NATO : contingente militare “anti-sovietico”?, i dieci motivi che danno ragione a Putin, 5 cose da sapere su Donald Tusk per la Mogherini

Il ruolo della NATO in Ucraina: probabile istituzione di un contingente militare “anti-sovietico”

Di Stefano Consiglio | 02.09.2014 12:00 CEST

Nelle regioni orientali dell’Ucraina continua a infuriare la guerra tra l’esercito regolare e i ribelli filo-russi, da alcuni giorni affiancati dai soldati inviati da Mosca. Il ministro degli Esteri russo, Serghiei Lavrov, ha ribadito che la Russia non ha alcuna intenzione di intervenire militarmente in Ucraina. Queste parole, purtroppo, appaiono in contrasto con la situazione esistente nel paese. Da Kiev, infatti, arrivano notizie che parlano di “grandi scontri” nelle città di Donetsk e di Lugansk, che hanno costretto i soldati ucraini a battere in ritirata. Il ministro della difesa di Kiev, Valeriy Geletey, ha dichiarato che: “Una grande guerra è arrivata alle nostre porte, una guerra come non la vediamo dal secondo conflitto mondiale”.
In questo contesto la NATO, che finora si è limitata a osservare il conflitto, sembra essere costretta a decidere tra una politica di immobilismo e un intervento militare in difesa dell’Ucraina. Il 4 e 5 settembre i leader dei paesi membri della NATO si riuniranno a Cardif (Galles) per discutere la creazione di una forza di sicurezza rapida che sarà composta, secondo le prime indiscrezioni, da 4 mila soldati. Secondo il Segretario generale della NATO, Anders Fogh Rasmussen, si tratterà “di una unità rapida in grado di viaggiare leggera ma di colpire pesante, grazie al supporto delle forze aeree e navali”. Questi soldati saranno dotati di armi e strumenti all’avanguardia, che verranno dispiegati in basi NATO situate nell’Europa orientale, punti strategici che serviranno a contrastare la politica espansionistica seguita da Mosca. Finora il Cremlino si è mosso indisturbato attraverso l’Ucraina, annettendo la Crimea e invadendo la regione di Donetsk. La decisione del Presidente Obama di partecipare personalmente al vertice della NATO, sembra essere un chiaro segnale che gli Stati Uniti non tollereranno ulteriori aggressioni da parte di Mosca.

La creazione di questa forza di sicurezza da parte della NATO è estremamente probabile. Nell’organizzazione, infatti, le decisioni vengono adottate secondo il principio dell’unanimità. Il fatto che il Segretario generale abbia parlato con tanta sicurezza di organico e armamenti, è una chiara dimostrazione che la scelta è già stata fatta attraverso colloqui informali tra i rappresentanti dei paesi membri. È importante sottolineare che la decisione di istituire una forza di sicurezza “anti-sovietica” non comporterà, almeno nell’immediato, un intervento diretto in territorio ucraino. Ai sensi dell‘articolo 5 del trattato istitutivo della NATO, ogni attacco contro uno Stato membro dell’Organizzazione sarà considerato un attacco contro l’intera alleanza, i cui membri dovranno reagire ai sensi della legittima difesa prevista dall’articolo 51 della Carta dell’Onu. Il Problema è che l’Ucraina non fa parte della NATO. Essa, infatti, è in attesa di essere ammessa al così detto piano d’azione per l’adesione, una sorta di test in cui l’Organizzazione stabilisce se il paese candidato possiede le caratteristiche necessarie ad entrare nella NATO. Per ovviare a questa situazione diversi paesi hanno proposto di accelerare il processo di adesione il che, tuttavia, sembra assai improbabile dal momento che comporterebbe una violazione sia del Trattato del Nord Atlantico che della prassi sviluppatasi dalla nascita dell’Organizzazione.

