Homo sapiens, la filogenesi umana : The Day of the First Flute – Wolfgang Amadeus Mozart: The Magic Flute- choir- the last trial

agosto 21st, 2013

Homo sapiens, la filogenesi umana

by gabriella

Hanno riposato li sotto, uno accanto all’ altra, per trentacinquemila anni. Sopra di loro c’ erano appena tre metri di terra e a separarli non più di settanta centimetri. Eppure nessuno, fino all’ altro ieri, era riuscito a scoprirli. Finalmente nel 2008 un gruppo di archeologi dell’ Università di Tubingen li ha riportati, letteralmente, alla luce. E ci hanno raccontato una storia che lascia a bocca aperta. Lei, sei centimetri di altezza, seni pronunciati e fianchi abbondanti, è Venere, la cosiddetta “Venere di Hohle Fels”, dal nome della caverna della Valle di Ach, nella Germania sud occidentale, dove è stata ritrovata. E’ la più antica rappresentazione del corpo umano mai rinvenuta in età paleolitica, cinquemila anni più anziana di tutte le altre Veneri preistoriche. Lui, invece, ventidue centimetri di lunghezza, otto millimetri di diametro, cinque fori e un’ imboccatura a “V”, è un flauto, il “Flauto 1 di Hohle Fels”, e condivide con la sua compagna, oltre allo stesso sito e alla stessa età, un primato storico invidiabile: secondo Nicholas Conard, lo scopritore delle due creature, è infatti il più antico strumento musicale mai ritrovato fino ad ora. I ricercatori tedeschi sostengono che l’ antenato del “moderno” flauto diritto sia stato ricavato dal radio di un grifone preistorico, un meraviglioso rapace che esibisce un’ apertura alare di due metri e mezzo. Ma il dettaglio più stupefacente è un altro: sulla parte superiore dello strumento, che verrà esposto per la prima volta in Italia al Palazzo delle Esposizioni, si notano chiaramente delle piccole tacche di misurazione: l’ anonimo faber ha dunque calcolato con precisione la distanza tra i singoli fori di emissione e ciò significa che l’ homo sapiens, sin dall’ inizio dalla sua avventura terrestre, possedeva ben chiara la nozione di “intervallo”, ossia della distanza “matematica” che separa un suono dall’ altro. Le cinque (o forse sei) aperture consentivano di articolare in ogni caso una linea melodica estremamente complessa, in grado di realizzare con naturalezza toni, semitoni e quarti di tono. Il “Flauto 1” possiede un timbro curiosamente rotondo e pieno, per nulla stridulo e nasale. Il colore è chiaro, ma le note più gravi sono ben appoggiate e scure. La dinamica è ovviamente limitata, ma la gamma del piano e del forte è sufficientemente ricca. Insomma il “Flauto di Hohle Felsè tutto tranne che uno strumento rozzo e rudimentale. Il fatto poi che il primo strumento musicale e la prima rappresentazione del corpo umano abbiano esattamente la stessa età dimostra senza ombra di dubbio che la nostra civiltà ha imparato molto presto ad elaborare il principio della “elaborazione simbolica” e che la musica, le arti figurative, forse anche la poesia, costituivano già allora il fondamento delle relazioni umane e della costruzione di una identità comune. Chi ha ancora il coraggio di dire, allora, che l’ homo sapiens è un uomo primitivo?

GUIDO BARBIERI




Questa voce è stata pubblicata in cultura, musica, speciale scienza e contrassegnata con , , . Contrassegna il permalink.