Eugénie Grandet: Honoré de Balza : Free ; streaming film 1947 e telefilm

In alcune città di provincia si trovano case la cui vista ispira una malinconia simile a quella

dei chiostri piú tetri, delle lande piú desolate, delle

rovine piú tristi: in queste case forse si trovano

riuniti e il silenzio del chiostro, e l’aridità delle lande, e le rovine. Vita e movimento vi sono cosí tranquilli che un forestiero le riterrebbe inabitate, se d’un tratto non incontrasse lo sguardo smorto e freddo di una persona immobile, la cui figura, mezzo monastica, sporge dal parapetto della finestraal rumore di un passo insolito

Eugenie Grandet : Honore de Balzac incipit

Honoré de Balzac: “Eugènie Grandet”

In parte tratta dall’introduzione all’Edizione Garzanti di Lanfranco Binni

 

Genesi e storia del romanzo

Inizialmente concepito come novella per “Europe littéraire”, è una scena della vita di provincia.
Lavorandovi tra l’estate e l’autunno del 1833, Balzac dilata progressivamente lo spazio della narrazione; il soggetto lo convince, e nello stesso tempo si sente sostenuto da una conoscenza personale della vita di provincia, già evocata in numerosi racconti. Ciò che appare sull’ “Europe littéraire” non è più una novella del genere del Curé de Tours, ma il primo capitolo di un romanzo che sarà pubblicato nel dicembre dello stesso anno, in un volume che inaugura una serie di Etudes de moeurs au XIXeme siècle (Studi di costumi del XIX secolo); un vantaggioso contratto firmato nel mese di ottobre con l’editore che stabilisce che la serie comprenderà dodici volumi suddivisi in Scènes de la vie privée, Scènes de la vie de province e Scènes de la vie parisienne.
Alla firma di questo contratto, con cui Balzac s’impegna a dare vita ad un sistema narrativo che componga un mosaico della vita sociale contemporanea, non è estranea la composizione di Eugènie Grandet; e alla composizione di Eugènie Grandet non sono estranee le vicende sentimentali di Balzac. “La storia è vera”, annuncia Balzac alla sorella Laure, sorpreso di trovarsi tanto a proprio agio nella restituzione del clima malinconico della vita di provincia, che ha segnato fortemente la sua adolescenza; il fatto è che ora sente di avere occhi per vedere “tutta intera la storia della Francia” nei più banali dettagli, per riconoscerne i drammi di “ordinaria famiglia” senza doversi costringere a complicati sforzi d’immaginazione. La realtà è molto più drammatica dei melodrammi “neri”.
Intreccio

