STORIA DELLA SPAGNA – La decadenza

STORIA DELLA SPAGNALa decadenza


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Il figlio di Carlo V, Filippo II (1556-98), nato nel 1527, divenne erede di vastissimi territori (cosiddetti “latini”): Spagna, Italia meridionale (con Sicilia e Sardegna), Milano, Borgogna, Lorena, Bramante, varie province dei Paesi Bassi: Olanda, Limburgo, Gheldria, Zelanda, nonché Lussemburgo (con Namur), Fiandre, Artois… Era anche arciduca d’Austria e conte d’Asburgo, e naturalmente possedeva tutte le colonie spagnole. Cioè era infinitamente più ricco dell’altro erede, Ferdinando I, fratello di Carlo V, cui andranno i domini della Casa d’Austria, oltre al titolo della corona imperiale.La dinastia degli Asburgo di Spagna regnerà fino alla morte di Carlo II (1700) e, con alterne vicende, sino al Trattato di Utrecht del 1713, quando verrà soppiantata dal ramo Angiò dei Borboni di Francia, che, a parte la parentesi repubblicana e franchista del XX secolo, continuerà a regnare in Spagna (attualmente con il re Juan Carlos).

Filippo II
Mappe 1 e 2

Invece la dinastia degli Asburgo d’Austria si ridurrà al pur vasto e potente Impero austro-ungarico e cesserà di regnare alla fine della Prima Guerra mondiale (1918).

Di tutti i territori di Filippo II, le Fiandre costituivano il cuore produttivo per eccellenza, ricche com’erano di manifatture di lana e tela, nonché di cantieri navali (Anversa ebbe la prima Borsa europea, dove passavano gli enormi capitali del traffico delle spezie).

Nel 1544 Filippo II aveva dovuto accettare un matrimonio, combinato dal padre Carlo V, con la cugina Maria del Portogallo che, pur morendo di parto, gli aveva dato l’erede Don Carlos, che, una volta divenuto adulto, gli procurerà non pochi problemi.

Dieci anni dopo Carlo V, di nuovo, sfruttando la politica matrimoniale che aveva reso gli Asburgo molto potenti, obbligò il figlio a sposare la regina inglese Maria Tudor, la figlia cattolica di Enrico VIII, sperando così di neutralizzare la rivalità con la Francia e di riportare gli anglicani all’ortodossia religiosa, restituendo altresì al clero le terre confiscate al tempo di Enrico VIII. Sotto il regno di Maria Tudor e di Filippo II, quasi trecento persone furono condannate a morte con l’accusa di eresia.

L’Inghilterra era improvvisamente divenuta un paese vassallo della Spagna e sembrava giunto il momento d’intraprendere una nuova guerra contro la Francia, che però nel 1558 costò agli inglesi la perdita di Calais, l’ultimo possedimento rimasto dalle conquiste della guerra dei Cent’anni.

Poi arrivò l’ordine di Carlo V di far cessare i roghi e di accettare con rassegnazione la pace religiosa di Augusta del 1555, con cui si era posto fine alle lotte religiose in Germania, stabilendo che i principi luterani avessero libertà di religione e che i sudditi dovessero accettare la fede religiosa dei loro principi. Fatto questo, Carlo V richiamò dall’Inghilterra il figlio per passargli le consegue e per ritirarsi in convento.

Restava da concludere la guerra con la Francia, che s’era alleata coi protestanti e persino coi turchi di Solimano, pur di ridimensionare l’impero, ma Filippo II, invece di approfittare della vittoria di Emanuele Filiberto di Savoia, governatore dei Paesi Bassi, contro Enrico II di Valois, preferì ritirarsi in Spagna, dimostrando che nei momenti decisivi non si sentiva all’altezza del compito, come lui ebbe a dire in una lettera indirizzata al cardinale De Espinosa nel 1569: “Io non sono fatto per il mondo come è adesso. So benissimo che vorrei trovarmi in una posizione diversa dalla mia e cioè in una posizione non così alta come quella che Dio m’ha dato, che a me solo risulta tanto tremenda”.

