Aristofane > Acarnes
PARABASI
CORO Invito
Quest’uomo trionfa: disposti alla tregua son tutti: le vesti
or noi deponendo, facciamoci innanzi per dir gli anapesti.
CORIFEO Parabasi
che sino il Gran Re, trattenendosi con l’ambasciata spartana,
da prima richiese del mar chi ne l’Ellade avesse l’impero,
e poscia del nostro poeta, su chi si scagliasse piú fiero.
Ché molto migliori sarebbero, ei disse, quegli uomini, e molto
piú saldi alla pugna, che a un tal consigliere porgessero ascolto.
Perciò gli Spartani propongon la pace, vi chiedono Egina!
Non è che gl’importi dell’isola! Vogliono fare rapina
d’un tanto poeta! Ma non ve lo fate scappar! Ché il buon dritto
porrà su le scene, ché, assai buone cose per vostro profitto
dicendo, vuol farvi felici: non mica con l’adulazione,
e le marachelle, promettendo lucri, facendo il briccone,
e dandovi incenso; ma sempre insegnando le cose piú buone.
Stretta
Ed or Cleone tutte le sue mene,
tutti gl’inganni suoi provi su me;
ché la Giustizia alleata ed il Bene
al fianco mio combatteranno; né
avrò in Atene, come lui, lo smacco
di passar da cinedo e da vigliacco.
CORO Strofe
Musa veemente d’Acarne – che spiri dei fiammei baleni
la furia, qui vieni.
Qual dai carboni di leccio – sprizzar la scintilla si mira,
se il mantice sopra vi spira,
mentre uno i pesciolini belli e fritti dentro il vaso
immerge, dove un altro salsa intride di Taso,
impetuoso un carme – cosí, cosí fiero e selvaggio
intona fra noi del villaggio.
CORIFEO Epirrema
Ci lagnam coi cittadini, noi canuti, d’anni gravi;
perché, immemori, noialtri che pugnammo su le navi,
non nutrite a spese pubbliche! Siam dai torti invece oppressi,
e, cadenti come siamo, ci lasciate nei processi
trascinar, dove ci beffano degl’imberbi mozzorecchi.
Noi non siam piú nulla, siamo rimbambiti, arnesi vecchi,
altro nume tutelare non abbiam che la stampella.
Ci avanziam; ma la vecchiaia ci fa groppo alla favella;
né vediamo, eccetto l’ombra, nulla mai della giustizia.
Ma l’attacco presto e lesto, con raggiri a gran dovizia,
dà il ragazzo, che assistenti nella causa non vuole,
e c’inganna e sottopone dei tranelli di parole,
ed il povero Titone martirizza, scuote e sbrana.
Ei, multato, biascicando per vecchiaia, s’allontana,
e cosí parla agli amici, mentre lagrima e singulta:
Quel che in serbo ho per la bara, l’ho a sborsare per la multa!
SECONDA PARABASI
BIFOLCO
Caro, caro, poiché la tregua l’hai
tu solo, dammi un po’ di pace, sia
pure cinque anni!
DICEOPOLI
E che t’avvenne?
BIFOLCO
Sono rovinato:
perduta ho la mia coppia di bovi.
DICEOPOLI
E come?
BIFOLCO
Me l’han presa quelli
di Beozia, da File.
DICEOPOLI
Oh sciagurato!
E per codesto, ti sei messo in lutto?
BIFOLCO
Lo credo! In grazia loro io me ne stavo
in un ventre di vacca!
DICEOPOLI
E cosa vuoi?
BIFOLCO
Perdei, piangendo i bovi, ambe le luci;
ma, se t’importa del compaesano
Sbilucia, le pupille ungimi tosto
di pace.
DICEOPOLI
Eh, pover’uomo, non fo mica
il cerretano!
BIFOLCO
Ti scongiuro, via,
fa’ ch’io ritrovi i buoi!
DICEOPOLI
Non è possibile!
Fiotta un po’ coi discepoli di Píttalo.