La decadenza della menzogna – The Decay of Lying by Oscar Wilde, pdf

Cyril
: Beh, non c’è bisogno che tu guardi il paesaggio. Puoi sdraiarti disteso sull’erba a fumare, a
conversare.
Vivian
: Ma la Natura è così scomoda. L’erba è dura, piena di zolle, umida e zeppa di orribili
insetti neri. Perbacco, perfino il più modesto artigiano di Morris sarebbe in grado di fabbricarti una
sedia più comoda di quanto possa tutta la Natura insieme. La Natura impallidisce davanti alla
mobilia della “strada che da Oxford ha preso il nome”, come il poeta che tu ami tanto la definì una
volta laidamente. Io non protesto. Se la Natura fosse stata confortevole, l’umanità non avrebbe mai
inventato l’architettura, e io preferisco all’aria aperta le case. In una casa ci sentiamo tutti delle
proporzioni appropriate. Ogni cosa è a noi subordinata, forgiata per il nostro uso e il nostro piacere.
Lo stesso Egotismo che è così necessario per un giusto senso della dignità umana, è interamente il
frutto della vita domestica. All’aperto si diventa astratti e impersonali. Si è assolutamente
abbandonati dall’individualità. E poi la Natura è talmente indifferente, incapace di apprezzare.
Quando passeggio qui fuori nel parco, penso sempre d’essere per lei non più del bestiame che bruca
sul declivio, o della bardana che germoglia nel fossato. Niente è più evidente del fatto che la Natura

odia la Mente. Pensare è la cosa più malsana del mondo, e la gente muore per questo proprio come
muore per qualsiasi altra malattia. Per buona sorte, in Inghilterra almeno, il pensiero non è
contagioso. Come popolo il nostro splendido fisico è dovuto interamente alla nostra stupidità
nazionale. Spero soltanto che saremo in grado di mantenere questo grande storico baluardo della
nostra felicità per molti anni a venire; ma temo che stiamo iniziando a essere educati troppo; per lo
meno chiunque sia inetto a imparare si dà all’insegnamento – ecco a cosa è giunto realmente il
nostro entusiasmo per l’educazione. Frattanto, faresti meglio a tornare alla tua noiosa, scomoda Natura, e a lasciarmi a correggere le bozze

« Ma la Vita ben presto distrusse la perfezione della forma. Perfino in Shakespeare noi possiamo scorgere l’inizio della fine. Esso si mostra attraverso il graduale disperdersi del

blank-verse nei suoi ultimi drammi, con la predominanza data alla prosa e con la troppa importanza assegnata alla caratterizzazione. I passi in Shakespeare – e ve ne sono molti – dove il linguaggio è ordinario, volgare, esagerato, fantastico, persino osceno, sono interamente dovuti alla Vita che invoca un’eco della sua stessa voce e rifiuta l’intervento del bello stile, solo attraverso il quale si dovrebbe sopportare che la vita trovi espressione. Shakespeare non è in alcun modo un artista senza pecche.

Egli ama troppo andare direttamente verso la vita e derivare la naturale espressione della vita.

Dimentica che quando l’Arte consegna il suo mezzo immaginativo consegna tutto. Goethe dice, in qualche parte: “In der Beschränkung zeigt sich erst der Meister”,

“È nello stare entro i limiti che il maestro si rivela”, e la limitazione, la condizione propria do ogni arte è lo stile. Comunque, non c’è bisogno di indugiare oltre sul realismo di Shakespeare.The Tempest è la più perfetta delle palinodie

La decadenza della menzogna – profbellini.it

Oscar Wilde, “The Decay of Lying” – Virgil.org

Wilde Oscar

Decadenza della menzogna

Ven, 10/11/2006 – 01:58 —

MENZOGNA come ARTE, SCIENZA E PIACERE SOCIALE

The decay of lying apparve inizialmente sulla rivista Nineteenth Century.
È strutturato in forma di dialogo: i due interlocutori portano i nomi dei figli di Wilde, Cyril e Vivian. Wilde sembra esprimersi preferibilmente mediante le affermazioni di Vivian, schierandosi apertamente contro l’abominio dell’ideologia del realismo, colpevole di appiattire l’arte nell’imitazione della vita, esattamente in antitesi con ciò che dovrebbe avvenire: la vita stessa deve imitare l’arte.
Questa tesi nasceva, considerato il contesto coevo britannico, in parte come argomentazione di rivalsa alle teorie di Ruskin, suo primo maestro al Magdalen di Oxford, nel 1874; coraggiosamente, Wilde la propugnò nel corso di numerose conferenze, senza mai tuttavia ammettere che fosse stata influenzata dalle idee del pittore americano Whistler, che Buffoni, nella sua introduzione agli “Intentions”, giudica uno “scorbutico e ben poco elegante parlatore” (p. 10). Non è trascurabile dunque il contesto sociale contemporaneo come motivo scatenante delle riflessioni dell’artista dublinese: tuttavia, l’argomentazione è assai persuasiva e merita di essere almeno in parte ricordata.

