Il Consiglio d’Egitto – Leonardo Sciascia – il film : Leonardo Sciascia e il cretino

Il Consiglio d’Egitto – Leonardo Sciascia

Dopo recensioni di libri di autori vari e dopo la parentesi dedicata a Calvino, torno al primo e grande amore, aggiornando la libreria virtuale di Sciascia di cui mi sono occupata mesi fa.

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Ho letto per la prima volta Il Consiglio d’Egitto di Leonardo Sciascia (Racalmuto, 1921 – Palermo, 1989) otto anni fa. Allora non avevo ancora incrociato sulla mia strada quel piccolo capolavoro che è Il giorno della civetta e non avevo letto altro dell’autore, se non un breve racconto. Non compresi allora, e non apprezzai, il valore di questo breve, ironico e tragico, romanzo storico pubblicato nel 1963.

Nella Sicilia del 1782 don Giuseppe Vella, ecclesiastico ambizioso e spregiudicato di origini maltesi, ordisce una truffa a suo modo geniale. Finge di aver ritrovato dei preziosi manoscritti in lingua araba che conservano memoria delle vicende siciliane del medioevo e, in virtù delle sue conoscenze di arabo, si dedica a confezionarne delle (false) traduzioni. Grazie a questo inganno guadagna un incarico universitario, la carica di abate e anche doni generosi da parte di tanti nobili che gli chiedono di glissare su eventuali passaggi del testo che verrebbero a disonore o a danno dei loro casati. L’impostura viene portata avanti per anni e viene infine ad intrecciarsi con le vicende di una congiura politica organizzata da alcuni uomini dotti e illuminati.

Come nella gran parte delle sue opere, lo scrittore ha scelto di ambientare la storia nella sua terra siciliana: trasformando in romanzo una vicenda realmente accaduta, egli non ha soltanto tracciato un vivido affresco storico; ci ha lasciato anche una riflessione sulla Sicilia, tormentata in passato come nel presente dagli stessi atavici vizi. Sciascia fa dell’abate Vella il personaggio dominante della gran parte del libro, con la sua intelligenza a lungo dissimulata sotto una facciata di stolida umiltà, con il suo carattere ironico e indifferente, con il suo inganno pazientemente e sapientemente condotto. Ed è anche un personaggio dinamico: gli eventi della congiura lo spingono infatti a riflettere su questioni politiche e sociali delle quali non si era mai interessato (che, per meglio dire, si era rifiutato di considerare) e queste, ripensate anche alla luce delle sue origini, lo fanno approdare a consapevolezze nuove. L’altro protagonista della storia è l’avvocato Francesco Paolo Di Blasi, che l’autore rende una figura davvero affascinante, sotto molti aspetti una sorta di progenitore del capitano Bellodi del Giorno della civetta: giovane, entusiasta sostenitore dei principi di uguaglianza e libertà, amante delle lettere e delle arti, moralmente integerrimo. Le strade dei due uomini si incrociano prima nei salotti mondani e poi in carcere, e tra di loro si crea una corrente di rispetto e di simpatia reciproca che è quasi amicizia.

Sullo sfondo, ma in realtà coprotagonisti anch’essi a tutti gli effetti, i luoghi e i tempi, emblematici, in cui la vicenda si svolge. Innanzitutto la Sicilia, la terra dello scrittore, amata con ardore di fronte alle sue poche grandezze e con strazio di fronte alle sue tante miserie. La Sicilia capace di produrre i più violenti e sprezzanti reazionari ma anche i più appassionati rivoluzionari; immobilismo miope, sfiducia nella legge, corruzione e disprezzo dell’autorità ma anche amore per la legge e la giustizia e fede nel progresso. Ieri come oggi. E poi c’è quella fine di Settecento, destinata con le sue rivoluzioni a cambiare per sempre il volto dell’Occidente. L’eco degli avvenimenti francesi, in particolare, non poteva non raggiungere anche Palermo e ispirare gli animi più consapevoli e più moderni, quelli per i quali anche la cultura letteraria non era solo un ornamento elegante, uno sfoggio di erudizione, un frizzo sagace ma fine a se stesso, bensì soprattutto uno stimolo alla riflessione e all’amore per la verità e la giustizia, e, nei momenti più duri, anche una dolce consolazione.