Il “re prudente”, morti Carlo V e Maria Tudor, decise infine di firmare la pace di Cateau-Cambrésis, nel 1559, concludendo così i conflitti della prima metà del secolo. La Francia mantenne Calais, tolta agli inglesi, e i vescovati di Metz, Toul e Verdun, ma dovette cedere il Charolais, il Bugey e la Bresse e ogni possedimento in Italia, dove qui la Spagna divenne potenza egemone, ottenendo anche lo Stato dei Presidi (Talamone, Orbetello, Porto Ercole, Porto S. Stefano, Piombino e l’Elba). Fu anche ricostituito il ducato di Savoia in funzione antifrancese. La pace di Cateau-Cambrésis fu rafforzata dai matrimoni tra Filippo II e Elisabetta di Valois, figlia di Enrico II (1), e di Emanuele Filiberto duca di Savoia con Margherita di Francia, sorella di Enrico II.

Filippo s’era illuso d’aver risolto pacificamente i contrasti insanabili tra le due classi opposte: l’emergente borghesia (sempre più protestante) e la vecchia aristocrazia (tenacemente cattolica), che riuscivano ad attrarre dalla loro parte le potenti monarchie, a seconda della loro diffusione sociale e della capacità di acquisire consensi.

Che i borghesi non piacessero a Filippo è dimostrato da due fatti:

  1. intorno al 1561 cominciò ad accentrare su di sé ogni potere, facendo di tutti gli Stati dell’impero delle semplici province da amministrare con criteri molto rigidi e uniformi, al fine di ricavarne il massimo col minimo sforzo;
  2. per evitare la bancarotta di un governo indebitato fino al collo coi banchieri genovesi, piacentini e soprattutto tedeschi (Fugger di Augusta), si vide costretto a ripristinare l’Inquisizione – vero tribunale per la difesa dello Stato -, sostenuto, in questo, dall’idea che un sovrano cattolico avrebbe dovuto far rispettare le risoluzioni del concilio tridentino, conclusosi nel 1565 (furono imprigionati e processati persino personalità religiose di primo piano, e di provata “innocenza”, come il cardinale-primate Carranza e il poeta-teologo Luis de León).

Filippo infatti non si rendeva conto, sprovveduto com’era in materia di politica economica, ch’erano proprio le poche, grandi famiglie proprietarie di immensi latifondi (in tutta la Castiglia p.es. erano circa 200) che mandavano in rovina l’economia del paese.

Invece di circoscrivere il loro potere, si servì di strumenti repressivi per togliere di mezzo, col pretesto dell’eresia, i ceti produttivi, confiscandone i beni, oppure, se il pretesto mancava, per vessarli con tasse e tributi a non finire, sicché di regola si preferiva investire in titoli di stato piuttosto che in attività imprenditoriali.

A rimetterci erano soprattutto gli ultimi mori andalusi, che pur col trattato di Granada avevano ottenuto nel 1492 il permesso di vivere in Spagna nel rispetto delle loro tradizioni, a condizione che i loro discendenti non entrassero in ordini religiosi né in università cattoliche. Apparentemente convertiti al cristianesimo, questi moriscos erano socialmente abbienti, per cui fu abbastanza facile, nel 1567, scatenare contro di loro, anche con l’appoggio determinante della chiesa, l’ennesima crociata. L’Andalusia perse il 25% della popolazione, la più attiva e intraprendente.

Il primo paese a ribellarsi a questa opprimente stagnazione furono i Paesi Bassi, che intorno alla metà del XVI secolo erano divenuti sempre più protestanti. L’insofferenza verso il pesante clima controriformistico e la protesta contro l’intollerabile pressione fiscale coinvolse ogni ceto sociale e potenti famiglie come p.es. gli Orange (persino alcuni nobili di religione cattolica).

La rivolta scoppiò nel 1566 e venne affrontata con una feroce repressione guidata dal governatore duca d’Alba (2), che ebbe l’effetto di radicalizzare la svolta nazionalista e calvinista delle province del nord dei Paesi Bassi. I rivoltosi erano sotto il comando dello statolder Guglielmo d’Orange. Il saccheggio di Anversa da parte delle truppe spagnole unì per qualche tempo alla protesta anche le province cattoliche del sud, poi riappacificatesi con la Spagna.

