11 Febbraio 2001 : BOCCE AL CENTRO, 1 Maggio

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BOCCE AL CENTRO

Ci sembra che il dibattito sul Reddito di Cittadinanza stia prendendo in questi ultimi giorni una strada fuorviante, e cioè quella di considerare il RdC un meccanismo per avere semplicemente dei soldi in tasca per avere un pò di tempo libero in più e la possibilità di fare altro, senza l’incombenza di andare per forza a lavorare. Ora questo è uno degli aspetti, ma, forse, non il principale. Secondo noi la richiesta del RdC ha soprattutto un valore di lotta politica per rivoltare completamente i valori stabiliti dalla classe dominante e subiti dalla maggioranza delle persone: l’ideologia del lavoro salariato. Perché è proprio questo il punto. Se col prevalere del capitalismo produttivo il lavoro salariato aveva una funzione importante nella formazione del profitto e di conseguenza sulla formazione della ricchezza e quindi era anche intimamente legato all’acquisizione del reddito, col prevalere del capitale finanziario il lavoro salariato acquista soprattutto una funzione di dominio ideologico della classe dominante. Quest’ideologia permea la società, non perché essa convince le classi subalterne, ma perché il possesso dei mezzi di comunicazione e la seduzione della propaganda delle merci, impedisce il diffondersi di un’ideologia alternativa. Oltretutto quest’ideologia lavorista è accettata e a volte sponsorizzata anche da chi dice di voler rivoluzionare questa società, e questo impedisce ancora di più il” lavoro” di abbattimento di questa sovrastruttura ideologica. Anche da alcuni “antagonisti” ci sentiamo dire spesso che i proletari si liberano dalla loro condizione di proletari solo continuando a vivere questa condizione e lottando quindi per” migliori condizioni”. Come pure ci sentiamo dire spesso che la gente vuole lavorare e non avere il reddito. Strano. Noi vediamo che, dove la disoccupazione è regola fissa il Sud dell’Italia, le persone mentre affollano i concorsi per i lavori a tempo indeterminato, trascurano i lavori che adesso sono in auge: quelli con l’aggettivo a fianco. Quando alcuni mesi fa a Foggia fu indetto un concorso per posti (a termine) di bidello (pardon operatore scolastico) e di spazzino (pardon operatore ecologico) si presentarono in tre persone per alcune decine di posti di lavoro. Naturalmente ci furono grandi inchieste sociologiche e si spararono tante cazzate per spiegare come mai in una città col 40% di disoccupazione nessuno si fosse presentato a coprire quei posti; come si sparano tante cazzate per spiegare il fatto che nel solito Sud disoccupato c’è sempre più bisogno di ricorrere agli extracomunitari per il lavoro in agricoltura. Non parliamo poi di quelle che si sparano per spiegare il fatto che i soliti giovani del Sud non vanno a coprire i posti di lavoro “gentilmente” offerti dalle fabbriche del Nord-Est. A nessuno viene in mente la risposta più ovvia: quello che i disoccupati cercano non è il lavoro, ma il REDDITO, per cui rifiutano tutti quei lavori, in cui il rapporto tra fatica e guadagno sia pencolante a favore della fatica e non del guadagno. Essi non vogliono il lavoro stabile, perché vogliono la garanzia di buttare il sangue per tutta la vita, ma perché vogliono la garanzia del reddito per tutta la vita. L’unica cosa che ancora, forse, non hanno recepito è che questa garanzia ormai non te la da neanche il lavoro a tempo indeterminato, sia perché lo vogliono smantellare come tale, sia perché le classi dominanti operano per erodere del tutto il potere d’acquisto dei salari. E qua cominciano le carenze e le responsabilità di quelli che si vogliono contrapporre al sistema. Come mai le “avanguardie operaie”, i sindacati di base e tutti i movimenti antagonisti non introducono questi discorsi proprio in quei posti di lavoro “stabili” che ancora, per poco, sopravvivono al post-fordismo?
