Mafia, le mani sulle coste sarde

 

da La Nuova Sardegna, 7 marzo 2013

Mafia, le mani sulle coste Nei villaggi vacanze cresce il peso della criminalità organizzata, lo sbarco dei georgiani.  Pier Giorgio Pinna

SASSARI. Ora i boss georgiani affiancano i russi negli affari sulle coste sarde. Presi di mira soprattutto i litorali nordorientali. Dalla Maddalena sino ai villaggi vacanze a sud di Olbia. Passando, prima, per Baja Sardinia, Costa Smeralda, Porto Rotondo. Nell’isola le mafie emergenti continuano a puntare sui tradizionali investimenti finanziari e immobiliari. Edilizia & costruzioni. Partecipazioni azionarie nei villaggi turistici. Acquisto di mega-residence, panfili, yacht. Ma i nuovi boss non trascurano altre zone, altri interessi. Allargano l’influenza sulle energie rinnovabili e sullo smaltimento dei rifiuti. Ovunque riciclano denaro sporco. E coinvolgono nei loro giri colletti bianchi locali: funzionari di amministrazioni – pubbliche e private – pronti ad agevolarli in cambio di adeguate mazzette o consistenti favori. Sono tutti aspetti, questi, sui quali indagano la direzione nazionale antimafia e quella distrettuale cagliaritana. Un bilancio di controlli durati oltre un anno. Che ancora proseguono. Ma adesso si estendono verso altre piste. Come l’evoluzione della prostituzione d’alto bordo nei paradisi dorati del relax fronte mare. Oltre che sul traffico di droga: vedi le ramificazioni in Ogliastra, attraverso personaggi di spicco della mala sarda. Sul fronte di queste trame, sotto traccia, si rafforzano agguerrite bande marocchine e senegalesi con importanti contatti per lo smercio degli stupefacenti. In un quadro dove Cosa Nostra e camorra sembrano aver lasciato spazio agli investimenti della ’ndrangheta e delle gang arrivate dall’Est, molti usano la Sardegna per ripulire e lavare capitali di oscura provenienza dirottandoli verso attività all’apparenza legali. Ma come mai affiorano oggi questi spaccati della lotta contro la criminalità organizzata? Gli ultimi report scaturiscono da attività della commissione parlamentare d’inchiesta che ha appena finito i suoi lavori a conclusione della legislatura. La commissione opera a Roma in un antico edificio, vicino al Pantheon e alla biblioteca del Senato. Da qualche settimana la sede è semideserta. Della vecchia struttura è rimasto in piedi solo un nucleo di magistrati e studiosi che fa parte dell’Ufficio stralcio, al quale è delegato il compito di stabilire quali degli degli atti giudiziari acquisiti sono da rendere pubblici o da tenere riservati. Tra loro, lo storico Salvatore Sechi (leggere intervista nella pagina a fronte). Comunque l’esame dell’intera attività svolta consente di mettere a fuoco un aspetto-chiave: è seguendo i movimenti di denaro, ingentissimi ma nascosti dietro società costruite con un sistema di scatole cinesi più sofisticato e complesse del passato, che gli investigatori sono risaliti alle più recenti infiltrazioni delle cosche. In sostanza, è una nuova applicazione della linea di contrasto lanciata dal magistrato Giovanni Falcone: moderne varianti e metodi informatici basati su intercettazioni ambientali, incroci di cointeressenze, numeri di conti corrente, dati catastali, rogiti notarili e altri documenti ancora. Un’opera d’intelligence che, non a caso, impegna sempre di più le forze specialistiche della guardia della finanza accanto alla polizia e ai carabinieri. E che ha permesso di trovare pesanti conferme sulla penetrazione nell’isola della organizatsya o mafiya, con le gang georgiane in primo piano. Ma che non ha consentito di conoscere le fonti di reddito a monte: stock di capitali in parte già riciclati e fatti confluire in settori finanziari e imprenditoriali. Gli stessi miliardi di euro che poi vengono reinvestiti in Sardegna, ma anche nel Lazio e in Versilia, oltre che in altri Paesi come Israele, la Gran Bretagna o la Svizzera.

Da Pippo Calò alle società della ’ndrangheta. La lunga storia dell’interesse delle “famiglie” per l’isola: Liggio, Magliana, stiddari e camorra. 

