La “Belle Ferronnière” di Leonardo al restauro
In assenza, per ora, di testimonianze scritte o documenti visivi che possano dirimere il mistero sull’identità della dama del Louvre, vale la pena ricordare l’ipotesi, meno battuta, che Leonardo avrebbe qui ritratto Isabella d’Aragona, sposa del legittimo duca di Milano Gian Galeazzo Sforza, morto nel 1494, forse avvelenato per ordine del Moro. A detta dei contemporanei bellissima e fierissima, privata dallo spregiudicato Ludovico Sforza del ruolo di legittima duchessa di Milano, costretta a lasciare Milano dopo la discesa dei francesi, separata forzatamente dal figlio Francesco, portato prigioniero in Francia, Isabella stessa soleva firmarsi “infelice duchessa di Milano”. Nonostante la sorte avversa, non perse mai, si racconta, né la propria bellezza né il carattere altero che l’aveva sempre contraddistinta. La supposizione che la dama del Louvre sia da identificare con la principessa aragonese è sostenuta da Alessandro Ballarin nel suo Leonardo a Milano, in cui è raccolta una poderosa documentazione su Isabella, e sulle poche immagini di lei che ci sono pervenute. Benché, come ammette lo stesso studioso, “il mio sospetto che quel ritratto sia il ritratto di Isabella, non si appoggia su alcunché di oggettivo”, l’ipotesi ha un suo fascino e una sua verosimiglianza.
Tuttavia, la Belle Ferronnièreva ricordata non tanto per l’annoso, e forse insolubile, mistero dell’identità di questa splendida donna, quanto per l’importanza ‘epocale’ che il dipinto di Leonardo ha nella storia del ritratto:
“[…] la bella Gentildonna lombarda rappresenta una mutazione epocale nella concezione del ritratto: con riferimento alla storia stessa di Leonardo, dal ritratto di un gesto, di uno scatto, di una pulsione vitale che è sinergia del corpo e del pensiero in relazione alla chiamata da qualcosa fuori campo, al ritratto dell’anima che per rivelarsi non ha bisogno del corpo. La rappresentazione diviene “iconica”: nessuna partecipazione delle braccia e delle mani, le forme corporee chiuse in disegni ovoidali perfetti, il busto, di taglio acuto, spostato leggermente a destra perché l’occhio apprezzi la profondità dell’ombra che la isola e la circonda e cominci a girarle attorno, la testa che si volge quasi frontale in modo che lo sguardo, uscendo da quell’ombra, possa ipnotizzarci. Martin Kemp ha osservato che «il movimento che ci invita a lei sembra raggiunto ma, crudelmente, ella evita ancóra di guardare direttamente verso di noi e rivolge il suo sguardo sottomesso verso qualcuno che è come collocato leggermente più in alto di lei, come se fosse situato alla nostra destra»; e Pietro Marani ha fatto un’osservazione analoga scrivendo di uno «sguardo che, evitando lo spettatore, costringe quest’ultimo a spostarsi verso destra per intercettarlo, né questo può avvenire, tuttavia, e da ciò scaturisce l’impressione di uno sguardo sfuggente, mobile, di grande suggestione». L’osservazione coglie il geniale artificio […]: mai Leonardo avrebbe potuto farci guardare dritto negli occhi dalla donna, la quale ci guarda ed anzi ci ammalia, e dà a noi l’impressione che ci consenta di guardarla dentro, ma senza che i nostri occhi s’incontrino. […] le cose, in questo caso la psiche della donna, sono vicine, ma sono anche inattingibili, ci eludono”.1
Il nostro augurio, naturalmente, è che il restauro sia davvero ‘intelligente’ e che ci restituisca una migliore lettura del capolavoro leonardesco.
in effetti tutte le controversie sull’attribuzione a Leonardo erano basate proprio sulla mancanza delle mani che sono sempre presenti in Leonardo in modo particolarmente significante, è difficile pensare che Leonardo mette in primo piano una balaustra brutta anche! si è giunti ,credo; alla conclusione che si tratti di un dipinto lasciato incompiuto e terminato da qualche allievo di bottega. Io personalmente sul viso e sullo sguardo non ho dubbi
http://storiedellarte.com/2014/01/la-belle-ferronniere-di-leonardo-al-restauro.html