19 agosto 1978: rivolta al carcere dell’Asinara

19 agosto 1978: rivolta al carcere dell’Asinara

A seguito del rapimento del presidente della Democrazia Cristiana Aldo Moro, nel 1978, le condizioni dei detenuti politici nelle carceri italiane, soprattutto nelle “speciali”, peggiora sensibilmente.
Dal mese di marzo in tutte le strutture carcerarie italiane pacchi portati dai familiari non possono più contenere carne cotta, salumi, formaggio, dentifricio e sigarette.

In particolare, nel carcere di massima sicurezza dell’Asinara, che ospitava perlopiù detenuti politici appartenenti all’area della sinistra cosiddetta “eversiva”, la situazione è ancora più grave: i prigionieri sono costretti a mangiare solo ciò che gli viene fornito dalla direzione, molti di loro sono rinchiusi in quattro in celle di tre metri per quattro, e gli viene impedito di uscire per tutto il giorno, i reclusi di diverse celle non si incontrano mai, nemmeno durante l’ora d’aria, l’isolamento è totale.

Le medicine portate dall’esterno vengono sequestrate, con la scusa di farle analizzare, nella sala colloqui sono stati impiantati degli enormi divisori di vetro, che non permettono ai detenuti di avere contatti con i famigliari.

In particolare il reparto “Fornelli”, in cui sono stati rinchiusi la maggior parte dei brigatisti, nappisti e compagni più in generale, è la sezione del carcere dell’Asinara più tartassata: i secondini aprono e rubano da ogni pacco, spesso anche i soldi mandati dall’esterno vengono trattenuti dalle guardie carcerarie, che sfogano continuamente la propria frustrazione sui detenuti e sulle loro famiglie, costrette ad estenuanti attese per qualche minuto di colloquio con il prigioniero, dietro un vetro e tramite un microfono.
Le voci che girano nel carcere parlano anche di microspie che sarebbero state montate a seguito del sequestro e omicidio Moro in alcune delle zone comuni: lo stesso direttore del carcere, in un’intervista del 2009, ammetterà che le microspie erano state montate in alcune parti dell’isola, in particolare nelle zone dalle quali i detenuti transitavano prima di essere smistati ai vari bracci.

Sono queste le condizioni che portano, sabato 19 agosto 1978, giorno di colloqui, i detenuti politici, coordinati da alcuni appartenenti alle Brigate Rosse, a dare vita ad un’azione di protesta contro le condizioni inumane in cui sono costretti a vivere e contro i pestaggi dei secondini, organizzati e diretti dal direttore del carcere, Luigi Cardullo.

Quella mattina i primi cinque detenuti chiamati a colloquio attaccano con ogni mezzo a disposizione le mensole e i vetri divisori antiproiettile, spaccandovi sopra le sedie; i secondini, che inizialmente provano ad intervenire, vengono redarguiti, spiegando che il loro intervento avrebbe spostato la contraddizione, che in quel momento coinvolgeva esclusivamente l’esecutivo e gli organi del potere carcerario.
Nel frattempo i prigionieri al passeggio iniziano una mobilitazione di massa, mentre viene distribuito un volantino che, in particolare, propone un programma immediato su cui articolare la lotta: abolizione del’isolamento individuale e di gruppo, creazione di spazi di socialità interna, aumento delle ore d’aria, abolizione dell’isolamento dall’esterno, cioè eliminazione dei vetri divisori, aumento dei colloqui, abolizione del blocco dell’informazione e della censura.

I secondini, presi alla sprovvista, inizialmente non sanno come fronteggiare la rivolta, ma il direttore della prigione prende presto in mano la situazione, ordinando l’intervento delle guardie all’interno dei “Fornelli” per sedare la rivolta, mentre i cinque detenuti che avevano distrutto la sala colloqui vengono pestati e portati nel “bunker”.
Le forze dell’ordine entrano nel carcere come delle furie, pestando senza pietà chiunque fosse al passeggio, e continuando a picchiare anche quando i prigionieri sono a terra, inermi. Il corpo a corpo prosegue, i detenuti del terzo passeggio riescono anche a colpire ripetutamente il direttore Cardullo, mentre piano piano arretrano fino alle celle. Altri tre “politici” vengono prelevati e trasferiti al bunker.

