Cechov – Nella notte santa pdf

Ieronìm fece un profondo respiro e afferrò la fune. Ci stavamo avvicinando

alla riva. Dall’oscurità e dal silenzio del fiume, stavamo scivolando

lentamente in un regno incantato, colmo di fumo soffocante, di luci

crepitanti e di rumore. Vicino alle botti di catrame, ora si vedevano muovere

chiaramente alcune persone. Il fiammeggiare del fuoco dava ai loro volti

arrossati una strana, quasi fantastica espressione. Di tanto in tanto, tra la

gente, spuntavano musi di cavalli, immobili, con i finimenti scintillanti, come fossero fusi nel rame.

– Canteranno il canone pasquale… – disse Ieronìm – e Nikolàj non c’è più,

nessuno saprà approfondirlo… Per lui, non c’era scrittura più dolce di questo

canone. Lo penetrava in ogni parola. Andate là, signore, e ascoltatelo, vi si

mozzerà il respiro!

– Voi non andrete in chiesa?

– Non posso, con… C’è bisogno alla chiatta…

– Nessuno può sostituirvi?

– Non lo so… Dovevano darmi il cambio alle nove, ma nessuno è venuto!

Francamente, io andrei in chiesa…

– Siete un monaco?

– Sì, signore… cioè, sono un novizio.

La chiatta toccò la costa e si fermò. Detti il soldo del trasporto a Ieronìm e

saltai a terra. Subito dopo un carro con un ragazzo e una donna che

dormiva salì scricchiolando sulla chiatta. Ieronìm, leggermente colorato

dalle luci, afferrò la fune, si curvò e smosse la chiatta dal suo posto… Feci

qualche passo in mezzo al fango, ma poi dovetti seguire un sentiero

molliccio formatosi da poco. Questo sentiero conduceva verso il cancello

buio, come una grotta, del monastero attraverso nuvoli di fumo, attraverso

una folla disordinata di persone, cavalli bardati, carri, calessi. Tutto

cigolava, sbuffava, rideva ed era avvolto dalla luce porporina e dalle ombre

ondeggianti del fumo… Era un caos! E in quella calca riuscivano a ricaricare

un piccolo cannone e a vendere dolci!

………………………….

Ora potevo vedere il fiume con entrambe le sponde. Su di esso fluttuava,

qui e là, disegnando colline, una nebbia leggera. L’acqua si mostrava fredda

e severa. Quando saltai sulla chiatta, vi erano già un calesse di chissà chi e

due decine di uomini e donne. La fune, bagnata e, mi sembrava,

sonnolenta, si estendeva attraverso l’ampio fiume e a tratti spariva nella nebbia lattiginosa.

– Cristo è risorto! Nessun altro? – chiese una voce tranquilla.

Riconobbi la voce di Ieronìm. Ora il buio della notte non mi impediva di

osservare il monaco. Era un uomo alto, con le spalle strette, sui

trentacinque anni, con i tratti grossi e arrotondati, gli occhi socchiusi che

guardavano pigri e una barbetta a punta non curata. Aveva un aspetto

insolitamente triste e stanco.

– Non vi hanno dato il cambio? – mi meravigliai.

– A me, signore? – mi domandò a sua volta, volgendomi il viso intirizzito e

coperto di rugiada, e sorridendo. – Adesso non c’è più nessuno a darmi il

cambio fino al mattino. Tutti andranno dal padre archimandrita a rompere il

digiuno, signore.

Lui e pure un ometto con un colbacco di pelo rosso, simile ai lipovki che

contengono miele, fecero forza sulla fune, grugnirono all’unisono, e la chiatta si mosse.

Navigammo, disturbando la nebbia che si alzava pigramente. Tutti tacevano.

Ieronìm lavorava meccanicamente con una mano. Girò per molto tempo i

suoi occhi un po’ spenti su di noi, poi li fissò sul volto roseo di una giovane

vedova che stava in piedi accanto a me. In silenzio, ella intirizziva per la

nebbia che l’abbracciava. Sul suo volto, egli mantenne lo sguardo per tutto il percorso.

In quel lungo sguardo non c’era nulla di maschile. Credo che Ieronìm

cercasse in quei dolci e delicati lineamenti quelli del suo amico defunto.

Cechov – Nella notte santa (641kB) – Larici

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