Michele Marrapodi-Shakespeare and Renaissance Literary e Nicolò Maldina ; Titus (1999) film – Globe

Michele Marrapodi-Shakespeare and Renaissance Literary

Shakespeare e il rinascimento italiano

di Nicolò Maldina

1.1 Una vita poco documentata

Nel 1592, ormai morto l’autore, viene dato alle stampe un pamphlet del poligrafo Robert Greene(external link), noto col titolo di Groatsworth of Wit, in cui l’autore scaglia un feroce attacco polemico contro William Shakespeare. A partire da questo primo riferimento alla sua carriera teatrale, i documenti dell’interesse per la produzione shakespeariana si moltiplicano lungo una linea che, dalla menzione delle sue opere nel trattato Palladis Tamia di Francis Meres(external link) (1598) e dalla monumentale edizione in-folio(external link) dei drammi a cura dei colleghi John Heminges e Henry Condell del 1623, continua praticamente ininterrotta sino alla contemporanea critica letteraria e alle moderne edizioni dei testi, approdando in ultima analisi alla canonizzazione di Shakespeare tra i massimi autori delle letteratura europea. A placare le curiosità biografiche che un interesse di tale portata inevitabilmente suscita, non rimane però che un ristretto manipolo di atti di battesimo, matrimonio e morte, assieme ad altre carte di carattere legale e commerciale: per un singolare paradosso comune a tanti autori delle letterature medievali e moderne, a fronte dell’universale notorietà delle sue opere ben poco si sa della vicenda biografica di William.
Evanescente per definizione, la vita di Shakespeare rimane ancora oggi legata a pochi dati certi. Il battesimo, il precoce matrimonio, la nascita dei figli, l’acquisto di una casa a Stratford-upon-Avon e la conquista di uno stemma familiare sono i pochi punti fermi delle biografie shakespeariane, attorno a cui si sono affastellati nel corso dei secoli i numerosi aneddoti e racconti che arricchiscono la vasta mitografia shakespeariana. Le teorie antistraffordiane secondo cui dietro lo pseudonimo di Shakespeare si celino importanti personalità del Cinquecento inglese, del calibro di Christopher Marlowe(external link) o Francis Bacon(external link), e le numerose ricostruzioni dei lost years – gli anni che intercorrono tra le ultime testimonianze di Shakespeare a Stratford e le prime della sua attività teatrale a Londra, particolarmente colpiti dal naufragio archivistico – non sono che reazioni alla scarsità di notizie sulla vicenda umana del grande drammaturgo, parte di un vasto programma di ipotesi e teorie che, più o meno fantasiosamente, cercano di colmare le lacune documentarie.

1.2 Shakespeare e l’Italia: ipotesi biografiche

Tra i numerosi racconti fioriti in un simile contesto, è stato detto sia che William fosse di origini italiane e, immigrato oltremanica, inglese solo d’adozione, sia che egli abbia compiuto un viaggio in Italia in compagnia di [http://it.wikipedia.org /wiki/ Henry_Wriothesly?,_terzo_ Conte_di_Southampton|Henry Wriothesley, conte di Southampton] e dedicatario dei poemetti Venus and Adonis e The Rape of Lucrece, scritti tra il 1592 e il 1594, quando i teatri londinesi erano chiusi a causa di un’epidemia di peste. Al di là della discutibile, ed effettivamente discussa, verosimiglianza storica di simili ipotesi, importa sottolineare che la loro matrice ultima è da ricercare nel tentativo di stabilire un forte legame biografico tra Shakespeare e l’Italia del suo tempo, secondo una logica che affonda le proprie radici, tra l’altro, nella necessità di dare ragione all’incredibile fascino esercitato dall’Italia su Shakespeare.
È sufficiente una veloce scorsa al corpus shakespeariano per misurare l’ampiezza e la portata di una simile fascinazione. Strade, piazze e palazzi delle principali città italiane hanno offerto l’ambientazione ideale a molti dei drammi shakespeariani: dalla Verona di ”Romeo and Juliet” alla Venezia di ”Othello”, passando attraverso la Padova di ”The Taming of the Shrew” e la Messina di ”Much Ado About Nothing”, le città dell’Italia rinascimentale giocano un ruolo essenziale nella costruzione, scenografica e no, di buona parte delle opere di Shakespeare, senza contare l’enorme quantità di allusioni, dirette e indirette, ad altre città italiane e alla loro situazione politica e culturale, disseminati in altri drammi. Ancor più numerose sono però le opere di Shakespeare che possono vantare parallelismi e analogie, più o meno stringenti, con opere della letteratura italiana medievale e rinascimentale: da Boccaccio a Tasso gli scrittori italiani hanno sostanziato di sé molte opere di Shakespeare, in una varia e complessa serie di dinamiche, riconducibili di volta in volta al comune interesse per tematiche correnti, alla conoscenza indiretta, alla dipendenza diretta, e così via.
Appare allora evidente la centralità dell’Italia e della sua letteratura nella costruzione di molta parte del canone shakespeariano e la conseguente necessità di guardare i drammi di Shakespeare da una specola che tenga conto del sostrato italiano della sua fantasia drammatica.