Nella tarda serata Horst Fantazzini, rapinatore e rivoluzionario ribelle, che ha ricevuto colpi pesanti al viso e alla testa, va in coma; il suo stato di salute è talmente grave che viene trasferito d’urgenza all’ospedale di Sassari, ma viene riportato all’interno del carcere, nonostante le condizioni cliniche, dopo nemmeno ventiquattro ore.

Pesanti saranno le rappresaglie messe in atto dalla direzione carceraria che, oltre a spostare numerosi detenuti nel bunker d’isolamento, diminuirà il passeggio ad una sola ora, mentre le autorità riescono a mettere quasi totalmente a tacere tutta l’azione al di fuori del carcere, negando la dimensione di massa della rivolta ed attribuendola a “pochi brigatisti isolati”.

Durante tutta la settimana successiva vi saranno numerosi momenti di lotta all’interno e all’esterno del carcere di massima sicurezza dell’Asinara: se da una parte continueranno le azioni di organizzazione e di rivolta da parte dei detenuti, dall’altra numerose saranno le mobilitazioni delle organizzazioni dei famigliari, che occuperanno ripetutamente gli uffici del Giudice di Sorveglianza.

Sabato 26 agosto, la direzione del carcere, ormai logorata da una settimana di rivolta, e preoccupata per l’imminente visita dell’ispettore ministeriale, concederà ai detenuti il rientro ai Fornelli di tutti coloro che erano stati portati al bunker, il raddoppio dell’ora d’aria, assicurerà che non vi saranno altri trasferimenti al bunker, si dichiarerà disponibile all’autodeterminazione della composizione delle celle, ventilando anche la possibilità di effettuare un colloquio mensile senza vetri.

http://www.infoaut.org/index.php/blog/storia-di-classe/item/2363-19-agosto-1978-rivolta-al-carcere-dellasinara

da “Carcere informazione” maggio – giugno 1978

Dall’Asinara Fornelli

(alcuni stralci della lettera di un detenuto a una compagna esterna)

…Ti faccio presente le ultime novità di questo “kampo”. Dopo il rapimento del presidente della DC Aldo Moro, il Ministero, ufficio dodicesimo, ha dato ordine di procedere all’immediata “censura” a tutti i prigionieri di guerra e a tutti i prigionieri proletari che si trovano nelle due sezioni “speciali”. Verso sera sempre dello stesso giorno (17 marzo) è giunto sempre dallo stesso ufficio che: non fanno più passare i pacchi dei familiari che contengano all’interno la carne cotta, salumi, formaggi, dentifrici e infine le sigarette di qualsiasi tipo. Quello che ancora può passare sono i dolciumi e la biancheria intima. Compagna, come vedi i “kampi” vanno sempre più restringendosi. Il materialismo storico ci ha fatto ancora vedere la “realtà”: più stringono più s’avvicina l’abbattimento della borghesia.
Il motivo è ancora un altro; i nemici del proletariato, non avendo mai preso più nessun compagno in questi ultimi due anni, si sono accaniti contro i rivoluzionari prigionieri… Ricordiamo benissimo Cuneo, Novara, Termini Imerese che all’apertura hanno adottato una stretta di forza. All’ordine del giorno erano i pestaggi, le provocazioni continue, ecc.
(…)
In questo discorso non è toccato questo “kampo”, perché non si avvicina agli altri. In questo “kampo” la situazione è ben altra. Non si sono verificati casi come quelli appena citati ma bensì più gravi. Te ne accenno qualcuno: l’obbligo di mangiare quello che passa la direzione, 23 ore e mezzo chiusi in una cella di tre metri per quattro, ognuna di queste celle ospita quattro prigionieri, pochissime sono le celle che si incontrano al passeggio, tutto questo porta all’isolamento totale, alla distruzione del corpo e all’annientamento psicologico…
…Non mettere roba da mangiare nel pacco, non ce la danno più. Dimenticavo: le medicine che mi avevi mandato me le hanno sequestrate e le hanno mandate ad analizzare. Se ti è possibile mandami non medicine in pasticche ma in fiale di vetro, possibilmente nella loro custodia illustrativa per evitare che s’intasi l’ufficio analisi del comune! Sequestrano anche il vinavil, perché dicono che bisogna usare la colla dei nostri avi, quella classica che odora di mandorla col suo bravo pennellino di setola di maiale (ovviamente in custodia di plastica). Di altro che posso dirti? Con la “chiusura” dei pacchi la fame si è abbattuta sui Fornelli. Contemporaneamente sono entrati in funzione i colloqui col vetro e ora sono i “familiari” ad essere “torpedonati” fino ai Fornelli dove appunto è sorta la prodigiosa “sala colloqui” tecnologicamente avanzata!
Tuttavia, nonostante queste “innovazioni”, il morale qui è buono. E’ tutto molto regolare! Mi sembra giusta questa logica.
Cosa presuppone e quali sviluppi prospetti una situazione simile (soprattutto il divieto di nutrirsi) è tutto un altro discorso di cui la storia non mancherà di farsi carico. L’ordine ministeriale di “censura di massa” è solo una formalità di nessun conto in quanto essa era già praticata in modo chiaro anche se continuava la pietosa scena di aprirti la busta davanti (dopo averla aperta e richiusa altrove). Queste tutte le novità qui.

