“Ti con zero” e l’infinito di Calvino
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Il conte di Montecristo
�Dalla mia cella, posso dire di com’è fatto questo castello d’If in cui mi trovo da tanti anni imprigionato. [�]
Le immagini che uno si fa stando rinchiuso si susseguono e non s’escludono a vicenda [�] Tendo l’orecchio: i suoni descrivono attorno a me forme e spazi variabili e sfrangiati. Dallo scalpiccio dei carcerati cerco di stabilire il reticolo dei corridoi, le svolte, gli slarghi, i rettilinei interrotti dallo strisciare del fondo della marmitta alla soglia d’ogni cella e dal cigolio dei chiavistelli: arrivo solamente a fissare una successione di punti nel tempo, senza rispondenza nello spazio. [�]
Non so quante volte l’Abate Faria abbia tentato l’evasione: ogni volta ha lavorato per mesi facendo leva sotto le lastre di pietra [�]. A ogni impresa fallita, ricomincia a correggere i disegni e le formule di cui ha istoriato le pareti della sua cella; [�].
Al modo d’evadere ho pensato e penso molto anch’io; anzi ho fatto tante supposizioni sulla topografia della fortezza, sulla via più breve e più sicura per raggiungere il bastione esterno e tuffarmi in mare, che non so più distinguere tra le mie congetture e i dati che si fondano sull’esperienza. Lavorando di ipotesi riesco alle volte a costruirmi un’immagine della fortezza talmente persuasiva e minuziosa da potermici muovere a tutto mi agio col pensiero; mentre gli elementi che ricavo da ciò che vedo e ciò che sento sono disordinati, lacunosi e sempre più contradditori.
[�] di tutte le immagini conservate nella memoria, che adesso continuo a scomporre e ricomporre nelle mie congetture, nessuna combacia con l’altre, nessuna m’aiuta a spiegare quale forma ha la fortezza e in che punto il mi trovo. [�] Ora che, passati gli anni, ho smesso d’arrovellarmi sulla catena d’infamie e di fatalità che ha provocato la mia detenzione, una cosa ho compreso: che l’unico modo di sfuggire alla condizione di prigioniero è capire come è fatta la prigione.
Se non sento il desiderio d’imitare Faria, è perché mi basta sapere che qualcuno sta cercando una via d’uscita per convincermi che una tale via esiste; o che almeno, che ci si può porre il problema di cercarla. [�] le sole informazioni di cui dispongo sul luogo dove mi trovo mi sono date dalla successione dei suoi errori.
[�]
I diagrammi che io e Faria tracciamo sulle pareti della prigione assomigliano a quelli che Dumas verga sulle sue cartelle per fissare l’ordine delle varianti prescelte.
[�]
Così continuiamo a fare i conti con la fortezza. Faria sondando i punti deboli della muraglia e scontrandosi con nuove resistenze, io riflettendo sui suoi tentativi falliti per congetturare nuovi tracciati di muraglie da aggiungere alla pianta della mia fortezza-congettura.
Se riuscirò col pensiero a costruire una fortezza da cui è impossibile fuggire, questa fortezza pensata o sarà uguale alla vera [�] o sarà una fortezza dalla quale è ancora più impossibile che di qui � e allora è segno che qui una possibilità di fuga esiste: basterà individuare il punto in cui la fortezza pensata non coincide con quella vera per trovarla �.
http://matematica-old.unibocconi.it/interventi/BischiLetter/bischilettcalvino3.htm
Calvino nel caso del Conte di Montecristo
capovolge il metodo delle CosmiComiche
poiché invece di trasformare in favole le ipotesi scientifiche, qui crea
postulati scientifici da un racconto romantico: dall’ipotesi astronomica dell’Uni-erso in espansione nasce l’immagine del carcere in espansione.
Naturalmente l’associazione di idee tra i due concetti non è casuale. Calvino con la metafora del carcere voleva rappresentare il mondo caotico, la cui cognizione oggettiva,
analogamente a quella del carcere d’If, risulta impossibile ai singoli individui.
