August Strindberg : La Figlia del dio Indra

La Figlia del dio Indra

Sogno Strindberg – Scribd

LA FIGLIA

Sei prigioniero nel tuo alloggio, sono venuta a

liberarti!

L’UFFICIALE

Ma l’aspettavo, ma nn ero certo tu lo volessi.

LA FIGLIA

Il castello è solido, ha sette muri, ma…riusciremo!

Vuoi o non vuoi?

L’UFFICIALE

Per essere sincero, non lo so. In un modo o nell’altro,soffrirò lo stesso! Ogni gioia della vita, deve essere pagata con un dolore doppio.

Dove sono ora, mi è difficile vivere, ma se mi pago la dolce

libertà, soffrirò tre volte di più…Agnese, preferisco andare avanti così, purchè possa vederti!

 

Nel preludio – scritto posteriormente (1906) – al dramma visionario Un sogno (o forse meglio Un dramma del sogno, secondo il titolo Ett drömspel, 1902) dello svedese August Strindberg (1849-1912), essa è il personaggio che scende sulla terra per rendersi conto di come i mortali soffrano e si lamentino. Il dramma si apre sull’immagine della Figlia di Indra che, nelle vesti di Agnes, la figlia del Mastro Vetraio, entra nel «Castello crescente dalla terra» per liberare l’Ufficiale. Attraverso un flashback sulla casa e sull’infanzia dell’Ufficiale, essa già comincia a conoscere attraverso gli occhi di quest’ultimo le ingiustizie umane, e vede la Madre di lui, malata, che è stata una serva, venire rimproverata dal Padre, perché ha imprestato alla cameriera Lina lo scialle (che nell’opera assume il simbolo della copertura che uno si porta addosso, contro il dolore, dopo che ha molto sofferto), e finisce per esclamare: «Che pena fanno gli uomini!». Questa frase diventa una specie di leitmotiv del dramma.

Nel corridoio del Teatro la Figlia di Indra incontra poi la saggia Portinaia, che è una sorta di confidente per tutti – essa arriva persino a sostituirla nel suo lavoro –, indi l’Attacchino, inseparabile dai suoi strumenti da pesca, la Cantante e altri personaggi ancora, che sembrano essere tutti delusi della vita. C’è l’Ufficiale che aspetta la sua Vittoria, la donna del suo cuore: gli anni passano, lui invecchia, ma la donna non arriva mai; egli vuole che si apra una porta misteriosa, simbolo dell’«enigma della vita», dietro alla quale però risulterà esserci il nulla. C’è l’Avvocato che difende le cause degli uomini ed è segnato dalle loro sofferenze, proprio perché ha voluto essere un sincero difensore dell’umanità. Anzi, egli alla fine non avrà nemmeno l’onore di ricevere una corona d’alloro quale segno di riconoscimento del suo lavoro; ma otterrà invece una corona di spine, offerta dalla stessa Figlia di Indra, divenuta sua moglie dopo che essi hanno deciso di unire i loro destini nella Grotta di Fingal. La Figlia di Indra soffre tuttavia di essere la povera moglie dell’Avvocato, e così l’Ufficiale l’attira fuori di casa. Dapprima giungono sulla tetra isola di Skamsund (il nome significa ‘Stretto della vergogna’), che è un luogo di quarantena dove vivono «malati», «ricchi» e gente «che ha qualche miseria da nascondere». Qui essa incontra un Ispettore della quarantena mascherato da moro, e s’intrattiene con un Poeta che di quando in quando deve fare un bagno di fango dopo le sue fughe negli spazi eccelsi della poesia.
Nel paradiso estivo di Fagervik (il nome significa ‘Golfo leggiadro’ o ‘Baia meravigliosa’), posto di fronte all’isola di Skamsund, essa trova poi un cieco benestante, la brutta Edit che nessuno invita al ballo e altre persone le cui lacrime brillano al sole. La Figlia di Indra assiste anche alla scena in cui l’Ufficiale, seduto nei banchi di scuola, non è in grado di rispondere alle domande più elementari. L’Avvocato la esorta a ritornare a casa e le indica, su una spiaggia del Mediterraneo, le sofferenze del proletariato, rappresentato da due carbonai oppressi dai benpensanti, la cui vita di duro lavoro contrasta con il lusso dei ricchi. In compagnia del Poeta, essa interpreta i lamentosi suoni dei venti e delle onde nella Grotta di Fingal.
Quando viene aperta la misteriosa porta che c’è nel Teatro (quella che doveva rivelare l’enigma della vita), si scopre che al di là di essa c’è «un niente»; la Figlia di Indra è costretta allora ad assistere alla umiliante lite che scoppia tra i dotti delle quattro Facoltà (Teologia, Filosofia, Medicina e Giurisprudenza) a proposito del sapere. Rimproverati da lei, essi reagiscono violentemente, addirittura minacciandola. A questo punto, anche se l’Avvocato le ricorda il suo dovere di madre e il figlio che l’attende, la Figlia di Indra è ormai decisa ad abbandonare la Terra. Si rifugia nel Castello in fiamme, decisa a lasciare il mondo. Sullo sfondo compare «una parete di volti umani che si interrogano, che si lamentano, disperati», mentre sul tetto del Castello in fiamme «sboccia un immenso crisantemo».

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La Grotta di Fingal | controappuntoblog.org

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