Denaro : Manoscritti economico-filosofici del 1844, The Power Of Money: Karl Marx
Rosa Luxemburg : i limiti dell’espansione del capitalismo
http://www.controappuntoblog.org/2012/01/14/rosa-luxemburg-i-limiti-dellespansione-del-capitalismo/
Ma quanti governi contiene il governo Renzi?
È noto che Max Weber sostenesse come la sete di lucro, di guadagno immediato e spropositato, non avesse molto a che fare con il capitalismo. Ci sarebbe quindi da domandarsi se, secondo la visione weberiana, Warren Buffett o il messicano Carlos Slim siano dei capitalisti. O pensare che, in fondo, Steve Jobs era davvero quello che credeva di far credere di essere: il fidanzato segreto di Joan Baez che creava prodotti magici. Il punto è che, secondo questi schemi weberiani, Matteo Renzi è davvero un politico capitalista: non riesce infatti a creare le condizioni per i guadagni spropositati di nessuno. Nonostante qualcuno, da Londra a New York (dove i prospetti di Goldman Sachs consigliano di comprare Bot, Btp e Cct), lo abbia evidentemente sostenuto per questo. Certo l’ambizione di Renzi, e del ceto politico provinciale e rapace di cui è espressione, sarebbe altra. Ma il capitalismo e la politica hanno leggi spietate che non si superano con le conferenze stampa messe in piedi, con tanto di slides, per coprire il fatto che i decreti annunciati non sono stati emanati dal governo. Ma andiamo per gradi.
Come si sa, a meno di non essere in preda ad una delle tante forme esistenti di complottismo, non esistono governi organici. Ogni governo è, dal punto di vista politico, un incrocio di complessità e di instabilità, di imprevisti che ritroviamo, in sottofondo, anche nelle dittature. Il governo Renzi sembra proprio, nonostante il marketing, essere fin troppo attraversato da complessità e instabilità, per non parlare degli imprevisti. Non solo: non è neanche chiaro, probabilmente nemmeno allo stesso Presidente del Consiglio, quanti governi Renzi effettivamente esistano. Intanto ce ne sono già due dal punto di vista delle politiche economiche e comunitarie.
Esiste un governo Renzi, con Padoan Ministro dell’Economia, ortodosso dal punto di vista dell’austerità e dei tagli, attento alle indicazioni di Bruxelles e di Francoforte. E anche con una prospettiva macroeconomica basata tutta su produttività ed export, modello che comincia a vacillare anche in chi lo propone (la Germania, l’unico paese che avrebbe gli strumenti per un’inversione di modello verso l’allargamento del mercato interno).
Ma c’è anche un governo Renzi che, poche settimane fa, prima della formalizzazione dell’incarico, ha fatto sobbalzare le prime pagine di qualche giornale tedesco a causa delle dichiarazioni, rimaste inosservate in Italia, sullo sforamento del 3% del deficit. È lo stesso governo Renzi che è stato lanciato dal Financial Times, con tanto di articoli di columnist prestigiosi, nella speranza che il rigore tedesco, grazie all’Italia, si rompa non solo in Germania in sinergia con la ripresa, quella drogata dalle politiche della Federal Reserve, degli Stati Uniti. Quindi ci sono almeno due governi Renzi, per non parlare del terzo, quello che deve mediare tra i due. E per non parlare di quello che non contenta certo Confindustria con le conferenze stampa “mille euro in mano”, piuttosto che un decreto di riduzione dell’Irap, che magari avranno effetto elettorale ma nessuno macroeconomico, salvo deprimere l’economia con i tagli alla spesa ai quali preludono.