Possibile che non si rendano conto che continuare a lottare per difendere il loro piccolo orticello sempre più piccolo, presto si ritroveranno senza orticello e senza neanche la forza di lottare su altri obiettivi? Nel caso qualcuno non se ne fosse accorto le povertà stanno aumentando in tutto il mondo ed anche nelle società del benessere. E fra i ceti che si stanno impoverendo ci sono forse più di altri, proprio quei ceti operai “garantiti”. A fronte di questa situazione, ed in mancanza di soluzioni alternative accettabili per le classi subalterne, si diffondono le risposte individuali, che tendono, guarda caso, all’ottenimento del “Reddito”. Ed allora vediamo che l’Italia, per esempio, diventa una nazione di giocatori incalliti, tanto che lo Stato da imprenditore si è trasformato in biscazziere, che aumentano le risposte “criminali” (come le definiscono i nostri mass-media) all’aumento della povertà: aumenta la “microcriminalità”, aumenta in alcune zone l’adesione alle organizzazioni criminali. In parole povere gli individui cercano le strade che conoscono per ottenere quello che veramente vogliono, e cioè il Reddito. Sono risposte individuali e quindi non immediatamente politiche, anzi a volte antipolitiche, ma sono risposte ad un problema reale. D’altronde i problemi creati dalle classi dominanti hanno avuto sempre le prime risposte a livello individuale; le risposte collettive e politiche hanno sempre recepito le risposte individuali e le hanno trasformate in risposte politiche generalizzandole: la politica dei luddisti non è stata studiata a tavolino, ha solo recepito piccole risposte individuali già presenti nel mondo delle fabbriche dell’epoca; quando negli anni ’60-70 si scoprì che si poteva fermare la produzione intera con gli scioperi di reparto o di mansione lavorativa, molto probabilmente lo si capì perché magari qualche operaio fermando il lavoro per un suo qualsiasi problema anche individuale si era ritrovato senza saperlo a bloccare la produzione generale, visto che era l’epoca della catena di montaggio. Fra l’altro questa è anche una risposta a chi dice che non è possibile utilizzare le armi del nemico contro di lui. Cosa vogliamo dire? Vogliamo dire che se non si riesce a capire che la vera richiesta politica che viene dalla società, per ora a livello individuale, è la richiesta del Reddito, ci troveremo a vivere in una società avulsa, o per meglio dire saremo noi ad essere avulsi nella società. Veniamo alle obiezioni che vengono fatte alla proposta di RdC. Prima obiezione: è una proposta riformista, perché presuppone un ente erogatore. Ci sembra che chi fa questa obiezione scordi che in una società divisa in classi il motore della trasformazione è quello dello scontro fra le classi. La classe dominante utilizza per mantenere il suo potere due meccanismi principali: rendere il profitto, e quindi se stessa, visto che il profitto è la sua essenza, quanto più possibile, libera dalla necessità della produzione e della classe che permette la produzione stessa (il proletariato). Per ottenere ciò crea altri meccanismi di formazione del profitto stesso: la finanza. Essa è legata soprattutto alla virtualità della produzione stessa; non si ricava profitto vendendo macchine, ma garantendo la possibilità di vendere macchine anche nel futuro, scommettendo cioè non sullo sfruttamento reale, di oggi, ma sullo sfruttamento nel futuro, quindi virtuale. Come pure si ricava profitto, scommettendo sulla propria possibilità di ricavare profitto dallo sfruttamento reale di oggi, ma di altre imprese, che si accollano i rischi e spesso anche i costi con un guadagno minimo, a favore di altre imprese, che acquisiscono la quasi totalità dei profitti, quasi senza rischi, come succede per esempio alla NIKE. In questo modo la classe dominante modifica a proprio vantaggio i rapporti di forza, visto che i suoi profitti non sono intimamente legati alla produzione e quindi alla classe operaia. Il secondo meccanismo è invece legato all’ideologizzazione del lavoro. Quando i “sinistri di governo”, e non