1.3 Circolazione di testi e di idee: un’ipotesi bibliografica

A giustificare una tale centralità e importanza dell’Italia e della sua cultura non sono però necessarie onerose interpretazioni biografiche: niente di strano, infatti, che uno scrittore europeo di tardo Cinquecento rivolga la propria attenzione alla cultura e alla letteratura italiana, che a quell’epoca giocavano un ruolo centrale e potevano vantare un forte valore modellizzante rispetto alle altre letterature e culture europee. Limitando il discorso all’Inghilterra elisabettiana, il dossier sull’interesse per l’Italia conta numerose schede e permette di ricostruire le trame di uno scambio culturale dalle pieghe variegate e complesse. Fenomeni come la diffusione di stereotipi e clichés sulla penisola, il più o meno deformante successo dei classici italiani, le traduzioni di opere e le riscritture di temi e motivi propri della letteratura italiana, la fortuna di personaggi come John Florio(external link), promotore della lingua e della letteratura italiana oltremanica, testimoniano un interesse che, ancor prima di Shakespeare, investe la cultura elisabettiana in generale, che, come tutte le grandi culture del periodo, s’interroga e gioca molto su temi e motivi messi all’ordine del giorno dalla cultura italiana.
Si potrebbe dire, certo estremizzando, che Shakespeare non è che un anello nella catena della circolazione europea di temi e motivi propri della letteratura italiana – alle cui spalle sta il vasto repertorio bibliografico su cui si fonda la diffusione europea della cultura italiana -, che a sua volta, grazie alla sua fortuna, rilancia in un contesto europeo quegli stessi temi e motivi. Inserito nel più ampio contesto della cultura europea del suo tempo, l’interesse italiano di Shakespeare assume toni meno stravaganti – trovando riscontro nelle coeve esperienze, ad esempio, di un Montaigne o di un Cervantes – ma non per questo più scontati. Per quanto la passione per l’Italia di Shakespeare sia comune alla cultura del suo tempo e per quanto sia possibile ricostruire i numerosi legami bibliografici, diretti e indiretti, che egli ebbe con la cultura italiana, il rapporto tra Shakespeare e l’Italia è sempre giocato all’insegna della forte rielaborazione autoriale.