I paesi membri della NATO potrebbero decidere comunque di intervenire ai sensi dell’articolo 51 della Carta dell’Onu, il quale riconosce il diritto naturale alla legittima difesa, sia individuale che collettiva. Una simile decisione, tuttavia, sembra essere contraria alla posizione assunta dalle Nazioni Unite, il cui contenuto è stato reso evidente in una dichiarazione rilasciata dal Segretario Generale Ban Ki-moon: “Non c’è una soluzione militare alla crisi in Ucraina. Un dialogo politico per una soluzione politica è il cammino più sicuro”. Nonostante l’evidente intenzione dell’ONU di evitare un intervento militare, la legittima difesa sarebbe comunque possibile, almeno finché il Consiglio di sicurezza non intervenga direttamente nella questione. L’articolo 51, infatti, stabilisce chiaramente la natura temporanea della legittima difesa, esercitata in via d’urgenza e destinata a cessare al momento dell’intervento del Consiglio di sicurezza. Il problema è che qualunque decisione del Consiglio richiederebbe la votazione favorevole dei membri permanenti, ivi compresa la Russia, rendendo di fatto impossibile qualunque intervento dell’Onu in Ucraina.
La NATO, istituita nel 1949 in funzione anti-sovietica è oggi composta da 28 paesi membri (di cui 22 europei). Essa ha trovato nuova vita proprio grazie alla crisi Ucraina. L’anacronistico funzionamento del Consiglio di sicurezza, unitamente alla rinnovata spinta espansionistica di Mosca, sono state determinanti nella rivitalizzazione di un’Organizzazione che sembrava aver esaurito il suo scopo. In questo contesto la drammaticità della situazione esistente in Ucraina è stata descritta con chiarezza dal premier polacco Donald Tusk, neo-Presidente del Consiglio europeo, il quale ha lanciato un accorato appello alla comunità internazionale: “il settembre 1939 non deve ripetersi”. Sono passati 75 anni dall’inizio della seconda guerra mondiale. L’invasione della Polonia da parte della Germania, lanciata da Hitler in una politica espansionistica senza precedenti, dovrebbe essere da monito non solo per la Russia ma per tutti i protagonisti di questa ‘seconda guerra fredda’, che rappresenta una seria minaccia alla pace e alla sicurezza internazionale”.
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1 settembre 2014, 21:31

L’espansione della NATO danneggia gl’interessi europei

La mitica “minaccia russa” sta spingendo l’Occidente a rafforzare il confronto con Mosca. Mentre, al fine di rafforzare la sicurezza globale, ha senso smettere di spaventare il prossimo e cercare di trovare un equilibrio di interessi.

Va sottolineato che il crescente divario con la Russia è incitato dai Paesi dell’Europa orientale che non hanno ancora superato la sensazione di “vittima”. Stranamente, l’Europa occidentale permette loro di usare se stessa in qualità di sponsor dell’isteria anti-russa. Ma sia come sia, il “partito della guerra” è fermamente a cavalcioni dell’opinione pubblica occidentale e non ha intenzione di cambiare l’ordine del giorno. Il suo prossimo passo è la rottura del Consiglio Russia-NATO nel 1997. Per lo stralcio dell’accordo vi erano la Polonia, la Lettonia, la Lituania, l’Estonia e il Canada. Secondo il settimanale tedesco Der Spiegel, un passo verso una simile iniziativa aumenterà il numero di truppe che l’Alleanza Atlantica è in grado di immettere sul territorio dell’ex blocco orientale.

Alla fine di agosto, l’edizione tedesca del Frankfurter Allgemeine Zeitung ha riportato che la NATO prevede di creare cinque nuove basi militari in Europa orientale. In queste basi ci sarà posto per 4.000 persone come parte di unità militari di reazione rapida. Secondo il giornale, così la NATO garantisce la sicurezza dei Paesi membri dalla Russia, la cui posizione dell’alleanza sull’Ucraina vede un attacco alla sovranità di uno Stato confinante. Infatti, le nuove basi saranno in Europa orientale ha detto di recente il Segretario generale della Nato Anders Fogh Rasmussen. Quindi, a quanto pare, la questione dovrebbe essere considerata quasi una conclusione scontata.