La natura è del tutto imperfetta e incompiuta; l’arte rappresenta la “vivace protesta” (p. 32) dell’uomo, il suo desiderio di ordine, bellezza e simmetria.
La menzogna e la poesia sono sorelle; Wilde vagheggia la fantasiosa storiografia antica, salutando in Erodoto un padre della menzogna e maledicendo la sciatta riproduzione della vita reale propria della narrativa realista, assassina dei paradossi e delle funamboliche evoluzioni della finzione. Nella Grecia del V secolo avanti Cristo, Erodoto aveva affermato d’esser consapevole di “dire ciò che è”: a questo proposito, Tagliapietra ricorda: “Erodoto fa parlare il Gran Re dei Persiani Dario, al momento di espugnare con l’astuzia la roccaforte dei Magi di Media: «là dove, infatti, sia necessario dire una menzogna, la si dica; poiché allo stesso scopo tendiamo noi che diciamo il falso, e quelli di noi che fanno uso della verità: gli uni, infatti, mentono allorquando credono di poter trarre qualche vantaggio convincendo con le menzogne; gli altri, invece, si appellano alla verità allo scopo di ricavare, appunto, da essa un guadagno e si abbia in loro maggior fiducia. Così, pur non seguendo le stesse vie, abbiamo di mira lo stesso scopo. Che se non ne dovessero ricavare guadagno alcuno, senza differenza colui che ama la verità mentirebbe e colui che mente sarebbe veritiero». (…) Come Erodoto ha il merito di evidenziare, verità e menzogna, nel gioco politico, si misurano con la prospettiva del vantaggio” (A.Tagliapietra, Filosofia della bugia, p. 205; excerpta di Erodoto tratto da Erodoto, Storie, 2 voll., a cura di L.Annibaletto, A.Mondadori, Milano, 2000, pp. 548-549).

Dopo questo breve richiamo allo spirito dell’opera storiografica di Erodoto, torniamo ad esaminare il dialogo di Wilde. L’arte corre il rischio di isterilirsi, di privarsi della sua naturale vocazione alla bellezza, alla sublimazione della realtà. La letteratura infatti esige “distinzione, fascino, bellezza e fantasia” (p. 39): nulla più della menzogna può garantire questi esiti. I tentativi di spogliare la narrativa del suo aspetto di fiction prevedono personaggi, come quelli delle opere di Zola, che Wilde non esita a definire “squallidi” nei vizi e “poco interessanti” (pp. 38-39) nelle loro parabole esistenziali. Gli unici personaggi reali, in sostanza, sono, per il poeta della ballata del carcere di Reading, quelli che non sono mai esistiti: l’aspirazione a trarre spunto dalla realtà è un’opaca operazione letteraria, perché la vita è il “solvente che distrugge l’arte” (p. 44).

L’arte ricrea la vita e la plasma, in nome della bellezza, e non della verità: dunque la giusta via dell’arte, la sua unica scuola, il suo unico referente è l’arte stessa. Quel che Wilde definisce la prima dottrina della nuova estetica si può sintetizzare in questo modo: l’arte è indipendente come il pensiero, e conosce e avanza lungo sentieri e vie che lei sola conosce. È in contrasto con lo spirito del tempo, manifesta invece il progresso (p. 67).  La verità è solo una questione di stile; la menzogna rigenera la letteratura ogniqualvolta essa sia inquinata dalle propensioni al realismo.

La seconda dottrina di questa nuova estetica è che tutta la cattiva arte sorge dal ritorno alla vita e alla natura, o alla loro idealizzazione (p. 67).
La terza dottrina è che la vita imita l’arte più di quanto l’arte imiti la vita. L’arte infatti offre alla vita le belle e necessarie forme di espressione (pp. 67-68).
La menzogna, si afferma in conclusione, è il fine proprio dell’arte.

Wilde ha ammesso e rivendicato il diritto e il dovere dell’arte ad essere menzogna, concludendo addirittura che la menzogna sia la conditio sine qua non della sussistenza stessa dell’arte. La suprema illuminazione dell’onestà dell’artificio artistico e dell’integrità della finzione svela l’odiosa illusione del realismo: e la loro irritante, consapevole deformazione del concetto di verità e di realtà si sgretola. Manganelli sosterrà, nella Letteratura come menzogna: Nulla è più mortificante di vedere narratori, per altro non del tutto negati agli splendori della menzogna, indulgere ai sogni morbosi di una trascrizione del reale, sia essa documentaria, educativa o patetica (…). Sebbene siano costretti a mentire, come vogliono le punitive leggi delle lettere, (…) inefficacemente nascondono l’autentico nocciolo di menzogne sotto un velo di una fittizia verosimiglianza” (p. 46). Nel primo capitolo de La Plastica della lingua, intitolato “La creta pastosa del soggetto”, Tommaso Ottonieri così riflette a proposito delle nuove consapevolezze dell’autore: “Interprete sulla scena deserta, dell’unica rappresentazione che a quel punto gli è concessa: la trasparenza micidiale, metafisica, della Verità. Che è, inevitabilmente – senza più maschere, sulla scena deserta – il più annichilente degli ultimi inganni” (p. 34).

Accettiamo come ipotesi, dunque, che la letteratura sia l’unico genere di comunicazione che si identifichi nella menzogna, integralmente: cercheremo di dimostrare come si riveli, in ciò, la sua forza e come questo operi una metamorfosi divina e inattesa. La ricerca della bellezza, per via della trasparente anima menzognera della letteratura, diviene prima e unica affermazione della verità. Secondo Andrea Tagliapietra, mentire è, “nel senso prospettato da Wilde, un atto eminentemente gratuito: antiutilitaristico e, quindi, del tutto antinaturalistico. La menzogna così intesa è al di là di qualsiasi considerazione morale e va oltre ogni valutazione etica. Essa diviene l’emblema dell’assoluta autosufficienza di un tipo particolare d’azione, quella del ‘fare’ artistico, che inventa la realtà e non vi si sottomette (…) «Che cos’è una bella menzogna?»,  s’interroga altrove il Vivian del testo wildiano, «Semplicemente quello che è dimostrazione di se stesso»” (p. 2).

http://www.lankelot.eu/letteratura/wilde-decadenza-della-menzogna.html

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