solo loro, continuano al mettere al centro della politica e dei rapporti sociali il lavoro, non fanno altro che consegnare al padronato legati mani e piedi i proletari di oggi e di domani, in quanto si fa passare nelle teste la necessità di essere intimamente legati nei loro bisogni alle necessità del profitto. Il compito di chi vuole rivoluzionare la società è invece quello di tranciare definitivamente quel legame che i nostri riformisti vogliono così intimo. Il legame del proletariato alle merci non si elimina convincendolo a farne a meno volontaristicamente, ma togliendo alle merci stesse quel valore superiore che gli è stato dato dalle classi dominanti. Finché le merci saranno appannaggio di alcuni e non di altri esse avranno un valore che non è reale, ma forse più importante, quello del possesso. Chi ha queste merci se le terrà strette, visto che si considera un privilegiato, chi non le ha cercherà di ottenerle in tutti i modi. Come si può pensare di portare a livello di massa scelte che quasi sempre sono di natura ideologica? Se spesso alcune esperienze di CSOA, nonostante la loro forte carica ideologica, sono state risucchiate nel vortice del mercato dello spettacolo, come si può pensare di evitare questi pericoli generalizzando esperienze come i LETS? Le merci perderanno questo valore aggiunto quando saranno appannaggio di tutti, non nel senso che tutti le avranno, ma nel senso che tutti avranno la possibilità di possederle. Allora la merce cesserà di essere un feticcio. Allora sarà possibile liberarsi della forma merce. Allora si potrà instaurare un diverso rapporto fra vita, lavoro e bisogni. Non vogliamo semplicemente avere 3.000.000 in tasca per pagare le bollette, vogliamo avere i famosi 3.000.000 perché riteniamo che la ricchezza prodotta in questa società ci appartiene, visto che viene prodotta da noi, o in quanto lavoratori, o in quanto possibili lavoratori, o in quanto perpetuatori di lavoratori sul cui sfruttamento stanno scommettendo i padroni. Loro vogliono il profitto al centro del contratto sociale, noi vogliamo che al centro del contratto sociale ci siano le persone coi loro bisogni e le loro potenzialità. Loro vogliono che la ricchezza sia destinata al profitto, noi vogliamo che la ricchezza sia finalizzata alle persone, alla crescita delle loro potenzialità e al soddisfacimento dei loro bisogni.
Se questo è riformismo, allora noi rivendichiamo apertamente di essere riformisti.
La seconda critica che viene fatta al RdC, paradossalmente dalle stesse persone che la tacciavano di riformismo, è di essere un obiettivo impossibile: nessuno concederà mai il reddito di cittadinanza.
Che nessuno lo concederà, perlomeno volentieri, è indubbio. Ma a questo punto ci si permetta una piccola battuta. Si dice che una proposta riformista come il RdC non sarà mai permessa, mentre una proposta rivoluzionaria come i LETS te la fanno tranquillamente praticare. Scusate, ma a questo punto qualcosa non ci quadra: per la prima volta nella storia una classe dominante permette al becchino di preparargli la fossa, mentre non accetta che un chirurgo plastico gli rifaccia il viso. Non sarà che qualcuno ha preso lucciole per lanterne? Ma entriamo nel merito. Nessuno ha mai pensato di andare allo Stato e chiedergli per favore il RdC universale e incondizionato. Sappiamo benissimo che per raggiungere questo obiettivo ci vuole un cambiamento epocale, prima nelle coscienze degli sfruttati, e poi col rivolgimento sociale tout court. Ma sappiamo benissimo che se non si comincia a far crescere una coscienza collettiva antilavorista, ci ritroveremo con un millennio di capitalismo, che nel suo continuo autoriformarsi, si servirà non solo dello sfruttamento classico dell’uomo, ma si creerà cloni, biotech e rapine della natura, che porterà alla subordinazione non solo dell’operaio al DIO PROFITTO, ma dell’ambiente, dei pezzi di ricambio umani e di tutto quello che al profitto può essere finalizzato, chiaramente distruggendo tutto