Un altro passo chiaramente anti-russo è la creazione della Forza di risposta rapida della NATO con i militari britannici, danesi, lettoni, lituani, estoni, norvegesi e dei Paesi Bassi, progettata per “trattenere” Mosca. La formazione di queste forze sarà annunciata in occasione del vertice NATO in Galles il 4 e 5 settembre. In questo contesto, appare particolarmente evidente la volontà della Finlandia e della Svezia di rafforzare la cooperazione con la NATO. L’accordo sulla mutua assistenza militare tra i due Paesi nordici e la NATO prevede la firma un paio di giorni dopo allo stesso vertice in Inghilterra. Secondo il docente del Dipartimento della politica mondiale dell’Università Statale di Mosca Aleksej Fenenko:

Negli ultimi 20 anni, questi Paesi sono stati relativamente neutrali. La revisione dello status di Svezia e Finlandia effettivamente è iniziata nel 1995 quando hanno aderito all’UE. Da questo momento inizia l’interazione attiva di questi Paesi con le strutture della NATO. Già nel 1997 è stato creato il cosiddetto “gruppo di Copenaghen”, in base al quale i due Paesi insieme con i Paesi baltici sviluppano adeguati piani militari. Così la sua possibile adesione alla NATO si concluderà con un processo abbastanza lungo. Ma le posizioni di Svezia e Finlandia sono diverse. La Svezia ha l’idea di appartenenza all’alleanza. In Finlandia, la situazione è leggermente diversa. Rimanere neutrale fino alla vittoria del “partito della guerra”. Se, tuttavia, la Svezia e la Finlandia approfondiranno la cooperazione con la NATO, per la Russia ciò significherebbe un netto peggioramento della situazione nel Mar Baltico.

Sebbene gli scandinavi sottolineino con forza che l’accordo con la NATO non è un passo verso l’adesione all’organizzazione, gli esperti hanno un’opinione diversa. In generale, sembra che i “falchi” in Occidente, siano solo in attesa della scusa giusta per rafforzare la pressione militare e politica sulla Russia e costringerla ad essere più trattabile. Hanno provocato una escalation di tensioni internazionali organizzando un colpo di stato in Ucraina e sostenendo il nuovo governo in una guerra civile contro il proprio popolo. E ora si prepara a trascinare le strutture della NATO più vicine alla Russia, mettendola nella posizione di “fortezza assediata”, ha detto un esperto militare, il colonnello generale in pensione Viktor Esin:

Tra i due Paesi scandinavi ci sono la Danimarca e la Norvegia, membri della NATO. Se al blocco si uniranno altri due Paesi della regione, nel nord della parte europea della Russia la situazione militare peggiorerà notevolmente. Alcuni circoli hanno a lungo sostenuto l’appartenenza alla Alleanza Atlantica.

La logica di allargamento della NATO è difficile non percepirla come un desiderio di raggiungere un ulteriore indebolimento del ruolo della Russia negli affari internazionali. Promuovere strutture militari per bloccare ai confini la Russia è ricaduta ingiustificata da “guerra fredda”, non importa quanto giustificati possano essere gli argomenti. L’espansione verso est della NATO, l’incremento del potere militare dell’alleanza sono oggettivamente portati alla creazione di nuove linee di divisione in Europa, la deformazione del sistema di sicurezza europea. Essa non solo ha un impatto negativo sul sistema delle relazioni internazionali, ma mina anche la sicurezza della stessa Europa, che a parole tanto preoccupa i suoi alleati oltreoceano. Secondo il politologo Oleg Matveicheva,

L’America incita l’Europa contro la Russia, spaventata dalla Russia. Ora necessita un altro pretesto informativo, attorno al quale si può ancora una volta parlare della mitica minaccia russa. Tutte queste paure indotte diventano molto costose. Le Infrastrutture della Difesa costano denaro, e l’Europa è in crisi. Più aumentano i costi non di produzione, minore è l’investimento nell’area dell’euro, e meglio sarà per l’America.