SASSARI. In quarant’anni è stato un crescendo nell’ombra: tra silenzi, connivenze, omertà. Lo sbarco degli uomini d’onore e le prime tracce di Cosa Nostra in Sardegna risalgono al 1975. Ma si cominciò a saperne qualcosa solo nel 1993, quando un pentito rivelò che le “famiglie” investivano capitali consistenti sui litorali dell’isola. Da allora, solo conferme: su operazioni immobiliari sospette, su accordi tra spregiudicati uomini d’affari e boss mafiosi, sul ruolo avuto dal cassiere Pippo Calò nel riciclare capitali sporchi a Porto Rotondo e dintorni, sui legami con la banda della Magliana, sul pericolo di saldature e infiltrazioni rappresentato dalla presenza nel carcere di Badu ’e carros di uno dei capi dei Corleonesi, Luciano Liggio. In questo periodo vengono commessi misteriosi omicidi a Mamoiada a in paesi vicini. Nel Centro Sardegna le ferree leggi dell’onorata società compaiono così all’improvviso accanto alle norme non scritte del codice barbaricino. I legami societari delle persone chiamate in causa per i delitti arrivano addirittura alla Banca Privata Finanziaria di Michele Sindona. Altre indagini mettono in risalto attività frenetiche nel riciclaggio di denaro sporco da parte di clan camorristici. Più recenti invece le infiltrazioni delle “drine” calabresi. Mentre un capitolo quasi a sé resta la vicenda degli “stiddari” nel 1989 mandati al soggiorno obbligato nel Sulcis, dove in breve faranno fiorire un floridissimo traffico di eroina alimentato in parallelo da personaggi della mala cagliaritana. Intanto Cosa Nostra tenta uno sbarco analogo in Corsica. Ma il piano in larga misura fallisce. E un villaggio sull’isola di Cavallo, pare finanziato da uno dei clan siciliani più potenti dell’epoca, viene fatto saltare in aria con cariche esplosive da un commando formato da separatisti e uomini della malavita locale. La loro presenza non era gradita. Più facile risulta così il proseguimento delle attività illecite in Sardegna. Specie per quel che da questo periodo riguarda gli affari lungo le coste galluresi. A partire dalla fase a cavallo tra la fine degli anni Novanta e i primi anni del Duemila iniziano a diventare predominanti i traffici della ’ndrangheta, spesso attraverso collegamenti finanziari con la piazza milanese. Non a caso a un certo punto si parla d’intrecci con la Duomo Connection estesi alla Sardegna. Da quel momento le inchieste non si contano più. Così, appena qualche anno fa, il procuratore nazionale antimafia Piero Grasso (oggi neoeletto parlamentare pd) in un’intervista concessa a Iglesias conferma: «Il pericolo mafioso nell’isola è reale: esistono contatti con la malavita sarda per il traffico di stupefacenti e penetrazioni delle cosche in crescita nel settore turistico».

Lo storico Sechi: «Soldi riciclati con complicità negli enti locali». Parla il professore consulente della commissione parlamentare che ha appena finito i suoi lavori «Soprattutto in Gallura esistono connivenze al momento del rilascio delle autorizzazioni». 

