Quando si parla di umorismo, io penso sempre al filosofo Hegel. Il suo libro La grande logica lo lessi una volta che avevo i reumatismi e non potevo muovermi. È una delle più grandi opere umoristiche della letteratura mondiale. Tratta della maniera di vivere dei concetti, queste esistenze scivolose, instabili, irresponsabili; come s’insultano l’un l’altro e fan la lotta a coltello e poi si siedono a tavola insieme per la cena, come non fosse successo niente. Essi compaiono, per così dire, a coppie, ciascuno sposato col suo contrario, e le loro faccende le sbrigano in coppia, cioè firmano contratti in coppia, fanno processi in coppia, organizzano irruzioni e scassi in coppia, scrivono libri e fanno dichiarazioni giurate in coppia, e cioè come coppia completamente in disaccordo su ogni cosa. Ciò che afferma l’ordine, lo confuta subito, possibilmente nello stesso momento, il disordine, suo compagno inseparabile. Non possono vivere l’uno senza l’altro, né l’uno con l’altro.
Lo spirito, l’ironia di una cosa lui lo chiama la dialettica. Come tutti i grandi umoristi, egli diceva tutto con la faccia più seria di questo mondo. I più grandi sovversivi si definiscono allievi del più grande sostenitore dello stato! Tra parentesi, questo testimonia in favore del loro umorismo. Difatti, non ho mai visto un uomo privo di umorismo che capisse la dialettica di Hegel.
[Bertolt Brecht, Dialoghi di profughi]
Profughi
Profughi è tratto da un’opera non molto conosciuta di Bertolt Brecht, che egli scrisse nel periodo in cui fu costretto ad emigrare in vari paesi europei, a causa del suo rifiuto al nazismo.
Un intellettuale, Ziffel, ed un operaio, Kalle, dialogano sul destino dei paesi d’occidente, sfruttando paradossalmente quella posizione d’inattività alla quale i regimi imperanti li hanno costretti: la disoccupazione diventa contemplazione, e il loro dialogo di profughi un incontro platonico.
La verità scomoda alla Città non tarda a venire a galla, insieme a tutta la sua ironia. E la cosa più sconvolgente è che ci si dimentica quasi di essere prima della Seconda Guerra Mondiale: la critica alla società arriva talmente alla radice che supera il problema della violenza fisica (allora imperante), per giungere a quei meccanismi di creazione del consenso così raffinati psicologicamente che forse solo oggi si stanno pienamente realizzando. E che solo degli straordinari “psicologi” come Brecht potevano già intuire e delineare tanto limpidamente.
L’Intellettuale e l’Operaio, da due direzioni diverse ma in ottimo accordo, ribaltano tutti i luoghi comuni dominanti nella loro europa occidentale, e che stanno ancora alla base della nostra: l’Ordine (l’ordine e la meticolosità, ci fanno dimenticare l’assurdità dei fini), la Scuola (dovrebbe educare alla vendetta e al raggiro, solo in questo modo si è pronti ad entrare nel mercato del lavoro), l’Economia (gli uomini, hanno creato una economia tale che per abbracciarla tutta ci vogliono dei superuomini), la Cultura (“non ha proprio nulla a che fare con l’economia”), la Guerra (solo il totale allontanamento dei popoli potrebbe permettere una condotta di guerra ragionevole e il totale sfruttamento delle nuove armi), e perfino la Bontà, la peggiore di tutte le Virtù che la società ci ha prodotto e confezionato.
Ziffel e Kalle hanno due tonalità e gesticolari diversi, due prospettive sociali e culturali differenti, ma non sono che un’unica voce: quella di Brecht. Nel nostro spettacolo l’abbiamo appositamente trasformata in una chiaccherata fra più personaggi, una specie di “coro greco”, ma composto di profughi…
http://www.teatrodellegame.it/produzioni/profughi.php
Flüchtlingsgespräche | ZEIT ONLINE – Die Zeit
Bertolt Brecht – Flüchtlingsgespräche (Berliner Ensemble, LITERA 1970)
http://zerogsounds.blogspot.it/2010/10/bertolt-brecht-fluchtlingsgesprache.html