1.4 Le nozze di Claudio e Hero: temi e motivi tra l’Italia e l’Europa

In Much Ando About Nothing (1598-99) Don John e Borracho architettano un piano per mandare a monte le nozze tra Hero, figlia del governatore di Messina, e il gentiluomo fiorentino Claudio: Don John darà appuntamento a quest’ultimo sotto la finestra di Hero, mentre Borracho si troverà nelle stanze della ragazza, sfruttando la sua relazione con Margherita, cameriera di Hero, che per l’occasione chiamerà col nome di quest’ultima, facendo così credere a Claudio che la sua promessa sposa abbia un amante. Un simile stratagemma trae origine da una tradizione di lungo periodo che, diffusa sin dal Romanzo di Calliroe di Caritone d’Afrodisia(external link) (I-II sec. d.C.), giunge sino alle letterature europee del Rinascimento, a cominciare da quella italiana.
Nel V canto dell’ Orlando Furioso (1535), ad esempio, Dalinda riferisce a Rinaldo che Polinesso ha insidiato allo stesso modo l’amore tra Ariodante e Ginevra: Ariosto(external link) non è però solo il più autorevole tra i letterati italiani a servirsi di questo motivo, ma anche uno dei tramiti attraverso cui un simile espediente giunge in Inghilterra. Qui, prima ancora che a Shakespeare, le fila della diffusione dell’inganno, giungono, attraverso la traduzione del Furioso di John Harington del 1591 e l’amplificazione della vicenda di Dalinda alle dimensioni di poema nell’ Historie of Ariodanto and Ieneura di Peter Beverly (1566), al capolavoro di Edmund Spencer(external link), The Faerie Queene (1590 e 1596), che sulla falsariga di questi modelli costruisce la storia di Philemon e Claribell (II, 4). Ma la riscrittura shakespeariana del motivo è debitrice anche nei confronti di una novella (I, 22) di Matteo Bandello(external link) (1554) – tradotta in francese e inserita tra le Histoires Tragiques (III, 14) da François de Belleforest (1566-83) -, che, oltre ad ambientare la storia a Messina, declina gli eventi in maniera molto vicina alla trama di Much Ado, fatta salva la complicità involontaria della cameriera, assente in Bandello(external link) ma presente alla tradizione che rimonta ad Ariosto(external link).
A partire dall’inganno di Don John è dunque possibile tracciare le linee della diffusione di un motivo che, a partire dalla letteratura italiana del Rinascimento, giunge a Shakespeare attraverso una fitta serie di testi che, riprendendo e diffondendo gli antecedenti italiani, li avvicinano, geograficamente e linguisticamente, a quest’ultimo, che poi saprà riutilizzarli e rinnovarli in maniera originale.

http://letteraturaitaliana.open-word.com/Shakespeare+e+il+rinascimento+italiano&structure=Letteratura

Titus Andronicus by William Shakespeare – Free Ebook

Tito Andronico

(“Titus Andronicus” – 1589 – 1593)

IntroduzioneRiassunto

PersonaggiAtto Primo

Atto SecondoAtto Terzo

Atto QuartoAtto Quinto

Introduzione

Per questa fosca e cruenta “tragedia di vendetta” Shakespeare si ispirò a Thomas Kyd (il drammaturgo elisabettiano autore di The Spanish Tragedy), alla leggenda di Filomela e Procne nelle Metamorfosi di Ovidio, e specialmente al teatro di Seneca, sul cui Tieste è ricalcato l’episodio del banchetto cannibalesco. Ma Shakespeare superò i suoi modelli nella rappresentazione scenica della crudeltà più efferata. La scena più cruda del dramma è probabilmente l’ultima dell’atto II, nella quale Demetrio e Chirone sbeffeggiano atrocemente la povera Lavinia, da loro brutalizzata. Lo stesso Shakespeare, nelle sue tragedie successive, non arrivò più a questi eccessi, nemmeno nel suo Re Lear (1605), che pure ha vari punti di contatto con il Tito Andronico (ad esempio, nel rapporto fra Tito e Lavinia, che prefigura quello fra Lear e sua figlia Cordelia). La fantasia shakespeariana è già in grado di dare forma a personaggi femminili quali la dolce e violata Lavinia e la perfida regina dei Goti Tamora e il satanico Moro Aronne. Sicuro precursore di villains machiavellici come Lady Macbeth, Jago, o Edmund in Re Lear, Aronne è la perfetta incarnazione del male, istigatore di ogni bassezza, figura luciferina che con la propria perfidia e astuzia tira le fila dell’intero dramma. Nel Tito Andronico, Shakespeare rinuncia in gran parte alla propria capacità di analisi psicologica, al suo gusto per le sfumature, per le sottili e complesse ambivalenze emotive, e anche alla propria genialità linguistica ed espressiva, per concentrarsi esclusivamente nella creazione di una macchina teatrale efficace e di grande effetto scenico, cui tutti gli altri elementi del dramma sono subordinati, anche la stessa qualità letteraria della scrittura. Shakespeare scrisse questa tragedia probabilmente fra il 1589 e il 1591; pubblicata nel 1594, essa appartiene agli inizi della carriera del grande drammaturgo ed è forse la sua prima tragedia. I personaggi principali sono il generale romano Tito Andronico e la regina dei Goti, Tamora.