In Calvino la conoscenza del mondo è fin dal principio un obiettivo inattuabile
perché l’essere umano, che è un sistema operazionalmente chiuso, non ha accesso diretto alla realtà.
La sua conoscenza è indiretta e si realizza attraverso le interpretazioni fornite dagli organi di senso.
La percezione sensitiva che, per sua natura, non ha la capacità di rispecchiare l’intera realtà,
nell’atto della comprensione svolge una funzione costruttiva. Di conseguenza la concezione del mondo diventa sempre solamente una versione possibile della realtà.
Da questo risulta che tutto è relativo, anche il significato della realtà, il quale non è, però, la caratteristica della realtà stessa, non è qualcosa che esiste “lì fuori”,ma viene prodotto nella coscienza dell’essere umano attraverso le sue relazioni con la realtà.
Il mondo così perde la sua oggettività e acquista la forma multipla delle possibili
interpretazioni individuali. Calvino con l’immagine del carcere in eterno cambiamento voleva rappresentare la pluralità delle possibili realtà che si alternano secondo la nozione dell’interprete.
La percezione sensitiva, per il fatto che rende plurale la realtà, svolge anche
una altra funzione: ostacola la formazione di una concezione coerente e unitaria
del mondo. Questo è il motivo per cui né Faria né Dantes riescono a costruire la
mappa della prigione. Nel loro ragionamento, che si basa sull’interpretazione
personale dei fatti, il carcere si moltiplica secondo le diverse realtà sperimentate. Il loro problema nasce dal fatto che essi «non producono Leggi […] semplicemente ne traggono le conseguenze e le generalizzano».
Faria «procede dal semplice al complesso, poiché deve comprendere ogni imprevisto che incontra nel suo cammino, Dantés invece, parte dal disordine dei dati e cerca di comporre la semplicità di un disegno che non perde nulla della complessità delproblema».
L’impossibilità dell’evasione deve essere attribuita proprio ai loro metodi
sbagliati, poiché né quello induttivo (il tentativo di rinvenire una Legge da una
serie di prove consecutive) né quello deduttivo (la verifica di una Legge formulata in precedenza attraverso esperimenti successivi)
possono rendere un’indagine efficace
il labirinto della letteratura nel Conte di Montecristo di Calvi
L’inseguimento
“Devo affrettarmi a trovare una soluzione e siccome l’unico campo che mi sia aperto è quello della teoria, non mi resta che continuare ad approfondire la conoscenza teorica della situazione. La realtà, bella o brutta che sia non mi è dato cambiarla”
L’inseguimento è un problema di spazio e un problema di tempo : poiché si racconta di una gara di velocità, si tratta di un problema di rapporto tra le due grandezze
“Quello che i nostri calcoli hanno certamente in comune è che in essi gli elementi che determinano il moto individuale delle nostre macchine – potenza dei rispettivi motori e abilità dei piloti – non contano quasi più niente, e ciò che decide tutto è il moto generale della colonna, o meglio il moto combinato delle varie colonne che s’incrociano nella città”
la situazione nel tempo-spazio permette all’inseguito e all’inseguitore solo l’azione di continuare a procedere entrambi nella stessa direzione, incastrati come sono nella colonna di automobili. L’unico valore reale e realizzato è la posizione reciproca delle due auto, e cioè che uno dei due è il perseguito dell’altro
“Il Tempo in pezzi, frantumato, logoro:
d’ansie che stride e s’impiglia:
ecco svanisce. S’apre una vertigine,
vola dalle mie ciglia alle tue ciglia,
il tempo che conoscono le palpebre
al battito d’uno sguardo che brilla,
tra le tue mani e la tua pelle in brivido,
le labbra, i denti, l’unghia che ti artiglia:
ecco abitiamo il tempo delle origini,
degli oceani, con la conchiglia,
il vulcano, le foglie, le meteore,
mentre il tempo fuori è una poltiglia
nel groviglio dei secoli.”
Italo Calvino (Turi, 2003: 9)