La conclusione della vicenda, come raccontano anche i libri di Storia, è tragica; ma Sciascia non si ferma a questo. Un breve inciso del XVIII capitolo getta un ponte verso il futuro e spiega ciò che il lettore ha in fondo già compreso: che quella del romanzo non è solo una storia settecentesca e neppure solo una storia siciliana. È la storia dell’umanità: una storia triste a cui l’autore guarda con occhi già disincantati e pessimistici, come sarà anche nelle opere successive.

Il Consiglio d’Egitto non è un romanzo semplice. Lo stile di scrittura è piuttosto elevato, forse anche in omaggio ai tempi remoti in cui la storia è ambientata, quando la letteratura era caratterizzata da un linguaggio più aulico: periodi elaborati, lessico ricercato, citazioni dotte e un gusto tutto manzoniano di imitare perfino, in un passaggio, la prosa settecentesca. Tutto però, come sempre in Sciascia, all’insegna della chiarezza, di una limpidezza che appartiene anzitutto al pensiero e che alla storia del pensiero umano regala pagine bellissime. Non è un romanzo per tutti, a differenza di altre opere dello scrittore siciliano. Ma per chi sa affrontarlo è un gioiello in più da aggiungere alla collezione delle letture sciasciane.

Ma ci sono tante belle idee che corrono per il mondo; solo che il verso delle cose è un altro, violento e disperato.

http://www.lalibreriaimmaginaria.it/2012/10/7289/

Risvolto

Abdallah Mohamed ben Olman, ambasciatore del Marocco, si trova a Palermo nel dicembre 1782, per via di una tempesta che ha fatto naufragare la sua nave sulle coste siciliane. È questo il caso che fa nascere, nella mente dell’abate Vella, maltese, e incaricato di mostrare all’ambasciatore le bellezze di Palermo, un disegno audacissimo: far passare il manoscritto arabo di una qualsiasi vita del profeta, conservato nell’isola, per uno sconvolgente testo politico, Il Consiglio d’Egitto, che permetterebbe l’abolizione di tutti i privilegi feudali e potrebbe perciò valere da scintilla per un complotto rivoluzionario. Così «dall’ansia di perdere certe gioie appena gustate, dall’innata avarizia, dall’oscuro disprezzo per i propri simili, prontamente cogliendo l’occasione che la sorte gli offriva, con grave ma lucido azzardo, Giuseppe Vella si fece protagonista della grande impostura». Pubblicato per la prima volta nel 1963, Il Consiglio d’Egitto è in certo modo l’archetipo, e il più celebrato, fra i romanzi-apologhi di Sciascia, dove lo sfondo storico della vicenda si anima fino a diventare una scena allegorica, che in questo caso accenna alla storia tutta della Sicilia.

http://www.adelphi.it/libro/9788845906961

L’idea di armare l’imbroglio al fracappellano Vella era venuta appena monsignor Airoldi aveva proposto la gita al monastero di San Martino: dove, si era ricordato monsignore, c’era un codice arabo che a Palermo aveva portato, un secolo prima, don Martino La Farina, biblioteca-rio dell’Escuriale. E non c’era occasione migliore, per sapere cosa contenesse quel codice: un arabo che s’intendeva di lettere e di storia, un interprete come il Vella…

Abdallah Mohamed ben Olman, ambasciatore del Marocco alla corte di Napoli, si trovava a Palermo, in quel di-cembre del 1782, per causa di un fortunale che aveva spinto il vascello, sul quale verso il Marocco navigava, a sfasciarsi sulle coste siciliane. Il vicerè Caracciolo, che sapeva quanto il governo di Napoli tenesse a mantenere rapporti col pira-tesco mondo arabo, persino operando in tal senso con velata soggezione, appena saputo del disastro aveva mandato portantine e carrozze, con buona scorta, a rilevare l’ambasciatore che derelitto se ne stava sulla spiaggia tra i suoi ba-gagli. Ma appena l’ambasciatore arrivò a palazzo, il vicerè 5i accorse che era impossibile comunicare con lui: non conosceva il francese, non conosceva nemmeno il napoletano.