Dopo la famigerata “Notte di San Bartolomeo” (23 agosto 1572), in cui a Parigi 20.000 ugonotti (i calvinisti francesi) furono massacrati da fanatici cattolici, Filippo II, invece di scendere a compromesso nei Paesi Bassi, arrivò ad affermare che la rappresaglia della corona era stata insufficiente, per cui volle continuare la guerra, che, a causa delle distanze geografiche, era diventata costosissima per l’erario statale.

Di tutto il carico d’oro e d’argento proveniente dall’America, solo il 20% finiva nelle casse dello Stato: il resto andava a coloni, amministratori, esploratori, mercanti… E di quel 20% non restava quasi nulla nel paese, poiché doveva essere utilizzato per pagare i militari nelle Fiandre, i banchieri, le sempre più numerose merci importate dall’estero, dai generi di prima necessità agli oggetti di lusso: ormai la Spagna non produceva più niente, convinta di poter vivere di rendita. La sola residenza dell’Escorial, palazzo reale madrileno, assorbiva l’1,67% di tutte le entrate annuali dello Stato.

Tra il 1500 e il 1650 è stato calcolato che arrivarono dalle Americhe circa 180 tonnellate d’oro e 160.000 d’argento, che fecero le ricchezze non della Spagna, ma dei mercanti e dei banchieri fiamminghi, italiani, tedeschi e i trafficanti del lontano oriente.

Verso la prima metà del XVII secolo l’oro e l’argento, in Spagna, erano scomparsi dalla circolazione. Catastrofica era diventata la situazione dei contadini, spogliati di ogni bene dai grandi proprietari, dagli usurai e da uno Stato sempre più fiscale. L’abbandono delle terre aveva assunto proporzioni molto preoccupanti.

D’altra parte Filippo II non aveva fatto che proseguire la linea paterna, che consisteva praticamente nel dare la Spagna in mano a potentati stranieri, cioè mercanti e banchieri, tedeschi e italiani. Già Carlo V infatti aveva concesso alla grande compagnia commerciale e usuraia dei tedeschi Fugger, nei cui confronti si era incredibilmente indebitato, la gestione in affitto della metà dei colossali possedimenti degli ordini religioso-cavallereschi spagnoli. Un quarto di tutto il commercio spagnolo di grano si trovava in mano a questa compagnia, che disponeva tra l’altro anche del commercio di mercurio e zinco.

Persino la vittoria di Lepanto (1571) contro la flotta turca non portò alcun vero vantaggio materiale a Filippo, sia perché egli non volle approfittare della situazione per sferrare un colpo demolitore all’avanzata turca nel Mediterraneo, sia perché gli interessi spagnoli si erano ormai definitivamente spostati sull’Atlantico, mentre Venezia gestiva a fatica ciò che le restava del suo antico splendore mercantile sulle rotte orientali.

Nel 1573, dopo aver permesso una devastazione totale delle Americhe, delle risorse umane e materiali, emanò un’ordinanza con cui dichiarava gli indigeni “esseri razionali”, con diritto alla libertà, e inviò un contingente gesuita allo scopo di cristianizzarli.

Dopo aver sposato la quarta moglie, che gli darà dei figli maschi, conquista il Portogallo (secolare alleato dell’Inghilterra), con tutte le sue colonie, nel 1581, e si trattiene due anni a Lisbona, proprio mentre, con il “manifesto dell’Aia” le sette province settentrionali dei Paesi Bassi (Olanda, Zelanda, Frisia, Gheldria, Utrecht, Overijssel, Groninga), appoggiate dagli inglesi, si costituiscono in federazione indipendente, sotto la guida di Guglielmo d’Orange.

Il paese verrà ufficialmente riconosciuto dalla Spagna solo nel 1648, al termine della guerra dei Trent’anni. Ancora oggi si può dire che la divisione della regione in due parti abbia prodotto: a sud i Paesi Bassi spagnoli, di religione cattolica, corrispondenti all’attuale Belgio; a nord le Province Unite olandesi, di religione protestante, costituitesi in una repubblica indipendente.

