Leontyne Price “Chi il bel sogno di Doretta” – Puccini La Rondine Complete ; analisi in video anche

La rondine o del disincanto

Dopo Fanciulla Puccini sembra come acquietarsi. L’ansia che di norma lo aggrediva non appena scritta l’ultima nota di una partitura lasciò il posto a una ricerca matura e consapevole, a un più largo spazio dedicato alla riflessione, a una maggiore serenità di giudizio. Proprio mentre l’attività sembrava avviata per il meglio morì Giulio Ricordi (1912) e, per le incomprensioni col di lui figlio Tito, passato al comando della ditta, Puccini cedette La rondine a Sonzogno.
La generosissima offerta degli impresari del Carltheater di Vienna per scrivere un’operetta mise il compositore di fronte al primo soggetto che non derivasse direttamente dal teatro o dalla letteratura, anche se la trama di Willner e Reichert era intessuta di riferimenti: a Traviata e a Sapho di Massenet (la mantenuta Magda trova il vero amore in un giovanotto giunto dalla provincia nel variopinto mondo parigino, ma sceglie di lasciarlo), sino alla Fledermaus di Johann Strauss. Egli però incaricò Adami di preparargli un libretto da cui fossero rigorosamente banditi i dialoghi parlati e cominciò a scrivere una vera e propria commedia lirica, antidoto alla guerra che ne frattempo dilaniava l’Europa.
Tutta la vicenda è cosparsa di un’ironia leggera, rivolta a personaggi in vista come D’Annunzio, parodiato nel poeta Prunier, teso alla conquista di grandi ideali, o Richard Strauss (evocato da una guizzante citazione di Salome). Ma Rondine nulla ha a che spartire con l’operetta, né ad essa mira la massiccia presenza dei ballabili: si pensi anzitutto all’onnipresente valzer, cui Puccini tributò una vera e propria apoteosi nel cuore del second’atto, ma anche a tutte quelle danze moderne di cui l’opera è intessuta, dal fox-trot all’one-step fino al tango e altre ancora. Egli tentò così di rendere quel clima di frenesia e di joie di vivre che della Rondine è componente essenziale nei primi due atti. Al tempo stesso dette un altro segno del suo aggiornamento. Quei balli, da tempo popolari negli Stati Uniti, stavano entrando in voga nella musica colta europea del tempo, specialmente in ambiente francese, e offrivano la possibilità ai compositori di rendere più ricca la tavolozza ritmica. L’ambiente in cui si muovono i personaggi di Rondine è cinico e disinvolto, fatto di persone animate da spirito di concretezza, che pensano a divertirsi e a seguire le voghe che impazzano nella capitale. Di questa frivola mondanità i ritmi di danza alla moda sono cifra irrinunciabile.
Tante melodie, pochi temi (tutti chiaramente privati d’uno sviluppo qualsiasi e utilizzati come reminiscenze), ben due arie e un duetto, tanto valzer. Su questa semplice ossatura si regge la Rondine, in una ricerca di trasparenza sorretta dal ricorso all’impalcatura tradizionale. Essa non è affatto una scorciatoia per riconquistare il favore di un pubblico nostalgico, ma ha una funzione drammatica precisa. È sul telaio dei primi due numeri chiusi affidati a Magda nel primo atto («Chi il bel sogno di Doretta», «Ore dolci e divine»), infatti, che s’intesse tutto l’arco drammatico del secondo e del terzo atto, in modo che tutto ciò a cui assisteremo avrà sempre la caratteristica del déjà vu, funzione di cui si farà carico la ripresa ciclica degli stessi episodi musicali. È modo sottile di fissare un concetto: sino alla fine, quando Magda sarà costretta a scegliere il proprio futuro, non si vive mai nel presente, ma nella nostalgia del passato, qualunque esso sia.
Dopo il quadro visivo e musicale vivacissimo del Bal Bullier, col brindisi all’amore alla maniera del concertato di un finale centrale del tardo Ottocento, la conferma viene dall’inizio del terzo atto, dove l’immagine oleografica di un terrazzo sulla Costa azzurra contorna gli amanti in atteggiamento estatico. Tre mesi dopo l’atto precedente sono ancora intenti a ricordare il loro incontro, a convincersi che davvero vivono nella realtà. Ma il loro dialogo si snoda a ritmo di valzer su reminiscenze della vita parigina, destinate a esercitare il loro fascino sulla protagonista che, alla fine, di fronte alla prospettiva di un matrimonio con prole in provincia, sceglie di tornare a fare la mantenuta a Parigi.
Questo finale seduce ed affascina non solo per i tocchi di campana che lo siglano con raffinatezza, ma anche perché è del tutto in linea con i presupposti della vicenda. Puccini però non ebbe la stessa convinzione, e poco dopo il completamento iniziò a ritoccare l’opera, approntandone altre due versioni. In particolare nella terza, grazie a pochi cambiamenti testuali nel III atto e all’inserimento di un brano, è Ruggero che lascia Magda dopo aver scoperto il suo passato grazie a una lettera anonima. Ma nella trama della prima versione Rondine rivela una logica maggiore: Magda lascia il suo nido d’amore sulla Costa Azzurra senza bisogno di forzature. Ciò accade perché ha ben compreso quanto le costerebbe dar troppa corda all’illusione nata al Bal Bullier e che l’ha indotta a volare, come una rondine, fino al mare. Da questo contesto emerge il ritratto di una vera femme fatale, che conquista per la sua indipendenza. Magda è anche una donna moderna, che non vuol fare la stessa fine delle altre eroine pucciniane, delle quali non ha peraltro le inclinazioni. Certo la sua decisione non può essere presa senza colpo ferire, ma è una sofferenza dolce e sfumata: in un amore che proprio eterno non è, il piacere della rinuncia è una sottile ricompensa.
È suggestivo ipotizzare che dietro a ciò vi sia anche una convinzione ‘d’autore’: Puccini che s’allontana dal mondo dei buoni sentimenti per imbattersi nella sua gelida principessa cinese. Tutto è più moderno se letto in questa chiave, mentre la novità si perderebbe irrimediabilmente se fosse Ruggero a cacciare Magda sulla scorta della denuncia anonima. Meglio dunque accettare che un po’ di sentimentalismo faccia parte di quella maniera pucciniana della maturità. «Torna al nido la rondine e cinguetta»: con questi versi dal finale di Bohème Puccini dedicò lo spartito della sua commedia lirica a Toscanini nel 1921. Magda de Civry cerca in una storia vissuta da adolescente il pretesto per incontrare l’amore vero. Attraverso lei è Puccini che rinunzia al passato, pur rimpiangendolo, per affrontare un presente che gli prospetta ben altre avventure. Scritta nell’aura dei capolavori conclusivi, La rondine, con la sua musica brillante, ironica, spruzzata di cinismo, è una preziosa gemma che brilla di luce propria.

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