l’età assiale Karl Jaspers trad. it. di A. Guadagni

Karl Theodor Jaspers (Oldenburg, 23 febbraio 1883 – Basilea, 26 febbraio 1969) è stato un filosofo e psichiatra tedesco. Ha dato un notevole impulso alle riflessioni nel campo della psichiatria, della filosofia, ma anche della teologia e della politica.

La verità è per noi perenne, infinito movimento. […] Scorgere la verità è la dignità dell’uomo. Solo attraverso la verità diveniamo liberi, e solo la libertà ci rende pronti incondizionatamente per la verità. (da Piccola scuola del pensiero filosofico)“ Karl Jaspers

Guai al popolo che per la speranza di una grandezza impossibile o per semplice disperazione giunge a considerare il suo «Capo» come un essere provvidenziale e sacro, dotato di un potere magico e di un’onnipotenza miracolosa. Di sacro non c’è altro che il diritto naturale della persona umana. (da Realtà della Germania)“ Karl Jaspers

Nella Grecia presocratica, in special modo all’epoca di Pitagora ed Eraclito, nel VI secolo a.C., le comunità tribali stavano andando incontro alla disintegrazione, mentre nuove collettività e nuovi complessi istituzionali erano in via di formazione. Nelle miniere d’argento di Laurium lavoravano migliaia di schiavi.

L’“avanzata tecnologia manufatturiera” delle grandi officine urbane presentava di frequente un elevato grado di divisione del lavoro. “Ad Atene la ceramica veniva prodotta in fabbriche che giungeva a dare impiego, alle dipendenze del mastro ceramista, anche a settanta uomini”. Gli scioperi e le rivolte di schiavi non erano rari, e le industrie domestiche e i piccoli agricoltori facevano fatica a competere con la recente produzione di massa. Le frizioni sociali trovavano espressione, come sempre, nel contrasto tra differenti visioni del mondo.

Esiodo (VIII secolo a.C.) si inserì in una tradizione di elogio dell’età dell’oro, che celebrava un’umanità originaria e pura. Nell’età del ferro questi autori intravedevano un ulteriore degradante allontanamento da quelle origini.

Al contrario, Senofane (VI secolo) proclamava in modo inequivocabile che il nuovo era

preferibile, facendo eco ai profeti ebrei dell’età assiale, che avevano contribuito in modo significativo al pensiero progressista. Il filosofo si spinse a intravedere nel movimento progressivo della civiltà l’origine di tutti i valori, che raggiungevano la massima gloria nell’urbanizzazione e nei sistemi tecnologici sempre più complessi. Senofane fu il primo a proclamare la fede nel progresso,e anche se i cinici si schieravano a favore della vitalità e dell’indipendenza del passato, il nuovo credo guadagnò terreno. I sofisti ne portarono la bandiera, e a partire dal 500 a.C. il diffuso elogio della civiltà superiore sopraffece la precedente nostalgia di un primordiale mondo scevro da alienazione.

Le basi trascendentalizzanti di questo spostamento di prospettiva si intravedono nell’accelerazione del distanziamento dalla terra, che stava avendo luogo su livelli molteplici. Il pluralismo terreno dei piccoli produttori, caratterizzato da un’affezione politeistica agli usi e ai costumi locali, fu trasformato dalla crescita e dalla stratificazione urbana e da una prospettiva più distaccata che potesse addirsi a questo fenomeno. La Repubblica di Platone (400 a.C. circa) è un prodotto raggelante e incorporeo della crescente tendenza alla trasformazione del pensiero e della società secondo linee standardizzate e isolanti. Questo modello di società fu un’imposizione premeditata del nuovo autoritarismo, esplicitamente estraneo alle ricchezze superstiti con cui la civiltà era coesistita fino a quel punto.

La vita sociale si impose in tutti gli ambiti della coscienza, e i due schemi, quello dell’età del ferro e quello dell’età assiale, si sovrapposero e interagirono assieme anche in India. Il periodo compreso tra il 1000 e il 600 a.C. segnò la transizione dell’età del ferro da una modalità socio-economico-culturale di stampo tribale-pastorale a una stanziale-agraria. Il dominio del surplus e del sedentarismo subì un rapido sviluppo grazie alla piena maturazione dell’agricoltura basata sull’aratro in ferro e in acciaio. In India, anche le miniere e le prime fabbriche si incentrarono sulla tecnologia del ferro, contribuendo a spingere verso l’omogeneizzazione delle culture nello stato Mauryan. Via via che, per citare Romila Thapar, l’“egualitarismo tribale” cedeva il passo al nuovo sistema, quanto meno a partire dal 500 a.C., nella valle del Gange si assisteva a una nuova ondata di domesticazione (ad esempio dei cavalli), di urbanizzazione, di estesa privatizzazione e di lavoro salariato.

Questa fu anche approssimativamente l’epoca del Gautama Buddha. Le origini e il ruolo del buddismo in relazione alla diffusione dell’età del ferro non sono difficili da rintracciare. Gli scritti canonici parlano di antichi maestri buddisti che svolgevano la funzione di consiglieri presso i governanti di alcuni stati indiani, a testimoniare la diretta utilità rivestita dal buddismo per il nuovo ordine urbano in un periodo di grandi trasformazioni. Vari analisti hanno interpretato la riformulazione buddista delle premesse dell’induismo quale ideologia nata per soddisfare le esigenze di una struttura inizialmente contestata. I primi sostenitori del buddismo, è evidente, facevano per lo più parte delle élite urbane e rurali.

Per il Buddha – e per altri profeti dell’età assiale in generale – la sfera individuale aveva la precedenza su quella sociale. Egli era l’osservatore distaccato, che aspirava alla libertà dal mondo e accettava per lo più un ambito d’attenzione e responsabilità molto ristretto. Questo atteggiamento corrisponde a un fatalismo che fondò il buddismo innanzitutto sulla sofferenza, una condizione della vita che bisogna accettare  il messaggio del dukkha (sofferenza) esprime la fondamentale incapacità della condizione umana di comprendere entrò di sé la felicità.

Eppure, ponendo l’accento sulla salvezza individuale, il buddismo prometteva una via d’uscita dal dislocamento e dal malessere sociale. L’obiettivo ultimo è l’“estinzione” o nirvana, la soppressione di ogni interesse per il mondo raggiunta da chi ne è ormai disincantato. In modo analogo, la presentazione del “processo cosmico” offerta dal Buddha era privata di qualunque processo terreno, umano o non umano che fosse.

Pur criticando il sistema delle caste e l’ereditarietà del sacerdozio, il Buddha non assunse un ruolo attivo nell’opporvisi. Il buddismo era molto adattabile riguardo al mutamento delle situazioni sociali, e quindi risultava utile alle classi dominanti.

La morsa di ferro della civiltà: l’età assiale | TransNext

A propos du film “Hannah Arendt”, de Margarete Von Trotta

Hannah Arendt :Responsibility and Judgment ,Responsabilità e …

Questa voce è stata pubblicata in cultura e contrassegnata con . Contrassegna il permalink.