Oppure c’è il governo Renzi a cui applaude Confindustria, che ha intrapreso una nuova politica (questa sì per decreto), di allargamento del periodo di apprendistato. Preludendo ad una nuova stagione di precarizzazione del lavoro e di compressione del salario che anche a livello mainstream è conosciuta come causa dell’abbassamento della produttività. Già, si guardi a questo lavoro (a livello Ocse non su Battaglia Comunista) dove si dimostra come sia proprio la precarizzazione del lavoro, con misure alla Jobs Act, alla base del tanto deprecato decremento di produttività in Italia.
http://www.oecd.org/regreform/reform/44537061.pdf
Insomma, una stroncatura, basata su dati 1995-2008, delle politiche Prodi I, sulla precarizzazione del lavoro, e Prodi II, riduzione del cuneo fiscale, che oggi vengono reiterate, dal tipo di governo Renzi che piace a Confindustria, in attesa del prossimo fallimento a livello macroeconomico. Quello di cui si occuperanno, come al solito, Repubblica, Unità, Tg 7 per il restyling successivo degli assetti di potere. Bisogna poi capire, dal punto di vista stretto degli schieramenti parlamentari, quale governo Renzi sia egemone. Quello del Pd che, finalmente, esprime il segretario al governo dell’esecutivo? Quello che dipende dal nuovo centrodestra di Alfano? Quello delle intese esplicite, ed esplicitate, con Berlusconi? C’è poi un governo Renzi, quello che deve rispondere, di quello che fa, ai sindacati secondo le fantasie di Camusso e Landini. Ma qui siamo su un piano di antimateria che non ha nulla a che fare con la politica.
I molti governi Renzi, complessi e instabili, devono quindi fare i conti con gli scogli reali: quello tedesco e quello rappresentato dalla Bce. Il primo parla via Napolitano e via Padoan, non solo affossatore dell’Argentina ma, a suo tempo, difensore dell’ortodossia dell’austerità tedesca persino contro l’FMI. Il secondo invece parla da sé, vedi il comunicato della Bce che boccia pubblicamente, come politica dai progressi “intangibili”, le renzinomics. Il timore della Bce è evidente: quello di trovarsi un governo, di minor peso politico ed economico rispetto alla Francia, che un giorno trovi la voglia di giocare, anche in solitario, a sforare i parametri di deficit e debito per favorire i propri interessi (e quelli degli investitori che glielo suggeriscono). Per quanto i governi Renzi contino meno di Hollande, il comportamento troppo libero dell’Italia, che imbarca debito pubblico come una catinella fa con l’acqua piovana, potrebbe portare un sovraccarico di problemi a una governance della Bce che è più delicata di quanto comunemente si pensi.
La risposta del governo Renzi, o di uno dei tanti governi Renzi, alla Bce è chiara: i sacrifici verranno fatti ”non perché ce lo chiede l’Europa ma per le future generazioni”. Questo significa che, almeno nel nucleo duro della maggioranza renziana del Pd, prima o poi si pensa di sciogliere gli equivoci specie con Padoan e, per il “bene delle generazioni future”, si aprirà qualche conflitto con “l’Europa”. Di quelli che servono a chi scommette, finanziariamente ed economicamente, su Italia vs. Germania, che nessuno si faccia illusioni di sinistra.
Del resto, capacità di maquillage di Renzi a parte, i numeri parlano chiaro. La spending review, per bocca del suo stesso commissario, più di 3 miliardi di “risparmi”, del resto depressivi per l’economia, per il 2014 non si riesce a fare. È altamente improbabile che la stessa spending review generi tagli sette volte tanto nel 2015 e dieci volte tanto nel 2016 (come da previsione del governo, per bocca dello stesso Renzi). Più semplice che si arrivi al conflitto tra le varie anime del governo, rinviandolo, sotto la forma di previsioni ottimistiche sui tagli, a tempi più adatti.
Per adesso ci sono quindi troppi governi Renzi perché possa davvero guadagnarci, e tanto, qualcuno in particolare. Saranno contenti i weberiani e renziani allo stesso tempo. Magari qualcuno, come il finanziere Serra grande sponsor di Renzi, ha collocato con profitto i Btp. Ma al momento non si intravede nessuno in grado di fare il grande affare con il governo. Come fece il gruppo Berlusconi che, con l’entrata in politica, ha letteralmente rovesciato, e in positivo, il rapporto tra debiti e crediti. Ma per adesso nessuno sembra fare il grosso, grasso affare con il governo Renzi. Ci rimetterà ovviamente una società composita, polimorfa, e ormai stabilmente arretrata di almeno un lustro rispetto ai processi reali, come quella italiana. E oggi, nella società dell’accelerazione, cinque anni di ritardo sono tanti. Ma ogni società vive sempre la propria storia, fino in fondo, e le inversioni di tendenza volano sempre, e comunque, sulle ali di un dramma collettivo che produce tante vittime e pochi innocenti.