senza firma

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da “Rivista anarchica” novembre 1978

Lettere. Il lager dell’Asinara

Cari compagni,
sono stato liberato recentemente dal lager dell’Asinara e considero mio dovere informarvi di alcune cose che ho visto e vissuto là dentro.
Per lungo tempo sono stato rinchiuso nel reparto Fornelli, lo stesso dove c’erano Curcio e tanti altri brigatisti e nappisti ed altri detenuti. La vita là dentro è una merda, un vero inferno: solo dopo la rivolta che abbiamo fatto in agosto abbiamo ottenuto un litro d’acqua (in busta) al giorno. Per 22 ore al giorno si è rinchiusi nella cella con altri detenuti, quindi si va all’aria con loro, sempre con loro, solo con loro. I contatti umani con gli altri sono ridotti quasi a zero: è uno schifo, ti fregano anche sui soldi che magari ogni tanto ricevi da qualcuno che ti aiuta, sono dei bastardi…
In agosto (ne hanno parlato anche i giornali) c’è stata la rivolta, organizzata da quelli delle B.R. Quel giorno hanno dato a tutte le celle l’indicazione di andare compatti all’aria, noi ci siamo andati senza però sapere perché. Loro avevano già bell’e pronto un comunicato che diceva ai secondini di non rompere i coglioni, perché la rivolta non era direttamente contro di loro: ma se provavano a fare qualcosa, le B.R. avrebbero fatto intervenire contro di loro i nuclei esterni. Nel comunicato ci informavano anche che proprio nello stesso momento alcuni detenuti delle B.R. stavano distruggendo la sala-colloqui, per protesta contro i vetri, i microfoni, le difficoltà imposte da Cardullo ai familiari per i colloqui. I secondini non se l’aspettavano, non sapevano che cosa fare e si sono rivolti per via gerarchica su su fino a Cardullo, che ha ordinato l’intervento delle guardie. Sono venute dentro come delle furie, pestando con i manganelli in modo da far cadere i detenuti e poi pestarli a terra. Io mi sono un po’ salvato in qualche modo, ma altri le hanno prese, ma tante che non me lo dimenticherò mai. Alla fine alcuni hanno dovuto portarli all’ospedale di Sassari, ricordo Gianfranco Bertoli che con Horst Fantazzini restava in piedi e quelli giù a pestare, gli hanno quasi spaccato una gamba e la sua schiena era nera come un materassino. A Horst gli hanno conciato molto anche la faccia, sanguinava tutto. Io non sono anarchico e non sono però d’accordo nemmeno con quelli delle B.R. che hanno deciso tutto loro e ci hanno messo in quella bella situazione senza essere preparati: se lo sapevo, almeno mi mettevo addosso qualche maglia e non uscivo come un pirla in calzoncini corti e basta.
Di carceri ne ho viste tante, ma l’Asinara è un’altra cosa. Ce n’è di gente là dentro che ha l’erba (con questo termine viene indicato l’ergastolo, nel linguaggio carcerario – n.d.r.) è dura, porco dio, è dura.
Saluti rivoluzionari

un compagno

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http://www.horstfantazzini.net/testimonianze_asinara.htm

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