La zona – La Demora : Rodrigo Plà.

La coscienza di un adolescente contro i “muri” dei padri. Un dramma sulle regole morali e le nozioni di coesistenza
Marzia Gandolfi

Un muro alto e impraticabile separa la Zona, un quartiere residenziale e abbiente di Città del Messico, da un mondo di baracche e di miseria. Un temporale e il crollo di un cartellone pubblicitario provocano una breccia in quel muro, dove si infilano tre adolescenti delle favelas in cerca di denaro e di fortuna. Ma il destino decide altrimenti e tragicamente. Due di loro muoiono abbattuti dai colpi della sorveglianza, soltanto Miguel trova rifugio nella cantina di una villa e nel (buon) cuore di Alejandro, un coetaneo più felice e fortunato. Mentre Miguel e Alejandro imparano a conoscersi, i residenti intraprendono una folle caccia all’uomo. Nella prima sequenza della Zona un adolescente percorre una strada residenziale a bordo di un Suv. La vernice brillante dell’auto riflette ville e giardini curati: un dentro perfetto e asettico che riproduce se stesso, mentre il suo fuori, caotico e disperato, “ruba” l’amore sopra un pullman rugginoso.
Nell’opera d’esordio di Rodrigo Plà e nell’universo chiuso della Zona c’è il vuoto spaventoso di una lucida determinazione, che spinge residenti sfacciatamente ricchi a confinarsi e a confinare l’umanità derelitta. È un viaggio di sola andata nelle coscienze, paranoiche e mai riscattate, di un gruppo di uomini, donne e ragazzini, nessuno escluso, che si sono dati un sistema di regole fisse che non ammettono né concepiscono eccezioni.
La zona non è una storia di adolescenti ma è il racconto di una crescita, con orrendi segreti da scoprire e contrasti da sciogliere: il sopra e il sotto (la casa e la cantina; il ricco e il povero), il dentro e il fuori (le favelas e il quartiere residenziale), la luce e il buio e i grandi e i piccoli (cattivi padre e cattivi poliziotti contro figli che si lasciano toccare da ciò che è diverso, scoprendolo uguale).
Rodrigo Plà gira un film corale in cui la regressione dell’uomo allo stadio crudo del primordiale rende i rapporti tra vittima e carnefice nitidi e perfetti: non sono più la legge e la giustizia a regolamentare la convivenza all’interno di quella società (auto)esiliata. I residenti nella Zona si offrono al puro istinto, si è prigionieri o carcerieri, non possono esserci vie di mezzo, al punto che la valutazione etica dei personaggi viene messa in relazione con il comportamento tenuto nei confronti del prigioniero/vittima. Tutto appare più semplice e il vero totem contro l’ipocrisia e l’ottusità degli adulti diventa un adolescente. Il senso della storia e della giustizia è dalla sua parte. È Alejandro a spezzare la catena della disuguaglianza e dell’isolamento. Nel suo gigantesco gesto si rivela la sostanza tragica del racconto: la trasgressione di Alejandro riguarda la legge del padre, è un atto di disubbidienza rispetto a quello che gli è stato prescritto, è un percorso etico e conoscitivo.

http://www.mymovies.it/dizionario/recensione.asp?id=54609

http://cameo.cineama.it/focus-on-la-demora/

Focus on: La demora

Se domani dovessi scrivere un libro su Rodrigo Plà (ipotesi tanto improbabile quanto assurda) lo intitolerei LA ZONA come il titolo del suo film più famoso, quello che dà un senso chiaro sia alle pellicole fatte in precedenza che a quelle fatte successivamente. Perchè Rodrigo Plà è un cineasta di zone, cioè di aree, luoghi circoscritti, posti che paiono vincolati. Già tempo fa parlando di Top Floor Left Wing avevamo accennato a come i piccoli quartieri, le zone chiuse da palazzi aggressivi siano uno spunto tipico per il cinema indipendente, votato al racconto degli ultimi. Ecco Rodrigo Plà magari non racconta sempre gli ultimi ma di certo racconta sempre di zone. Come in La demora, gran titolo ma terribile locandina (almeno quella dell’edizione europea perchè l’originale è molto meglio), a certi film gli devi voler bene proprio ad occhi chiusi…..

