L’internazionale di Fortini e malafemmina

Fortini e «L’ Internazionale» tradita

La sua versione dell’ inno rivoluzionario fu stravolta da Lotta Continua

Franco Fortini c’ era rimasto molto male. Otto anni dopo, l’ affronto ancora gli bruciava: « Me l’ hanno stravolto, hanno fatto un vero porcaio » . I colpevoli del misfatto erano i dirigenti di Lotta Continua, l’ oggetto del loro maldestro intervento era il testo scritto da Fortini perché fosse cantato sull’ aria dell’ Internazionale, il più famoso inno proletario: i giovani estremisti non l’ avevano gradito e avevano affidato a Luigi Manconi, paroliere ufficioso dell’ organizzazione, il compito di modificarlo. Risultato: strofe completamente diverse, che disgustarono il poeta toscano. L’ episodio, risalente al 1971, è riportato alla luce dallo studioso piemontese Cesare Bermani, storico non accademico del movimento operaio e cultore di canti della protesta sociale, nel libro Non più servi, non più signori ( Elleu Multimedia editore, pp. 109, e 9), in uscita il 10 giugno prossimo, dedicato alle origini ottocentesche dell’ Internazionale e alle sue alterne fortune in tutto il mondo. Per quanto riguarda le vicende italiane, spicca come al solito lo spirito di fazione, antico vizio della nostra sinistra. Alla prima ( 1901) e più nota traduzione dell’ Internazionale ( « Compagni, avanti! Il gran partito / noi siamo dei lavorator » ) , per nulla fedele al testo francese composto trent’ anni prima da Eugène Pottier, ne seguirono altre più aderenti alla lettera e allo spirito rivoluzionario dell’ originale: da quella anarchica a quella filobolscevica del paroliere Spartacus Picenus ( pseudonimo di Raffaele Mario Offidani). Più tardi i comunisti inserirono nel ritornello un riferimento a Lenin o a Stalin, in modo da chiarire che si parlava della Terza Internazionale, la loro, e non di quella socialista. Ogni corrente ideologica, insomma, cantava l’ inno a modo suo, per cui anche Lotta Continua decise di confezionarsene su misura una propria versione. Manconi, interpellato da Bermani, non ricordava con esattezza chi fu che gli propose di adottare il testo di Fortini e glielo consegnò dattiloscritto su un foglietto rosa: l’ ipotesi più probabile è che si trattasse di Goffredo Fofi, ma potrebbe essere stato anche Pier Giorgio Bellocchio o Giovanni Raboni. Sta di fatto però che quei versi, parto di una vena poetica raffinata, non si prestavano un granché agli scopi politici perseguiti da Lotta Continua. Fortini raccontò a Bermani di averci lavorato tra il 1969 e il 1971, per il centenario del testo di Pottier, del quale si era sforzato di ripristinare l’ ispirazione autentica, in aperta polemica con la traduzione italiana del 1901. Nelle strofe riecheggia un afflato universalistico, l’ appello alla rivolta degli « ultimi del mondo » ( in francese « les damnés de la terre » ) contro tutte le autorità costituite. Ma al tempo stesso i versi più amati dall’ autore ( « Noi non vogliamo sperar niente. / Il nostro sogno è la realtà. / Da continente a continente / questa terra ci basterà » ) sottolineano che il progetto rivoluzionario non è astratta utopia, ma il prodotto concreto di lotte secolari tra le classi contrapposte degli sfruttati e degli sfruttatori. Ne traspare una concezione del comunismo in linea con la celebre formula di Karl Marx: come « il movimento reale che abolisce lo stato di cose presente » . Tutti concetti troppo sofisticati per le esigenze militanti di Lotta Continua, che indussero Manconi ad appiattirsi sugli slogan e le polemiche del momento. Si perdeva così del tutto il richiamo millenaristico di Fortini, cui subentrava il gergo gruppuscolare delle lotte da condurre « nelle scuole e nei quartier » ( non « da continente a continente » , ma assai più modestamente « da Battipaglia a Düsseldorf » ) , per non parlare dell’ attacco rivolto « contro il riformismo che contratta / ma il potere non ci dà » , in nome di una fantomatica « tendenza generale » che Lotta Continua avrebbe incarnato. Così un inno carico di storia veniva abbassato al livello di una piccola e presuntuosa setta movimentista nata dal Sessantotto, già contagiata dal clima che avrebbe portato agli anni di piombo: il passaggio in cui si proclama « che la vera libertà / la si conquista con il fucile » , riletto adesso, evoca inevitabilmente lo slogan « mai più senza fucile » delle Brigate rosse. Ovviamente Fortini, che al proprio testo confessava di tenere « moltissimo » , rimase alquanto amareggiato. Nel 1979, conversando con Bermani, parlò di « un vero e proprio sabotaggio » da parte di Lotta Continua, che forse, aggiunse, aveva considerato il suo lavoro troppo « intellettualistico » . Palesemente imbarazzato, invece, il racconto di Manconi: in una lettera inviata a Bermani, affermò di non ricordare il motivo per cui la versione fortiniana era stata accantonata e di essersi comunque pentito quasi subito dell’ operazione compiuta, da cui, ammetteva con il capo cosparso di cenere, era scaturito un testo « probabilmente molto, ma molto brutto » . In effetti a tal proposito il tempo si è dimostrato galantuomo: sull’ Internazionale di Lotta Continua è calato un sacrosanto oblio, mentre la creatura di Fortini, recuperata e portata sul palcoscenico da Ivan Della Mea, è adesso disponibile anche su Cd. D’ altronde L’ Internazionale ha sempre avuto una vita travagliata. Basta ricordare che sulla paternità della musica, composta nel 1888, si scatenò una disputa tra il vero autore, Pierre Degeyter, e suo fratello Adolphe, istigato dal politico socialista Gustave Delory che si era abilmente impadronito dei relativi diritti economici. La lite durò molti anni, con lunghi strascichi giudiziari, finché non fu lo stesso Adolphe, in una lettera scritta nel 1915, un anno prima di suicidarsi, ad ammettere che il fratello aveva ragione. La successiva adesione di Pierre Degeyter al Partito comunista francese ne fece poi un eroe del Comintern e dell’ Unione Sovietica, che elevò L’ Internazionale al rango di proprio inno ufficiale. Tale decisione del Cremlino si collega a un altro curioso episodio, riferito da Bermani, che vide protagonista Arturo Toscanini durante il secondo conflitto mondiale. Esule in America, il maestro chiudeva spesso i suoi concerti con gli inni delle nazioni in guerra contro Hitler, tra i quali L’ Internazionale , di cui apprezzava molto la musica: ne esiste anche un’ incisione discografica da lui diretta. A un certo punto l’ Office War Information degli Stati Uniti propose a Toscanini di realizzare un film di propaganda con una serie di musiche. Dopo lunghe trattative, venne definito un programma che comprendeva anche l’ inno americano e quello sovietico, appunto L’ Internazionale in versione russa. A lavoro ormai terminato, quando si era in fase di montaggio, giunse improvvisa la notizia che Stalin aveva adottato un nuovo inno sovietico, più consono allo spirito patriottico cui il Cremlino stava facendo appello nella lotta contro i tedeschi. Gli americani chiesero a Toscanini di sostituire a sua volta L’ Internazionale con l’ altra canzone. Ma l’ interessato, temperamento tutt’ altro che accomodante, fu irremovibile. Come ricordava anni dopo il figlio Walter, Toscanini « disse che se non andava bene L’ Internazionale , che era l’ inno di tutte le glebe ed i lavoratori di tutto il mondo, tralasciassero di metter fuori tutto il film » . Gli americani non insistettero: una volta tanto, le ragioni dell’ arte prevalsero sulle intromissioni della politica. Versione FORTINI Noi siamo gli ultimi del mondo / Ma questo mondo non ci avrà / Noi lo distruggeremo a fondo/ Spezzeremo la società… Noi non vogliamo sperar niente / Il nostro sogno è la realtà / Da continente a continente / Questa terra ci basterà. / Classi e secoli ci hanno straziato / Fra chi sfruttava e chi servì / Compagno, esci dal passato / Verso il compagno che ne uscì Versione MANCONI Contro il riformismo che contratta / Ma che il potere non ci dà / Noi siam la classe che avanza / Che il comunismo costruirà… Noi siam la classe di chi crede / Che la vera libertà / La si conquista col fucile / Chi scende a patti la perderà / Senza patria, senza leggi e nome / Da Battipaglia a Düsseldorf / Siamo la tendenza generale / Siamo la rivoluzione

http://archiviostorico.corriere.it/2005/maggio/25/Fortini_Internazionale_tradita_co_9_050525034.shtml

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