Il ministro degli Esteri russo Sergej Lavrov ha definito la linea sulla costante espansione della NATO e l’approccio ai confini russi “assolutamente provocatori”. Tuttavia, Mosca incoraggia onestamente a guardare alla situazione senza gli stereotipi da guerra fredda e dimostrare la volontà politica di smettere di parlare con slogan accusatori. In caso contrario, nessuna soluzione sostenibile alla sicurezza continentale sarà raggiunta.
Per saperne di più: http://italian.ruvr.ru/2014_09_01/L-espansione-della-NATO-danneggia-gl-interessi-europei-4386/

Ecco i dieci motivi che danno ragione allo “zar” Putin

02/09/2014

Il Cremlino è stato costretto a reagire all’intesa tra Ucraina e Unione europea: rischiava di perdere corridoi energetici e approdi nel Mar Nero. La minaccia Usa

Uno scacco matto al più abile giocatore di scacchi della scena internazionale. Dietro il tentativo di Stati Uniti ed Unione Europea di scippare a Vladimir Putin il controllo sull’Ucraina si celava quest’azzardo. L’azzardo prende il via lo scorso autunno quando l’Unione Europea cerca di far firmare all’allora presidente ucraino Viktor Yanukovich un accordo di libero scambio.

Dietro quell’accordo si celano intese economiche, politiche e strategiche che puntano, di fatto, a ridimensionare l’influenza internazionale della Russia e spostare verso oriente il raggio d’influenza dell’Alleanza Atlantica. Un tentativo davanti al quale un giocatore di scacchi come Putin non può far a meno di reagire. Per almeno 10 ottimi motivi.

A Il capitolo politico dell’«Accordo di Associazione tra Kiev e Unione Europea» proposto da Bruxelles e firmato il 27 giugno dal presidente ucraino Petro Poroshenko, nascondeva il tentativo di far entrare l’Ucraina nella Nato. A Putin non erano sfuggiti i punti in cui si accennava alla necessità di «approfondire la cooperazione tra le parti nei campi della sicurezza e della difesa» e «promuovere una graduale convergenza in materia di politica estera e sicurezza, con lo scopo di un coinvolgimento sempre più profondo dell’Ucraina nell’area di sicurezza europea». Come dire strappare Kiev a Mosca e regalarla all’Alleanza Atlantica.

B Accogliendo l’Ucraina la Nato avrebbero potuto chiedere a Kiev di partecipare al progetto dello Scudo Spaziale Europeo e di accettare, come ha già fatto la Polonia, lo schieramento sul proprio territorio di sistemi radar e missili statunitensi con una portata di circa 3000 chilometri. Il progetto, presentato come un sistema per neutralizzare attacchi iraniani con missili di lungo raggio, punta, in verità a tenere sotto tiro Mosca e a bloccare eventuali sue mosse a danno di quei paesi dell’Europa orientale, ex membri del Patto di Varsavia, diventati parte integrante del sistema di difesa atlantico.

C Firmando l’accordo di partenariato propostole dall’Unione Europea Kiev avrebbe potuto cancellare i trattati di lungo termine che garantiscono alla Marina Militare russa di affittare e utilizzare Sebastopoli e gli altri porti sul Mar Mero. Senza quei porti la flotta del Mar Nero non avrebbe più potuto accedere al Mediterraneo e al cruciale scalo di Tartus in territorio siriano, una base navale fondamentale per consentire a Mosca di continuare ad esercitare il suo ruolo da grande potenza in Medio Oriente. Per questo ora, dopo essersi annessa la Crimea, Putin potrebbe prendersi anche Odessa.

D L’ Ucraina è uno dei principali corridoi energetici, uno snodo cruciale per il passaggio delle tubature che portano in Europa il petrolio e il gas del Caucaso. Il 30% del gas consumato dall’Europa proviene dalla Russia. L’Ucraina stessa non può sopravvivere per ora senza il gas russo. La rottura tra Bruxelles e Mosca potrebbe spingere le nazioni europee a cercare altre rotte di approvvigionamento. Perdendo il controllo sull’Ucraina la Russia rischia dunque di perdere la cruciale partita che ha come obbiettivo il controllo dei mercati dell’energia nei prossimi venti trenta anni.