L’intreccio di Eugènie Grandet, romanzo ambientato a Saumur, nella regione della Loira, negli anni tra il 1819 e 1833, è sostanzialmente privo di colpi di scena “romanzeschi”. Due sono i protagonisti: Félix Grandet, un ex commerciante di botti che ha saputo arricchirsi durante la rivoluzione attraverso spregiudicate speculazioni e che incrementa il patrimonio con l’usura e una politica familiare di esasperata avarizia, e sua figlia Eugènie, fanciulla sottomessa, di animo nobile e sensibile, estranea all’ossessiva avidità del padre. La giovane é desiderata dai nobili della regione per il suo patrimonio: così fin dall’inizio appaiono diverse le famiglie pretendenti la mano della famiglia che fanno a gara di adulazione per cercare di ottenere i favori dell’avaro bottaio cadendo così nel suo tranello interessato.
L’arrivo da Parigi del cugino Charles (suo padre, fratello di Felix Grandet, si è suicidato per debiti e decide di affidare al fratello la sorte di suo figlio) turba l’equilibrio familiare: sensibile alla sfortuna di Charles, Eugènie se ne innamora e, per aiutarlo a rifarsi una fortuna, gli fa dono del proprio “tesoro”, le monete d’oro che nel corso degli anni, nelle grandi occasioni, il padre le ha affidato religiosamente.
Charles parte alla volta dell’India, e per Eugènie, convinta che il cugino ricambi il suo amore, inizia un’interminabile attesa del suo ritorno, e un lungo periodo di reclusione nella propria stanza non appena il terribile padre viene a sapere che la figlia non ha più il suo “oro” (“Non hai più il tuo oro!” gridò Grandet rizzandosi sulle gambe come un cavallo che senta sparare il cannone a dieci passi di distanza”). Il padre si riconcilia con Eugènie alla morte della moglie, anima fragile, caduta in malattia per il litigio tra Felix ed Eugènie: teme infatti che la figlia possa pretendere la sua parte di eredità. Eugènie, fedele al proprio sogno d’amore, continua ad aspettare il ritorno di Charles.
Ormai ottantenne, Grandet muore, lasciando ad Eugènie l’intero patrimonio; spirando nel tentativo di impadronirsi del crocifisso dorato che il prete gli avvicina alle labbra, il vecchio avido impartisce l’ultimo ordine alla figlia: “Abbi cura di tutto! Me ne renderai conto laggiù”, dimostrando con quest’ ultima parola che il cristianesimo deve essere la religione degli avari.
Ormai Eugènie è libera di realizzare il sogno d’amore a cui è sempre rimasta fedele. Ma l’amato Charles, che torna a Parigi dopo sette anni trasformato da una vita di avventuriero che lo ha reso avido e spietato, in tutto simile allo zio, congeda la trepidante Eugènie con una lettera in cui le annuncia il suo matrimonio con una nobildonna. Rassegnata, Eugènie acconsente a sposare un anziano pretendente (ma a condizione che sia un “matrimonio bianco”), che la lascia vedova a trentasei anni. Vivrà in solitudine, impiegando il patrimonio in opere di beneficenza.
Personaggi Principali

I due protagonisti sono entrambi prigionieri di una passione: Grandet, dell’avarizia; Eugènie di un sogno d’amore.
Felix Grandet è descritto fisicamente in una delle prime pagine del romanzo come “alto uno e sessantacinque, tozzo, quadrato, con dei polpacci di trentasei centimetri di circonferenza, rotule nodose e spalle larghe; la faccia era tonda, abbronzata, butterata; il mento era diritto, le labbra tutt’altro che marcate, i denti bianchi; gli occhi avevano quell’ espressione immobile e di fuoco[…] la fronte solcata da rughe trasversali non mancava di protuberanze significative; i capelli, giallastri e brizzolati, erano[…] bianchi e oro. Sul naso, grosso in punta, c’era una verruca gonfia di venuzze che il volgo reputava piena di malizia. Quel volto rispecchiava una scaltrezza pericolosa, una probità senza trasporto e l’egoismo di un uomo che riponeva ogni suo sentimento nel piacere dell’avarizia e nell’unico essere che per lui contasse davvero qualcosa, la figlia Eugènie, sua unica erede.”

Descrizione fisica esauriente e dettagliata che dà, inoltre, alcuni fondamentali dettagli della sua personalità.

A proposito della sua “cara” Eugènie, l’autore ne dà un’altrettanto interessante descrizione fisica nella seconda delle quattro parti del romanzo:

“Ell’era una fanciulla di forte costituzione, come ve ne son tante nella media borghese, e la sua bellezza poteva anche sembrare volgare[…]aveva nelle forme l’ impronta nobile e soave del sentimento cristiano, che purifica la donna […]. Aveva la testa grande, la fronte maschia , ma delicata del Giove di Fidia; i suoi occhi erano grigi […]. Le linee del viso rotondo già fresco e roseo, avevano un po’ sofferto per il vaiuolo, abbastanza benigno da non lasciarvi traccia[…].
Il naso era un po’ troppo pronunziato, ma armonizzava con una bocca del più bel carminio, spirante dalle labbra affetto e bontà, mentre di squisita modellatura appariva il collo. Il seno ricolmo accuratamente nascosto attirava lo sguardo svegliando i sogni, e la stesa rigidezza dell’ alta statura, benchè priva della grazia dell’abbigliamento, doveva avere un fascino speciale per i conoscitori.
Eugenia, grande e robusta, non aveva nulla del leggiadro che piace alle masse, ma era bella di quella bellezza che ha potenza solo sugli artisti. Se un pittore fosse venuto quaggiù alla ricerca del tipo personificante la celeste purità di Maria, e avesse chiesto a tutta la natura femminea gli occhi modestamente fieri divinati da Raffaello, le linee verginali, spesso fiorenti dall’impeto improvviso della concezione, ma frutto in realtà di una vita cristiana e pudica; quel pittore,acceso da un raro modello, avrebbe trovato d’un tratto nel volto di Eugénie la nobiltà innata e incosciente di sé, avrebbe intravveduto sotto la fronte tranquilla un mondo di affetto, e nello sguardo, nel moto delle pupille, un non so che di divino. I suoi lineamenti mai alterati, né stancati dall’espressione del piacere, somigliavano alle linee d’orizzonte che sfumavano dolcemente nella lontananza dei placidi laghi. Quella fisionomia calma, colorita, circonfusa di luce come un bel fiore aperto, dava all’animo un senso di pace, comunicava quasi il fascino della coscienza che v’era rispecchiata, e avvinceva gli sguardi. Eugénie era ancora sulla riva del fiume della vita, […]e, mirandosi nello specchio, ignara ancora dell’amore ella ripeteva a se stessa:’Son troppo brutta io, non può badare a me.”
Il personaggio di Eugènie ha, all’origine, un modello reale: la “Maria” a cui Balzac dedicherà il romanzo, una “povera, semplice e deliziosa borghese” (così la definisce in una lettera alla sorella Laure) con cui Balzac ha una relazione. Da quest’amore semplice (Maria Daminois è un’ordinaria madre di famiglia della provincia francese) nascerà una figlia adulterina che Balzac riconoscerà nel proprio testamento. L’amore ingenuo e delicato di Eugènie per il cugino Charles è una proiezione dell’amore di Maria per Balzac. Alla semplicità di quest’ultima relazione che non durerà a lungo si sovrappone una nuova relazione amorosa tutt’altro che semplice; nel mese di settembre del 1833 Balzac incontrerà, infatti, la misteriosa “straniera”, la baronessa Hanska.

I due protagonisti, oltre ad essere prigionieri ognuno di una passione, rappresentano due “tipi”: in loro si concentrano le caratteristiche dell’avaro e dalla malinconica fanciulla di buona famiglia.
Ma soprattutto sono due “tipi” straordinariamente moderni: Grandet non è una maschera ispirata all’Arpagone di Molière; la sua avarizia non ha connotazioni esclusivamente morali, è invece un dato sociale. L’esasperata avidità di Grandet è la passione di uno speculatore di genio, un figlio della borghesia in ascesa che ha compreso che il denaro è una merce; Grandet non tesaurizza, ma investe. In questo è personaggio tipico della società capitalistica francese.
Anche Eugènie è immediatamente familiare ai lettori di Balzac: la passività, le esauste malinconie, sono un segno inconfondibile della condizione di tante giovani donne recluse nelle famiglie borghesi. Ma Eugènie è portatrice di un’alternativa alla logica disperante di Grandet, ed è nella coesistenza di due diverse concezioni del mondo che si consuma, scandito da un tempo che scorre lento e immutabile, il dramma quotidiano di Eugènie Grandet.

http://andreaworld.altervista.org/EugenieGrandet.html

07 ottobre 2011

Eugénie Grandet – il romanzo con una protagonista non protagonista.

