Bo Xilai : Bo Xilai expelled from Chinese parliament

 

Bo Xilai

by gabriella

Bo Xilai respinge le accuse

La sconfitta del neomaoista Bo Xilai, esautorato in febbraio dal comitato permanente di Chongqing, è entrata oggi nella fase dibattimentale del processo (farsa, probabilmente) che lo vede coinvolto per corruzione. Bo si è dichiarato non colpevole, mentre un gruppo di suoi sostenitori manifestava la propria solidarietà davanti al Tribunale.

Se nei primi giorni dei lavori dell’Assemblea Nazionale del Popolo (2012) ci si interrogava su quale modello di sviluppo futuro del Paese fosse il prescelto dai funzionari di Pechino e il dibattito ruotava attorno al confronto tra il modello riformista del Guangdong di Wang Yang e quello neo-maoista del Chongqing di Bo Xilai (in lizza per occupare un seggio nel Comitato Permanente del Politburo), ora non sembrano esserci più dubbi: l’impronta riformista ha scalzato quella conservatrice radicale.

Ma fino al 9 febbraio 2012, quando l’ex capo della polizia e vice-sindaco di Chongqing, Wang Lijun, ha raggiunto il Consolato degli Stati Uniti a Chengdu per chiedere asilo politico, il vantaggio e una velata predilezione collettiva per Bo erano dati quasi per scontati.

Un articolo (febbraio 2012) sull’allontanamento dal CC del  Partito Comunista Cinese dell’ex segretario del PCC di Chongqing ed ex Ministro del commercio Bo Xilai, esponente del neo-maoismo radicale, accusato con sua moglie Gu Kailai, rispettivamente, di corruzione e dell’assassinio di un diplomatico inglese.

Bo XilaiI tuoi occhi sono come una coppia di spade di vibrante luce fredda.
 Tu sei inamovibile di fronte al male. La corruzione e le tenebre sono sconfitte.
 Il corrotto rabbrividisce alla sola menzione del tuo nome. Tu schiacci i crimini con il pugno di ferro
. Tu rendi Chongqing una città sicura e tranquilla
. Così la gente sa che ha qualcuno su cui contare
. Bo Xilai, Bo Xilai. 
Tu sei un eroe in tempo di pace. Bo Xilai, Bo Xilai 
la Cina ha bisogno di decine di centinaia di eroi come te.

C’era un tempo in cui Bo Xilai veniva inneggiato come un eroe del bene in lotta contro criminalità e corruzione. C’era un tempo in cui il neo-maoismo radicale invocato nella campagna per la “cultura rossa” e il ritorno agli ardori rivoluzionari anti-revisionisti in seno al PCC sembrava poter frenare le derive riformiste nel Paese di Mezzo.

 Zhang Dejiang è stato nominato capo del Partito di Chongqing, in sostituzione di Bo Xilai, secondo una decisione del Comitato Centrale del Partito Comunista Cinese. Bo non opererà più come segretario, membro del comitato permanente o come membro del comitato del PCC di Chongqing.

La decisione ufficiale, annunciata dal capo del Dipartimento dell’Organizzazione del Comitato Centrale del PCC, Li Yuanchao, balza giovedì scorso sull’organo di stampa governativo Xinhua, a chiusura della V sessione della XI° Assemblea Nazionale del Popolo. Li ha dichiarato che il Comitato Centrale del PCC ha preso la decisione di allontanare dallo scranno del potere l’ex Segretario del PCC di Chongqing nonché ex Ministro del Commercio, Bo Xilai, solo dopo aver riflettuto attentamente sul futuro del Partito sulla base delle circostanze attuali e della situazione complessiva.

L’avvisaglia dell’imminente rimescolamento delle carte del potere a Pechino l’avevano potuta cogliere già nella giornata di mercoledì (nel febbraio scorso, NDR) gli oltre mille giornalisti che hanno partecipato all’ultima conferenza stampa, dopo nove anni di servizio, del Premier cinese Wen Jiabao. Alla luce della sua esperienza personale, avendo vissuto la guerra, la Rivoluzione Culturale e tre decenni di boom economico, Wen ha rimarcato l’importanza delle riforme per lo sviluppo e il progresso della Cina nel lungo periodo:

tragedie storiche come la Rivoluzione Culturale in Cina possono accadere di nuovo se il Paese non riesce a portare avanti le riforme politiche per sradicare i problemi della società. Le riforme in Cina vivono ora una fase critica – ha affermato Wen – la riforma non può che andare avanti e non deve fermarsi, né tanto meno deve tornare indietro perché non offrirebbe alcuna via d’uscita.

