16 luglio 2015 sciopero marittimi ; La rivolta dei marittimi del 1959 pdf e video

Contratto truffa”, i lavoratori marittimi in sciopero per 12 ore

Il 16 luglio i lavoratori incrociano le braccia contro un contratto di lavoro “che favorisce il precariato, lasciando eccessiva discrezionalità alle aziende”

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Il personale marittimo si ribella contro le condizioni del contratto di lavoro. L’Unione Sindacale di Base ha proclamato per il 16 luglio prossimo lo sciopero di tutto il personale marittimo e amministrativo delle società di navigazione aderenti a Fedarlinea e Confitarma. Lo sciopero sarà di 12 ore, con inizio due ore prima del previsto orario di partenza; per le navi in collegamento con le isole minori: dalle 00.00 alle 12:00 del 16 luglio; per i lavoratori amministrativi: intera giornata, incluso i turnisti. Saranno garantiti i servizi minimi essenziali.

“La convocazione della gente di mare ad una giornata di lotta per il lavoro e per il rinnovo contrattuale – spiega Usb – giunge dopo due tentativi di conciliazione presso il ministero del Lavoro. Lo sciopero è indetto contro il contratto truffa stipulato da Cgil, Cisl e Uil, oggetto di dura contestazione da parte dei lavoratori, che favorisce l’ulteriore precarizzazione del lavoro marittimo, lasciando assoluta discrezionalità alle aziende in tema di immissione in turno particolare e continuità di rapporto di lavoro, periodo d’imbarco, impiego generalizzato di mano d’opera extra comunitaria su navi battenti bandiera italiana”.

“Un contratto – prosegue la sigla dsindacale – che ha annullato in un unico generico calderone tutte le specificità dei vari segmenti del trasporto marittimo, lasciando irrisolti molti nodi legati all’operatività dei mezzi ed alla vita delle persone imbarcate e che, nella migliore delle ipotesi, trasferisce gli aspetti connessi all’organizzazione del lavoro ed al salario di produttività alla contrattazione di secondo livello, dove i rapporti di forza sono a favore degli armatori”.

Poi c’è il capitolo salari: “Gli aumenti di paga sono assolutamente insufficienti per il settore marittimo: 100 euro medi in quattro anni, dopo anni di vuoto contrattuale, sono un insulto alla dignità, ancora più grave se considerato alla luce della tangente chiamata “Una Tantum” in favore delle organizzazioni sindacali, pari a 1/26° della paga: il sindacato confederale rastrella in una sola rata quello che viene dato ai lavoratori in quattro anni. L’Unione Sindacale di Base chiama dunque tutti i marittimi a scioperare il 16 giugno ed invita tutti i lavoratori di bordo e di terra a far sentire la propria voce per l’indizione del referendum confermativo del contratto”.

http://www.veneziatoday.it/cronaca/sciopero-lavoratori-marittimi-16-luglio-2015.html

Fermi al primo approdo

L’otto giugno 1959 viene proclamato lo sciopero generale dei marittimi.                                              

Da anni non riescono a rinnovare il contratto collettivo di categoria. Quello in vigore è sostanzialmente  stipulato in pieno regime fascista.

Il grande sciopero della marineria del 1559 prende avvio il ventisette maggio quando le organizzazioni sindacali dei lavoratori del mare fissano la data del 31 del mese come ultimo termine per la stipula del contratto collettivo di categoria.

Gli armatori, pero, annunciano di non essere nemmeno disposti ad incontrarsi sulla base delle proposte del lavoratori. Scaduto il termine, i sindacatl proclamano lo sciopero generale della categoria. Il giorno dopo si riprende la trattativa

Al ministero i lavoratori chiedono miglioramenti economici  pari al 30 per cento del

trattamento in atto, commissioni sindacali a bordo, una nuova regolamentazione dei turni e più viveri. Gli armatori invece si limitano offrire solo un aumento delle paghe del 6 per cento e miglioramenti di carattere generale.

Il giorno 8 Giugno 1959  fallisce l’incontro congiunto tra armatori e sindacati e viene dl nuovo proclamato lo sciopero generale che vede la totale adesione dei lavoratori.

Nel porto di Napoli si fermano le prime navi come il Città di Tunisi, il Ponte e l’Asia.

A New York viene bloccato dalla vertenza sindacale il transatlantico Giulio Cesare. Nei giorni successivi il fermo delle navi prosegue ininterrotto.  Sempre a Napoli non mollano gli ormeggi le navi Venezuela e Lazio. A Livorno si ferma il Diana, mentre a Trieste lo sciopero raggiunge il Campania Felix, il Citta di Messina e la nave Sardegna. A Dakar si ferma il Conte Grande e il Conte Biancamano. A Melbourne  in Australia il Neptunia; a Cristobal il Marco Polo. Grande partecipazione allo sciopero si registra a Napoli dove alle navi già in agitazione si affianca il Traghetto Città dl Livorno. Il porto di Venezia vede lo sciopero della nave Città di Trapani, mentre nello scalo greco del Pireo si ferma il Barletta. A Marsiglia da forfait il San Marco. Ad Angora scendono in lotta tre navi, una di essi batte bandiera panamense ma l’equipaggio, tutto italiano, aderisce allo sciopero . Ormai la vertenza diventa un caso internazionale e finisce sulle prime pagine di tutti i giornali La reazione degli armatori non si fece attendere. A Trieste la società Tirrenia, proprietaria della nave Città di Catania, ordina al comandante la chiusura della cucina di bordo con il chiaro intento di affamare l’equipaggio. Il comandante però si rivolge ai lavoratori triestini chiedendo solidarietà. Per tutta risposta arrivarono sulla nave viveri e generi di conforto fino lla fine dello sciopero.                                                                         

 Le società Tirrenia e Lloyd emanano rigorose disposizioni,per impedire l’accesso a bordo dei sindacalisti. Ma il 10 giugno si trovano bloccate,sia in porti italiani che esteri ben 27 navi. Il 12 giugno con il blocco della nave Federico C. si ha l’entrata in sciopero anche delle navi appartenenti ad armatori privati. Fino ad allora i fermi avevano riguardato prevalentemente navi appartenenti alla Finmare.                         

Il “velato” appoggio del governo agli armatori consente alla polizia di occupare con forza il Federico C. e la nave Augustus intimando ai marittimi di lasciare le navi. Questi sono costretti a farlo senza nemmeno poter prendere gli effetti personali. Vestiti sommariamente sfileranno per le vie di Genova.Questi arbitrii non restano isolati. Stesso trattamento ricevono gli equipaggi dell’Amerigo Vespucci e del San Marco. La Tirrenia a Napoli dichiara addirittura di voler porre in disarmo il postale Lazio e invita l’equipaggio a sbarcare. Analoga cosa fa il Lloyd nei confronti dei lavoratori della motonave Asia.

La rivolta dei marittimi torresi del 1959

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