E In Ucraina hanno sede almeno 50 aziende che producono componenti e parti di ricambio fondamentali per l’industria militare russa. La sospensione delle forniture decretata da Kiev minaccia la produzione degli aerei Antonov, degli elicotteri d’assalto Mi 26 e degli Mi8 ed Mi17. A rischio anche gli aerei antisommergibile Albatross e le componenti fondamentali per la guida dei missili balistici. Senza i 400 motori per elicotteri acquistati ogni anno dalla «Motor Sich» e senza i sistemi geostazionari della «Zorya Mashproekt» Putin rischia di veder compromesso il proprio potenziale militare.

F La crisi dell’industria bellica, causata dal blocco delle forniture ucraine, rischia non solo d’indebolire militarmente la potenza russa, ma anche di causare un’impareggiabile danno economico. La produzione di elicotteri rischia di risultare compromessa per i prossimi 5 anni. Oltre a dover rinunciare alle entrate per oltre un miliardo di euro annui garantite dalle esportazione di armi Putin dovrà spendere quasi un miliardo e mezzo di euro all’anno per adeguare l’apparato industriale e metterlo in grado di sfornare le componenti prodotte fin qui dall’Ucraina.

G La perdita dell’Ucraina rischia di compromettere il più ambizioso progetto geopolitico di Vladimir Putin, ovvero la nascita nel 2015 dell’Unione Economica dell’Eurasia a cui aderiscono Bielorussia, Kazakistan, Armenia e Kirghisia. Il nuovo colosso, considerato una riproposizione dell’Unione Sovietica, rappresenta già ora un mercato da 171 milioni di consumatori con un prodotto interno lordo da 2 trilioni e mezzo di euro. Ma nei piani di Putin solo l’Ucraina con i suoi 46 milioni di abitanti e la sua produzione agricola e industriale consentirà all’«Eurasia» di contrapporsi a Stati Uniti, Europa e Cina.

H L’Ucraina e la sua capitale furono il fulcro di quel regno conosciuto con il nome di «Russia di Kiev» che nell’XI secolo, all’apice della sua potenza, si estendeva dai Carpazi a sudovest fino alla confluenza tra la Volga e il fiume Oka a nordest, toccando – a nordovest – il mar Baltico e seguendo – al confine sudorientale – il corso del Volga. Per questo per molti nazionalisti russi e per lo stesso Vladimir Putin, Kiev e i suoi territori restano storicamente parte integrante dei territori di Mosca.

I Il riconoscimento dell’indipendenza di Kiev da parte della Russia arriva solo dopo la fine dell’Unione Sovietica nel 1991. Per 900 anni dall’invasione mongola alla fine dell’impero austro ungarico non è mai esistito uno stato chiamato Ucraina. La Repubblica Nazionale dell’Ucraina Occidentale e quella Popolare, sorte nel 1918, vennero in breve assorbite da Polonia e Urss. Nel 2009 lo stesso Putin liquidò l’Ucraina con l’antico termine di «piccola Russia».

J Rinunciando al controllo su un’Ucraina considerata storicamente parte integrante della «grande Russia» Vladimir Putin teme di venir percepito dalla propria opinione pubblica come un nuovo Mikhail Gorbaciov. Il presidente che decretò la fine dell’Unione Sovietica è considerato da gran parte dei russi un inetto, responsabile del collasso della grande crisi economica e politica attraversata dalla Russia negli anni Novanta.

http://www.ilgiornale.it/news/politica/ecco-i-dieci-motivi-che-danno-ragione-zar-putin-1048406.html

 5 cose da sapere su Donald Tusk, il prossimo presidente del Consiglio Europeo

Di Redazione IBTimes Italia | 01.09.2014 10:00 CEST

Donald Tusk, primo ministro della Polonia, è stato scelto all’unanimità dai leader europei come nuovo presidente del Consiglio Europeo. Benché privo di poteri formali, il Consiglio Europeo raccoglie primi ministri e capi di Stato di tutti i Paesi dell’Unione Europea, e Tusk ne sarà il rappresentante sul palcoscenico internazionale.

