Deflazione, Italia ed Europa a rischio

ECONOMIA

Deflazione, Italia ed Europa a rischio

In Grecia e Portogallo è già arrivata. Nel nostro Paese no. Ma i prezzi crollano. E l’Ue non consente politiche ad hoc.

I dati sull’andamento dei prezzi italiani, diffusi dall’Istituto nazionale di statistica (Istat) il 14 gennaio, devono preoccupare non poco i piani alti della Banca centrale europea (Bce).
Secondo le cifre comunicate dall’Istat, il tasso medio di inflazione – cioè il rincaro del costo di beni e servizi – registrato nel 2013 è stato pari all’1,2%, più che dimezzato dal 2012. Non era mai sceso così in basso dal 2009.
CAMPANELLO D’ALLARME PER IL NOSTRO PAESE. A prima vista si tratta di una buona notizia: i prezzi crescono più lentamente e quindi per le famiglie è più facile affrontare le spese.
In realtà, il trend è un campanello di allarme che dice molto della salute del sistema: significa che gli italiani spendono meno perché il reddito non permette loro di consumare. E quindi di sostenere l’economia. È un passo nella direzione della deflazione: lo spettro più temuto nel Vecchio continente.

1. La deflazione è il calo dei prezzi: un bene contro la speculazione, ma letale durante la crisi

La deflazione si verifica quando calano i prezzi di beni e servizi. Dal punto di vista della tenuta dell’economia nazionale, la deflazione è positiva se si verifica quando il rapporto tra domanda e offerta è squilibrato. Se, per esempio, si registra un’impennata ingiustificata dei prezzi, come avviene durante le bolle speculative, il calo delle tariffe concorre a rimettere in moto il meccanismo dei consumi.
SI RISCHIA UN CIRCOLO VIZIOSO DELLA CRISI. Tuttavia, quando la deflazione si verifica dopo periodi di crisi prolungata e contemporaneamente aumentano imposte e disoccupazione rischia di autoalimentarsi.
In questo caso, se i prezzi diminuiscono, ma la domanda interna non viene stimolata, semplicemente le imprese fatturano meno e guadagnano meno, investono meno e riducono la spesa per i salari, alimentando così la spirale della crisi.

2. L’Italia è in disinflazione nel settore dei servizi: fase prolungata di calo dell’inflazione

In Italia non c’è deflazione. O meglio c’è solo in alcuni settori. L’Istat individua un paniere di beni e servizi corrispondente alla spesa media degli italiani e su quello calcola l’andamento dei prezzi. A guardare i dati complessivi diffusi il 14 gennaio, l’Italia sta vivendo la cosiddetta disinflazione: una fase prolungata di calo dell’inflazione.
Se però si vanno a guardare i dati divisi per settore, la faccenda è più complessa. «A determinare la stabilità dell’inflazione», recita il comunicato dell’Istat, «sono, principalmente, l’accelerazione della crescita tendenziale dei prezzi degli alimentari non lavorati, l’ulteriore riduzione della flessione di quelli dei beni energetici, il rallentamento della dinamica su base annua dei prezzi dei servizi relativi ai trasporti».
RESISTONO I PREZZI DEGLI ALIMENTARI. Insomma, al netto di cibo ed energia, il crollo dell’inflazione sarebbe stato ancora più vistoso: calando in un anno dal 3 allo 0,9%.
Infatti, registra l’Istat, a livello tendenziale – cioè nell’arco di 12 mesi – il prezzo dei beni è salito allo 0,4%, dallo 0,2% di novembre, e quello dei servizi è sceso all’1,0% (era +1,2% nel mese precedente). Gli italiani spendono di più per mangiare, questione di prima necessità. E invece spendono meno per i servizi, quel settore terziario che rappresenta i tre quarti del Prodotto interno lordo (Pil) italiano.

3. La deflazione è già arrivata in Grecia e Portogallo

Molti Paesi dell’area euro hanno conosciuto nel 2013 un periodo di disinflazione. A parte due Paesi: in Grecia i prezzi sono in calo da ormai 10 mesi consecutivi e in Portogallo da due. Atene e Lisbona, le nazioni più deboli dell’Area euro e con una disoccupazione al 27 e al 16%, stanno insomma vivendo quella che gli economisti chiamano in gergo una svalutazione interna.
EUROPA TROPPO RIGIDA. Se una volta i Paesi con difficoltà economica potevano svalutare la moneta e puntare sul commercio con l’estero per rimettere in moto il sistema, nell’Ue così come è oggi, cioè con una valuta unica, ma senza una vera unione di bilancio, la svalutazione è quella dei salari e dei redditi. Di fatto, il meccanismo porta gli Stati in crisi a diventare nazioni senza consumo, andando ad alimentare gli squilibri della zona euro.

4. Le mosse della Banca centrale europea: tassi ai minimi

La Banca centrale europea (Bce) che ha come mandato proprio la stabilità dei prezzi, sta gestendo la questione con una certa ambivalenza.
Da una parte, a livello operativo, sta combattendo la deflazione con tassi di interesse mai così bassi (che servono a immettere moneta sui mercati, e quindi a stimolare l’inflazione), provocando un certo disappunto negli ambienti tedeschi, la cui preoccupazione perenne è il controllo dei prezzi.
Dall’altra ha negato per molto tempo il rischio deflazione, probabilmente anche per rassicurare i mercati.
DRAGHI CERCA DI RASSICURARE. Ed è vero che quello che conta per Francoforte è il dato complessivo, ma intanto le periferie rischiano di subire ancora a lungo gli effetti collaterali di un’Europa incompiuta.
Nell’ultima conferenza stampa dell’Eurotower, il 9 gennaio, il presidente della Bce ha annunciato il mantenimento del costo del denaro al minimo storico dello 0,25%, ha ridimensionato il calo dell’inflazione «ampiamente previsto» e ha stimato per il 2014 un rialzo dell’inflazione vicino al 2%.

5. In Europa politiche inefficaci contro la deflazione

Il modo più semplice per combattere lo spettro della deflazione è stimolare la domanda. In sostanza intervenire a sostegno al reddito e alle famiglie. Peccato che il trend sia l’opposto. Solo nel 2012, ha calcolato Banca d’Italia, l’italiano medio ha avuto uno stipendio più leggero di 830 euro.
Mentre il rapporto sulla Coesione sociale, presentato a fine del 2013 da Istat, Inps e ministero del Lavoro, ha certificato che la quota di poveri assoluti è arrivata al 15,8%: la percentuale più alta dal 1997.
I governi, anche se vincolati all’austerity europea, dovrebbero quindi sostenere i redditi, ma per ora le politiche non sembrano andare in questa direzione, anche se c’è chi sostiene di aver abbassato le tasse.
LA BCE SPINGE LE BANCHE A EMETTERE PRESTITI. Dal canto suo la Banca centrale europea ha una strategia chiara: mantenere il tasso del denaro ai minimi per aumentare la circolazione della moneta e portare le banche a prestare capitali, rimettendo in moto l’economia reale.
Il tentativo tuttavia non è il primo. E i precedenti del 2012, quando la Bce ha iniettato sul mercato oltre 1.000 miliardi di euro, non hanno funzionato. Al punto che le banche preferivano depositare il denaro a Francoforte, piuttosto che prestarlo. La speranza, insomma, è che il 2014  smentisca l’esperienza.

Mercoledì, 15 Gennaio 2014

http://www.lettera43.it/economia/macro/deflazione-italia-ed-europa-a-rischio_43675119885.htm

L’Europa a un passo dalla deflazione, l’allarme del Telegraph – Forex

L’Eurozona avanza verso la federazione : leftcom

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