Ma Shakespeare superò i suoi modelli nella rappresentazione scenica della crudeltà più efferata. La scena più cruda del dramma è probabilmente l’ultima dell’atto II, nella quale Demetrio e Chirone sbeffeggiano atrocemente la povera Lavinia, da loro brutalizzata. Lo stesso Shakespeare, nelle sue tragedie successive, non arrivò più a questi eccessi, nemmeno nel suo “Re Lear” (1605), che pure ha vari punti di contatto con il “Tito Andronico” (ad esempio, nel rapporto fra Tito e Lavinia, che prefigura quello fra Lear e sua figlia Cordelia). Un’altra anticipazione nel “Tito” è costituita dal personaggio del moro Aronne, amante della regina Tamora e suo malvagio consigliere, un personaggio negativo che precorre in qualche modo Iago.Nel “Tito Andronico”, Shakespeare rinuncia in gran parte alla propria capacità di analisi psicologica, al suo gusto per le sfumature, per le sottili e complesse ambivalenze emotive, e anche alla propria genialità linguistica ed espressiva, per concentrarsi esclusivamente nella creazione di una macchina teatrale efficace e di grande effetto scenico, cui tutti gli altri elementi del dramma sono subordinati, anche la stessa qualità letteraria della scrittura. L’influenza che subisce Shakespeare del sapore italico, non sarà soltanto compresa nell’aspetto formale di quest’opera, ma bensì anche nel senso della scrittura: chiarissima è infatti, l’infarinatura della scrittura, consapevole di una fascinazione con lo stile di Seneca e Ovidio che lascia spesso intravedere esempi classicheggianti e i simbolici come questo:

” Tamora è ormai sulla cima dell’Olimpo; siede in alto al sicuro dai colpi della fortuna e da rombo dei tuoni, dal bagliore dei lampi,fuori dalla portata d’ ogni minaccia della pallida invidia. Come quando il sole dorato saluta il mattino e, cosparso d’oro l’oceano dei suoi raggi, galoppa per lo zodiaco nel cocchio scintillante, avendo le più eccelse alture sotto al suo sguardo, tale è Tamora… ” (Atto II)

Da quello che può emergere dai pochi versi qui riportati, si può notare il supremo senso di uno stile superbo, costruito però su una scelta di vocaboli chiara a tutti rimanendo però ricca di un frasario molto variegato: se non altro, la critica letteraria definisce Shakespeare come uno dei più vivi ricercatori del lessico, di tutta la storia del teatro e della letteratura. In più, l’origine di uno stile che riesca a conciliare la chiarezza espressiva, sottolinea l’importanza che Shakespeare ha inserito nel progetto della realizzazione del The Globe: il teatro londinese aperto a tutte le classi sociali.

Passando ad un’analisi più generale del testo del Tito Andronico, possiamo senz’altro dire che esso sia una denuncia alla corruzione estrema che gli uomini attuano per il potere: guerre, vendette e matrimoni di convenienze, omicidi e duelli in una miscellanea di morte e sangue che scorre in una drammaticità e in un machiavellismo da brivido e questo sarà solo un dramma shakespeariano allo stato embrionale se paragonato, al senso ancora più denso di opere come quella del Riccardo III o del Macbeth. Tito Andronico, è il lato di uno Shakespeare ancora in fase di crescita ma che già riesce a creare un impatto scenico davvero unico. Sa calcare le cadenze narrative e l’individualità dei personaggi, macabri e neri sotto molti punti di vista, ma capaci anche di conoscere il pentimento dando vita a riflessioni sulla condizione umana, in riflessioni concrete e accessibili. Spesso i ruoli si confondono, si capovolgono: le vittime diventano padrone degli eventi, i condottieri periscono…. Tutti accomunati però da un’unica fine.

