonitore di Gilgamesh (1-33) [Commento]

Dopo venti leghe di marcia essi fecero uno spuntino;

dopo trenta leghe essi si fermarono per la notte;

cinquanta leghe essi avevano percorso camminando

per tutto il giorno;

un viaggio di un mese e mezzo essi lo percorsero in tre giorni

e così giunsero al monte del Libano.

Essi scavarono un pozzo davanti a Shamash,

e riempirono di acqua i loro otri.

Gilgamesh salì allora in cima alla montagna

e presentò le offerte di farina dicendo:

“O Montagna, fammi avere un sogno, il verdetto favorevole

di Shamash”.

Enkidu preparò un giaciglio per lui, per Gilgamesh

un demone della sabbia si avvicinò ed egli lo fissò;

egli lo fece giacere nel mezzo del cerchio

ed esso come grano selvatico, sputò sangue.

Gilgamesh intanto era accovacciato con il mento

sulle ginocchia;

il sonno, retaggio dell’umanità lo sopraffece.

Nel mezzo della notte egli si svegliò di soprassalto.

Si alzò e disse al suo amico:

“Amico mio,  se non mi hai

chiamato tu, perché sono sveglio?

Mi hai forse toccato tu? Se non mi hai toccato tu,

perché sono così nervoso?

Mi si è avvicinato forse un dio? Se non mi si è avvicinato

un dio, perché la mia carne è così debole?

Amico mio, io ho visto un sogno

e il sogno che ho visto mi ha messo tutto in subbuglio.

Ai piedi della montagna noi eravamo,

quando la montagna precipitò su di noi

e noi come mosche fummo schiacciati.

Torniamo indietro verso la steppa, là potremo riflettere”.

Enkidu spiegò il sogno all’amico:

“Amico mio, il tuo sogno è favorevole;

il sogno è molto prezioso;

amico mio. la montagna che tu hai visto è Khubaba,

(e vuol dire)

noi faremo prigioniero Khubaba e lo uccideremo;

butteremo il suo corpo nell’abisso,

e al sorgere dell’alba noi potremo udire il verdetto favorevole

di Shamash”.

La paura degli eroi (187-253)

Davanti a Shamash si presentò, sul suo volto

scorrevano le lacrime.

“O Shamash! ciò che hai detto a Ninsun ad Uruk

rammenta! Stammi vicino, ascolta la mia supplica”.

Di Gilgamesh, seme della città di Uruk, l’ovile;

Shamash ascoltò le parole pronunciate.

Subito un grido scende dal cielo per lui:

“Fai presto! Affrontalo, in modo che non entri nella Foresta,

non lo far nascondere tra gli alberi, non concedergli tregua,

Khubaba non ha indosso i sette vestiti;

egli ne indossa soltanto uno, gli altri sei sono stati strappati,

questi gli sono stati tolti [ ]”.

Come tori selvaggi, essi si affrontano,

per la prima volta egli muggì, pieno di terrore.

Il guardiano della Foresta grida,

Khubaba come un dio grida.

Gilgamesh aprì la sua bocca e disse ad Enkidu:

“Di Khubaba la forza è troppo grande,

da soli non possiamo affrontarlo, [ ]

gli stranieri [ ];

un sentiero tortuoso non è percorribile facilmente

da uno solo, ma da due; [ ]

unendo la forza di noi due [ ]

una corda a tre fili è difficile da rompere

e un forte leone non può prevalere su due leopardi

Gilgamesh aprì la sua bocca e disse ad Enkidu:

“Amico mio, [ ]

lacuna di 6 righe

Enkidu aprì la sua bocca e disse; così parlò a Gilgamesh:

“Amico mio, anche se riuscissi a scendere nella Foresta dei Cedri

e ad aprirne la porta, allora le mie braccia sarebbero

paralizzate!”.

Gilgamesh aprì la sua bocca e disse; così parlò a Enkidu:

“Perché, amico mio, parliamo come codardi?

Noi siamo in grado di attraversare tutte le montagne;

noi non volgeremo il nostro sguardo indietro,

prima di avere abbattuto i Cedri;

amico mio, tu sei ferrato nella battaglia!

Chi ha paura della battaglia non può essere mio compagno!

Poiché ti sei spalmato con unguenti, non hai bisogno

di temere la morte;

tu porti lo splendore della terra come fosse un mantello

[ ]!

Come un tamburo risuoni il tuo grido!

la paralisi abbandoni le tue braccia e l’impotenza

sia portata via dai tuoi lombi;

tieni stretta, amico mio, la mia mano; andiamo

come un sol uomo;

il tuo cuore possa ardere per la battaglia;

dimentica la morte, persegui la vita.