Qui la storia è quella dello spiazzamento dato dalla mancanza di una vera casa, vissuta attraverso un uomo anziano, preda di vuoti di memoria, ricordi che tradiscono e smarrimenti, che vive con la figlia in un’altra dimora rispetto a quella in cui dovrebbero stare, quella in cui ha vissuto tutta la sua vita. Come tipico degli anziani ovviamente non manca di rimarcare la cosa di continuo. In tutto il film si parla di ricordi, di ambienti e di luoghi e poi li si va a cercare senza trovarli, ci si perde nel vicinato, letteralmente in un fazzoletto, e solo per cercare la vecchia casa.
Ora, chi ha visto La zona ricorda che quello era un film di fantascienza al presente (chi non l’ha visto recuperi subito!). Senza vagare in secoli o decenni futuri, lì Plà imbastiva una trama fantascientifica ai giorni nostri, raccontando di una città in cui i poveri vivono in una zona delimitata da mura, cancelli e guardie armate, dall’altra parte della quale stanno i ricchi. Una notte un temporale crea una crepa nel muro che fa da barriera e gli abitanti della zona confinata possono travasare dall’altra parte.

L’uruguaiano è quindi affascinato da come il luogo condizioni la persona. Un anziano che vaga disperato perchè non ritrova il posto che chiamava casa (e si ostina a non ritenere la nuova dimora casa sua) e dei poveri che sconfinano dal ghetto in cui erano tenuti con la forza nella parte per ricchi.
Il cinema moderno è convinto che ci sia qualcosa nei posti che abitiamo o nei luoghi in cui siamo inseriti, qualcosa in grado di cambiarci e grazie al cielo ha tutti i mezzi per raccontarlo! Meglio delle altre arti visive, il cinema riesce a muoversi nelle città, a raccontare gli spazi e quindi a mostrare come ci cambino, che rapporto intrattengano con le persone. Non è cinema-urbanistico ma antropologico, lo studio dell’uomo visto nel posto in cui sta.
La demora è fatto di interni squallidi e amicizie di quartiere, di passeggiate e angoli di strada, di un generale smarrimento (del protagonista e dello spettatore che non ha bene le coordinate spaziali di dove ci si trovi perchè tutto è sempre inquadrato da vicino) e nonostante nel film ci sia molto altro, lasciato al personaggio della figlia, lo stesso l’impressione è che sia quel modo di girare in un luogo a costituire la ragion d’essere della pellicola.

I malavitosi di Gomorra, la famiglia nobile di Io sono l’amore, il capo di stato di L’uomo nell’ombra, i disperati di L’Odio ma anche gli spensierati benestanti di Notting Hill, gli alieni di District 9 (arrivati per loro sventura a Johannesburg) e le donne di Sex & the City sono solo alcuni esempi dei moltissimi personaggi e delle moltissime storie del cinema e della tv contemporanei che cercano di creare il loro senso a partire dagli ambienti. Film e serie tv girate in posti scelti con la stessa cura con la quale si scelgono gli attori, perchè i posti, il loro squallore o splendore, il loro stile e i loro suoni, definiscono i personaggi. Le zone di Rodrigo Plà a questo servono, lui più di altri rimuove l’inganno ed espone il fatto che i veri protagonisti dei suoi film non sono gli esseri umani ma i luoghi, capaci di perderli, di cambiarli, di definirli, veri artefici del destino individuale.
Questo non è il cinema dei multisala.

Non ricordarsi dove sia casa propria è come non avere una casa” cito più o meno a memoria dalle parole ad un certo punto pronunciate dall’anziano protagonista di La Demora, un uomo che pare spaventato di non esistere più perchè percepisce di non avere una dimora fissa. L’intuizione di Plà è così forte che è capace di andare anche oltre la riuscita dei singoli film. Radicalizzare un discorso, portarlo all’estremo, guardare i luoghi con sguardo nuovo.

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Amour : Michael Haneke

http://www.controappuntoblog.org/2012/12/11/amour/

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