Titolo: Eugénie Grandet
Autore: Honoré de Balzac
Pubblicazione: Dicembre 1833

Trama

Dalla nostra amata Inghilterra ci spostiamo oggi verso la provincia francese post-Rivoluzionaria; in particolar modo ci lasciamo trasportare dall’abile penna di Honoré de Balzac a Saumur, un piccolo centro della campagna francese, che come tutti i piccoli centri chiacchera e mormora, mi viene in mente Cranford, che tuttavia non ci è descritta affatto con la simpatia e la leggerezza con cui l’altra ci viene presentata. Altrettanto poco cari sono i suoi abitanti, non solamente rispetto all’altra ma in assoluto, e specialmente la famiglia che fa da protagonista al romanzo, i Grandet. Composta da un padre avaro e grezzo, una madre succube e pia, una figlia reclusa e sensibile e una serva fedelissima e forte come una roccia, la famiglia è ricchissima e vive in povertà, è fra le più importanti del paese e ha connessioni sociali eppure è isolata. Non vi narrerò la trama, che in realtà ha ben poco di entusiasmante, bensì vi parlerò brevemente dell’opera nel suo insieme e della sua protagonista.

L’opera è triste e desolante, come giustamente dev’essere per descrivere al meglio la piccolezza, la meschinità, la strettezza di limiti della società provinciale francese dell’epoca.
In provincia non si agisce d’istinto ma si pensaso bene le proprie mosse. Gli istinti ed i colpi di testa sono per i cittadini, che pensano a divertirsi e spendere i loro capitali. In provincia si ha poco, e quel che si ha in termini di denaro, posizioni sociali, figli da maritare, filari di viti o mucche…si devono ben amministrare perché il Cielo non ce ne concederà un’altra razione. Tutti i nostri personaggi agiscono attraverso la pianificazione: papà Grandet, i Des Essein e i Cruchot cioè le due famiglie in lotta per la mano di Eugénie, lo stesso Charles imparerà, da Parigino qual era, a cedere al calcolo.
Le uniche che non pianificano con fini empi sono le tre donne di casa Grandet: Eugénie, la madre e Nanon.
Nanon perché è buona e fedele ma non particolarmente intelligente ( e non si può dire che fare la serva stimolasse le facoltà mentali  di quelle povere giovani ) che si accontenta di servire il suo adorato padrone e di aiutare le padrone quando questo non mette in discussione la sua fedeltà a Grandet.
Madame Grandet perché è praticamente incapace di proprie iniziative, totalmente soggiogata emotivamente dal marito, e troppo pia e religiosa per far del male a chicchessia.

Film omonimo con Alida Valli e Gualtiero Tumiati

Eugénie perché non ha mai avuto necessità e libertà di pianificare alcun ché, in senso negativo come in senso positivo. Suo padre le da dei soldi, pochi, ma non ne può fare l’uso che desidera, ed è libera solo di andare in Chiesa.
D’altronde non conosce altro che la Chiesa e casa sua, almeno fino all’arrivo di Charles, e le sta bene così. E’ un’anima buona, come la madre, e solo l’amore che racchiude nel suo cuore le da la forza di ribellarsi al padre che fino a quel momento ha lasciato tiranneggiare su di sé a proprio piacimento. Il suo amore non andrà a buon fine, ma opererà una doppia svolta nella sua vita che la porterà a maturare e a cambiare. Alla nascita quell’amore le dona coraggio, forza, speranza e bellezza, alla sua morte la porta a desiderare un’esistenza superiore, la avvicina a Dio e le fa aspettare una nuova vita, diversa da quella terrena in cui ha sofferto tanto per aver gioito poco, in cui ha fatto sacrifici per amore e sacrifici per dolore.
Non è un romanzo da spiaggia, quello di Eugénie, ma è un capolavoro di letteratura, i cui personaggi sono molto ben delineati e le situazioni fin troppo realistiche ( dettagli tragicomici a parte ). Davvero un bel romanzo, che consiglio a tutti/e voi.
A breve sarà aggiunto in un sondaggio che vi proporremo a lato della colonna dei post…speriamo che aderirete numerose! Abbiamo bisogno di voi.

Con affetto,
Irene

http://cipriaemerletti.blogspot.it/2011/10/eugenie-grandet-il-romanzo-con-una.html

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