#streetharassment: non mettete l’indignazione al servizio della repressione – e controappunto 2 post

«Quando si mettono gli uomini in una situazione che si addice soltanto alle bestie, non rimane loro null’altro che ribellarsi, o sprofondare nell’animalità. E poiché, per di più, la borghesia stessa contribuisce bravamente all’aumento diretto della prostituzione […], essa non ha davvero il diritto di rimproverare agli operai la loro brutalità sessuale» Engels    , La situazione della classe operaia in Inghilterra

#streetharassment: non mettete l’indignazione al servizio della repressione

No care, non ci sto a farmi dire che banalizzo la molestia, perché il punto non è quello. Il punto è che in tutte le rivendicazioni pseudo femministe c’è un fine che si confonde con gli obiettivi giustizialisti di chi amministra. Pensiamo alla legge sul femminicidio. Non conteneva forse, a parte norme inutili sul piano della prevenzione, dei capitoli dedicati a ladri di rame, leggasi rom, a manifestanti nei cantieri, leggasi NoTav, e altre parti varie ed eventuali per riaffermare il potere militare nelle strade durante le manifestazioni?

Pensiamo ai sindaci sceriffi. Qualcuno di voi sa da dove vengono e come mai sono stati dotati di poteri speciali? Era il tempo dell’emergenza stupri e delle ronde. La destra voleva legittimarsi mentre faceva leggi razziali, aggravanti nel caso in cui a farti violenza era uno straniero, mentre degli italiani ce ne fottiamo, e in definitiva, dopo il decreto antistupri, incostituzionale, forcaiolo, terribile, fatto sulla pelle delle donne e aggravandone semmai la posizione, si dotarono i sindaci di altri poteri, speciali, affinché potessero garantire maggiore sicurezza nelle città. Il risultato fu che le città si svuotarono di ogni anima visibile, ci fu tutto un inseguire fantasmi di migranti che erano considerati potenzialmente degli stupratori a prescindere e nel frattempo vedevi le fiaccolate, con le torce, di gente che andava in giro nei quartieri per “salvare” le donne.

Dire a questa gente che il problema stava dentro le case e che il sessismo e la violenza non si risolvono con il giustizialismo fu cosa ardua. Lo capirono in pochi, nonostante la piazza fosse piena di donne ad urlare questi banalissimi concetti.

Più recentemente, appunto, al tormentone sul femminicidio è seguita una norma di cui abbiamo parlato in mille modi, tutti negativi. Ogni commento, ogni norma, ogni proposta, da parte delle parlamentari presenti e dei rappresentanti del governo, continua ad andare nella direzione d’uso delle donne, in pinkwashing sempre attivo, per cui qualunque nostra richiesta, denuncia sociale, si traduce in una giustificazione per ulteriori norme repressive.

Bisogna fare sempre molta attenzione agli umori politici e sapere che la questione delle donne è un brand, che vende, in termini di marketing attivo, sia che si parli di spot per commercializzare una bibita o un profumo e sia che si parli di un governo e della sua politica catto-fascio-destrorsa.

Vedi quello che succede anche con le norme abolizioniste promosse, a parole, per “salvare” le prostitute dallo sfruttamento. Invece diventano un modo per “espellerle con più facilità”. I sindaci hanno il pallino delle ordinanze pro decoro e contro la prostituzione. Le promuovono in nome delle donne e le rivolgono contro le migranti che vengono rastrellate e deportate in men che non si dica. Perché non bisogna dimenticare che ci troviamo in un mondo razzista.

Oggi, saltando molte altre argomentazioni che potrei portarvi a dimostrazione di quanto dico, va di moda il filmato della donna molestata per strada da uomini neri, poveri, di etnie differenti. Il successo e la diffusione di simili video si deve, ancora una volta, non solo alle donne che soffrono delle molestie, come fu per le donne che si indignavano per l’uso dei corpi delle donne in pubblicità, ma si deve a paternalisti che battono la mano sul petto per dire che si vergognano di appartenere al genere maschile e poi a soggetti che producono dichiarazioni preoccupanti.

I video girano, altre ragazze li promuovono, e di certo non immaginano, voglio sperare, che presto o tardi, così come è stato per gli altri temi descritti, così come fu per le commissioni inquisitorie formate presso le amministrazioni comunali per censurare manifesti “indecenti” e “indecorosi” con la scusa di tutelare il corpo delle donne, presto o tardi, dicevo, qualcun@ avanzerà una proposta che servirà a legittimare i sindaci e le varie guardie che non vedono l’ora di avere una scusa più plausibile e popolare per rastrellare accattoni, neri, ambulanti e stranieri dalle strade. Basterà una segnalazione alla guardia di turno e il nero senza permesso di soggiorno volerà via per la salvezza di queste donne indifese cui si ritiene, così, di riconsegnare le strade.

Io sono sempre dalla parte delle donne che subiscono molestie, se le considerano tali, o che comunque lamentano di voler essere lasciate in pace, ma sono convinta che tra queste donne ce ne siano tante che sanno quanto è importante non legittimare la repressione in nome delle donne. Ancora peggio è importante non legittimare il razzismo come già in qualche modo all’epoca degli stupri “etnici” si fece. Dunque, vi prego, torniamo a parlare di prevenzione, educazione e cultura e smettiamo di mettere la nostra indignazione ora a servizio della borghese e moralista linea a tutela dei corpi delle donne e oggi della classista e razzista lotta antimolestie. Non dobbiamo dimenticare che le donne vengono stuprate, uccise, ferite, abusate, in famiglia molto più che fuori e ad opera di estranei. Questa è una cosa che non piace ricordare a nessuno. Invece, ve ne prego, ricordiamogliela e ricordiamo che le ronde non ci piacciono, che le politiche securitarie fanno schifo e che le strade sicure non le fanno i militari ma le donne che le attraversano.

Spero di essere stata più chiara.

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