“Dogville” di Lars von Trier: un’agghiacciante parabola sulla ferocia umana
Diviso in 9 capitoli e un prologo, il film si avvale di una scenografia di stampo teatrale in cui dominano gli spazi vuoti e si alimenta di una struttura narrativa ridotta quasi all’osso che viene puntualmente portata avanti da un narratore onnisciente. La ricchezza del linguaggio utilizzato da quest’ultimo è inversamente proporzionale alla povertà delle immagini: ciò porta ad una inconsueta stimolazione dell’immaginazione di chi guarda che rimanda in parte all’esperienza della fruizione letteraria. Non puntare affatto sulla componente scenografica permette a von Trier, oltre che di demitizzare nelle fondamenta la classica macchina dei sogni hollywoodiana, di concentrarsi sui personaggi e le tetre dinamiche dei rapporti che li legano, portando per mano lo spettatore in un mondo riprovevole, persino assurdo e paradossale nella la sua crudeltà. Fino all’agghiacciante finale. La durata di quasi tre ore in alcuni momenti si fa sentire, ma il cineasta danese riesce nel complesso a costruire un racconto minimalista e disperante di indubbia forza.
http://cinemagnolie.blogspot.it/2010/10/dogville-di-lars-von-trier.html
Recensione di Pasquale D’Aiello
Il film è ambientato agli inizi degli anni trenta. Grace, una giovane donna in fuga da alcuni gangster, arriva a Dogville, dove trova rifugio in cambio di lavoro. Se, inizialmente, pare rintracciabile un equilibrio, e Grace sembra trovarsi bene nel paesino, la donna sarà successivamente vittima di ricatti, sfruttamenti e violenze di ogni genere. Nonostante ciò, la giovane protagonista perdona tutto, volendo accettare la meschinità altrui. La parte finale del film vede l’arrivo del padre di Grace a Dogville. Era lui, come si saprà, ad essere il capo dei gangster, e da lui Grace era fuggita per evitare di condividerne la vita. Dopo un dialogo tra Grace e suo padre, la donna comprende l’infondatezza del suo precedente comportamento e decide di far affrontare a Dogville la responsabilità di ciascuna azione passata. I titoli di coda hanno come sottofondo una serie di foto che, al suono di Young Americans di David Bowie, indicano la chiave di lettura del film.
Dogville rappresenta indubbiamente una carica innovativa di notevole potenziale nell’ambito della tecnica narrativa su almeno due piani: l’allestimento scenografico e la sceneggiatura. Su queste innovazioni si radica una storia di forte impatto emotivo e di ampia portata che potremmo dire, per ora, di essere imperniata sul concetto di “ospitalità”.
Scenografia.
Il film si sviluppa su un set teatrale, sostanzialmente immodificato durante l’intero sviluppo del film, che rappresenta la città di Dogville. La città si compone di una piccola via (Elm street) sulla quale sorgono 9 abitazioni in cui abitano 15 adulti, 4 bambini e un cane. Le case sono sono rappresentate dal disegno della loro pianta sul pavimento e sono assolutamente prive di pareti e di porte. Tutto il resto è reale, tranne il cane che e’ disegnato. Sia le porte che il cane emettono suoni. Questa scelta scenografica segna un netta divisione: ciò che è immutabile non è necessario sulla scena. Anche il cane è immutabile, in quanto i suoi sentimenti non cambiano nel tempo. Forse sarebbe più corretto dire che ciò che non muta è di ostacolo alla comprensione del messaggio e pertanto va eliminato. Su questo spazio piatto e scarno che è la scena un attento uso delle luci riesce a focalizzare l’attenzione sui sottoinsiemi spaziali di interesse. L’assenza delle pareti delle abitazioni permette di mettere a nudo i pensieri, le parole, le opere e le omissioni dei protagonisti. Svelandoci le relazioni più profonde che sottendono al nostro vivere sociale.
Sceneggiatura
Il film è diviso in 9 capitoli più un prologo. I dialoghi contengono spesso affermazioni di principio che assolvono al compito di far assurgere il film ad opera mirabile e maestosa. Le affermazioni morali trovano supporto e giustificazione nello sviluppo degli eventi narrati. L’intero film si pone come metafora e ricalca, pertanto, la struttura narrativa del Vangelo. I dialoghi sono essenziali, senza apparire scarni.