SASSARI. Salvatore Sechi, come consulente della commissione parlamentare che idea si è fatta delle infiltrazioni mafiose nell’isola? «C’è un’evoluzione: non solo in Sardegna ma su scala ormai nazionale famiglie e clan hanno imparato a fare gli affari più importanti anche in settori nuovi». A che cosa si riferisce? «Un motore importante dell’accumulazione e degli investimenti è il riciclaggio del denaro che proviene ancora molto spesso da droga, estorsioni, usura, prostituzione». Con quali differenze rispetto al passato? «Il reimpiego dei soldi avviene in strutture industriali legate al turismo, alla grande distribuzione, al divertimento. E come ha sottolineato con bella sintesi l’ex governatore della Banca d’Italia, Mario Draghi, nel nostro caso si può certo parlare di una contaminazione tra lecito e illecito del denaro di origine mafiosa». In quali settori, per ciò che riguarda l’isola? «Il fenomeno è in rapido sviluppo: tocca la gestione delle energie rinnovabili, il trasporto e lo smaltimento di rifiuti, ma anche alcuni massicci investimenti immobiliari». Nell’area di Olbia? «Precisamente, ma con uno snodo più allargato: in tutta la Gallura oggi transitano sensibili risorse per realizzare strutture residenziali ed esiste il fondato sospetto che questi investimenti siano resi possibili dai frutti delle cosche». Con che genere di complicità locali? «L’argomento costituisce un dossier aperto. Posso solo dire che il buon lavoro della direzione distrettuale antimafia di Cagliari, delle cui analisi mi sono servito, ha manifestato apertamente un sospetto. E più precisamente, cito in modo testuale, il “sospetto …che le risorse provengano dal crimine organizzato e che l’investimento sia stato facilitato dal rapporto di connivenza con gli enti territoriali competenti al rilascio delle relative autorizzazioni”». Verso quali destinazioni si orientano i capitali sporchi? «Verso gli interstizi dell’industria turistica, nell’edilizia e nel riciclo dei rifiuti e verso i traffici di stupefacenti. Con operazioni di riciclaggio o di altro genere». In quali ambiti operano i boss russi? «Oltreché nel riciclaggio, nell’immigrazione clandestina e nella tratta di esseri umani: la prostituzione è diventata un fenomeno in grande crescita. Non dimenticherei poi, ancora, il traffico degli stupefacenti e il contrabbando di tabacchi esteri lavorati». E le gang georgiane sono realmente tanto pericolose? «In tutta Italia, Sardegna compresa, la loro presenza rispetto al 2010 ha avuto un incremento superiore al 20 per cento. Moldavi e ucraini sono più numerosi. Però i georgiani nel nostro Paese sono oggi circa 7mila, 2mila solo a Bari. Dispongono di armi e appoggi logistici. Sono esperti in furti, estorsioni, rapine. Nessuno meglio di loro è capace di falsificare documenti e forzare serrature di porte bilindate. Per i loro traffici comunicano tra loro con schede cellulari che cambiano con grande frequenza». A chi fanno invece riferimento le bande sarde che interagiscono con questi giri? «In particolare alla ’ndrangheta. Mi pare appena il caso di ricordare che le fonti di approvvigionamento della droga sono i canali interni della Campania a della Calabria, collegati con le “drine” che operano in Lombardia». Esiste sempre un flusso di stupefacenti che proviene da Belgio e Olanda? «Sì, ed è molto importante: anche perché ci sono emigrati sardi coinvolti nelle forniture di eroina e cocaina». In quale misura sono coinvolti Marocco e Senegal? «Da quei Paesi arrivano persone che agiscono come vettori dell’approvvigionamento, del trasporto, della distribuzione di cocaina e hashisc. Sono in collegamento con la Spagna, con i loro connazionali in Campania e in Lombardia, con colombiani inseriti nei sodalizi criminali iberici e in quelli costituiti in Sardegna». Per il traffico di hascisc si è parlato più in particolare dell’operatività nel Nord Sardegna di un’organizzazione legata a un clan di marocchini. «È così: secondo la direzione nazionale antimafia, è risultata allineata a un’associazione di senegalesi che per l’eroina avevano stretti contatti con grandi fornitori italiani e stranieri in Campania e in Lombardia o collegati ai cartelli latino-americani». Come avviene oggi l’introduzione della droga in Sardegna? «Per via aerea, a bordo di auto imbarcate sui traghetti di linea, per mezzo di corrieri che trasportano gli ovuli con gli stupefacenti nell’intestino». In quali luoghi sono state condotte le principali operazioni per stroncare questi traffici? «Direi principalmente a Porto Torres e negli scali di Olbia, Alghero e Cagliari: da sempre le vie d’accesso preferenziali per far giungere narcotici in Sardegna. Sono traffici molto remunerativi. E anche l’impunità risulta decisamente elevata». Come si svolge in questa fase lo spaccio nell’isola? Ancora con i pusher che distribuiscono al minuto la merce nel mercato clandestino? «Per la criminalità il limite grave di questo metodo era la necessità di dover ricorrere ai contatti telefonici, e quindi di potere essere intercettati dal monitoraggio delle forze dell’ordine. Perciò oggi le bande preferiscono in enclaves urbane poste sotto il controllo degli stessi gruppi mafiosi». A che cosa si riferisce esattamente? «Penso ancora una volta ai quartieri cagliaritani di Is Mirrionis e di Sant’Elia. Dove soprattutto in passato il traffico avveniva in strutture abitative popolari, con omogeneità sociale, e dove per la criminalità il controllo del territorio è stato spesso molto agevole. Ma le forze di polizia col tempo sono riuscire a “bonificare” queste enclaves». Quali allora, in definitiva, i protagonisti di questo fiorente commercio di droga tra la penisola, altri Paesi e la Sardegna? «Sono state individuate almeno due grandi organizzazioni dedite al traffico degli stupefacenti. Entrambe fanno capo alla criminalità barbaricina. Queste stesse associazioni hanno compiuto anche rapine in serie a portavalori, uffici postali, istituti di credito sardi». Oltre al business degli stupefacenti, quali altri traffici sono cresciuti negli ultimissimi anni? «Le mani della malavita si sono allungate su rifiuti e ambiente. Con operazioni mirate nelle bonifiche e nell’eolico». E poi? «Ovviamente, la criminalità non ha mai smesso d’investire nell’edilizia, e in maniera più specifica lungo le coste. Nell’area a mare che si trova nel territorio comunale di Golfo Aranci, per esempio, sono in corso accertamenti su possibili infiltrazioni di soggetti mafiosi in appalti pubblici».

