poiché ciò con cui l’atomo è in rapporto sono, sì, atomi, ma altri atomi.

Nella repulsione è dunque attuato il concetto dell’ atomo, secondo cui esso è l’astratta forma e, del pari, il contrario, l’astratta materia; poiché ciò con cui l’atomo è in rapporto sono, sì, atomi, ma altri atomi. Ma se io mi comporto con me stesso come con un altro in senso immediato, il mio è un comportamento materiale. È la massima esteriorità che possa pensarsi. Nella repulsione degli atomi dunque la materialità dei medesimi, espressa nella caduta rettilinea, e la loro determinazione formale, espressa nella declinazione sono unite in una sintesi.

Democrito, in contrasto con Epicuro, concepisce come un moto violento, un’opera della cieca necessità ciò che per questo è l’attuazione del concetto di atomo. Già abbiamo visto come egli indichi quale sostanza della necessità il vortice ( dinh ) originato dalla repulsione e dall’ urto degli atomi. Egli vede dunque nella repulsione solo gli aspetti materiali, la scissione, il mutamento, non l’aspetto ideale in base al quale è negato ogni rapporto con l’altro ed il movimento è posto come autodeterminazione. Ciò appare chiaro dal fatto che si raffigura in guisa del tutto sensibile lo stesso corpo diviso in molti dallo spazio vuoto, come oro che sia diviso in pezzi. Non vede insomma nell’uno il concetto di atomo.

Giustamente polemizza con lui Aristotele : “sarebbe perciò da domandare a Leucippo e a Democrito, i quali affermano che i primi corpi si muovevano nel vuoto e nell’infinito, di che genere sia il movimento e quale il movimento adeguato alla loro natura. Giacché, se ognuno degli elementi è mosso dall’altro con violenza, è pur sempre necessario che ognuno abbia anche un movimento naturale, oltre a quello violento; e questo primo movimento deve essere non violento, sibbene naturale. Diversamente si ha un processo all’infinito”.

La declinazione epicurea dell’atomo ha mutato dunque tutta la struttura interna del mondo degli atomi, in quanto per suo mezzo ha luogo la determinazione della forma e si attua il contrasto insito nel concetto di atomo. Epicuro ha pertanto affermato per primo, anche se in forma sensibile, la natura della repulsione, mentre Democrito ne ha conosciuto soltanto l’esistenza materiale.

È per questo che troviamo in Epicuro anche forme più concrete di repulsione: nel campo politico il contratto, nel campo sociale 1′ amicizia, esaltata come bene supremo.

 

Nella teoria delle meteore si rivela dunque l’anima della filosofia naturale di Epicuro. Niente è eterno di ciò che distrugge l’atarassia dell’autocoscienza individuale. I corpi celesti turbano la sua atarassia, la sua interna armonia, perché sono l’universale esistente, perché in essi la natura è diventata autonoma.

Non dunque la gastrologia di Archestrato , come pensa Crisippo, ma l’assolutezza e libertà dell’autocoscienza è il principio della filosofia epicurea, anche se l’autocoscienza è concepita solo sotto l’aspetto dell’individuale.

Se l’astratta autocoscienza individuale è posta come principio assoluto, ogni scienza vera e reale in tanto risulta soppressa in quanto l’individualità non domina nella natura stessa delle cose. Ma crolla anche tutto ciò che è in una posizione di trascendenza di fronte alla coscienza umana e perciò appartiene all’intelletto immaginato. Se invece l’autocoscienza, che si conosce solo nella forma dell’universalità astratta, è elevata a principio assoluto, allora si aprono tutte le porte alla mistica superstizione ed estranea alla sfera della libertà. La riprova storica di ciò è nella filosofia stoica. L’astratta autocoscienza universale ha insomma in sé l’impulso ad affermarsi anche nelle cose, nelle quali si afferma solo negandole. Epicuro è perciò il più grande illuminista greco, ed a lui spetta la lode di Lucrezio.

“Humana ante oculos foede cum cita iaceret,
in terris, oppressa gravi sub Religione,
quae caput a caeli regionibus ostendebat,
horribili super aspectu mortalibus instans,
primum Graius homo mortalis tollere centra
est oculos ausus primusque obsistere contra;
quem neque fama deum nec fulmina nec minitanti
murmure compressit caelum…
Quare Religio pedibus subiecta vicissim
opteritur, nos exaequat victoria caelo”.

(“Mentre l’umana stirpe, aperto spettacol deforme, / su la terra giaceva schiacciata, chè, d’incubi grave, / la Religione, il capo sporgendo da l’alto dei cieli, / con orribile aspetto minace su i vivi incombeva, / primo fu un uomo greco, mortale, che, alzando lo sguardo, / conficcoglielo in volto, incontro, a magnanima sfida: / né degli déi la fama, né folgori e rombi minaci / l’atterriron dal cielo… / onde la Religione a terra a sua volta prostrata / sotto i piedi ci giace, e al cielo il trionfo ne aderge”, traduzione di Parrella)

La differenza tra la filosofia naturale di Democrito e quella di Epicuro, esposta alla fine della parte generale, si è trovata ulteriormente confermata e sviluppata in tutti i campi della natura. In Epicuro dunque 1’atomistica, con tutte le sue contraddizioni, è svolta e compiuta come scienza naturale dell’autocoscienza, la quale è un principio assoluto nella forma dell’individualità astratta, fino all’estrema conseguenza, e cioè fino alla sua dissoluzione ed alla sua cosciente opposizione all’universale. Per Democrito invece l’atomo è solo l’espressione generale obbiettiva della stessa indagine empirica della natura. Di conseguenza l’atomo rimane per lui pura ed astratta categoria, ipotesi, che dell’esperienza è il risultato, non il principio energetico, e che perciò rimane inattuata, così come l’indagine naturalistica positiva non è più da essa determinata.

Differenza tra la filosofia della natura di Democrito e quella di Epicuro : Karl Marx (1841)

Differenza tra la filosofia della natura di Democrito e quella di Epicuro

 

Lucrezio – De rerum natura LIBER V – Differenza tra la filosofia della natura di Democrito e quella di Epicuro :Marx

 

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