La storia
L’opera di Von Trier realizza un’autopsia delle relazioni individuali e collettive che vengono attivate nell’incontro con l’altro, lo straniero. Mette in luce in potenziale destabilizzante di questo incontro. Il confronto mette in discussione le consuetudini, mette alla prova l’etica e la morale di chi “accoglie”, applica sollecitazioni all’impalcatura sociale che può crollare se costruita su convizioni improprie o superate e tenuta insieme solo da un rivestimento di ipocrisia e convenzioni. Il film narra di una donna di nome Grace (la Kidman) che cerca rifugio in una piccola cittadina statunitense (Dogville), inseguita da una banda di gangster. Qui un ragazzo, Tom, con la passione incompiuta per la scrittura e una inconcludente per i sermoni la prende in simpatia e riesce a farla accogliere dall’intero villaggio. Tom propone di sottoporla a un periodo di prova di 2 settimane, durante il quale gli abitanti valuteranno se accoglierla definitivamente oppure no. Tom consiglia a Grace di svolgere dei lavori per ogni abitante, per ricevere il suo gradimento. Gli abitanti ritengono dapprima di non aver bisogno di nessun aiuto dalla bella e fragile Grace. In un crescendo mostruoso, gli abitanti arrivano a ridurre in schiavitù la giovane donna, imponendole abusi e violenze di ogni tipo, da quella sessuale a quella morale, accusandola di ogni misfatto. La circostanza che Grace sia ricercata anche dalla polizia, oltre che dai gangsters, funge da catalizzatore delle violenze su di lei. Tom, pur innamorato di lei e ricambiato, non riesce ad instaurare una storia d’amore con lei e neppure a proteggerla dalla violenza degli abitanti. Egli preferirà, sempre e comunque, l’accettazione da parte del suo gruppo sociale all’amore di lei, finendo addirittura col tradirla e riconsegnandola ai gangster (pensiero di cui non si era mai liberato). Si scoprirà che il capo dei gangster era suo padre ed ella utilizzerà il potere di lui per vendicarsi dei torti subiti, distruggendo l’intera cittadina e uccidendone tutti gli abitanti, ad eccezione del cane, riservando per se il compito di uccidere Tom.
Difficile non riconoscere in questo film una metafora dell’ospitalità (o “accettazione”, nelle parole di Tom) intesa nella sua formula più ampia del fenomeno migratorio che investe le ricche società capitaliste occidentali. La pellicola ci mostra tutto l’iter (o forse sarebbe più opportuno dire calvario) cui viene sottoposto l’immigrato: la diffidenza, l’accoglienza paternalistica, lo sfruttamento. Egli viene privato del suo involucro umano, è impossibile amarlo, è continuamente ricondotto a oggetto: economico, sessuale. Insomma una merce. L’etica paternalistica piccolo-borghese che sovrintende all’ordinamento sociale è incapace di governare il fenomeno migratorio. Lars Von Trier ci mostra lucidamente l’esito di tale conflitto: la distruzione della nostra società. Qualcuno (anche le siepi, nella scenografia, sono solo disegnate e indicate dalla sritta “bushes”) lo chiama terrorismo, per Von Trier è (in)evitabile distruzione
http://www.storiadeifilm.it/drammatico/drammatico/lars_von_trier-dogville%282003%29.html
Dogville, a film from Danish director Lars von Trier (2003), is somewhere in between nowhere (utopia) and elsewhere (heterotopia). The representation language is limited to its very minimal aspect: nil for the outside world, lines on the floor for walls, specificity of the houses symbolized by a unique element. This space is just like any other spaces in cinema, it exists outside the reality since it is representing this same reality. The heterotopia, here is thus questioning the relationship maintained between the subject and the representation in a comparable way that Magritte’s painting Ceci n’est pas une pipe (This, is not a pipe). The aesthetic of the movie is therefore created by this minimal representation and provokes (at least for me) a strong feeling of claustrophobia.
http://thefunambulist.net/2010/12/16/heterotopias-in-cinema-dogville-from-lars-von-trier/