L’uomo forte, preparato per il combattimento, responsabile,

che va davanti, vigila sul suo corpo e salverà l’amico;

essi si sono assicurati la fama per i tempi a venire”.

Ambedue si abbracciarono,

prestarono giuramento e si posero in cammino,

essi intrapresero la via della Foresta.

Commento (vv. 1-33)

Quanto assistiamo per ben cinque volte, in questa che chiamiamo la “tavoletta dei sogni”, è la pratica oracolare dell’incubazione (= provocare un responso della divinità in sogno). L’abbiamo già incontrata nella tav. I dove Ninsun interpretava i sogni premonitori del sovrano di Uruk in congiunzione con l’arrivo di Enkidu.

Anche qui abbiamo un sognatore (Gilgamesh), un luogo (un cerchio sacro), una divinità (Shamash), un interprete (Enkidu) e pure un aiutante, il misteriosissimo demone della sabbia, in originale sharbillu.

Secondo recenti studi, il termine sharbillu non andrebbe però tradotto con “demone” ma con “tempesta/vento”. La traduzione che ne risulta è del tutto diversa anche se il significato di fondo dell’azione (un rituale propiziatorio) rimane uguale:

Davanti al dio sole scavarono un pozzo e misero acqua nei loro contenitori.

Salì Gilgamesh sulla montagna, fece un sacrificio di farina a […] e disse:

«O montagna, portami il sogno, che io veda la parola favorevole».

Enkidu fece per lui, per Gilgamesh, una “casa del sogno”.

Soffiò un vento e l’assicurò alla sua porta.

Lo fece giacere nel cerchio […] del disegno.

Egli, come l’orzo della montagna piegò la testa

e si dispose alla sua porta.

(traduz. di C. Saporetti, idib p. 86)

La versione di Saporetti (p. 91 Sap 2001) è condivisa da altri autori (come Dag 1997 o Geo 1999) e un po’ me ne dispiace. Su questo meraviglioso demone della sabbia – un sandman ante litteram – avevo costruito una mia congettura. Ritenevo infatti che fosse il demone Ziqiqu (= fantasma in accadico o, per traslazione, incubo/sogno), messaggero del dio-luna Sin (padre di Shamash). Ziqiqu era dio babilonese dei sogni, temuto perché i suoi sogni erano perlopiù ingannatori e maligni.

Per chiarezza merita ricordare i cinque ziqiqu che scuotono Gilgamesh:

•  una montagna (una frana?) precipita sugli eroi

•  una montagna afferra Gilgamesh per i piedi ma un giovane bellissimo libera l’eroe (epopea ittita)

•  una tempesta di fulmini travolge Gilgamesh

•  (perduto ma Enkidu indovina la visione di qualche creatura)

•  un toro travolge Gilgamesh ma qualcuno salva e ristora l’eroe (dal poema paleobabilonese, tavoletta di Bagdad)

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Commento (vv. 40-45)

Nel testo originale la parola utilizzata per quantificare le distanze è beru (in sumerico danna, p. 89 Sap 2001). Il beru in realtà è un’unità di tempo, equivalente a una “doppia ora”. Ma notiamo un paradosso. Gilgamesh e Enkidu, ci viene detto, marciano per 50 beru al giorno, ossia per 25 ore! Non essendo questo possibile dovremo interpretare l’informazione alla rovescia: la distanza giornaliera percorsa dai due eroi è data moltiplicando per 25 il cammino che si percorre in due ore.

Se un uomo cammina a 5 km/ora ne ricaviamo che un beru corrisponde alla distanza di 10 km. Quindi la distanza percorsa giornalmente dai due eroi varrebbe 500 km: 1500 km a piedi in tre giorni! Davvero un passo degno di Lugalbanda, premiato per il suo valore da Anzu con la velocità nella corsa!

Ma il brano ci fornisce un’ultima informazione: un sumero qualsiasi compirebbe lo stesso viaggio marciando un mese e mezzo (v. 4). Ne ricaviamo che, camminando alla velocità media di 5 km/ora, questo sumero deve camminare al ritmo di sette ore al giorno per arrivare a destinazione.

Il beru tornerà nella tav. IX come unità di misura dell’incredibile viaggio di Gilgamesh nelle viscere della terra. Se avete lo stesso piglio scentifico del prof. Otto Lidenbrock potrete divertirvi a calcolare quanti km scenda Gilgamesh nel sottosuolo.

http://www.homolaicus.com/storia/antica/gilgamesh/tavola_4.htm

perchè molto prima degli europei o americani, molto prima ISIS o Saddam vi fu Uruk e Inanna

http://www.controappuntoblog.org/2015/02/27/perche-molto-prima-degli-europei-o-americani-molto-prima-isis-o-saddam-vi-fu-uruk-e-inanna/

rare: Bohuslav Martinů – Juliette ou la clef des songes …

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