“Spa” ai raggi X in 12 mesi d’indagini. Dna e dda. 

La direzione distrettuale di Cagliari si occupa dell’int ero territorio sardo. È composta da 4 magistrati e dal procuratore della Repubblica. Ha competenza anche sui sequestri di persona a scopo di estorsione e su altri gravi reati “associati vi”. Nonostante in questi mesi abbiano passato ai raggi X parecchie “Spa” sospette e svolto una grande mole di lavoro, gli investigatori della la Dda non contano certo su risorse illimitate. Così come i colleghi della la Dna, che su diversi versanti ha stretti rapporti con la commissione parlamentare. Circa i fondi, anzi, molti hanno messo in rilievo l’esiguità dei mezzi messi a disposizione dallo Stato. Per la Commissione, la relazione su dinamiche e strategie mafiose tra il 1° luglio 2011 e il 30 giugno 2012 – alle quali si riferiscono le notizie sull’isola – è stata scritta dal consigliere Filippo Spiezia.

LE CIFRE. 

104 I BENI (IMMOBILI + AZIENDE) CONFISCATI DEFINITIVAMENTE ALLA DATA DEL 7 GENNAIO SCORSO IN SARDEGNA ALLA CRIMINALITA’ ORGANIZZATA.  LE FONTI SONO L’AGENZIA DEL DEMANIO E L’ANBSC, OSSIA L’AGENZIA NAZIONALE PER L’AMMINISTRAZIONE E LA DESTINAZIONE DI QUESTO PATRIMONIO 51 GLI IMMOBILI SEQUESTRATI NELLA VECCHIA PROVINCIA DI CAGLIARI.  È NELL’ISOLA IL NUMERO PIU’ ELEVATO.   SOLO 1 CONFISCA NELL’ORISTANESE.  47 TRA IL SASSARESE E LA GALLURA (QUI SOPRATTUTTO A MAFIA E ’NDRANGHETA).  APPENA 5 NEL NUORESE E IN OGLIASTRA.

IL BUSINESS. Droga, in un anno altri 321 indagati. 

Secondo le notizie del consulente Antimafia confermate da altre fonti, il principale business illegale in Sardegna è sempre costituito dallo spaccio di droga. «È fra l’altro il reato che ha il maggiore peso statistico, con 321 nuovi indagati iscritti in un anno, ed è parallelo al traffico di armi – spiega Salvatore Sechi – Essendo un’isola, la Sardegna importa gli stupefacenti e fa da ponte per Marocco e Spagna con viaggi che poi proseguono verso il mercato continentale».

IL MERCATO. Domanda crescente per la marijuana. 

«Soprattutto nelle periferie urbane dell’isola, ma in realtà il fenomeno coincide con l’interio territorio sardo, si è rilevata una domanda crescente stupefacenti – conferma lo storico Salvatore Sechi –C’è inoltre un sensibile aumento nel consumo di hashisc e marijuana. Mentre è minore, e comunque invariata, la diffusione di cocaina ed eroina. Sempre consistente e apprezzabile infine la produzione di canapa indiana, che conta nell’isola estese piantagioni».

http://gruppodinterventogiuridicoweb.wordpress.com/2013/03/08/le-mafie-sulle-coste-sarde/

Geografia Sarda : Su Nuraxi

http://www.controappuntoblog.org/2012/10/20/geografia-sarda-su-nuraxi/

I poeti improvvisatori Sardi

http://www.controappuntoblog.org/2012/12/08/i-poeti-improvvisatori-sardi/

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