Scene di caccia nell’Italia di oggi

Scene di caccia nell’Italia di oggi

scene di cacciaÈ sembrato di leggere un giallo ambientato nella campagna francese di fine ottocento. Gli aggettivi copiati dalle più triviali pagine dei tabloid terroristici: serial-killer, pluriomicida, pericoloso evaso, pluriassassino, altamente pericoloso, il mostro di San Valentino, ecc., ecc.

Lui era un pover’uomo, Bartolomeo Gagliano, una vita tra carcere e manicomio criminale da cui aveva cercato di fuggire, a volte riuscendoci. E come dargli torto! Stare in galera è insopportabile e non si pensa altro che a evadere. Immaginiamo quanto peggiore debba essere l’inferno del manicomio criminale-Opg. Leggete su questo e altri blog cos’è un Opg [qui, quiqui  e qui]

Ma niente! Nessuno che cercasse di capire, di informarsi: giornalisti e giornaliste a far la gara a descrivere questo mostro pericoloso in libertà. Si è giunti perfino a comunicare per radio e Tv le caratteristiche somatiche e la targa dell’auto rubata per rintracciarlo. Anche Rai 3, nella rubrica Chi l’ha visto condotta da Federica Sciarelli se ne è occupato. Mancava solo la taglia: wontwd

e chissà, qualcuno ci avrà pensato, ma è mancato il tempo di far montare il “caso”; è stato riacciuffato nemmeno tre giorni dopo. Con la mania del cow boy è un miracolo che sia ancora vivo. Chissà quanti hanno tirato fuori e oliato l’arma per passare alla cronaca come “giustizieri”, bounty killer, cacciatori di taglie.

Poi è cominciata la ricerca dei colpevoli: che è questa “giustizia di manica larga” che mette fuori anche i pericolosi criminali? Il direttore del carcere di Marassi Salvatore Mazzeo e il giudice di sorveglianza sul banco degli accusati. Esplode un’insurrezione forcaiola quando qualche imbrattacarte intervista il direttore del carcere e questi confessa candidamente che il Gagliano aveva tutte le carte in regola per usufruire di un permesso; che lui, il direttore, non sapeva che fosse un pericoloso serial-killer pluriomicida, perché non c’era scritto sulla cartella. È la bagarre: si chiede dimissioni, licenziamento, apertura di un’inchiesta per trovare il colpevole; chi ha omesso di scrivere sulla cartella che il buon Bartolomeo Gagliano era talmente pericoloso da non dover nemmeno mettere fuori il naso? E dai a fare a gara a gridare contro i “permessi premio”, e contro questo lassismo che non difende la sicurezza delle nostre famiglie, e bla, bla, bla.

Responsabili ci sono davvero in questa vicenda. Si chiamano “principi del diritto”, e anche Costituzione, quel libricino che molti menzionano, citano, sbandierano ma che pochi si incaricano di leggere. A me né la Costituzione, né i principi del diritto entusiasmano granché, se non altro perché insistono troppo sulla tutela della proprietà privata anche quando si tratta di proprietà dei mezzi di produzione e quindi proprietà di sfruttare e affamare, tuttavia questi principi hanno segnato una rottura con i metodi di Tomás de Torquemada e della Grande Inquisizione Spagnola, metodi che invece ai nostri imbrattacarte suscitano entusiasmo.

Difatti il ragionamento è di una semplicità disarmante e si può sintetizzare così (con parole semplici evitando i termini ampollosi propri del diritto penale): quando un condannato ha espiato tutta la condanna, ha sanato il suo debito con la società, dunque il reato per il quale era stato condannato è come se non fosse stato compiuto. A questo serve la condanna: a ripagare, con la sofferenza della pena, il torto o il male fatto alla società. Queste le regole su cui si basano i codici, la Giustizia e tutte le procedure giudiziarie. Ripeto che a me non piacciono, per via che sanno tanto di vendetta e che un potere si arroga il diritto di imporre sofferenza ad esseri umani. Non mi piace, ma queste le regole su cui si regge questa società e che ci insegnano a scuola. Possibile che i nostri giornalisti di carta e di Tv non l’abbiano letto sui libri? E cosa hanno mai letto?, se qualcosa hanno letto.

Il buon Bartolomeo Gagliano il suo debito con la giustizia (con la società) per gli omicidi l’aveva pagato, la condanna l’aveva espiata per intero. Adesso era in carcere per un modesto furto a quattro supermercati liguri tra aprile e maggio del 2005; furti rubricati come “rapine” per via della presenza di persone. Era ovvio, era addirittura obbligatorio che sulla sua cartella non ci fosse il reato precedente, poiché già espiato (scusate questi termini orribili, ma sono quelli che usa il diritto penale), e che ci fosse solo la rapina e la condanna a 7 anni.

Se poi i giornalisti, oltre saper leggere sapessero anche far di conto, sommando e sottraendo scoprirebbero che il buon Bartolomeo avrebbe finito di scontare anche questa condanna a 7 anni nella primavera prossima, a marzo o aprile sarebbe stato totalmente libero, e forse anche prima con l’entrata in vigore del decreto Severino. Lui il pericolosissimo serial-killer!

Per dare un’altra medaglia a giornalisti e affini, va ricordato che anche “la fuga di Pietro Esposito, 47 anni, pentito” anche lui pluriomicida e promosso boss della camorra sul campo, non rientrato dopo un permesso premio, doveva restare recluso fino al giugno 2014 per una condanna inflittagli proprio in seguito a una precedente evasione. Lui col decreto sarebbe già libero.

…buone feste!!!

http://contromaelstrom.com/2013/12/28/scene-di-caccia-nellitalia-di-oggi/

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