Prowidenzialmente, qualcuno gli suggerì di chiamare quel cappellano maltese che andava vagando per la città sempre solo, sempre ingrugnato: non si sapeva da quale sorte bale-strato nellafelice città di Palermo.

I volanti mandati in traccia del Vella, affannosamente lo cercarono per tutta la città: ché in casa della nipote, che disagiatamente lo ospitava, lo si poteva trovare la notte e nelle ore dei pasti, per il resto se ne stava sempre fuori, occupato nella duplice professione di fracappellano dell’Ordine di Malta e di numerista del lotto. Da quest’ultima attività ricavava il superfluo, come dalla prima il necessario: e non la passava poi tanto male; solo che ancora non era in condizione di liberarsi dell’ospitalità di sua nipote; spinosissima ospitalità, con mezza dozzina di bambini che parevano sortiti dalla bocca dell’inferno e un ozioso e ubriacone

Uno dei volanti riuscì finalmente a trovarlo. Stava nella bottega di un carne~ziere, all’Albergaria: ed era impegnato a smorfiargli un sogno piuttosto confuso. Perché più che un numeri~tail fracappellano era uno smorfiatore di sogni, dai sogni che gli raccontavano trasceglieva gli elementl che potevano assumere una certa coeren~a di racconto, e le immagini che nel racconto prendevano ri-salto egli traduceva in numeri: e non era impresa facile ridurre a cinque numeri i sogni della gente dell’Albergaria e del Capo (che erano i due quartieri cui limitava la sua attività); sogni che non finivano mai, come le storie dei Reali di

Leonardo Sciascia-Il Consiglio di Egitto. PDF – Docsity

Il fracappellano Giuseppe Vella, fingendosi arabista, trasforma un manoscritto sulla vita di Maometto in un Codice che mette a rischio i secolari privilegi della nobiltà sicula. La sua grande impostura s’intreccia con una congiura rivoluzionaria guidata da un avvocato di idee illuministiche. Del romanzo (1963, adattato con Lorenzo Greco) di Leonardo Sciascia, intessuto dei suoi tipici temi (l’impostura e la ferocia del Potere; l’attrazione speculare degli opposti; la doppiezza della società siciliana; la trasformazione dell’invenzione in realtà), l’elegante e rispettoso film di E. Greco privilegia la dimensione pubblica e risulta, almeno nella 1ª parte, illustrativo, ma con un sapiente crescendo drammatico nella lenta tortura dell’avvocato, ricca di echi pittorici. S. Orlando rende con finezza l’evoluzione psicologica di Vella, scandita in tre fasi (opportunismo; delirio di grandezza nel riscrivere la storia umiliando i potenti; pentimento). Tra le figure di contorno spicca il cammeo di L. Trieste. Globo d’oro alla musica (L. Bacalov).AUTORE LETTERARIO: Leonardo Sciascia

http://www.mymovies.it/dizionario/recensione.asp?id=33893


Leonardo Sciascia e il cretino

http://www.controappuntoblog.org/2012/11/26/leonardo-sciascia-e-il-cretino/

Leonardo Sciascia : Gli zii di Sicilia, L’Antimonio by Rosalia Centinaro ; Sciascia i post

http://www.controappuntoblog.org/2017/04/15/leonardo-sciascia-gli-zii-di-sicilia-l%e2%80%99antimonio-by-rosalia-centinaro-sciascia-i-post/

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