Riassunto

Tito è un generale romano che ha vinto i Goti ai confini dell’impero, e conduce trionfalmente a Roma la prigioniera regina Tamora e i suoi figli. Invano costei implora compassione da lui per Alarbo, il figlio destinato a morire per appagare le ombre dei soldati romani uccisi in battaglia. Tito rifiuta anche l’offerta di essere eletto imperatore per i suoi meriti, e contribuisce a far eleggere Saturnino, il quale sceglie Lavinia, figlia di lui, come consorte. Ma le cose cambiano, allorché il sovrano si invaghisce di Tamora, che è bellissima, e la sposa. Da ciò, hanno inizio le lotte tra le due famiglie: quella di Tamora e dei figli per vendicare Alarbo, oltre che impadronirsi di tutto il potere, e quella di Tito e dei suoi. Tamora però è segretamente innamorata del nero Aaron, e ne avrà anche un figlio. La tresca viene scoperta da Lavinia, sposata al fratello dell’imperatore, Bassiano. Per questo, e perché non parli, le vengono tagliate la lingua e le mani, dopo essere stata violentata da Demetrio e Chirone, figli di Tamora, e anche Bassiano viene assassinato. Del delitto sono incolpati però i figli di Tito, dei quali due vengono uccisi e il terzo, Lucio, esiliato. Con un inganno, Aaron comunica a Tito che in cambio di una sua mano mozzata i figli verranno risparmiati dalla clemenza dell’imperatore. Tito accetta, ma avrà solo le loro teste. La sequenza delle uccisioni prosegue; ora l’Andronico non è più il fedele servo di Roma, e la sua nobiltà si trasforma in sete di vendetta. Lavinia, ridotta a una larva, con un bastone in bocca scrive i nomi del suoi seviziatori: Demetrio e Chirone. Nel frattempo, l’esiliato Lucio, unitosi ai Goti, li sta guidando contro Roma ed è alle porte della città. Altri inganni, altri omicidi tra cui quelli della levatrice e della nutrice che hanno aiutato a nascere il bimbo moro di Aaron e Tamora, perché non parlino. In seguito, Saturnino e la sua corte, su consiglio di Tamora, stabiliscono un abboccamento, che in realtà è una trappola, con i Goti in casa dell’Andronico, e questi organizza un banchetto nel quale avrà luogo la sua vendetta. Dopo aver fatto uccidere Demetrio e Chirone, con le loro ceneri Tito fa preparare un pasticcio che presenta alla madre e la invita a mangiarlo. E’ il segnale della mattanza finale. Per prima cosa, Tito strangola l’infelice Lavinia per sollevarla dalla sua sorte disperata, quale estremo atto d’amore paterno; poi uccide Tamora, e come risposta Saturnino lo trafigge. Nel tumulto, Lucio infilza Saturnino, poi intima che Aaron, l’anima nera che ha ispirato tutte le nefandezze e gli assassinii, venga seppellito nella terra sino al petto e lasciato morir di fame. La sintesi, incompleta, del tragico testo di Shakespeare, svela che il male è nell’uomo l’espressione del lato bestiale della sua natura, che non ha giustificazione di sorta, se non quella che proclama Aaron quando è condotto al supplizio: “… se ho fatto una buona azione, in tutta la mia vita, di questa mi pento dal fondo dell’anima”. E’ la diabolica possessione del potere per il potere, che non indietreggia dinanzi a niente. Se esiste moralità in questo lavoro estremo, è la repulsione totale che scaturisce dalla descrizione degli assassinii, dell’odio e della menzogna, e l’assenza di qualunque barlume di rimorso. Il Tito del Bardo, da lui ripreso da antichi autori, come egli ha fatto in tutte le sue opere, prelude alle successive tragedie capolavoro come il Macbeth e Re Lear. Eppure, anche in presenza delle immani efferatezze raccontate, l’arte di Shakespeare riesce a esprimere meravigliose parole, similitudini e immagini di raffinata poesia