Per Senza Soste, nique la police
13 marzo 2014
http://www.senzasoste.it/nazionale/ma-quanti-governi-contiene-il-governo-renzi
SICILIA: SI ABOLISCONO LE PROVINCIE MA LE CASE CROLLANO A LA GENTE SI DA’ FUOCO.
http://www.operaicontro.it/?p=9755718352
Renzi promette che forse a maggio avremo degli sconti sulle tasse. In Campania nelle buste paga di marzo i lavoratori dipendenti e pensionati avranno una bella sorpresa. La stangata riguarda gli acconti e i saldi da pagare delle addizionali regionali e comunali Irpef. Secondo uno studio del Servizio politiche territoriali della Uil (con una elaborazione sul peso delle aliquote Irpef locali per un reddito medio imponibile di 23mila euro), a Napoli un contribuente si troverà a pagare 123 euro di acconto totale, su una media nazionale di 97 euro. Un aumento, rispetto allo stesso mese dello scorso anno di 12 euro (31,6%): con l’addizionale regionale invariata, ovvero 73 euro, e quella comunale aumentata da 38 a 50 euro. Come cifra complessiva nell’annualità 2014, a Napoli, un lavoratore dipendente e un pensionato medio si troveranno a pagare un’Irpef federale pari a 651 euro (467 addizionale regionale, 184 quella comunale). Nel 2012, il totale era di 605 euro (addizionale regionale stabile con aliquota al 2,03, mentre quella comunale si aggirava intorno ai 138 euro). L’aumento dunque è di 46 euro per l’addizionale comunale (+33,3%). Renzi promette e Renzi ci frega Un NapoletanoLE STANGATE
Redazione di Operai Contro,
http://www.operaicontro.it/?p=9755718358
“Più che un ‘governo del fare’, questo è il ‘governo delle fan-fare’”, esordisce Pierpaolo Leonardi, dell’Esecutivo Nazionale USB, annunciando che domani, venerdi, l’Usb porterà in piazza a Roma migliaia di lavoratori pubblici, precari e dei servizi. Obiettivo: Montecitorio. “Fra i molti frizzi, motti, strizzate d’occhio alle telecamere e ai social network, il Presidente imbonitore non dice che le sue promesse verranno finanziate dai tagli della spending review, ovvero meno servizi sociali, privatizzazioni dei gioielli di famiglia, vendita di consistenti parti del patrimonio pubblico; pesante attacco al pubblico impiego, con decine di migliaia di persone in mobilità; chiusure e accorpamenti di uffici; chiusura o privatizzazione delle partecipate, in particolare trasporti, igiene ambientale e servizi alla persona, i cui costi comunque lieviteranno per i cittadini”. “Non si rinnovano i contratti – prosegue l’analisi di Leonardi – e quanto promesso di recupero economico attraverso una modifica della tassazione per i redditi fino a 25.000 euro non copre neanche lontanamente quanto si perde, e quanto si si è perso, con il blocco dei contratti e della vacanza contrattuale”. “Ai pensionati non va un euro – aggiunge il dirigente USB – neanche a quelli al minimo. Non va un euro a coloro che guadagnano meno di 8.000 euro l’anno e che quindi non pagano tasse, gli incapienti. Ai disoccupati non va un euro né un pensiero. Agli ex-LSU ATA e a tutto il mondo del precariato non si dà alcuna prospettiva di lavoro e di reddito. La Cassa integrazione in deroga scompare, e quella ordinaria e quella speciale non potranno intervenire in caso di cessazione dell’attività”. Evidenzia Leonardi: “Alle imprese si regalano nuove flessibilità, allungando a tre anni il periodo di prova e, così facendo, si elimina l’articolo 18 per ben 3 anni, portando a 36 mesi, dai dodici della Fornero, l’a-casualità, cioè l’obbligo di dichiarare la causa del perché si assumeva a tempo determinato e non a tempo indeterminato”. “Se a tutto ciò aggiungiamo la grande indeterminatezza che si nasconde sotto la grande nuvola di chiacchiere con cui il Presidente del Consiglio ha avvolto la presentazione del suo piano – osserva il sindacalista – non c’è molto da festeggiare. Molto, quasi tutto ciò che non ha rilievo elettorale, è rinviato a provvedimenti