Gli Orazi e i Curiazi, Domenico Cimarosa ; musica napoletana

Orazi e i Curiazi, Gli
Tragedia per musica in tre atti di Antonio Simeone Sografi, dalla tragedia Horace di Pierre Corneille
Musica di Domenico Cimarosa 1749-1801
Prima rappresentazione: Venezia, Teatro La Fenice, 26 dicembre 1796

 

Personaggi
Vocalità
Curiazio
Soprano
il gran sacerdote
Basso
Licinio
Soprano
l’augure
Basso
l’oracolo
Basso
Marco Orazio
Tenore
Orazia
Contralto
Publio Orazio
Tenore
Sabina
Soprano
Note
Nel 1792 Domenico Cimarosa fece ritorno a Napoli, dopo alcuni anni trascorsi prima a Pietroburgo come Maestro di cappella di Caterina II e quindi a Vienna. All’inizio di quello stesso annoIl matrimonio segretoaveva riscosso un tale trionfo presso il pubblico viennese, che l’imperatore Leopoldo II ne aveva ordinato la ripetizione integrale nella stessa sera della prima rappresentazione. All’apice della fama, Cimarosa assunse l’incarico di Maestro della cappella reale di Napoli. Erano gli anni in cui l’Europa era sconvolta dagli eventi postrivoluzionari: nel 1796, proprio l’anno in cui l’esercito francese scriveva la parola fine alla gloriosa storia della Repubblica Serenissima, il Teatro La Fenice di Venezia commissionava una nuova opera a Cimarosa. Le virtù patriottiche della Roma pre-imperiale, che costituiscono il cardine della tragedia di Corneille, rappresentarono lo stimolo ideale per un compositore i cui sentimenti repubblicani gli avrebbero in seguito fatto conoscere addirittura l’onta del carcere. Il successo degliOrazifu clamoroso: nel giro di sei anni, nella sola Venezia si contarono oltre 130 repliche e l’opera fu inserita nel cartellone di numerosissimi teatri per diversi decenni, fatto più unico che raro in un’epoca in cui il melodramma viveva quasi esclusivamente di nuove produzioni e il moderno concetto di repertorio praticamente non esisteva. Prediletta da Napoleone Bonaparte per l’interpretazione che dava di Orazia Giuseppina Grassini, il celebre soprano che fu a lungo amante dell’imperatore, l’opera ebbe, certo anche per questo gradimento tanto altolocato, il rarissimo onore di una pubblicazione a stampa della partitura (Imbault, Parigi 1802).La vicenda è incentrata su uno dei più celebri episodi della storia di Roma: il duello fra tre fratelli romani, gli Orazi, e tre fratelli di Albalonga, i Curiazi, che doveva decidere della supremazia di una delle due città. Il nucleo drammatico dell’opera è però il lacerante conflitto interiore tra affetti familiari e amor di patria che caratterizza i due protagonisti maschili, Marco Orazio e Curiazio (quest’ultimo ruolo fu concepito per uno degli ultimi grandi castrati, Girolamo Crescentini). Infatti Marco Orazio ha sposato la sorella di Curiazio, Sabina, mentre lo stesso Curiazio sta per unirsi in matrimonio con Orazia, sorella del suo nemico (“Quelle pupille tenere”). Proprio mentre è in corso la festa nuziale giunge però la notizia che, per porre fine alla sanguinosa guerra tra le due città, è stato deciso di affidare le sorti dello scontro a tre soli guerrieri per parte e che la scelta è caduta proprio sulle famiglie degli Orazi e dei Curiazi. Le reazioni sono quanto mai diverse: nel Romano prevale l’orgoglio di combattere per la sua patria (“Se alla Patria ognor donai”), Curiazio e Orazia sono invece straziati, l’uno dal dissidio tra amore e patria, l’altra dal dolore che le darà la sicura perdita di una persona che ama, fratello o amante. Inutili risultano le suppliche di Orazia all’uomo che ama perché rinunci al cimento (“Se torni vincitor”), così come inutile risulta l’estremo tentativo di richiedere il responso di un oracolo: questi infatti conferma la necessità del combattimento. La battaglia vede la vittoria degli Orazi. Mentre Marco Orazio viene portato in trionfo dai suoi concittadini, Orazia si dispera sul cadavere di Curiazio e accusa violentemente il fratello per aver anteposto l’onore di Roma e la ragion di stato agli affetti più cari (“Svenami ormai crudele”); accecato dallo sdegno, Marco Orazio uccide la sorella davanti a una folla attonita e quindi fugge in preda all’orrore.

L’impatto degliOrazi e i Curiazisul mondo operistico fu enorme. Oltre all’insolita durata della sua permanenza nei cartelloni dei teatri, vanno considerati gli innumerevoli adattamenti dei quali l’opera fu oggetto (di particolare importanza quello veneziano del 1798, curato dal compositore Marcos António Portugal, le cui arie aggiunte divennero un cavallo di battaglia della Grassini), nonché la parodia che ne fece Francesco Gnecco, su libretto di Giulio Artusi, nell’opera comicaLa prima prova dell’opera Gli Orazi e i Curiazi(Venezia 1803), in seguito ribattezzataLa prova di un’opera seria. A questo successo non fu certamente estraneo il contesto storico postrivoluzionario, che non poteva che apprezzare gli ideali e le virtù della Roma antica. Ma non vanno per questo sottaciuti o sottovalutati i meriti di Cimarosa: la straordinaria espressività dell’enunciazione melodica, la ricca e variegata scrittura orchestrale, il vigore drammatico delle ampie pagine corali costituirono un sicuro punto di riferimento per il melodramma ottocentesco. Una segnalazione particolare meritano le scelte formali: l’integrazione dei pezzi chiusi in più ampi blocchi scenico-musicali, come nella grande aria in più tempi di Curiazio del secondo atto (“Qual densa notte”), segna un momento decisivo in quel processo di rinnovamento dello stile melodrammatico che caratterizzò gli anni a cavallo tra Settecento e Ottocento.
Fonte: Dizionario dell’Opera Baldini&Castoldi

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