Atto I
L’ Imperatore di Roma è morto, e i suoi figli Saturnino e Bassiano litigano per il possesso del trono. Il Tribuno della plebe, Marco Andronico, annuncia che la plebe ha scelto come nuovo imperatore suo fratello, Tito Andronico, un generale romano appena ritornato da una campagna militare durata 10 anni contro i nemici dell’impero. Tito entra a Roma portando con sé dei prigionieri: Tamora, la regina dei Goti, i suoi figli e Aronne il Moro. Tito ritiene un suo pio dovere religioso sacrificare il primo figlio di Tamora, Alarbo alla memoria dei propri figli caduti durante la guerra. Tamora lo implora di non sacrificare Alarbo, e quando Alarbo viene comunque sacrificato, giura vendetta. Tito Andronico rifiuta, in segno di umiltà, di diventare imperatore e rinuncia in favore del figlio maggiore del vecchio imperatore, Saturnino; i due si accordano per il matrimonio di Saturnino con la figlia prediletta di Tito, Lavinia. Non sanno che Bassiano e la ragazza si erano precedentemente sposati in segreto: i ragazzi decidono di fuggire, aiutati da un altro dei figli di Tito, Muzio. Nel tentativo di impedire la fuga Tito si scontra con Muzio e lo uccide. Saturnino, novello imperatore, decide quindi di sposare invece Tamora. Spinti l’uno dall’invidia per la popolarità di Tito e dall’affronto subìto per il rifiuto di Lavinia, l’altra dall’odio verso chi ha ucciso il suo figlio maggiore, la coppia decide di vendicarsi sulla famiglia di Andronico.
Atto II
Il giorno seguente, durante una battuta di caccia, Aronne, l’amante di Tamora, incontra i figli di Tamora, Chirone e Demetrio, e discute con loro su chi dovrebbe prendersi le grazie di Lavinia.  Aronne ha gioco facile nel convincerli a tendere un agguato nel bosco a Bassiano e ad ucciderlo davanti a Lavinia mentre Tamora osserva soddisfatta. Lavinia disperata chiede aiuto a Tamora ed implora pietà. Tamora rifiuta: vuole la sua vendetta. Chirone e Demetrio portano via Lavinia, la torturano, la violentano e, per impedirle di rivelare ciò che è successo, le tagliano la lingua e le mozzano le mani. Aronne conduce quindi i figli di Tito, Marzio e Quinto, nel luogo in cui è stato ucciso Bassiano, e li accusa fraudolentemente dell’omicidio; l’Imperatore ha così la scusa per farli arrestare. Nel frattempo Marco trova la povera Lavinia, la soccorre e la riconduce dal padre.
Atto III
Tito e il suo figlio rimanente sono preoccupati per le vite di Marzio e Quinto, ma non sanno che questi sono già stati giustiziati. Marco entra con la sorella Lavinia, ma nessuno riesce a capire se lei tentasse di scagionare o incolpare i suoi fratelli. Entra Aronne, e dice agli uomini che l’Imperatore risparmierà i prigionieri, se uno di loro in cambio sacrificherà una mano. Tutti offrono di sacrificare la propria, ma è Tito a tagliarsela e a consegnarla ad Aronne, che la porta all’Imperatore. Come tutta risposta, un messaggero consegna a Tito le teste mozzate dei suoi figli. Tito ordina quindi a Lucio di fuggire da Roma e di radunare un esercito tra quelli che erano in precedenza i suoi nemici, i Goti. Una volta tornato a casa, la disperazione di Tito sconfina nella follia, e i suoi familiari cominciano ad essere veramente preoccupati per lui.
Atto IV