Se nei primi giorni dei lavori dell’Assemblea Nazionale del Popolo ci si interrogava su quale modello di sviluppo futuro del Paese fosse il prescelto dai funzionari di Pechino e il dibattito ruotava attorno al confronto tra il modello riformista del Guangdong di Wang Yang e quello neo-maoista del Chongqing di Bo Xilai (in lizza per occupare un seggio nel Comitato Permanente del Politburo), ora non sembrano esserci più dubbi e l’impronta riformista ha scalzato quella conservatrice radicale.

E dire che fino allo scorso 9 febbraio, quando l’ex capo della polizia e vice-sindaco di Chongqing, Wang Lijun, ha raggiunto il Consolato degli Stati Uniti a Chengdu per chiedere asilo politico, il vantaggio competitivo e una velata predilezione collettiva per Bo erano dati quasi per scontati.

Si, perché dietro l’epurazione di Bo Xilai, il cambio di rotta e di timoniere di Pechino non c’è solo la nuova vocazione riformista alla “western-style”. La questione in realtà è ben più complessa e imbrogliata: in primo piano ci sono i giochi di potere, le rivalità e gli squilibri interni al Partito, la cui leadership è in procinto di rinnovarsi e la quinta generazione di nuovi funzionari è pronta a prendere il testimone. “Per mantenere la purezza ideologica del partito è necessario garantirne l’unità”, ha dichiarato il vicepresidente Xi Jinping nel suo discorso tenuto il 1 marzo davanti ai cadetti della Scuola centrale del PCC e reso pubblico solo venerdì scorso. “La mancanza di principi e i comportamenti corrotti non favoriscono la purezza del partito. Oggi alcune persone sono entrare nel partito non perché credono nel marxismo e vogliono dedicarsi al socialismo con caratteristiche cinesi, ma perché diventare un membro porta loro vantaggi personali”, ha concluso Xi Jinping.

A determinare la disfatta del Segretario del PCC della megalopoli di Chongqing, senza ricorrere ad alcuno sforzo dietrologico, è stato proprio “l’incidente di Wang Lijun”, gli errori e l’inefficacia del pugno di ferro sferrato da Bo con la sua campagna ultra-repressiva contro la corruzione che gli aveva procurato l’attribuzione dell’appellativo di nuovo “Kennedy cinese”, insieme alle antipatie delle lobby imprenditoriali, perseguitate o colluse che fossero.

A emergere nell’ultimo mese sono verità discordanti e scomode, tra tutte l’ipotesi che prima di venire arrestato, nel suo giorno di permanenza nel Consolato americano, Wang Lijun abbia denunciato le brutture di una politica anti-corruzione strumentale agli interessi particolaristici di Bo e talvolta finalizzata a neutralizzare gli antagonisti politici.

“Le autorità di Chongqing devono riflettere ‘sul serio’ e trarre  un insegnamento dall’incidente di Wang Lijun”, ha sostenuto Wen Jiabao. “Le autorità centrali hanno ‘preso la questione molto sul serio’ e hanno incaricato i servizi competenti di avviare le indagini subito dopo che l’incidente ha avuto luogo. Finora sono stati compiuti progressi nelle indagini, la questione verrà trattata secondo le leggi e sulla base dei fatti […] Deve essere data al popolo una risposta e il risultato delle indagini dovrebbe essere in grado di resistere alla prova del diritto e della storia”.

Ora che il Paese guarda a Wang Yang e al suo modello di sviluppo nel “felice Guangdong” come al più adatto a portare avanti le istanze riformiste e il progresso della nazione, della melodia che fino a qualche giorno fa celebrava Bo Xilai rimane solo un eco perduto, già stanco e vecchio. Nessuno ricorda più chi fosse il “super-eroe” di Chongqing. E c’è chi, come l’editorialista dell’agenzia di stampa di Stato Xinhua, Wang Ruogu, scrive: “La roccaforte ultra-sinistroide è stata finalmente espugnata, è una grande fortuna per la Cina, una grande fortuna per il popolo!”