nelle cui pieghe si nasconderanno le vere intenzioni di chi, comunque, deve rendere conto alla Troika e ai suoi diktat. E quelli non scherzano mai”. Conclude Leonardi: “Per tutto questo confermiamo la manifestazione nazionale indetta per domani a Roma, a cui parteciperanno lavoratori pubblici e privati, fra cui i Vigili del Fuoco, gli ex Lsu ATA della Scuola, i dipendenti delle società partecipate di numerosi comuni, operanti nei trasporti, nell’igiene ambientale e nelle diverse utilities, che arriveranno a Roma a bordo di numerosi pullman da tutta Italia”. L’appuntamento è alle ore 11.00 a Palazzo Vidoni (Corso Vittorio Emanuele) per poi recarsi in corteo a Montecitorio.Renzi? Un governo delle “fanfare”. L’Usb avverte il nuovo esecutivo In evidenza
Col piano casa Renzi lascia gli sfrattati senza acqua e luce
Gravissimo attacco del governo Renzi contro i movimenti per il diritto all’abitare
Ci siamo e c’era da aspettarselo, l’ex sindaco di Firenze che non ama le occupazioni abitative e il suo degno ministro Lupi che considera il blocco degli sfratti una misura superata, hanno inserito un articolo velenoso nel cosiddetto “piano casa” da presentare oggi in consiglio dei ministri, l’articolo numero 5.
Questo passo del “piano casa” dispone anche in forma retroattiva l’assoluto divieto a concedere le residenze e gli allacci delle utenze negli spazi abitativi occupati “abusivamente”. Quindi la grande stagione di riappropriazione e degli tsunami per il diritto all’abitare, con centinaia di occupazioni in tutta Italia, subisce un violentissimo attacco dal governo Renzi. Un provvedimento pesante che interpretiamo come una diretta minaccia di sgomberi generalizzati in tutta la penisola che si allinea con le decine di misure cautelari che nei giorni scorsi hanno colpito gli attivisti e le attiviste dei movimenti sociali contro precarietà e austerity.
Ci siamo mobilitati contro il percorso tracciato da Lupi, che secondo noi è una miscela di pietismo peloso e di nuove regalie per le banche ed i costruttori, di sostegno alla proprietà ed al mercato, un pacchetto edilizio più che un provvedimento in grado di dare risposte all’emergenza abitativa sempre più consistente. Un pacchetto salutato con gioia dalla lega delle cooperative e dalla confcooperative, vere regine dell’edilizia agevolata, dagli istituti di credito e dai signori del mattone in accordo con i sindacati complici degli edili.
Ora abbiamo un motivo in più per esprimere la nostra collera. Colpire le occupazioni abitative, che oltre a porre concretamente la necessità di interventi a sostegno della precarietà alloggiativa hanno rappresentato per migliaia di persone – nell’autorganizzazione- l’unica vera risposta all’emergenza abitativa diventa così un obiettivo primario così forte da inserirlo nel decreto che dovrebbe rilanciare le politiche abitative in Italia. Sembra una contraddizione ma non lo è. Se si vuole cancellare l’edilizia residenziale pubblica e vendere i beni comuni, si deve colpire chi oggi ha riaperto una stagione di conflitto e ha imposto il tema casa nell’agenda del governo. Il problema che ciò che viene proposto va contro le richieste dei movimenti, ribadite a Lupi il 22 ottobre 2013 e sostenute dalla mobilitazione del 31 ottobre durante la conferenza stato-regioni.
Adesso è più chiaro perché chi rivendica il diritto alla casa diventa pericoloso socialmente.
La rete abitare nella crisi lancia immediatamente la mobilitazione nazionale. Assediare le Prefetture, gli enti locali, il parlamento per chiedere la cancellazione dell’articolo 5, ribaltare completamente l’impianto del decreto e sostenere la necessità che le risorse non vadano alle grandi opere inutili e ai grandi eventi ma vengano utilizzate per garantire casa, reddito e dignità.
Movimenti per il diritto all’abitare
tratto da http://www.abitarenellacrisi.org
12 marzo 2014