Rossini: Matilde di Shabran ossia Bellezza e cuor di ferro, ogni riferimento alla Cancellieri non è voluto…

 

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Matilde di Shabran, ossia Bellezza e cuor di ferro è un’opera lirica di Gioachino Rossini.

Il libretto, denominato Melodramma giocoso in due atti, appartenente al genere dell’opera semiseria, è di Jacopo Ferretti ed è tratto:

L’opera fu composta in fretta, e Rossini affidò a un ignoto assistente la stesura dei recitativi secchi e a Giovanni Pacini la composizione di tre numeri. Come aveva già fatto altre volte, Rossini usò inoltre la tecnica dell’autoimprestito, cioè prese la musica per alcuni brani da opere composte in precedenza: in questo caso da Ricciardo e Zoraide e da La donna del lago, mentre per la sinfonia utilizzò quella di Eduardo e Cristina

La prima rappresentazione ebbe luogo il 24 febbraio 1821 al Teatro Apollo di Roma e vide Niccolò Paganini sostituire l’ammalato primo violino del Teatro Apollo. L’opera dapprima non ebbe molto successo, ma in seguito fu ripresa spesso. Rossini rielaborò l’opera per una ripresa al Teatro del Fondo di Napoli che andò in scena il 11 dicembre 1821, parzialmente tradotta in dialetto napoletano, con il titolo Bellezza e Cuor di Ferro

Dopo essere caduta nel dimenticatoio ebbe alcune riprese negli anni ’80 e ’90 del ‘900. L’opera segnò il debutto operistico di Juan Diego Florez nei teatri d’opera, tant’è che l’artista l’ha portata in scena diverse volte (1996, 2004 e 2012 a

La scena è nella Spagna, nel Castello di Corradino e sue vicinanze.

Atto 1

L’opera si apre con un coro di contadini, capeggiati da Egoldo, che visita per curiosità il cortile del palazzo di Corradino. Egoldo racconta loro della brutta fama del signore del luogo: è un tiranno spietato, sanguinario, con manie di grandezza e tremendamente misogino. Il torriere Ginardo arriva e li avverte di fuggire prima che il “Cerbero” si desti e li punisca tutti. La scena rimane vuota fino a quando entra Isidoro, un poeta di scarso valore che copia le opere degli autori più famosi (la Gerusalemme liberata o la Divina Commedia per esempio). L’arrivo del poeta attira l’attenzione e l’ira di Corradino, che minaccia di ucciderlo, ma Isidoro viene salvato dal provvidenziale intervento di Aliprando, dottore del castello e l’unico che riesca a frenare l’ira del tiranno.
Isidoro viene fatto prigioniero, e Corradino chiede di parlare ancora con il prigioniero, Edoardo. Il giovane è figlio di Raimondo Lopez, suo acerrimo nemico, e Corradino gli chiede se vuole allearsi a lui tradendo il padre o cedere alla sua sorte. Edoardo, sdegnosamente, sceglie di non tradire il padre e viene rimandato in carcere.
Intanto, annunciata già prima da Aliprando, arriva Matilde, figlia del generale Shabran, molto nota per la sua bellezza. Matilde, saputa la fama di Corradino, ha deciso di intervenire per eliminare la misoginia del tiranno e di farlo innamorare di sé (la stessa cosa che cerca di fare Mirandolina con il Cavaliere ne La locandiera di Goldoni). Aliprando la avverte: Corradino resiste a qualsiasi donna, e in più già una donna ha messo gli occhi su di lui, la gelosissima Contessa d’Arco. Il caso vuole che la Contessa arrivi in quel momento e si veda rubare la scena da un’altra. Tra le due nasce un battibecco, male arginato da Aliprando e Ginardo, che richiama in scena Corradino. Il tiranno rimane sbalordito dalla bellezza e dalla sfrontatezza della bella Matilde, tant’è che non riesce a ordinare di mandarla a morte, con grande stupore del dottore e del torriere e con grande gelosia della Contessa.
Matilde è già a buon punto, e riesce a fare innamorare il tiranno, anche se lui teme che possa tradirla e approfittarsene. Ma le effusioni dei due amanti vengono interrotte da una marcia militare: l’esercito dei nemici, capeggiato da Raimondo Lopez, si sta avvicinando al castello. L’atto si conclude con il turbamento e lo sgomento generale, e Corradino parte con l’esercito.

Atto 2

La vendetta della Contessa d’Arco non tarda a venire: dopo aver corrotto il carceriere, libera Edoardo dalla torre fingendosi Matilde, e il giovane fugge nel bosco, dove infuria la battaglia: il piano della Contessa è quello di accusare Matilde della fuga di Edoardo, per vendicarsi dell’oltraggio subito.
Edoardo, nella foresta, ritrova il padre ma viene raggiunto da Corradino: il tiranno si stupisce della sua fuga, ed Edoardo gli risponde che è stata Matilde a liberarlo. Corradino si sente tradito e medita vendetta.
Al castello tutti quanti attendono il ritorno di Corradino trepidanti: Matilde stessa se ne è innamorata, nonostante all’inizio lo disprezzasse. Corradino ritorna e ordina di far chiamare Edoardo. Quando gli rispondono che la prigione è vuota e il giovane è fuggito, la Contessa accusa Matilde, accusa che viene avvalorata da una lettera indirizzata alla stessa Matilde: Edoardo (ma probabilmente la Contessa stessa) le scrive la sua gratitudine per la liberazione. L’ira di Corradino divampa, e ordina a Isidoro di portare Matilde al dirupo che si affaccia sul torrente e di buttarvela giù. Isidoro si ritrova costretto ad ubbidire, e porta con sé la ragazza.
Isidoro ritorna annunciando la morte di Matilde, con grande gioia della vendicativa Contessa. Ma la sua felicità dura poco, dato che Edoardo irrompe in scena con il carceriere corrotto e accusa pubblicamente la Contessa della congiura contro Matilde. Corradino, sconvolto, caccia la Contessa e medita di uccidersi.
Nella foresta presso il torrente, Corradino sta per buttarsi nel fiume per seguire la sua amata, ma viene bloccato da tutti e anche dalla stessa Matilde: lei e Isidoro, infatti, dopo la condanna di Corradino, avevano incontrato Edoardo e Raimondo che li avevano convinti a fingere la morte di Matilde per far ravvedere il tiranno. Corradino, abbandonata la sua misoginia e la sua crudeltà, dichiara il suo appassionato amore a Matilde, la quale ricambia, affermando che: “le femmine son nate per vincere e regnar”.




 

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