Bo Xilai expelled from Chinese parliament

Disgraced politician’s expulsion from congress removes his immunity from prosecution paving the way for criminal charges

Friday 26 October 2012 04.03

Chinese lawmakers have stripped disgraced politician Bo Xilai of his last official position, formally expelling him from the country’s top legislature and setting the stage for criminal proceedings against the once-rising political star.

Though largely a formality since Bo was purged from the Communist Party late last month, his expulsion from the congress removes his immunity from prosecution. That sets the stage for a criminal case involving accusations of corruption and abuse of power.

The National People’s Congress Standing Committee said it approved a decision to remove Bo as a deputy, but offered no details.

Communist Party leaders are keen to resolve the country’s messiest political
scandal in decades as they prepare for next month’s once-in-a-decade transition of power to the next generation of leaders.

As the most powerful official in the southwestern mega-city of Chongqing, Bo had been a rising political star and his toppling exposed sharp infighting in the party’s uppermost ranks.

Bo’s downfall has been spectacular: His wife, Gu Kailai, was convicted of murdering British businessman Neil Heywood, and his former right-hand man was accused of taking bribes, abusing power and trying to defect to the United States, among other crimes.

Beijing attorney Li Xiaolin said Bo’s wife’s family has hired him and Shen Zhigeng to defend Bo but the two lawyers are not formally accredited by the authorities to represent him yet. The attorneys had in earlier trials sought to represent Bo’s wife and a household aide accused of being an accessory to the murder, but both defendants accepted court-appointed lawyers instead.

Chinese authorities have not yet announced specific charges against Bo but in expelling him on 28 September, the party accused him of offences that span more than a decade and range from taking bribes, abusing his power and having improper relationships with several women.

Bo is the first Politburo member to be removed from office in five years and the scandal raised talk of a political struggle involving Bo supporters intent on derailing succession plans calling for vice president Xi Jinping to lead the party for the next decade.

L’ex capo del Pcc di Chongqing, epurato prima del XVIII° Congresso e ora in attesa di giudizio, sembra si rifiuti di collaborare con gli investigatori. Le sue condizioni di salute potrebbero allungare i tempi del processo. In un libro lo scontro violento tra Bo e Hu Jintao sul «transfuga» Wang Lijun