Il nipote di Tito, che stava aiutando Tito a leggere alcune storie a Lavinia, si accorge che ella non vuole lasciare il libro per nessun motivo. In quel libro, Lavinia mostra a Tito e a Marco la storia di Filomela, nella quale la vittima di una violenza, muta come ora lei era, scrive il nome del suo brutalizzatore. Marco le dà un bastone grande abbastanza perché lei lo possa stringere con la bocca e con i moncherini, e con esso la ragazza scrive i nomi degli aggressori nel terreno sabbioso. Una volta letti, tutti i presenti giurano vendetta. Tito si finge allora impazzito, fa legare dei biglietti con scritte preghiere e invocazioni agli dei a delle frecce, e ordina ai suoi scudieri di scagliarle verso il cielo. Marco lancia le sue frecce in modo tale che atterrino all’interno del palazzo dell’imperatore Saturnino: costui si irrita molto per questo, ed ordina di giustiziare un buffone che gli aveva consegnato l’ennesima supplica da parte di Tito. Tamora intanto partorisce un bambino di pelle scura: l’ostetrica potrebbe rivelare che il padre in realtà non è altri che Aronne. Egli decide così di uccidere la serva e fugge con il bambino per salvarlo dall’inevitabile furia dell’Imperatore tradito.
Atto V
Lucio, mentre sta marciando su Roma con l’esercito appena radunato, incontra Aronne e lo cattura. Per poter salvare suo figlio, Aronne rivela quindi l’intero complotto, confessandosi ispiratore degli omicidi, dello stupro e delle mutilazioni di Lavinia. Tamora, convinta della pazzia di Tito, va da lui insieme ai suoi due figli, travestiti come gli spiriti della Vendetta, dell’ Assassinio e dello Stupro. Racconta a Tito che, con i suoi poteri di spirito sovrannaturale, gli assicurerà la sua vendetta se egli convincerà Lucio ad interrompere l’avanzata verso Roma. Tito acconsente, manda Marco ad invitare Lucio a partecipare ad un banchetto e chiede a “Vendetta” (in realtà Tamora), di invitare anche l’Imperatore. Insiste però affinché “Stupro” e ” Assassinio” (Chirone e Demetrio) restino lì con lui, suoi ospiti. Tito fa legare Chirone e Demetrio dai suoi servi e a quel punto rivela loro il suo piano: li sgozzerà, mentre Lavinia raccoglierà il loro sangue stringendo una coppa con i suoi moncherini, quindi li farà a pezzi e con le loro carni preparerà un pasticcio che verrà servito durante il banchetto alla loro madre. È la stessa vendetta che Procne si prese per lo stupro della sorella Filomela. Il giorno del banchetto Tito si presenta nel salone di casa sua vestito da cuoco, ed invita tutti a mangiare a sazietà. Chiede quindi a Saturnino se un padre dovrebbe uccidere la figlia se essa fosse stata stuprata. Quando l’Imperatore si dichiara d’accordo, Tito improvvisamente uccide Lavinia e dice a Saturnino ciò che Tamora e i suoi figli hanno fatto. Rivela anche che Chirone e Demetrio si trovano nel pasticcio di carne che Tamora ha appena mangiato con soddisfazione, e subito dopo uccide l’inorridita perfida donna. Gli eventi precipitano. Saturnino uccide Tito: Lucio uccide Saturnino. Lucio viene acclamato come nuovo imperatore. Egli, lo zio Marco e tutti i presenti tributano un commosso ed addolorato addio a a Tito. Lucio dispone quindi che sia data un’appropriata sepoltura all’imperatore Saturnino, mentre il corpo di Tamora venga dato in pasto alle bestie. Quanto ad Aronne sia seppellito vivo fino alle spalle e lasciato a morire di fame e sete. Aronne, impenitente e orgoglioso fino all’ultimo proclama:

« If one good Deed in all my life I did,
I do repent it from my very Soule. »

« Se mai ho commesso una sola buona azione in tutta la mia vita
me ne pento dal profondo dell’anima »

http://www.shakespeareweb.it/teatro/1589_tito_andronico/tito_andronico.htm

Titus Andronicus, | controappuntoblog.org

Titus- La vendetta di Andronico

http://www.controappuntoblog.org/2012/02/06/titus-la-vendetta-di-andronico/

Measure for Measure William Shakespeare Gutenberg ; video Squarzina

MISURA PER MISURA | controappuntoblog.org

Macbeth Shakespeare : Digital Texts – Legendary Evans/Anderson – Roman Polanski & C.

Béla Tarr’s Anti-Classical Program : Macbeth (1982) – sub ita

“ShakespeaRe-Told” Macbeth Peter Moffat …

“The Lady Macbeth of Mtsensk” : Shostakovich …

Shostakovich – Lady Macbeth of Mtsensk …

Shakespeare “Enrico IV” | controappuntoblog.org

William Shakespeare : The Life and Death of King John ..

Shakespeare : Enrico VIII – The famous history of the life of ..

che non mi si dia consiglio, I pray thee, cease thy counsel …

Shakespeare’s Sonnet #57

http://www.controappuntoblog.org/2013/01/19/shakespeares-sonnet-57/

Sonnet 5 – 7 :William Shakespeare | controappuntoblog.org

William Shakespeare Sonnet 85

http://www.controappuntoblog.org/2014/12/23/william-shakespeare-sonnet-85/

Now my charms are all o’erthrown – Mo Zhao – Tone Poem on Shakespeare’s “Tempest” Epilogue

  http://www.controappuntoblog.org/2014/04/20/now-my-charms-are-all-oerthrown-mo-zhao-tone-poem-on-shakespeares-tempest-epilogue/

Coriolanus William shakespeare | controappuntoblog.org

“Tomorrow, and Tomorrow, and Tomorrow …

William Shakespeare e ‘o strummolo a tiriteppete …

The Rape of Lucrece : WILLIAM SHAKESPEARE …

Sonetto 44 – William Shakespeare | controappuntoblog.org

un racconto narrato da un idiota, pieno di strepito e di furore …

Giulio Cesare Shakespeare – Julius Caesar – controappuntoblo

Giulio Cesare Shakespeare – Julius Caesar: Character ..

Sonnet no 60 : By William Shakespeare | controappuntoblog

Hamlet’s Advice to the Players : SPEAK THE SPEECH : cultura

Follia in scena | controappuntoblog.org

Enrico V (Shakespeare The Life of King Henry the Fifth

CORO I Enrico V di Shakespeare | controappuntoblog.org

Cesare deve morire : fratelli taviani | controappuntoblog.org

Ran ( 乱 ) Caos | controappuntoblog.org

Tchaikovsky The Storm, Symphonic Fantasia after Shakespeare

La storia di Lear. | controappuntoblog.org

Shakespeare wrote lines in Thomas Kyd play, research finds …

Giuliettta e Romeo da Norma Sheare al neorealismo …

Riccardo III : Shakespeare | controappuntoblog.org

Richard III” | controappuntoblog.org

Riccardo III song | controappuntoblog.org

RICCARDO III RITROVATO SOTTO UN PARCHEGGIO …

William Shakespeare (Timone di Atene) | controappuntoblog.o

Hamlet (1964) – Grigori Kozintsev | controappuntoblog.org

Enrico V (Shakespeare The Life of King Henry the Fifth …

Giuliettta e Romeo da Norma Sheare al neorealismo affrescato di …

William Shakespeare (Timone di Atene) | controappuntoblog.org

The Merchant of Venice : William Shakespeare | controappuntoblog

Orson Welles il monologo perduto del Mercante di Venezia …

Coriolanus film di Ralph Fienne – 2011 – Coroliano da shakespeare

Molto rumore per nulla :Much Ado About Nothig | c

William Shakespeare e ‘o strummolo a tiriteppete

28 novembre 1582 – A StratforduponAvon, William Shakes

Shakespeare wrote lines in Thomas Kyd play, research finds …

Seneca e il teatro elisabettiano | controappuntoblog.org

Shakespeare: : Ariel | controappuntoblog.org

To Be Or Not To Be

AIUTO!!!!: Shakespeare remix, nel 2016 le sue opere riscritte

28 novembre 1582 – controappuntoblog.org

Questa voce è stata pubblicata in cultura e contrassegnata con . Contrassegna il permalink.