il resto. In pratica quello che qualcuno, Jack London, chiamò il tallone di ferro. E di tutto questo non sarà responsabile solo il padrone, ma anche coloro che succubi di questa ideologia lavorista, avranno accreditato tutto ciò. Come si vede niente di riformista, e nessuna richiesta elemosinante allo Stato. La proposta del RdC non c’entra nulla col salario sociale o col salario minimo garantito. Queste sono richieste minimali e elemosinanti con una certa dose di propaganda elettorale; per cui attaccare il RdC con argomentazioni che si possono riferire ai salari sociali è cosa pretestuosa, che serve solo a mascherare l’incapacità a trovare argomenti reali. Siamo in una fase in cui il Capitale è all’attacco per imporre il suo dominio assoluto, compito di chi combatte il sistema è quello di lottare per la liberazione generale. L’afflusso di masse sempre più imponenti verso i paesi ricchi mette in risalto un grande problema: quello della subordinazione e dell’invisibilità. Il loro è il rifiuto dell’esclusione, è la richiesta di visibilità della loro situazione di schiavitù proprio nei paesi causa della loro schiavitù. Vengono a pretendere il guadagno per la fatica che il Capitale ha loro imposto. Continuano ad accettare condizioni di lavoro per noi miserabili, ma il loro è un primo rifiuto di condizioni ancora più miserabili. Vengono a reclamare un reddito maggiore di quello percepito a casa per tempi di lavoro inferiori a quelli svolti a casa: vengono cioè a reclamare reddito.
Come si vede è un problema all’ordine del giorno, non un’utopia. Bisogna cominciare a porre il problema all’ordine del giorno anche politicamente, in maniera generale, altrimenti le risposte individuali a questo problema verranno riassorbite in un ambito pseudokeynesiano ed assistenzialista. Non basta lottare contro lo sfruttamento minorile nel mondo del lavoro, non basta lottare contro lo schiavismo dei bambini e delle donne nel lavoro terzomondista, bisogna dare risposte alla necessità mondiale di reddito. Se non liberiamo dal bisogno i contadini dell’India, questi per la sopravvivenza venderanno i semi alle multinazionali, e allora lo schiavismo sarà totale: non ci saranno LETS o altro che tengano. Forse qualcuno non se n’è accorto, ma siamo in un passaggio cruciale: entro breve tempo verranno decisi i rapporti sociali nel mondo “globalizzato”, e cioè nell’Impero Unico del capitale post-fordista. Se l’ideologia Tatcher-Reaganiana del lavoro precarizzato e schiavizzato sfonda a livello planetario, bisognerà prepararsi ad un periodo mediamente lungo di fascismo economico e anche politico, fatto di guerre continue e di immiserimento sociale progressivo, con il moltiplicarsi di scontri sociali a forte connotazione razzistica; già ci sono tutti i segnali. Bisogna rimettere le bocce al centro e tentare noi di impostare la partita, cercando di modificare le regole del gioco. Accettare le regole imposte dal Capitale significa la sconfitta sicura, come sconfitta sicura comporta il rifiuto di giocare la partita, richiudendosi nelle piccole nicchie di LETS o di CSOA. La partita è quella del rapporto fra Capitale e Lavoro, fra profitto e reddito. Bisogna giocare la partita, ma bisogna giocarla cercando di cambiare le regole del gioco e l’unico cambiamento di regola possibile è questo: la rigidità del reddito. Al proletario non interessa tanto la rigidità del lavoro, ma quella del reddito. Se vogliono farci lavorare due mesi l’anno ci sta pure bene, anzi ci sta anche meglio due ore l’anno; ma il reddito lo dobbiamo pretendere per tutto l’anno, e deve essere subordinato non alle ore di lavoro svolte, ma alle esigenze e ai bisogni del proletario. E’ questa la nuova regola da imporre, in modo da giocare la partita ad armi pari,
PER VINCERLA.

Huambo de
L’Avamposto degli Incompatibili

 

http://www.controappunto.org/documentipolitici/lavoro%20e%20reddito/bocce%20al%20centro.htm

11 Febbraio 2001

 

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