Bo Xilai in sciopero della fame

La prima novità arriva da fonti anonime citate dalla Reuters: Bo Xilai, l’ex capo del Partito di Chongqing, politico in ascesa clamorosamente epurato prima del diciottesimo Congresso che ha segnato il decennale cambio di leadership, ora in attesa di processo, si rifiuterebbe di collaborare con gli investigatori. Più volte entrato in sciopero della fame, barba lunga, irriconoscibile, sarebbe stato ricoverato anche in un ospedale di Pechino. A questo punto i tempi del suo processo, è probabile possano allungarsi. Queste non sono però le uniche novità sullo scandalo degli scandali della politica cinese.
Un libro, che uscirà ad aprile, A Death in the Lucky Holiday Hotel, scritto dai giornalisti cinesi Pin Ho e Huang Wenguang e pubblicato a Londra dimostra come Wang Lijun, pochi giorni dopo il 14 novembre 2011, quando scoprì la morte per avvelenamento del britannico Neil Heywood, perse del tutto la testa provando a chiedere asilo politico nel consolato inglese di Canton. Gli inglesi non ne vollero sapere e allora Wang provò anche a Chongqing, finendo infine, solo a febbraio 2012, nel consolato Usa di Chengdu. Un fuga dovuta forse al timore di incorrere nelle ire del potente marito della principale accusata dell’omicidio, nonché suo diretto superiore, Bo Xilai. La sua fuga così ha dato il via a tutta la sequela di eventi che ha portato Bo Xilai all’espulsione dal Partito, Gu Kailai, moglie di Bo, alla pena di morte sospesa in ergastolo per l’uccisione del britannico, Wang Lijun a quindici anni di carcere.
Wang Lijun, significa Bo Xilai, ovvero il più grande scandalo cinese degli ultimi trent’anni: una traiettoria da romanzo con sottili confini tra realtà e immaginazione. Sullo sfondo Neil Heywood, inglese, consulente, forse agente dei servizi segreti, presenza fissa nella cerchia di persone vicine a Bo fin dai tempi dei suoi esordi come funzionario a Dalian. Un’amicizia che ha superato alcuni confini, specie con la moglie del politico, Gu Kailai, avvocato di successo con ottime connessioni – ereditate dal padre – nell’esercito. Con Heywood pare avesse un vincolo sentimentale, sancito dalla collaborazione economica e non solo: sarebbe stato il britannico a fare uscire i soldi della famiglia Bo dalla Cina e a iscrivere il figlio – Bo Guagua – ad Harvard. E’ probabile che Wang Lijun tenesse sotto controllo Gu da tempo, come pare facesse un po’ con tutti e come confermerebbe la pubblicazione del libro dei giornalisti cinesi.
Rimangono tuttavia molti dubbi. La donna al suo processo, durato appena tre giorni, ha confessato di aver ucciso l’inglese perché aveva minacciato il figlio. Movente debole: perché uccidere un uomo a pochi mesi dalla potenziale incoronazione di suo marito tra i potenti del paese?
Ed ecco il cuore: Bo Xilai. Ambizioso, amabile con i media, furente nella sua pratica politica: dopo la morte del padre Bo Yibo, uno degli Otto Immortali del Partito Comunista, Bo Xilai vede cadere le possibilità di ascendere tra i vertici del partito. Anzi, Hu Jintao punisce la sua esuberanza e lo manda a Chongqing. Lì Bo Xilai costruisce il suo capolavoro: percepisce l’anima ancora accesa del maoismo in Cina e lancia una fragorosa campagna di vecchi canti rivoluzionari, messaggi del Grande Timoniere, spedizioni di giovani in campagna per «imparare dai contadini». Si tratta di pubblicità. Perché il cuore di quello che diventa il «modello Chongqing» è una nuova forma di maoismo che prende piede dalla presenza dello stato nell’economia: alloggi popolari, politiche sociali per i più poveri. Così Bo Xilai entra nel cuore della gente e finisce ancora una volta nel mirino di Zhongnanhai, il Cremlino cinese, dove nel frattempo viene scelto Xi Jinping come futuro leader e viene sancita la «guida collegiale» del Partito concorde nello scacciare via i fantasmi della storia nazionale e pronto a nuove riforme economiche più liberali.
Bo Xilai però non si ferma: lancia una campagna contro la mafia locale, che diventa una guerra aperta contro molti dei suoi avversari politici. Migliaia di persone, funzionari, poliziotti, imprenditori, vengono processati e condannati. Bo Xilai sa come spendersi questo credito: si tratta di lanciare lo slogan per eccellenza del «modello Chongqing»: sarà «canta il rosso, picchia il nero». E qui arriviamo a Wang Lijun: è lui il prescelto da Bo Xilai. Per picchiare.
Wang crea il suo mito: nemico numero uno delle triadi nazionali. Tra immaginazione e capacità di Bo di fare breccia sui media stranieri, dove è già il «Nuovo Mao», la coppia mette a ferro e fuoco Chongqing. Poi, a pochi mesi dal Congresso del Pcc nel quale Bo si sarebbe dovuto giocare il tutto per tutto, il disastro. Nel libro in uscita, una volta che Wang Lijun raggiunge il consolato americano di Chengdu, per paura di incappare nell’ira di Bo Xilai che nel frattempo è stato avvisato dei sospetti sulla moglie per omicidio di Heywood, viene descritto lo scontro tra Bo Xilai e Hu Jintao che all’epoca si era solo sospettato. Bo avrebbe mandato i suoi uomini a Chengdu. Gli americani avrebbero schierato marines a difesa del consolato, fino all’intervento di un furioso Hu Jintao che decise di mandare forze da Pechino per prelevare Wang, chiuderlo in qualche località nascosta e sancire il destino di Bo Xilai, mentre nella capitale cominciava a correre furiosa la voce di un tentativo di colpo di stato degli alleati fedeli a Bo.
Il Manifesto, 22 febbraio 2013
Questa voce è stata pubblicata in EFFETTI COLLATERALI, speciale western e contrassegnata con , . Contrassegna il permalink.