Filippo II cercò di reagire allo smembramento progressivo dell’impero, organizzando una crociata contro i protestanti inglesi (anglicani), che, guidati dalla regina Elisabetta, volevano controllare l’Atlantico e che, a tale scopo, attaccavano proditoriamente i galeoni spagnoli carichi d’oro provenienti dalle Americhe.

Approfittò del fatto che nel 1587 la regina Elisabetta aveva fatto decapitare la cattolica Maria Stuart, cugina di Elisabetta, regina di Scozia e pretendente al trono, colpevole di aver complottato contro di lei.

Nel 1588 venne allestita un’armata di 130 enormi galeoni, costata 10 milioni di ducati (3), che però fu sonoramente sconfitta da quella inglese, tecnicamente di nuova generazione, che da allora cominciò a penetrare nel nord America. Diversamente da come s’erano comportati i sovrani spagnoli, la corona inglese evitò di abbandonare le terre conquistate allo sfruttamento dei privati e con la Compagnia delle Indie preferì gestire direttamente i proventi delle colonie.

Dopo la sconfitta dell’Invincibile Armata, Filippo II vedeva svanire il suo sogno di egemonia continentale. La sua politica esosa ed avventuriera, incapace di capire il corso dei tempi, aveva portato il paese al tracollo economico. L’industria e il commercio in Spagna erano quasi scomparsi, proprio mentre nei paesi protestanti cominciavano ad avere, grazie alle vittorie della borghesia protestante, uno sviluppo impetuoso.

L’ultima cosa che cercò di fare fu quella di porre sotto il suo controllo la monarchia francese, caduta nel caos dopo la strage degli Ugonotti. I tentativi di imporre la volontà della casa cattolica dei Guisa al re allora in carica, Enrico III di Valois, portò ad una nuova fase cruenta dello scontro religioso con l’uccisone di molti capi del partito cattolico.

Ma la complessa e sanguinosa vicenda si risolse con Enrico IV di Borbone (1589-1610), che l’ultimo sovrano legittimo, Enrico III, aveva designato come suo successore prima di morire assassinato.

Enrico IV era un ugonotto e come tale mai sarebbe stato accettato dalla Francia: si convertì dunque al cattolicesimo (25 luglio 1593), riuscendo a far cessare la guerra civile nel 1598 grazie al fondamentale editto di Nantes, che garantiva agli ugonotti libertà di culto e concedeva a quest’ultimi il controllo di un centinaio di città fortificate autonome (la più importante era La Rochelle).

Molti esponenti del partito cattolico preferirono accettare il nuovo sovrano francese piuttosto che aprire le porte agli eserciti di Filippo II. Inoltre la pace religiosa garantiva alla Francia una ripresa produttiva, una riorganizzazione finanziaria ed amministrativa che le incessanti guerre di religione avevano del tutto bloccato.

Nello stesso anno dell’editto moriva Filippo II, lasciando un regno storicamente obsoleto nelle mani del figlio Filippo III (1598-1621), che sarà del tutto succube di rapaci ministri.


(1) A dir il vero Elisabetta avrebbe dovuto sposarsi con Don Carlos, figlio di Filippo II, ma questi, quando venne il momento di farlo, si rese conto che Isabella non avrebbe potuto sposare un ragazzo scapestrato e violento, sicché preferì lui stesso sposarla, nella speranza, andata poi delusa, d’avere eredi maschi. Ciononostante Isabella sarà la sua preferita. (torna su)

(2) L’assegnazione dell’intervento armato al duca d’Alba scatenò la reazione scomposta del figlio di Filippo, Don Carlos, che avrebbe voluto dirigere la repressione e che invece fu incarcerato dal padre, scettico sulle sue qualità militari. (torna su)

(3) Per fare un paragone: nel 1786 circa 100.000 ecclesiastici venivano mantenuti nel regno di Napoli con circa 10 milioni di ducati all’anno. (torna su)


Bibliografia

SitiWeb

http://www.homolaicus.com/storia/spagna/decadenza.htm

GUERRA CIVILE IN FRANCIA (1562-98) – Révolte des Croquants ..

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