Tusk assumerà il suo incarico il prossimo primo dicembre, alla scadenza dell’attuale presidente Herman Van Rompuy, ex primo ministro del Belgio. Insieme a Tusk, il Consiglio ha proposto Federica Mogherini, attuale ministro degli Esteri italiano, come Alto Rappresentante dell’Unione Europea (una specie di Ministro degli Esteri UE), la cui nomina dovrà però essere approvata dal Parlamento Europeo.

Ecco cinque cose di cui tenere conto per capire meglio cosa dovrà fare il nuovo presidente del Consiglio Europeo:

Dovrà affrontare importanti sfide in politica estera. Tusk avrà probabilmente a che fare con le conseguenze o con la continuazione della crisi tra Russia e Ucraina. L’Unione Europea sta minacciando nuove sanzioni contro la Russia per ciò che ritiene essere un’invasione militare nel territorio di Kiev. Tuttavia le economie europee sono strettamente legate a quella Russa. La Germania riceve circa il 40 per cento delle sue forniture di gas naturale attraverso una pipeline russa, le istituzioni finanziarie di Londra hanno come importanti clienti un certo numero di ricchi russi, mentre la Francia sta costruendo due navi da guerra da vendere a Mosca. Bilanciare gli interessi diplomatici e quelli economici non sarà cosa facile.

Dovrà affrontare pressioni per riformare l’UE. Il primo ministro del Regno Unito, il conservatore  David Cameron, ha promesso un referendum sulla permanenza del regno nell’UE in caso di rielezione. L’obiettivo è, con buona probabilità, una rinegoziazione dei termini di adesione al blocco europeo, che non è mai stato particolarmente popolare fra gli inglese.

Tusk ha detto che “Nessuna persona ragionevole può immaginare l’UE senza il Regno Unito. Neppure io ce la faccio. Ne ho parlato con David Cameron. Possiamo raggiungere un accordo.”

Tusk, in cambio dell’appoggio alla sua nomina, avrebbe promesso di portare avanti la proposta inglese relativa alla riforma dell’UE, anche se difficilmente essa verrà digerita e approvata dagli altri membri.

Sarà un pioniere. Tusk sarà il primo politico proveniente da un Paese una volta parte del Patto di Varsavia ad essere fra i maggiori rappresentanti di una grande istituzione europea. Tusk è stato un attivista per il sindacato Solidarnosc, che fu l’anima della transizione della Polonia fuori dall’era comunista e che guidò la coalizione del primo governo post-comunista nel 1989.

Dovrà imparare le lingue. Tusk parla soltanto un inglese “stentato”, e quasi per nulla il francese, due delle lingue principali dell’Unione Europea (e della sua burocrazia). Secondo Al Jazeera, per Tusk il problema linguistico non rappresenterà un handicap per il suo nuovo incarico. Stando al Financial Times Tusk ha promesso di migliorare il suo inglese prima di entrare in carica, dicendo che: “Niente sarà mai buono abbastanza per l’Europa, compreso il mio inglese”

Lui sarà un falco, lei una colomba. Forse senza sorprendere nessuno, viste le relazioni storiche fra Russia e Polonia, Tusk è considerato come un falco nella gestione dei rapporti con la Russia e della crisi in Ucraina.

Secondo il Guardian, le sue forti posizioni contro la Russia hanno in qualche modo aiutato Federica Mogherini ad imporsi come Alto Rappresentante dell’UE. Molti Paesi dell’Europa orientale, infatti, avevano ritenuto che la Mogherini fosse troppo leggera nei riguardi della Russia e il suo, Vladimir Putin. Il giornale inglese riposrta che il ticket Tusk-Mogherini ha placato l’opposizione di Paesi come la stessa Polonia che richiedevano una maggiore energia contro Putin e a favore dell’Ucraina.

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